Giulio Erode, il Filelleno
V. libro Il “regno di Antipatro” e l’ultimo Erode
Antipatro e gli innocenti figli di Mariamne
Niente è facile, specie se bisogna fare! Ogni impresa, anche la più elementare, risulta difficilissima!
Professore, perché non mi parla della tragedia dei due figli innocenti di Mariamne, fatti strangolare dal padre? Noi cristiani parliamo di una strage degli innocenti, mai avvenuta, e non conosciamo la morte di Alessandro e di Aristobulo, avvenuta dopo processi, documentati, in tribunale, a seguito di accuse e calunnie, dopo reali verdetti? Vorrei tanto dire qualcosa di preciso, di storico, sulla vicenda di Erode e dei suoi figli, ancora oggi avvolta nel Muthos!
Marco, te ne parlo sulla base della mia ricerca sugli Erodiani, a seguito della revisione della traduzione del XVI libro di Antichità giudaiche. La tua domanda, però, è polemica nei confronti dei cristiani e della loro credulità mitica, basata su invenzioni, di corredo, alla nascita di Gesù – il 25 dicembre dell’anno domini 0 , inesistente, posto tra il 1 a.C e il 1 d.C – inteso come ab incarnatione domini Iesu Christi – a Betlemme, in un presepe secondo Luca 2.1-20, dopo un editto di Augusto, tra canti di angeli e in mezzo a pastori che adorano il neonato bambino, il quale, secondo Matteo 2.1-23 , appena nato, è venerato ed adorato da re Magi, venuti dall’Oriente, che seguono una stella e che non tornano da Erode, impaurito dalla notizia della nascita del divino fanciullo! Tu, Marco, neanche prendi in seria considerazione l’annunciazione di un angelo alla vergine Maria, il suo parto divino, la fuga col marito in Egitto e nemmeno la tradizione del presepe di Francesco di Assisi appena tornato dalla Terrasanta.
Professore, lei mi vuol dire che gli Eventi evangelici sono tutti mitici perché Erode è morto secondo la nostra tradizione, ancorata alla datazione, errata di 4 anni, di Dionigi il Piccolo, prima della nascita di Cristo, il 4 a.C. !?
Io, Marco, faccio un discorso storico e mi baso sulla datazione classica cesariana o greco-ellenistica dalla prima olimpiade 777/776 a.C. , mentre il monaco Dionigi nel 525 d.C. calcolò una datazione non più ab Urbe condita cesariana, ma neppure quella, vigente alla sua epoca, iniziante dal primo anno dell’impero di Diocleziano (284 d.C.) senza l’anno zero, quell’anno compreso tra l’1 a.C e l’1 d.C.-poiché non si conosceva la numerazione araba-.
Posso dire, professore, che il re giudaico, quindi, non può sapere niente di Cristo e tanto meno decretare di uccidere i bambini neonati!?
Certo!.Marco. Anche tu hai una tua visione storica e non accetti più le favole cristiane: ti sei scristianizzato, dentro, e non vivi più il clima del dolce Natale, ma ancora ci sono uomini e donne che cristianamente vanno alla messa di Mezzanotte ed aspettano coi figli la nascita del Bambino Gesù. Cfr. Ambrogio e la celebrazione del Natale www.angelofilipponi.com
Ora, Marco, per me è difficile parlare storicamente. Ho quasi timore a dire che il mio compito è arduo in un clima sacro religioso come quello natalizio, attuale, in cui tutti sono buoni, si chiamano fratelli, si fanno regali, aprono le case a parenti ed amici, come celebrazione di una festa, in memoria di un Gesù nato, e del mistero dell‘incarnazione di un Dio, venuto in terra dal cielo per redimere l’uomo dal peccato originale di Adamo! Tutto è spettacolo e commercio, in una mistione di sacro e profano piacevole! Mi sembra di essere sacrilego a raccontarti una qualche porzione di verità (se è Verità!) storica, nel contesto giudaico di una corte, come quella di Erode il Grande, dove si scontrano due famiglie, quella asmonea e quella idumea, con due diverse ideologie e si affrontano per la successione ad un re vecchio, malato, rimbecillito, quasi abbandonato dai romani, manovrato dal figlio maggiore, contro i figli di Mariamne asmonea.
Fare la storia di circa un decennio(13-4 a.C.) non è facile, data l’unicità di fonte, di un autore, ambiguo per la doppia formazione, sadducea e farisaica, scrittore di due diverse opere, pubblicate in due differenti momenti, da cui si rileva che la storia è storia di uomini e che la storia dei figli di Mariamme, veramente tragica, segna il tramonto del regno di Erode il Grande nel kosmos imperiale romano.
So bene che al cristiano interessa solo la favola della nascita del bambino Gesù, ormai accettata come fatto reale, e non il mio discorso che risulta un vuoto parlare! comunque, iniziamo a fare storia, a far luce su un periodo poco chiaro.
Per trattare dei figli di Mariamne, della loro nobiltà ed innocenza, protagonisti della narrazione, devo necessariamente trattare dell’antagonista principale, che non è Erode, ma suo figlio maggiore Antipatro, dal momento in cui rientra nella sua famiglia dopo l’esilio, inflitto, a lui bambino e alla madre, dal padre, che ha dieci mogli e 15 figli, che vive in un Palazzo a Gerusalemme con la sua corte, circondato da adulatori e da spie romane, prigioniero, nonostante la formale regalità!.
Secondo il mio consueto lavoro, devo, perciò, fare il contesto con la situazione iniziale e precisare la data probabile nell’inverno del 13/12 a.C. citando l’autore, che ha già mostrato lo stato di animo di Erode e il clima fosco della corte erodiana negli ultimi anni del re Cfr. Archelao, figlio di Erode e Il falso Alessandro ed Augusto, www.angelofilipponi.com
Flavio (Ant.Giud., XVI,78) scrive: essendo l’animo di Erode infelice e sconvolto, nel tentativo di frenare i due giovani figli, Alessandro ed Aristobulo, fece venire presso di sé l’altro figlio, di nome Antipatro, che gli era nato, quando era privato cittadino e decise di onorarlo.
Professore, si tratta di Antipatro, nato da Doris, moglie/neanis tredicenne, nel 47 a.C, allontanato dal padre, con la madre poco prima del 40 a.C, quando Erode, in fuga, conduce la famiglia a Masada?
Si. Marco. Cfr. Guer. Giudaica I,22.1. Forse, allora, lascia Antipatro probabilmente in Idumea, quando provvede alla salvezza della promessa sposa Mariamne e della madre Alessandra, e di sua madre Cipro, incalzato dai Parthi. Non si sa niente del suo sacrificio di abbandonare moglie e figlio di sei/sette anni in Idumea, suo feudo, comunque, familiare!.Allora è preminente la giovanile ambizione di impalmare l’asmonea Mariamne – di cui è pazzamente innamorato- che gli avrebbe potuto dare una qualche remota possibilità di regno in Giudea!.
Allora, Erode bandì/’εφýγαδεúσεν da Gerusalemme, per di più occupata dai Parthi, per amore di Mariamne, moglie e figlio concedendo loro il ritorno soltanto nel periodo delle feste- Guer. Giud, I,22.1.433-. Per la moglie, non ancora ventenne, e per il figlio, νηπιōς, l’abbandono è più di un tradimento!
Per Antipatro sono anni lunghi, di attesa, di rabbia, nei confronti del padre, odioso ancora di più, per il feroce rancore con cui lo educa la madre, offesa nella sua femminilità e nel suo onore, a causa del ripudio!
L’ insperata chiamata del padre non placa, dopo oltre un venticinquennio, né cancella i tanti patimenti subiti e, tanto meno, l’odio! Comunque, Erode comincia subito a mostrargli la sua preferenza, concedendo ogni sorta di onori, appena il figlio Antipatro si presenta a corte.
In un crescendo di onori, in un paio di anni Erode lo rende simile a sé; tuttavia, Antipatro, malato della sindrome rancorosa del beneficato, verso il padre euergeths/benefattore, non vede i favori né apprezza gli onori perché cova odio profondo per il precedente abbandono e non sente il dovere della gratitudine, come riconoscimento di quanto fatto al momento per lui, ma, in cuor suo, rileva quanto fatto per gli altri, in un giudizio negativo dell’azione paterna e in una condanna, nonostante il formale omaggio!
La notizia di Antichità giudaica è anche in Guerra Giudaica, I,23.1. 448.
La scelta di fare venire Antipatro come epiteichisma tois uiois/ propria difesa contro i figli a corte (ibidem) è degli anni 13/12 a.C, quando l’uomo ha quasi 35 anni: non sarà un bene per Erode, che diventa vittima del figlio (ibidem 79), ma lo fa, desiderando soltanto umiliare l’arroganza nobiliare dei figli di Mariamne asmonea, per meglio educarli al trono!.
Al padre, re, poco interessa il pensiero del figlio primogenito, vissuto da privato in Idumea e in Nabatea, formatosi nella dura lotta quotidiana per campare in mezzo ad altri popolani, aramaici, filoparthici, scarsamente religiosi, ebrei a metà, ancora veneranti il Padre e profeta Kosè/Koze, creduto Dio ( cfr. Ant giud, XV,253)!
Al re interessa far cessare la temerarietà dei figli di Mariamne costretti a vedere di fatto che non soltanto a loro e, non per necessità, spettava il regno! (ibidem).
Erode crede che, mettendo a loro fianco un uguale per dignità, maggiore di molti anni per età (12 con Alessandro e 15 con Aristobulo) possa calmare la velleità nobiliare dei due giovani, adolescenti, eredi asmonei e, al momento opportuno, possa trovare un’occasione per trattare il problema della successione: minimamente si consulta col figlio Antipatro, uno sconosciuto per lui ed un intruso popolano per i fratellastri, nobili!
I due figli asmonei ritengono insopportabile il cambiamento /aphorhtos h metabolh perché vedono salire, nel loro orgoglio di nobili, più in alto il figlio di una donna di oscuri natali (ibidem), richiamata anche lei dall’esilio, su consiglio del figlio, subito accontentato nella richiesta. I due, non sapendo contenere lo sdegno, lo manifestano, data la loro parrhsia,/libertà di parola, ed aumentano la loro ostilità verso il padre; Antipatro, invece, si concilia le simpatie di tutti anche per le sue qualità di scaltrezza e di opportunismo, proprio degli antipatridi.
Professore, gli antipatridi sono numerosi a corte ed hanno molto potere ed ora si rafforzano col nuovo venuto: le loro accuse contro i due figli asmonei già circolavano: ambedue tramavano contro Erode; ed Alessandro, genero di Archelao di Cappadocia, si preparava a fuggire presso il suocero per andare ad accusarlo davanti a Cesare! Il fratello Ferora e la sorella Salome sono parenti infidi che tramano contro il re secondo Guerra Giudaica e secondo Antichità giudaiche, facendo una politica personale, a proprio interesse, non a favore del fratello e tanto meno del popolo!.
Certo, ora, gli avversari sono più forti perché Antipatro è uomo molto scaltro e gioca bene ogni sua carta, si sa coprire, avendo l’animo di un servo ambizioso, viscido, velenoso per i tanti pathemata sofferti con la madre in Idumea e in Nabatea!. Mi pare che anche M. Pani (Roma e i re di Oriente da Augusto a Tiberio, Bari 1972,pp 114-115) sia arrivato alle mie stesse conclusioni, che cioè Ferora, Salome ed Antipatro sono perfidi protagonisti di una storia tragica in cui il carnefice appare il solo Erode, ma in effetti tutta la famiglia idumea è rea di mali!
Flavio, infatti, scrive: (Antipatro) essendo molto abile ad adulare il padre ed intessendo varie calunnie contro i fratellastri, insinuava alcune lui stesso, altre le faceva diffondere dai suoi amici e giunse a tal punto di far perdere ogni speranza di successione a loro (ibidem,450). Insomma secondo Flavio, Antipatro risulta subito nel testamento (diathhkhe) ed in ogni manifestazione pubblica /phaneroos lui stesso autos già successore /hdh diadokos –ibidem-. Anzi è inviato a Roma in ambasceria a Cesare con gli ornamenti e con le insegne, tranne il diadema (Guer. Giud., I,451).
Il successo maggiore, comunque, Antipatro lo ottiene col fare infilare la madre nel talamo di Mariamne/eisagagein epi thn Mariamnhs koithn thn mhtera!.
E’ la rivincita più grande alle tante umiliazioni, subite da Doris: entrare da padrona nelle stanze segrete della vecchia alcova del re, nella parte centrale del palazzo asmoneo gerosolomitano, lasciata intatta dalla morte di Mariamne, l’odiata, la rivale amata follemente dal marito! Dormire nel letto /koith di Mariamne, poter disporre del suo guardaroba, mettere i suoi gioielli ed abiti, pavoneggiarsi in mezzo alle famiglie dei suoi figli asmonei e tra le donne del partito idumeo, specie con Cipro- vecchia sua suocera forse ancora vivente-e con Salome, sua cognata che, data la loro indole, la invidiano!
E’ una provocazione da parte di Erode e di Antipatro imporre Doris nel cuore del palazzo asmoneo, nella parte riservata come un νεως/tempietto alla memoria della defunta, per anni invocata e chiamata per nome dal re, come se fosse viva!.
Per i due figli, che vivono, nelle ali del palazzo, con moglie e rispettiva famiglia è una profanazione, specie per Glafira, figlia di Archelao – re di Cappadocia, un re socius dell’impero romano importante come Erode nell’area Orientale – moglie di Alessandro e perfino per Berenice, figlia di Salome, moglie di Aristobulo, che ritengono un sacrilegio il dormire di Doris nel talamo della regina! Non si conosce la reazione della figlia, mai nominata, di Mariamne, considerata figlia della colpa! Neppure si sa se vive nel Palazzo o relegata lontana da Gerusalemme! Comunque, Alessandro – con moglie e figli Alessandro e Tigrane – ed Aristobulo -con moglie e i cinque figli (Erode di Calcide, Erode Agrippa, Aristobulo, Erodiade e Mariamne) lamentano davanti al re e alla corte intera che sia profanato da una popolana il talamo regio della madre! Segue un clima di pettegolezzo e di memorie rabbiose, di ricordi privati, con atti di invidia, che acuisce il dissidio tra i figli di Mariamne ed Antipatro, sostenuto dal padre, da Ferora e da Salome. Flavio chiude il discorso dicendo che l’eletto diadokos fa uso contro i fratellastri di due armi, adulazione/kolakeia e calunnia/diabolh agendo subdolamente sul re, per spingerlo all’eliminazione dei figli.
Un giudizio pesante, professore! Possibile che un figlio, ora onorato e successore al regno, possa agire così contro i fratellastri?
Marco, in ogni corte, per la successione, prima e dopo la morte di un re, vecchio, ci sono lotte tra fratelli, senza esclusione di colpi: gli antagonisti si fronteggiano per il primato con ogni arma, a volte creano alleanze contro il preferito, attaccato e con parole, con pugnali e coi veleni; non c’è limite alle calunnie, ai piani diplomatici e ad azioni di spionaggio. Nello studio sugli achemenidi (specie su Artaserse I ed Esther, Ant Giud.XI, 184-296) sulla morte di Monobazo di Adiabene, su quello di Fraate di Parthia e su quello di Tiberio ho potuto rilevare le varie tipologie di assalto, fatte tra i contendenti al trono: le calunnie, i raggiri, le adulazioni, i compromessi, i veleni fanno delle corti che sono un campo di battaglia perché covo di vipere ambiziose, dove prevale il più astuto che si è meglio protetto con le alleanze e che ha agito crudelmente sacrificando anche la vita dei propri congiunti. Scene di panico, un clima di terrore , di maldicenza e di adulazione, e di corruzione, improvvisi fuggi fuggi, sono abituali a Capri, prima della elezione a successori alla pari di Caligola e di Tiberio Gemello nell’estate del 36 d.C.!
Se accade questo alla corte di Tiberio, ellenizzata, si può comprendere bene cosa possa capitare in una corte semibarbarica o barbarica alla successione!. Capisco, quindi, professore quanto mi sta dicendo e il clima di odio, di calunnia e di confusione a corte.
Erode, perciò, stordito dalle combinate azioni e dai raggiri da una parte e da un’altra, entra en sugkhusei ths psuchhs, che è anche sugkrisis/combinazione unita ad ekplhksis/sbalordimento di un uomo che, fidando nel suo sangue cioè nella sua famiglia idumea- anche se è cosciente di dover dubitare – arriva al punto di accusare di pharmakeia avvelenamento i figli (Guer.giud. I, 23.3) e di trascinare Alessandro a Roma!.
Lì, a Roma, il giovane, trovandosi in un clima migliore, fa valere la sua abilità forense, essendo un abile oratore, ma anche la sua nobiltà e l’innata moderazione, nonostante la giovanile età, avendo in Augusto un giudice più esperto di Antipatro e più assennato di Erode (ibidem, 5).
Il giovane, dopo essersi moderatamente lamentato, senza attaccare minimamente il padre, dimostra l’innocenza sua e del fratello dicendosi esposto a pericoli indefiniti protestando per la ribalderia di Antipatro e il disonore che su di loro si era abbattuto (ibidem): la sua conclusione è retoricamente strutturata ma è tale da intenerire gli animi dei romani e di trascinarli alle lacrime e da commuovere lo stesso Augusto: la mia traduzione in discorso diretto rende efficacemente il pensiero- espresso con un periodo ipotetico di primo tipo con apodosi all’indicativo, resa da me con un congiuntivo concessivo: ci uccida pure il padre, se ritiene fondata l’accusa/ tooi patri kteinein autous estin ei de kai prosietai to egklhma (al padre è il potere di uccidere, se ritiene fondata anche l’accusa).
Augusto riconcilia, allora, i figli col padre, assolvendoli entrambi dalle accuse, ma pretende che la riconciliazione si faccia alla condizione che essi devono al padre la massima obbedienza e il padre può lasciare il regno a chi vuole (ibidem).
Alla pacificazione tra Erode e i figli, succede nel corso del viaggio di ritorno in patria da Roma un nuovo rinnovato patto del re giudaico con Archelao, venuto ad incontrarlo in Cilicia, all’approdo ad Eleusa: è un abbraccio affettuoso tra i due re, amici da tempo e consuoceri, dopo la tensione e gli equivoci a causa dei figli. C’erano state lettere per la ricomposizione dell’amicizia e durante il processo e prima, senza e con la sollecitazione di Augusto, che pretendeva leali rapporti tra i due maggiori garanti della stabilità mediorientale!
Ora era caduta l’accusa di Ferora e di Salome, che coinvolgeva anche Archelao, che aveva dovuto farsi davvero assistere dai suoi amici romani e da avvocati per la difesa di se stesso e del genero nel processo!. Perciò l’incontro tra Archelao ed Erode sicuramente fissato da Augusto, e voluto, fu amichevole e chiarificatore di ogni equivoco : Archelao ospitò il re giudaico, ringraziandolo per l’assoluzione del genero, compiacendosi per la riconciliazione e lo scortò fino a Zefirio secondo Flavio (Guer. giud. I,456) e gli fece doni per il valore di 30 talenti.
E’ una pacificazione vera quella tra figli e padre, professore?
E’una pacificazione apparente, come era avvenuto già prima dell’arrivo a corte di Antipatro, anche se Erode, ora, al ritorno da Roma, è convinto che la sua famiglia ha omonoia / concordia perché ora è kurios ths archhs signore dello stato, ma anche dikasths diadochou arbitro assoluto della successione. Infatti, nell’assemblea plenaria, proclama eredi del trono i suoi tre figli, e prega Dio e il popolo di ratificare il suo volere: Antipatro per elikia /età, Alessandro ed Aristobulo per nobiltà di nascita/ eugeneia sono destinati alla successione!.
Concede, poi, gli onori, in relazione alla sua nomina, ed invita tutti a non alimentare invidie e gelosie tra i nominati ben conoscendo lui la malignità dei cortigiani -ibidem 23,5. 39-. Il suo discorso ai cortigiani e parenti, a popolo e all’esercito è un buon esempio di retorica aulica, che, comunque, sottende la presenza di un clima più sereno: coloro, dunque, che Cesare unì e a cui il padre concede l’investitura, voi rispettateli senza attribuire loro onori immeritati né diseguali, ma a ciascuno secondo l’anzianità; infatti, chi conferirà a qualcuno onori superiori a quelli spettanti per età, non lo rallegrerà tanto quanto affliggerà colui che avrà trascurato. Le persone, che in qualità di parenti ed amici, dovranno essere al seguito di ciascuno, le stabilirò io stesso e le renderò responsabili della concordia, ben sapendo che i dissapori e i contrasti nascano dalla malignità dei cortigiani, mentre, se questi sono uomini dabbene, mantengono viva la comunità di affetti. A loro chiedo e non soltanto a loro, ma anche agli ufficiali dell’esercito di riporre per il momento solo in me le speranze, perché ora non il regno concedo ai miei figli, ma gli onori regali/ ou basileian, allà timhn Basileias tois uiois paradidomi. Essi godranno i vantaggi del potere come sovrani, mentre a me rimarrà il peso del governo/to baros toon pragmatoon, anche se io non ho voglia.
Erode pensa di aver riportato veramente in famiglia la concordia ma in effetti tra i fratelli domina la stasis discordia con uponoia sospetto –ibidem 24.1 – Antipatro non è contento del to presbeion diritto di anzianità ed è timoroso del diritto del secondo posto concesso ai fratelli che, a loro volta, sono scontenti di non aver avuto la precedenza assoluta nella successione.
Perciò, il successivo discorso di Erode sembra che non sia utile, nonostante il parlare del re con franchezza e con autorevolezza, in quanto si vuole dimostrare realmente che lui è ancora degno di regnare per l’età, per la condotta di vita e per la pietà.
Così scrive Flavio (ibidem): io non sono proprio tanto vecchio da far pensare che da un momento all’altro non ci sarà più niente da fare poiché non sono dedito ai piaceri – che anche ai giovani accorciano la vita- e poiché ho onorato la divinità tanto da arrivare al termine estremo della vita.
Un bel discorso, professore! un Erode non conosciuto, un re e padre non certamente privo di humanitas, un uomo che sbaglia a fidarsi del suo sangue idumeo, che è stirpe di arrivisti, subdola, egotistica, contraddittoria nell’inseguire le mete, ma determinati, come in effetti è lui stesso, megalomane drasterios/ energico, istintuale e bestiale nell’ira verso se stesso e verso gli altri, specie se in crisi confusionaria! Un vero discorso da padre a figli, da vecchio re a cortigiani e da sovrano al suo popolo e al suo esercito!
Certo Marco! mi piace ora fartelo sentire completamente in modo da poter capire le vicende e mostrare il male dei cortigiani, il contegno non decoroso degli stessi figli e la sorda subdola opposizione dei parenti stretti: Chiunque si darà a lusingare i figli miei perché mi tolgano il potere, me ne pagherà il fio, anche per loro; e non per invidia verso i miei figli io pongo un limite ai loro onori, ma perché so che l’adulazione avvia i giovani alla tracotanza /Thrasos. Se, dunque, ognuno di quelli che avvicineranno i miei figli rifletterà che, comportandosi a dovere, riceverà da me il contraccambio, mentre se susciterà contrasti, le sue mali arti non gli procureranno vantaggi nemmeno verso la persona corteggiata: io credo che tutti agiranno a mio favore cioè a favore dei figli. Infatti è nel loro benessere che io regni, come è mio interesse che loro siano concordi. E voi, miei bravi figli, rimanete buoni fratelli, rispettando in primo luogo le leggi sacre della natura, che preservano gli affetti anche negli animali feroci, in secondo luogo, Cesare, che vi ha riconciliati, in terzo luogo me, che vi rivolgo una preghiera, mentre vi potrei dare un ordine.
E’ , Marco, il discorso di Erode rivelatore di un animo umano di padre e di sovrano, rispettoso della legge naturale, del sistema imperiale romano e della famiglia! Non credo che possa essere esemplare di uno scrittore ebraico, che avrebbe certamente anteposto Dio e la sua oikonomia! penso, invece, al gruppo scrittorio ellenistico di Guerra giudaica, che ha il sopravvento in questo discorso erodiano in cui si magnifica l’armonia naturale, imperiale e familiare!.
Professore, neanche avrei immaginato un discorso di questo genere in bocca ad Erode!?
Marco, Erode sorprende, comunque, nella sua doppia faccia di humanitas seppure venata da megalomania e da estrema bestialità , -proprio di uno di formazione aramaica, feroce nel suo integralismo religioso! Nonostante ciò, è uomo che passa da un eccesso ad un altro, specie nella vecchiaia, a causa della debilitazione mentale. Per me, resta, comunque, persona non priva di umanità e razionalità abile a raggiungere i suoi obiettivi a qualunque prezzo e sacrificio, ma essendo di indole passionale alla fine è personaggio perdente e tragico a causa della malizia degli altri, specie dei famigliari.
Avendola seguita negli altri lavori su Erode, condivido anch’io il suo parere. Ora riprendiamo il racconto su Antipatro.
Comunque, Marco, il re, da ebreo, dopo aver concesso ai figli la veste regia e gli onori/ Hstheta kai therapeian basilikhn, implora su di loro la benedizione di Dio, che è garante delle sue deliberazioni a patto che si si mantengano concordi, li abbraccia uno ad uno, affettuosamente, prima di sciogliere l’assemblea, mentre già c’è chi asseconda il sovrano e chi, facendo finta di sentire, ha in animo metabolh/il cambiamento (Ibidem,456).
Professore, allora niente cambia! tutto è come 3/4 anni prima, dopo il precedente ritorno di Erode dal viaggio, al seguito di Marco Agrippa!Tutto è come allora, quando Erode era già en sugkhusei ths psuchhs!. La stasis familiare accompagna sempre Erode; Ferora e Salome fanno sempre la guerra e i due fratelli asmonei subiscono sempre e sono ancora di più rabbiosi ed impotenti, avendo maggiori sospetti!.
Gli animi, Marco, sono quelli di tre anni prima, specie quelli degli idumei, che pur sono i privilegiati ed amati dal sovrano, che è stato irretito da loro, a causa della consanguineità. Flavio scrive (Ant.Giud.,XVI,75) :Il re riflettendo pensava che anche dalle persone più care non gli era venuto alcun conforto, neppure dall’amata moglie a causa delle noie derivate dalla sua famiglia –e nonostante la sua fortuna esterna concessa dalla benevolenza di Dio- in casa sua, invece, contro ogni aspettativa gli andava quasi tutto al peggio, da ambo le parti ogni cosa risultava diversamente da quanto altri avrebbero pensato, lasciando il dubbio se tanta felicità al di fuori fosse da scontare con le disgrazie domestiche o se a tante tragedie a casa si dovesse sfuggire, a condizione di non possedere la invidiata potenza di re!
Erode, riflettendo sulle tragedie familiari (morte di Aristobulo di Hircano, di Mariamne, di Alessandra,di Giuseppe, di Soemo) e sulla sua ascesa politica (era diventato il terzo uomo dell’impero dopo Ottaviano ed Agrippa!) rilevava la sua fortuna, da una parte, grazie alla predilezione di Dio, che attua la sua imperscrutabile oikonomia favorendo, in modo paradossale, il suo successo regale nel piano universale romano-ellenistico, ma comprendeva, da un’altra, la propria infelicità familiare, causata dall’invidia e dall’ingratitudine: phthonos ed acharistia gli risultavano elementi centrali nella sua storia di uomo, in una lettura tipica di un eroe tragico! Erode si sentiva vittima!
Nella storia privata di Erode, in effetti, c’era un buco mai esplorato, una macchia per il nome del re, a causa del disinteresse romano alla colpa/amartia nascosta, neanche rivelata a se stesso, oggetto di contesa tra i suoi contribuli e quelli della parte avversa asmonea, quasi cancellata e sepolta nella sua psuchh, che pesava, comunque, ancora: la morte di Mariamne!
Gli antipatridi difendevano il re fratello contro gli asmonei che infangavano, in una difesa della memoria della madre, onesta e fedele uccisa per gelosia, il padre pazzo furioso d’amore, favorito e protetto dai romani, distruttore anche della stirpe regia giudaica; a loro volta, gli asmonei difendevano l’onore della madre e della famiglia dai vili attacchi delle chiacchiere delle idumee, che marcavano l’adulterio della regina, e di quelle degli idumei che ritenevano giusta la successione di Erode ad Antigono, sancita dal senato e dal popolo romano!
Restava, dunque, insoluto il problema della non chiarita morte di Mariamne, della delazione di Cipro e di Salome, che avendo poi seguito il parto della regina, presentavano la prova della bimba, nata, rimasta innominata e avevano determinato l’uccisione dell’asmonea, senza concrete certezze, manovrando sulla passione furiosa di Erode Cfr. Alessandra la suocera di Erode www.angelofilipponi.com Questo macigno turbava gli animi e di chi aveva causato la morte di Mariamne e di chi ora la difendeva perché figli grandi e maturi, per di più coinvolti nella lotta per la successione, convinti di essere eredi legittimi!.
Gli antipatridi con questo fardello sulla coscienza, difendevano il loro comportamento aspirando oltre tutto alla successione, e si accanivano contro i figli di Mariamne, ingenui negli scontri verbali incapaci di contrastare le chiacchiere sulle colpe della loro madre. La situazione era degenerata, in assenza di Erode, impegnato con Marco Agrippa, e ad ogni incontro dei cortei di Ferora o di Salome con quelli di Alessandro o di Aristobulo erano scintille verbali e scoppi di ira, che accendevano gli animi fomentando intrighi, offese e maldicenze.
Gli idumei, dai tanti scontri verbali avuti con giovani, avevano tratto un punto di forza dal fatto che i giovani nella difesa accorata perdevano la testa e sbloccavano in ingiurie e frasi oltraggiose verso il padre: volevano sfruttare l’ ira e la reazione immoderata dei giovani davanti alla corte in quanto nella difesa della madre non si vergognavano delle sue colpe, manifestate da loro, e pesantemente oltraggiavano Erode e i suoi parenti facendo capire che con le proprie mani si sarebbero vendicati contro colui che ritenevano colpevole.
Seguivano agli scontri villanie di ogni genere tanto che i giovani nobili apparivano volgari, mentre gli idumei, facendo i signori, perché meno coinvolti emotivamente, trovavano il pretesto per formulare un accusa per far credere ad Erode che si trovava davanti ad una congiura.
Professore, si trattava non di fatti ma solo di parole.Come fecero gli idumei a trovare un capo di accusa dalle sole parole?
L’ occasione la ebbero dai rumores/voci dei cittadini di Gerusalemme -Ant,giud. XVI,71-: tutta la città fu piena di tali discorsi – come avviene in contese del genere- ; da una parte si compativa l’inesperienza dei giovani e dall’altra i piani di accusa, intessuti da Salome, pervasero tutti e lei trovò nelle loro stesse azioni un’opportunità di parlare falsamente a proposito di loro.
Secondo Flavio, essendo cresciuta la stasis in casa, Ferora e Salome erano decisi ad annientare i due giovani arroganti figli di Mariamne. Specie Salome aveva rivolto il suo odio contro i giovani quasi fosse una eredità e cercava ogni trama ingiuriosa contro la loro madre, morta, in modo arrogante ed ardito, come se non volesse lasciare vivo alcuno della stirpe, che potesse vendicare la morte della donna, eliminata a causa sua -cfr Ant. giudaiche.XVI,66-72 ed anche Guer. giudaica I, 443-447- Anche i figli di Mariamne, avendo ereditato l’avversione materna consideravano il padre nemico crudele quando già erano a Roma col fratello più piccolo, poi misteriosamente morto, dove erano stati mandati per ricevere una educazione romano-ellenistica, poi ancora di più, una volta tornati in patria. Secondo Flavio il loro odio era cresciuto con gli anni. Dopo che erano in età di sposarsi-l’uno prese in moglie la figlia di Archelao, re di Cappadocia, Glafira, e l‘altro Berenice, la figlia di Salome che aveva calunniato sua madre- unirono all’odio anche l’ardire nel parlare.
L’odio fra le parti aumentava anche perché Erode era assente e ancora doveva tornare dal viaggio con Marco Agrippa, ma si sapeva che stava per arrivare a Cesarea Marittima da Samos.
Il suo arrivo a Gerusalemme scatenò h kheimon/ la tempesta!
Così Flavio in Antichità giudaiche XVI, 73. scrive: quando Erode ritornò, dopo che si era rivolto a popolo, per mostrare l’amicizia dei romani nei suoi confronti, subito Ferora e Salome si avvicinarono al re con la notizia che lo sovrastava un grande pericolo da parte di giovani che, apertamente, lo minacciavano affermando che non avrebbero lasciato impunito l’assassino della madre.
Il re fu sconvolto e ancora di più accrebbe la sua agitazione il sentire le voci riferite da altri: la cosa era nota a tutti e la stessa città ne parlava.
Questo nocque ai fratelli specialmente perché gli antipatridi volgevano a loro favore le parole degli asmonei, stravolgendole, come avversari, e le riferivano al re come se fossero un reale complotto pianificato. Infatti li accusarono al padre come cospiratori di una trama architettata dal genero di Archelao, che si preparava a fuggire contando sull’appoggio del suocero, per andare ad accusarlo presso Cesare.
Erode si impaurì perché conosceva la temerarietà dei figli di Mariamne e la loro voglia di dominio ma anche la malizia dei suoi fratelli, capaci di tessere piani insidiosi. Comunque, prevalse in lui l’amore per la famiglia idumea nonostante avesse la testa piena delle calunnie l /anaplhstheis toon diaboloon. Era timoroso e sospettava che fosse partecipe Archelao, anche lui amico di Augusto e socius dell’impero romano, garante della stabilità dell’area orientale come lui. Riteneva, però, la cosa impossibile ed improbabile, dati i rapporti di amicizia, lo scambio di lettere, le relazioni delle spie e il matrimonio di Alessandro con figlia, specie in quel particolare momento di fortuna per entrambi.
L’accusa era pesante ed Erode rilevava che c’era eguale quantità di odio, seppure diversa era la forma dell’odio.
Flavio dice: gli uni, i giovani inesperti, giudicavano che la forza dell’ira consistesse nel dire apertamente villanie e a fare rimproveri ma agivano in modo precipitoso, gli altri al contrario, non si adeguavano a tale sistema ma si comportavano in modo accorto e seminavano scaltramente calunnie e facevano presente ai giovani che la loro audacia contro il padre avrebbe condotto alla violenza (Ibidem)
Quindi, professore, Erode al ritorno, sentendo le voci anche popolari, non avendo più sicurezza in Ferora e Salome, coinvolti nei litigi , pensò bene di richiamare dall’esilio il figlio Antipatro così da pacificare i due schieramenti opposti, convinto forse che sarebbe stato un moderatore? ed ora cosa succede dopo il ritorno dal processo, una volta riconciliati ?
Erode è convinto nella scelta di Antipatro, come uomo di equilibrio tra le parti: Il figlio avrebbe potuto moderare gli animi, dato il prestigio che gli avrebbe dato in quanto nominato successore, far cessare gli scontri verbali tra asmonei ed idumei e frenare con punizioni esemplari i popolani innocentisti filoasmonei e quelli colpevolisti, filoerodiani, disennescando l’odio familiare e la stasis cittadina sorta in nome di Mariamne!
In effetti, Antipatro gli era sembrato, già nel corso del dibattito al processo a Roma, uomo tranquillo e sereno, ago della bilancia, un moderatore sia nei confronti dei rabbiosi contribuli che verso gli asmonei, che ancora facevano le vittime, compiangendo la fine violenta della madre e se stessi, costretti a vivere con gli assassini di lei e sperimentare lo stesso destino.- Ant. giud., XVI,71-.
Perciò, lo ritenne, nella situazione del processo, il migliore tra quelli della sua famiglia idumea: così, infatti, l’avevano visto Augusto ed anche gli amici romani!
Erode, dunque, pensa di aver trovato la giusta soluzione con Antipatro diallakths, ma non considera il carattere del figlio di Doris né le aspirazioni dei due figli di Mariamne che, giustamente, rivendicano l’eredità asmonea di Antigono, usurpata da lui, civis idioths idumeo, mezzo ebreo!.
Flavio così scrive: infatti quelli erano così addolorati non solo /to aidesthai tais ths mhtros amartiais / per la vergogna delle colpe di adulterio e nascita di una figlia- innominata ed ignota- ma anche, specialmente, per la perdita del diritto di successione diretta al trono.
Dunque, il bel discorso non è servito a niente e gli animi sono rimasti nel medesimo sospetto, anzi hanno maggiori sospetti tra loro, invidiando tutti l’ascesa di Antipatro e la continua presenza al fianco del padre, già al ritorno in patria: tutti lo considerano h tou misous upothesis, causa dell’odio, anche se rilevano che ancora non osava mettere in mostra apertamente la sua animosità per rispetto verso l’autore della conciliazione/ eis ge to phaneron thn apechtheian ecsepheren ton diallakthn aidoumenos– Ibidem, 455-.
Antipatro sa, professore, che la sua funzione è quella di diallakths, ma teme per ora il controllo del superiore diallakths Augusto, data la carica imperiale maggiore di quella di un piccolo re, circondato da spie romane, che informano quotidianamente e l’epitropos /il governatore di Siria e l’autokratoor/imperatore. Deve perciò necessariamente essere cauto ed infido?
Certo, Marco, ora Antipatro deve fingere di fare il bene comune e mutare disposizione morale sua e quella degli altri, in un interscambio continuo, riconciliando gli uni con gli altri, ora mettendosi come arbitro tra le parti ora come mediatore obbligando i parenti a cedere, ora sostenendo i famigliari costringendo gli asmonei a venire a patti. Egli riesce in questo, nonostante gli equivoci, ma ha in animo di ottenere il principato con l’aiuto dei parenti e di abbattere gli odiati asmonei: è uomo molteplice, poikelotatos to hthos, “tinto” e variopinto, molto ambiguo, complesso, furbo, capace di saper tenere a freno la lingua, di celare l’odio con grande malizia. E’ persona, un politico, un teatrante spettacolare, che manipola scaltramente i due giovani, i quali, data la nobiltà della stirpe, avevano sulla bocca quanto era nel loro cuore/ pan ton nothen hn epi glosshs.
Immagino, professore, che il compito di Antipatro sia difficile, ma per lui, malvagio- il maligno per eccellenza- sia un gioco manovrare i suoi famigliari asmonei, che sono sempre vissuti nel benessere, mantenendo la calma, e giostrando come pupazzi gli altri idumei, che sono provocatori e spie di mestiere, seminatori di zizzania!
Immagini bene, Marco!, Senti cosa scrive Flavio (Guer. giud., I,468) erano molti quelli che li provocavano, mentre i più degli amici si insinuavano come spie. Tutto ciò che si diceva presso Alessandro veniva immediatamente riferito ad Antipatro e poi con qualche aggiunta passava da Antipatro ad Erode. Nemmeno se il giovane avesse detto qualche cosa innocentemente, si sarebbe salvato dalle critiche, ma il significato di ogni parola veniva distorto per calunniare e se, qualche volta, diceva con un certa franchezza, una piccolissima cosa, finiva col diventare un’enormità.
Alessandro, dunque, è circondato da uomini di Antipatro, che lo provocano e lo spiano e che, interpretando ogni parola, la riferiscono al mandante: Così scrive Flavio-Ibidem 470- : Antipatro metteva sempre all’opera dei provocatori così che le menzogne avessero una base di verità e bastava che una sola delle dicerie, diffuse, si dimostrasse corrispondente al vero per dar credito a tutte le altre. L’autore precisa: i suoi amici erano tutti o riservatissimi per natura o uomini persuasi con doni a non svelare nessun segreto tanto che non si sarebbe sbagliato chi avesse definito la vita di Antipatro un mistero di malvagità/ kakias musterion; e corrompendo con denaro i cortigiani di Alessandro o insinuandosi presso di loro con le adulazioni – mediante le quali a tutto riusciva- ne aveva fatto dei traditori /prodotai e delle spie di ogni cosa che si faceva o si diceva.
Insomma, conclude Flavio: Antipatro, facendo una messinscena di ogni cosa , in modo accurato, in ogni particolare (panta de perieskemmenoos dramatourgoon) ricorreva ad una tecnica raffinata per far giungere le calunnie ad Erode, assumendo lui stesso la parte del buon fratello/ autos men adelphou prosoopeion epikeimenos, mentre faceva svolgere agli altri quella del delatore. Quando, infatti, veniva riferita qualche cosa contro Alessandro, egli si presentava a recitare la parte, cominciando col ridicolizzare la diceria, e poi pian piano ne dava conferma stimolando lo sdegno del re. Tutto veniva riportato ad un complotto, a far credere che Alessandro fosse pronto ad uccidere il padre; infatti, nulla dava tanto credito alle calunnie quanto le difese che Antipatro prendeva per Alessandro.(Ibidem,472).
Professore, Antipatro è favorito dalla vecchiaia di Erode che, da giovane drasterios e poikilos anche lui, mai si sarebbe fatto raggirare da una recita così sfacciata, anche se di un grande attore!.
Certo. La vecchiaia e la malattia rendono giudice non oculato Erode che, forse, solo dopo la morte dei suoi figli, si accorge dell’errore. Troppo tardi!.Ed allora il padre vecchio e malato, amareggiato da quanto gli si diceva, toglieva ogni giorno una parte del suo affetto ai figli per riversarla su Antipatro, che mostrava riconoscenza senza esserlo. Erode, non avendo più fiducia in Ferora e in Salome, riversa il suo amore solo verso il figlio, ora premiato ed elogiato pubblicamente.
Cosa avevano fatto i due perfidi fratelli idumei ?
Ti mostrerò prima l’ingratitudine di Ferora e poi quella di Salome.
Ferora, intrigante, si rende odioso, destando sospetti nel re – che già l’ha perdonato per la sua partecipazione alla congiura di Costubar,- una prima volta perché, innamorato di un sua ancella, nutre una passione tale da rifiutare la prima figlia, Salampsio, di Mariamne – che viene poi data al figlio di suo fratello morto, Fasael, omonimo – offendendo gravemente Erode, che, indispettito e triste, rileva la non riconoscenza fraterna (cfr. Ant giud. XVI,195); una seconda volta perché ha il coraggio di rifiutare l’offerta del re – che per distrarlo dalla sua amante, gli concede, da fratello, comprensivo e tollerante, in moglie l’altra figlia di Mariamne, Cipro, con una gran dote, dandogli una nuova opportunità per cui, grazie anche ai consigli del dioicheths Tolomeo e di Doris, accetta le nozze, ma, nonostante la promessa fatta, avendo avuto un figlio dalla donna amata, disonora la figlia del re coi suoi tradimenti, seguitando di nascosto la tresca con la sua serva, propenso a fuggire in Nabatea, all’occorrenza; una terza volta perché, essendo andato a far visita ad Alessandro gli rivela che ha saputo da Salome che il re era perdutamente innamorato di Glafira e che la sua passione non era facilmente contenibile. A proposito Flavio scrive: A tale notizia Alessandro andò su tutte le furie, e per la gelosia e per la passione giovanile,… non ebbe la forza di reggere al dolore. Si presentò al padre e, piangendo, gli manifestò quello che gli aveva riferito Ferora. Erode, colpito da grande furore ed incapace di sopportare la vergogna e la falsa accusa, rimase sconvolto e si doleva spesso della malvagità della famiglia e della maniera con cui veniva trattato da quelli, ai quali aveva fatto del bene.
Professore, mi meraviglio che Erode non veda a questo punto che Ferora, suo fratello, vuole la sua morte! uno, guardingo e perspicace, diventa cieco davanti ad accusa così infamante, tale da sconvolgere l’animo di un giovane già turbato!? non è chiaro l’animo di uno che mette padre e figlio contro, per amore di una donna?!
Si. sembra chiaro! Erode ha presente l’esempio, esecrato da tutti i re orientali, di Lisania – che uccide il figlio Filippione, per sposarne la moglie, sorella dell’asmoneo Antigono, fatto uccidere da Antonio – e cerca la concordia in famiglia, secondo gli ordini di Augusto, nonostante le contraddizioni e i cambiamenti senili di umore.
Non c’è da meravigliarsi, comunque, se Erode, dominato dalla sua megalomania e dalla volontà di apparire recita la parte del grande re e lascia impunito il fratello, affermando: posso vincere i miei parenti non punendoli degnamente come meritano, ma beneficandoli più di quanto meritano!.
Sono parole di un retore, che pensa ellenisticamente, di punire l’altro, secondo merito, mostrando così che Erode è magnanimo coi suoi congiunti !?
Si Marco, Erode è magnanimo coi suoi, anche se scopre la verità!
Infatti Flavio -dopo aver mostrato Erode che, convocato il fratello, lo sgrida -scrive : tu sei il più malvagio di tutti. Tu hai raggiunto un grado così smisurato e impensabile di ingratitudine da pensare ed affermare simili cose di me? Tu puoi forse pensare che io non veda quali siano i tuoi piani?Tu hai sussurrato all’orecchio di mio figlio una cosa così perversa non per infangare la mia reputazione, ma per aver in lui uno che tendesse insidie alla mia vita ! uno che cercasse la mia rovina con veleni!
Allora cosa pensare? bisogna credere che Erode alterni fase di razionalità ad altri di ottusità mentale, come un vecchio rincoglionito, che ha un sacro rispetto per la famiglia?!
E’ certo che Erode ami la famiglia idumea e che sia conforme alle sue direttive, seguendo suo figlio Antipatro, che è il coordinatore di ogni azione idumea. Io, che sono vecchio, più di Erode, posso anche accettare la tua valutazione di un Erode rincoglionito, che va a fasi alternate!, mi permetto, comunque, di dire, prima di giudicare, che forse è meglio sentire il resto del pensiero di Flavio, rivolto più verso Alessandro, uomo capace di frenarsi in una tale situazione!: Chi mai infatti- se non uno guidato da un demone buono, come mio figlio- avrebbe sopportato il padre, sospettato di tale malvagità, lo sopportasse impunito? Pensi tu di avergli messo nell’animo solo un ragionamento e non piuttosto nella destra un pugnale, da usare contro il genitore? e considerato che tu odi lui e suo fratello perché parlando male di me, ti sei finto benevolo nei suoi riguardi ed hai detto cose che poteva pensare solo la tua empietà e riferirle calunniosamente ad altri? Rispondi? tu hai agito così abominevolmente verso tuo fratello e benefattore! Possa la tua coscienza colpevole vivere con te come tuo compagno!
Sembra da quanto dice Flavio, dunque, che abbia capito tutto, ma lo punisce a vivere con la sua coscienza di colpa! lui impulsivo e crudele?Bene. Ho compreso! ma non mi è facile interiorizzare il tutto! Andiamo avanti. E cosa fece la terribile Salome?
Salome è l’anima nera di una famiglia malvagia, una pettegola assetata di sangue! una donna sanguigna, passionale che si nota, sullo sfondo di un quadro seicentesco, in lontananza come un’ombra fosca, in agguato!.Lei, che ha sulla coscienza forse la morte del marito Giuseppe e probabilmente quella del secondo marito Costubar e quella di Mariamne e di Alessandra, è l’artefice della chiacchiera su Glafira ed Erode, avendo architettato ogni cosa con due fini, quello di smascherare la libidine dei due fratelli e quello di far sposare Cipro con suo figlio Antipatro, attirata dalla ricca dote: Salome è femminista ante litteram che combatte una battaglia contro il prepotere dei fratelli e degli uomini della sua casata, protervi maschilisti ed un’altra a favore esclusiva della sua famiglia, senza fare trapelare il suo vantaggio personale, facendo la richiesta di matrimonio, utile per il figlio e per sé! Per conseguire i suoi due skopoi, fa una ridicola sceneggiata, dopo che Ferora, colto in fragrante, è costretto a rivelare che le invenzioni sono della sorella, che è presente al colloquio!.
Leggi, Marco, quanto scrive Flavio- ibidem 213-: appena Salome sentì questo…protestò in modo convincente che da lei non proveniva niente di tutto questo e che tutti cercavano deliberatamente ogni mezzo per renderla odiosa al re e liberarsi di lei a motivo dell’affezione che lei provava per Erode, al qual prevedeva sempre i pericoli che lo minacciavano.
La sua recita parte da lontani ricord per una dimostrazione che lei ha doti di preveggenza in quanto, amando il fratello, riesce a salvarlo dalle minacce di tradimento, accennando alla delazione fatta contro il marito Costubar!.
Salome dice, secondo Flavio: al presente lei era vittima di un complotto ancora più serio perché lei sola cercava di convincere Ferora a cacciare la moglie, che aveva, e a sposare la figlia del re, divenendo così oggetto dell’odio fraterno. Così dicendo, a più riprese, si strappava i capelli, si dava colpi ripetuti sul petto, volendo con lo spettacolo della sua negazione, rendere plausibile il suo diniego, ma la malignità del suo carattere proclamava l’insincerità di quegli atti.
Di fronte a tale scena, Ferora, stretto tra le accuse di Erode e le negazioni della sorella, comincia ad accusare altri, suscitando scompiglio nella corte, interessata ai fatti, timorosa di punizioni per il largo giro di chiacchiere.
Il re, nauseato dai suoi famigliari, vedendo, mentre Ferora accusa altri, sorgere tafferugli e scompiglio nella reggia, decide di licenziare i due fratelli e di lodare Alessandro, capace di autocontrollo, rimasto in silenzio, prima di andarsene a riposare, essendo già notte quando già inizia una battaglia di pettegolezzi femminili, a seguito delle mormorazioni delle sue mogli, a causa della cattiva reputazione di Salome, ritenuta unica colpevole della calunnia.
Flavio, a proposito ,scrive: anche le mogli del re gliene parlavano in cattivi termini continuamente perché non la sopportavano, sapendo che aveva una natura difficile e continuamente mutevole ora amica ora nemica.
Da quanto detto Salome è donna veramente temibile per Alessandro ed Aristobulo!.
Marco, la donna rivela ancora di più la sua malizia e il carattere passionale e impudico, nel caso di Silleo.
Chi è Silleo, professore ?
Di Silleo Giuseppe. Flavio parla a lungo in Antichità Giud, XVI,221-226,275,276-285,286-292,335-355, e meno in Guer. giud.I, 24.6. (487).
E’ un personaggio di successo, nabateo, parente di Obedas, re di Nabatea, che non governa e che affida l’amministrazione ad altri.
Erode e Obedas hanno una contesa da una diecina di anni, circa i lhistai di Traconitide, protetti in città, fortificate dal re di Petra, da cui partono per spedizioni contro il clero sadduceo, contro i romani e i giudei, facendo sequestri di persona a fine di riscatto, derubando i pellegrini e a volte facendo stragi nei paesi limitrofi, che non pagano il pizzo.
Per risolvere la questione dei Traconiti, Silleo, forse, è inviato a corte di Erode da Obedas!
Silleo è descritto così: amministratore degli affari del suo re, persona abile, giovane e di bella presenza. Venuto da Erode per certi affari,mentre cenava con lui vide Salome e dispone nel suo cuore di averla e quando seppe che era vedova parlò con lei del suo sentimento amoroso. Salome, che si trovava peggio di prima con suo fratello, e guardava il giovane in modo tutt’altro che indifferente, era impaziente di maritarsi con lui; nei giorni seguenti allorché molta gente si era radunata per la cena apparvero molti e chiari segni di intesa fra i due. Alcune donne riferirono tutto al re deridendo la loro mancanza di discrezione. Erode, fa interessare Ferora, comandandogli di seguire la coppia e di riferire, sapendo bene quanto screzio ora c’è tra lui e Salome! Ferora li spia e riferisce che gesti e sguardi manifestavano la loro passione!
Il re, comunque, è contento che l’arabo se ne parte perché le sue donne parlano male di una tale relazione, data anche la differenza di età: lei ha oltre cinquanta anni e lui poco meno di trenta anni!.
Due o tre mesi dopo, però, l’arabo torna di nuovo e chiede ufficialmente in moglie la sorella. Flavio (Ibidem) così scrive: fece la proposta ad Erode domandando che gli desse in sposa Salome. dicendo che questa unione non sarebbe stata inutile ad Erode per l’alleanza con il governo dell’Arabia che virtualmente ora era in sua mano e che in futuro sarebbe stato suo, per diritto, alla morte di Obedas,
Erode chiede alla sorella se desidera Silleo ed, avutane conferma, invita l’arabo ad assoggettarsi ai costumi dei giudei sulle nozze, che impongono la circoncisione prima del matrimonio, che altrimenti non ha alcuna validità giuridica.
Erode sa che l’arabo non può accettare perché se lo facesse sarebbe lapidato a morte dai suoi e perciò, nega, di fatto, il matrimonio alla sorella come prima non ha consentito alle nozze di Ferora con la serva, anche se ha già un figlio! Erode ha costumi arabi anche lui in quanto figlio di Cipro nabatea, vissuto per anni a Petra!.
Non si sa quale parte abbiano recitato Antipatro e Doris in queste occasioni, che sono onnipotenti a corte, dominata da spie e da corrotti, che sanno essere corruttori al momento opportuno facendo preziose alleanze fra loro per la rovina di altri.
Professore, comprendo che si tratta di una corte immorale – anche se certamente frequentata dal clero sadduceo, ma anche da esseni e da farisei, la cui pietas è messa a dura prova in mezzo a tanta corruzione e perversione- anche per la presenza di eunuchi, che svolgono la funzione di guardiani delle donne, ma sono anche ministri/diakonoi che curano la persona di Erode e di Ferora e forse di altri e fanno da segretari che annotano i logia del Kurios/ signore. Seguendo lei e i suoi studi mi sono dedicato alla lettura di qualche romanzo ellenistico ed ho notato in Flavio ( o chi per lui ) lo stesso stile retorico, una trama col cattivo e coi buoni, con gli aiutanti schierati da una parte e dall’altra, in modo da intrecciare il racconto al fine di tenere sospeso il lettore, che partecipa alla vicenda drammatica, avvincendolo col diletto: il carattere del protagonista Antipatro è reso con maestria come anche quello degli antagonisti, che dal lettore hanno onore di pianto!
Marco, Flavio con lo scriptorium di Guerra Giudaica risulta scrittore di romanzi, abile a caratterizzare il protagonista idumeo, a mostrare fin dall’inizio le vittime della ragnatela di male, tessuta da Antipatro destinati già a morte: lo scrittore di questa dramatopoiia non è il giudeo Giuseppe Ben Mattatia, un sommo sacerdote che neanche potrebbe scrivere in greco, ma uno scriba sofista e retore, incaricato di mandare il messaggio soterico flavio e di far dilettare i lettori!. Ricorda, Marco, che ho già mostrato Tacito di Annales, scrittore di opus rhetoricum maxime in lingua latina, abilissimo a mostrare il contesto di Capri, della costa laziale e campana e di Roma, la figura di Seiano divinamente onnipotente, padrone del mondo, secondo i canoni della tragedia di Seneca, rispetto a Tiberio, re di un isolotto! ricorda anche il contesto severiano dell’impero, specie quello di Antiochia o di Roma dell’inizio del III secolo, nell’esame dell’opera di Cassio Dione, sicuramente influenzato dalla tecnica drammatica di Flavio e dai romanzi di Achille Tazio- Leucippe e Clitofonte- o di Longo Sofista- Dafne e Cloe- o di Caritone- Le avventure di Cherea e Calliroe- e condizionato dal sistema di vita di personaggi tragici e di donne come Giulia Domna!.
Qui, Flavio mette nel romanzo tragico di Erode, protagonista, una aiutante Doris- ora l’economa della famiglia insieme al dioikethsTolomeo – il prototipo più brutto di madre e di cattiva matrigna che combatte per vendicare i tanti anni passati nella sofferenza, una selvaggia donna nella sua passionale rivincita sulla rivale regina Mariamne e sui due figli incolpevoli- che, col figlio Antipatro, abbatte gli antagonisti, destinati tutti ad una comune morte ad opera dello stesso carnefice! Un carnefice, divenuto persona, vittima del figlio, vero tragico esecutore di mali, che lentamente isola il padre, signore assoluto, mentre crea il vuoto intorno ai fratellastri, in una fosca congiura familiare!.
Leggiamo insieme, per capire come, a questo punto, universalmente la corte si volga a favore di Antipatro, il testo di Flavio– ibidem -: assieme a lui si voltarono dall’altra parte anche i dignitari della reggia, alcuni di propria volontà, altri per ordini ricevuti come Tolomeo, il più elevato degli amici, i fratelli del re e tutta la famiglia; infatti Antipatro era onnipotente e cosa ancora più grave per Alessandro, era onnipotente anche la madre di Antipatro, che ne assecondava le trame contro i fratellastri con odio più acerbo di una matrigna/mhtruia e provava per i figli della regina un’avversione superiore a quella che si ha per i figliastri. Tutti facevano la corte ad Antipatro per le speranze che egli ispirava e dal parteggiare a favore degli altri ognuno era distolto dagli ordini del re, che aveva ingiunto alle persone più autorevoli di non avvicinare Alessandro e di non occuparsi delle sue cose.
Professore, Alessandro col fratello è isolato nella corte, mentre Erode è ancora uomo, comunque, di potere che incute paura non solo all’interno del regno, ma anche al di fuori del regno, in quanto Cesare gli ha dato tanta autorità da poter chieder l’estradizione di qualcuno sfuggito a lui, anche da una città non soggetta ed Antipatro e la madre sono panta/tutto ! La condizione dei due giovani è, dunque, molto precaria?
Certo, i due giovani erano all’oscuro delle calunnie e, perciò, anche più incautamente vi offrivano il fianco; il padre non muoveva alcun rimprovero apertamente ma essi un pò alla volta si accorsero della sua freddezza e dal fatto che di fronte a qualche contrarietà s’inaspriva sempre di più-Ibidem-.
In una tale situazione la famiglia idumea è compatta ed ha ora maggiori legami avendo un capo riconosciuto, onnipotente. Flavio così scrive: Antipatro suscitò contro i giovani l’avversione anche dello zio Ferora e della zia Salome, cui stava sempre attaccato come fosse sua moglie, non stancandosi di aizzarla.
Specie, dopo la delusione amorosa, Salone, stizzita con Erode, cerca protezione in Ferora che, comunque – furioso con lei a causa delle sue fallite nozze con la serva, ha fatto negare la sua richiesta di far sposare il figlio Antipatro con Cipro, che ha 100 talenti di dote, suggerendo ad Erode il pericolo di una futura vendetta del figlio di Costubar!. Pur in un clima di pettegolezzi e di reciproche ripicche, i due si riappacificano. Gli asmonei, non ancora coscienti del reale pericolo, di fronte alla coesione della famiglia idumea, ora privi di appoggio del re – nonostante le belle parole rivolte ad Alessandro – bisognoso di cure, circuito da Doris, ma, comunque, ancora lucido di mente, non hanno una strategia di difesa né cercano alleanza con gli scontenti, erodiani ed asmonei, accantonati da anni, con le altre mogli del re e i loro figli (come Mariamne, figlia di Boetho o come la Samaritana Maltace o come la gerosolomitana Cleopatra) e restano isolati e boriosi in una stolida prosopopea, nobiliare.
Alessandro ed Aristobulo, orfani, seguono l’esempio della spocchiosa Glafira: non si accorgono che sono perdenti le rivincite femminili della nobile sulle altre donne, che sono stupide le offese agli altri figli di Erode, da parte di Alessandro, che sono ridicoli e autolesivi gli scontri tra ArIstobulo e sua moglie, che producono l’intervento della madre Salome e le accuse al re! Aristobulo non sa che corre un pericolo mortale ad umiliare la povera Berenice, già vittima di una madre perfida ed infida! forse neanche sarebbe bastato deporre l’orgoglio nobiliare, leccare la mano di Salome, ponendole davanti i cinque splendidi figli ed elogiare la mite e remissiva figlia! di fronte alla spregiudicata, viziata ed immorale sorella di Erode, comunque, si sarebbe potuto fare poco! Lei, più che cinquantenne, dopo la delusione con Silleo, s’infilò nel letto di Alessandro per fare all’amore col nobile figlio di Mariamne non ancora trentenne!
Una serie di errori porta a morte i figli di Mariamne, dopo la condanna!
Seguiamo Flavio: Glafira menava vanto della nobiltà delle sue origini e si atteggiava a padrona di tutte le donne della reggia rivendicando davanti a plebei di essere da parte di padre discendente da Temeno, da parte di madre da Dario figlio di Istaspe,
E’ questa un’ offesa per il clan idumeo, dominante, e specie per la plebea Doris ma anche per le altre mogli di Erode, che erano molte perché il costume paterno consente ai giudei di aver più mogli, che erano state scelte tutte per la loro bellezza e non per la loro nobiltà!.
Flavio scrive: anche Aristobulo si attirò, per colpa sua, l’odio di Salome che era la suocera… il giovane rinfacciava in continuazione alla moglie l’umiltà delle sue origini lamentandosi di aver preso in moglie una donna qualunque, mentre il fratello aveva sposato una principessa. Queste cose la figlia, piangendo, riferiva a Salome ed aggiungeva che Alessandro e i suoi minacciavano anche, quando si fossero impadroniti del regno, di mettere anche le madri degli altri fratelli a lavorare ai telai insieme con le schiave e quelli a fare gli scrivani di villaggio con un’allusione beffarda alla fine educazione, che avevano ricevuto.
Salome, sentito questo, impulsivamente, non sapendo trattenere l’ira, racconta tutto ad Erode che le crede perché la donna accusa suo genero!. Per Flavio- ibidem 480 – un’altra calunnia concorse ad infiammare l’animo del re : i due asmonei continuamente invocavano la madre, mescolando ai gemiti imprecazioni contro di lui e poiché lui distribuiva spesso alcuni abiti di Mariamne alle nuove mogli, i due avevano minacciato che tra poco, invece di vesti regali avrebbero fatto loro indossare vesti fatte di stracci.
Professore, i due per parlare così, hanno avuto lettere da Roma e messaggio che fanno sperare in una deposizione di Erode e in un ripristino al trono degli asmonei!.
Flavio non dice niente a proposito, ma parla di un nuovo viaggio a Roma di Erode, di cui non si sa esattamente né la durata temporale del soggiorno né la motivazione del viaggio.
Si verifica una nuova situazione in assenza del re e, quindi, di predominio assoluto del clan idumeo a corte.
Gli asmonei, nonostante questo, potrebbero approfittare del momento favorevole in quanto Erode, in partenza, sembra disponibile anche se ansioso per le intenzioni dei giovani, non avendo perduto ogni speranza di farli rinsavire /thn elpida ths diorthooseoos
Secondo Flavio- Ibidem, 481-: mandatili a chiamare…profferì poche minacce come re, ma le più furono ammonizioni di padre, che esortava ad amare i loro fratelli /philein tous adelphous e che prometteva il perdono per le colpe del passato, se si fossero comportati meglio in avvenire.
Flavio aggiunge: quelli respinsero le calunnie, affermando che si trattava di menzogne ed assicuravano il padre che, coi fatti, avrebbero confermato la loro difesa; però, anche lui doveva far cessare le dicerie col non prestarvi facile ascolto perché non sarebbe mai mancata gente disposta ad inventare accuse contro di loro, finché c’era qualcuno pronto a crederci.
I due giovani, avendo compreso che il padre ha qualche sentimento per loro, credono di potersi liberare dai timori per il presente, ma provano dolore per il futuro perché conoscono l’inimicizia di Salome e dello zio /egnosan thn te Saloomhn kai ton Theion Pherooran.
Mi sembra strano, professore che solo ora i due giovani conoscono come temibili e pericolosi entrambi e specie Ferora, da sempre a loro ostili, oltre ad Antipatro?
Forse il verbo gignoskein sottende costatazione di fatto della loro inimicizia/ekhthra, sottovalutata, anche se consapevoli del potere e della ricchezza di Ferora rispetto agli altri membri della famiglia idumea e della funzione di primo sumbouleuths di Erode.
Infatti si sa che Ferora aveva parte a tutte le attribuzioni regali, tranne il diadema, e godeva di rendite private per il valore di cento talenti e percepiva i frutti di tutto il territorio al di là del Giordano, ricevuto in dono dal fratello.
Ferora, che ha i il titolo di tetrarca col consenso di Augusto, pur avendo rifiutato il matrimonio delle due figlie del re, per amore della serva, risulta sempre perdonato dal fratello, anche quando è offeso ed è irritato contro di lui.
Dunque, professore, i giovani, conosciuta l’avversione degli idumei , fanno strategie per la loro difesa, finalmente?
Sembra, Marco, che prima della tempesta, che si scatena su Alessandro, i due giovani hanno fatto una congiura coi dunatoi/potenti, avendo il favore dell’esercito e dei loro comandanti: ciò è palese nel caso della tortura dei tre eunuchi, subito dopo il ritorno di Erode da Roma. Flavio così scrive per mostrare come il clima di corte, invece di migliorare, va sempre più peggiorando: il re aveva alcuni eunuchi, che gli erano immensamente cari per la loro bellezza: uno era incaricato di versare il vino, un altro di servire le portate e l’altro di dormire nella camera regia, dopo averlo messo a letto, quest’ultimo poi curava gli affari più importanti dello stato.
Secondo Flavio, Alessandro con grandi doni piegò costoro ad atti pederastici.
I cortigiani informano il re che i suoi eunuchi sono stato corrotti da Alessandro. Forse tutto questo accade nel periodo di andata a Roma e ritorno di Erode, che, saputo tutto, li fa sottoporre alla tortura.
Questi ammettono i rapporti amorosi svelando anche le promesse con cui vi sono stati indotti, essendo stati circuiti dai discorsi di Alessandro: essi non dovevano fondare le loro speranze su Erode, un vecchio svergognato che si tingeva anche i capelli – a meno che per questo non lo credessero anche un giovanotto- ma invece mettersi dalla sua parte, che avrebbe ereditato il trono anche contro il volere di Erode e fra breve avrebbe punito i nemici mentre gli amici li avrebbe colmati di favori a cominciare da loro per primi
In Antichità giudaica ad una prima tortura i tre ammettono la corruzione e confessano di avere relazioni intime con Alessandro ma negano di aver sentito offese contro il re. Ad una seconda tortura invece aggiungono che il giovane ha odio contro il padre che, per apparire, si tinge i capelli così da cancellare i segni dell’età e che ha fatto promesse da pagare il debito al momento dell’investitura regale.
Erode crede, allora, di aver scoperto la congiura dei dunatoi/potenti e il loro movimento segreto, connesso con l’esercito e coi comandanti e si impaurisce tanto che che non osa nemmeno divulgare le denunce, mentre intensifica il servizio d spie per la città di e di notte e di giorno, inviate ad indagare su ciò che si dice e si fa.
Si instaura un clima di paura e di insicurezza in città e nella reggia a causa del sospetto.
Flavio scrive: la reggia cadde in preda ad un terribile stato di illegalità /deinh anomia: ognuno, infatti, preparava le accuse a seconda delle simpatie o degli odi e per sbarazzarsi dei propri nemici approfittando del furore omicida del re phonoonti tooi basilikooi Thumooi). (Guer.Giud. I , 493). La menzogna veniva immediatamente creduta e le pene erano più veloci dell calunnie; uno che aveva appena lanciata un’accusa, veniva a sua volta incolpato ed era condotto al supplizio insieme a colui che lui aveva fatto condannare; infatti il pericolo di vita rendeva sommarie le procedure del re (ibidem).
Secondo Flavio (ibidem) il re arrivò a tanta durezza da non guardare di buon occhio nemmeno coloro che non venivano fatto oggetto di accuse e da trattare molto aspramente anche gli amici; a molti di costoro vietò di presentarsi a corte ed infierì a parole contro chi non poteva colpire a fatti.
Sembra che in questa situazione illegale il giovane Alessandro possa aver fatto la congiura e tentato un colpo di stato contro il padre, pur avendo contrario lo stesso Archelao, suo suocero che, conoscendo bene Erode e il suo potere a Roma presso la corte di Augusto- dopo che Tiberio è tra i consiglieri con uomini come Lollio, Quirinio e Varo- non è dello stesso parere: il giovane senza l’aiuto del suocero, incerto per la politica imperiale sulla zona giudaica, in un momento critico per il brusco distacco dell’imperatore nei confronti di Erode, accusato dagli arabi di invasione territoriale illegittima, non avendo ancora sicuro appoggio dell’esercito, non avrebbe avuto neanche il tempo di un’organizzazione, tecnica, per tramare contro uno che ha un esercito di spie e il favore della famiglia idumea.
D’altra parte, Antipatro lo tiene sotto controllo, circondato da spie, e con le sue calunnie mette in cattiva luce Alessandro davanti al padre, che ha il resoconto giornaliero dell’attività dal figlio maggiore mentre Salome, tramite la figlia, ha il controllo notturno e diurno di Aristobulo.
Flavio scrive su Antipatro: organizzata una banda di uomini come lui, non lasciò da parte alcun genere di calunnia. Dalle sue mirabolanti insinuazioni e macchinazioni il re fu spinto a tale punto di terrore da sembrargli che Alessandro stesse per saltargli addosso con la spada in pugno.
Al di là della possibilità di un reale colpo di mano fatto da Alessandro, Erode, su suggerimento del figlio, un giorno improvvisamente lo fece imprigionare e sottopose a tortura i suoi amici.
Dalla tortura emerge che alcuni non parlano e muoiono e che altri dicono: Alessandro congiurava contro di lui d’intesa con Aristobulo e che si preparava ad ucciderlo durante una partita di caccia e a rifugiarsi poi a Roma (Guerra giudaica I,496).
Per Flavio di Guerra giudaica il re, sebbene le notizie non fossero attendibili ma inventate sotto il terrore dei supplizi, credette di buon grado, consolandosi di aver messo in prigione il figlio, col pensiero di non aver dato l’impressione di commettere un’ingiustizia.
Una coscienza strana quella di Erode, che deve autodifendersi e autoconsolarsi! Strana, professore, per un privato ma, ancora di più, per un re!
Erode, in uno stato di illegittimità, vuole, comunque, mostrare di non commettere ingiustizia/To mh dokein adikoos e vuole convincersi (paramuthian lambanoon) ,per consolarsi, d’aver imprigionato il figlio!.
Per Flavio di Antichità Giudaiche si arriva all’imprigionamento perché Erode, non credendo più a nessuno, è profondamente tormentato nella sua ansietà, tanto da vedere Alessandro davanti col pugnale, stressato notte e giorno, così da apparire simile ad uno che soffre di pazzia e di follia/ mania kai anoia.
Professore, dalle due opere si rilevano due diversi pensieri, a seconda dello scriptorium, – già evidenziato in Archelao figlio di Erode www.angelofilipponi.com e nello Note del XVI di Antichità Giudaiche – ed anche due differenti caratterizzazioni?
Marco, nella prima sembra più marcata l’attenzione agli stati di animo, propria di una indagine psicologica, nella seconda si fa esame di legittimità con una ricerca giuridica. Comunque, si rimane sempre su una diversità di impostazione generale e questo lo si vede nei differenti discorsi di Erode.
Erode, nel rimprovero a Ferora, non è privo di retorica, specie con la domanda introdotta con ara ouk che sottende una risposta positiva o con poteron …h, disgiuntiva! Anche il lessico è ricercato, adeguato alla rabbia del re contro il fratello bugiardo e traditore! E’ un segno della ricostruzione sapiente dei detti/logia del re da parte della scuola scrittoria cortigiana!. Questo discorso insieme ad altri di Antichità giudaiche potrebbe essere indizio della presenza di un scriptorium erodiano, che, sotto la guida di Nicola di Damasco coordina il generale pensiero ebraico -romano ellenistico di un mezzo ebreo romanizzato, prigioniero, comunque, della cultura aramaica della propria famiglia idumea.
I componenti potrebbero essere i maestri e contabili di corte che educano gli altri figli di Erode, non inviati a Roma, che, a detta di Alessandro, potevano essere scritturali di paese koomogrammateis, una specie di segretari comunali, capaci di leggere, scrivere e fare di conto, ed abili a tenere archivi, come impiegati stabili, poi, a seguito del censimento di Augusto.
Da qui, professore, le differenze anche di stile dei due scriptoria– quello provinciale e familiare e quello ufficiale romano, più curato ed uniformato alla curia imperiale dove i termini hanno valore proprio tecnico, come logos, inteso solo come ragionamento ?
Marco, tu vai subito a precise conclusioni, a cui non mi sento di aderire del tutto, anche se nel complesso le accetto. Però, una cosa è dire che ci possono essere anche scriptoria privati, anche regi, o comunitari come quello degli esseni, uomini di cultura aramaica, ed una cosa ipotizzare uno scriptorium con molti scrittori, copiatori e retori nel Palatium imperiale!.Ci sono oggettive differenze!
Forse non ho compreso bene il tutto, comunque, procediamo!.Erode ha imprigionato il figlio, temendo una congiura o avendola veramente scoperta?
Marco, non ti so dire se il re ha scoperto la reale congiura ma sembra che la temi più che abbia accertato qualcosa con le torture agli eunuchi e agli amici di Alessandro, che, per far cessare la persecuzione degli amici, scrive quattro biblia, dimostrando che anche in prigione ha materiale, servi ed ogni altro elemento scriptorio per scrivere le sue memorie.
Certo, professore, noi pensiamo che scrivere sia una cosa facile coi mezzi di oggi! ai tempi, invece, tutto è complicato e difficile!
A me, sembra, Marco che, comunque, una volta in prigione Alessandro pensa a difendersi e scrive un atto di accusa in quattro fascicoli, in cui confessa la congiura, ma denuncia la complicità della maggior parte dei cortigiani, a cominciare da Ferora e da Salome, accusata anche di violenza sessuale nei suoi confronti, escludendo intelligentemente il solo Antipatro, allora onnipotente.
Professore, quanto detto in Guerra giudaica è confermato da Antichità Giudaiche?
Certo, Marco, le fonti qui sono d’accordo ed evidenziano che se si accusano i due giovani, bisogna accusare tutta la corte e quindi non si tratta di una vera congiura.
Marco, Erode dopo la tortura degli eunuchi e le notizie avute, secondo Flavio (Ant Giud XVI,237) era sospettoso, odiava tutti e poneva la sua sicurezza in un sospetto continuo e seguitava a dimostrarlo anche verso persone che non lo meritavano.In questo non c’era limite; anzi chi era solito stare più vicino a lui gli pareva che fosse da temere più degli altri in quanto più influente, mentre coloro che non avevano grande famigliarità con lui, al solo nominarli pareva che fosse necessario ucciderli come parte della sua salvezza.
La corte vive, quindi, in un clima di terrore e tutti cercano di salvarsi: i suoi cortigiani non avendo fondati motivi per sperare di salvarsi, si levarono gli uni contro gli altri, pensando che il prevenire gli altri con accuse giovasse a salvare se stessi, ma quelli che raggiungevano il loro intento diventavano oggetto di invidia, di odio e non ottenevano altra soddisfazione se non incorrere giustamente in quei mali con cui essi avevano oppresso gli altri, con l’intento di prevenirli.
Insomma, professore, in una tale situazione tutti si accusano vicendevolmente e invece di far punire i propri nemici si autopuniscono perché sono presi nello stesso loro laccio!
E’ così, Marco, anche perché Erode, preso dai rimorsi e dal pentimento per la morte di persone incolpevoli, non sospende le esecuzioni, ma fa punire pure gli informatori allo stesso modo. Per Flavio di Antichità giudaiche è indescrivibile nella corte la confusione, unita a paura della tortura.
L’ autore così scrive: A molti suoi amici, come Tolomeo e Sappino, intimò di non comparirgli più avanti e di non entrare più nel palazzo. Questo avvertimento fu dato o perché con loro aveva minore libertà di azione o perché si conteneva di più per la loro presenza.
Dunque, professore, Erode si priva anche dei migliori consiglieri pur di avere solo Antipatro, come unico suggeritore?
Sembrerebbe così: Erode risulta come un uomo plagiato, condizionato, raggirato completamente dal figlio!
Infatti anche congedò Andromaco e Gemello, da tempo suoi amici e collaboratori nell’educazione dei figli, anche se avevano avuto fino ad allora una maggiore libertà di parola degli altri: il primo perché suo figlio Demetrio era stato stretto amico di Alessandro; il secondo perché aveva saputo che era stato favorevole ad Alessandro in quanto cresciuto ed educato insieme a Roma ed era stato con lui nell’ultima visita.Li congedò volentieri e li avrebbe trattati ancor peggio, ma non si sentiva libero di usare eccessiva tracotanza contro uomini tanto distinti, comunque, li privò del loro rango e del potere in modo da prevenire che commettessero azioni delittuose.
Ora dobbiamo parlare dei protagonisti e smettere di trattare della corte; non dobbiamo capire la tragedia?
Certo. Dobbiamo seguire Antipatro e i due figli di Mariamne. Per come scrive lo scrittore di Guerra giudaica è da seguire l’idumeo e i due asmone : è giudicato il primo come odioso persecutore e compassionevoli innocenti gli altri, mentre viene eccitata la partecipazione commossa del lettore. In Antichità giudaiche, invece, si legge la storia toledoth del regno erodiano e delle generazioni di erodiani, non ritenuti più affidabili per i vertici imperiali romani, intenzionati ad estirpare il cancro giudaico dal kosmos romano come si stava facendo con quello druidico: non per nulla tutta questa historia si chiude con l’invio di Flavio Vespasiano in Giudea da parte di Nerone!
Ottaviano aveva davvero sancito il male della moralitas giudaica condannando Erode: meglio essere un porco che figlio di Erode!.Il disgusto di Augusto è quello di tutti i popoli dell’imperium ormai civilizzati, in quanto romanizzati ed ellenizzati, che rilevano l’anomalia barbarica giudaica!.
Perciò, secondo Flavio, nel periodo in cui ad Andromaco e ai suoi amici era stata tolta la libertà di parlare e di esprimersi liberamente si cominciò a esaminare sotto tortura quanti credeva che fossero amici di Alessandro e ad indagare se fossero a conoscenza di qualche suo complotto, ma questi andavano a morte, senza aver nulla da dirgli.
Di fronte all’evidenza, non trovando nulla del male in relazione ai sospetti, Antipatro incita il padre a seguitare ad inquisire, accusando solo per il fatto di essere amici fedeli di Alessandro per estorcere notizie sul possibile segreto complotto.
Dei tanti torturati uno disse che il giovane spesso aveva detto quando lodavano la sua corporatura grande e la sua bravura come arciere ed altre doti in cui eccelleva su tutti, che queste era qualità naturali per lui e gli erano più un male che un bene perché suo padre ne era irritato e lo invidiava. Ed un altro aggiunse che, quando passeggiava col padre, non si distendeva del tutto e stava curvo per non apparire più alto di lui e che una volta andando a caccia tirò di proposito fuori bersaglio perché era nota l’ambizione del padre di essere il primo in tali imprese, generalmente lodate.
In questa occasione Antipatro, durante a sospensione delle torture, ha la notizia che vuole sentire: che cioè Alessandro e Aristobulo avevano complottato un’imboscata per uccidere il padre durante una caccia e che dopo il fatto sarebbero fuggiti a Roma a chiedere il regno.
Il presunto diadokos si dà da fare e trova una lettera del giovane a suo fratello in cui si biasimava il padre di aver assegnato ad Antipatro un territorio che gli rendeva duecento talenti.
Con la notizia del complotto scoperto e con la lettera di Alessandro, Antipatro si presenta al padre dicendo che ha le prove fondate per sospettare dei fratellastri e perciò Erode arrestò ed imprigionò Alessandro- ibidem 251-.
Flavio aggiunge che Erode non pone fine alla sue ricerche perché è malfido circa le calunnie e perché secondo logica non rileva nulla che abbia sentore di congiura, anzi considera i figli colpevoli di lamentele e di ambizione personale giovanile, ritenendo improbabile che il figlio dopo la sua morte possa realmente andare a Roma.
Allora, professore, bisogna pensare che Flavio anticipi i tempi in cui Erode malato e nauseato dalla famiglia, fa davvero azioni degne di uno che è affetto da mania kai anoia.?
Sembra che ancora nell’invernata del 9/8 a. C. il re si impegni a trovare prove più stringenti circa l’illegalità compiuta dal figlio e che lo abbia imprigionato in modo cautelare, preventivo, più per proteggerlo che per fargli del male.
Lei pensa che Erode abbia rilegato solo Alessandro nei suoi appartamenti, facendolo sorvegliare da guardie, impedendogli le relazioni con i cortigiani? e che man mano che sente i torturati si convince della sua innocenza, ma lo trattiene avendo, talora, dubbi sul comportamento di Antipatro?
Sembra decisiva la prova, a cui è sottoposto un giovane amico di Alessandro, che confessa tra le torture: Alessandro aveva spedito messaggi agli amici di Roma, facendo richiesta di essere chiamato da Augusto presto per informarlo su un’azione ostile di Mitridate, re dei Parthi contro i romani (Ibidem 253) .
Ancora di più il re decide di mantenere la detenzione per il figlio ora accusato di tenere il veleno pronto ad Ascalona che, comunque, dopo molti tentativi non viene scovato.
Per Flavio (ibidem 254-255) Erode, da una parte, si consola del suo agire precipitoso/propeteia, autogiusticandosi con queste ulteriori prove, insignificanti, e da un’altra Alessandro ha un perverso puntiglio- quasi fosse in gara /philonikia- tale da aggravare stupidamente la sua posizione, non solo davanti al re ma anche ad Antipatro e a tutti i membri della corte, col non voler negare le accuse, desiderando punire il precipitoso procedere di suo padre verso un crimine maggiore, convinto di svergognare il suo dare ascolto indiscriminato alle calunnie.
Professore, a me sembra che padre e figlio siano due insensati personaggi comici, che ripiccano da bambini, gareggiando stupidamente in una drammatica situazione e in quel contesto cortigiano malfido, non avendo coscienza di correre verso la tragedia, specie dopo la verifica del non pericolo parthico e del mancato ritrovamento del veleno!
Marco, forse tu hai ragione, ma Flavio a questo aggiunge che Alessandro, forse volendo gettare discredito sul padre e su tutto il regno compose un’opera di quattro libri e la diffonde dicendo che non c’era bisogno di torturare nessuno o di procedere oltre, poiché vi era stata realmente una congiura contro Erode e questo era avvenuto con l’aiuto di Ferora e dei più fedeli amici del re, -coinvolgendo anche Salome che una notte entrò nella sua camera e giacque con lui contro la sua volontà – e che tutti miravano alla stessa cosa, a liberarsi del re, il più presto possibile, e ad essere così sciolti dalla continua ansietà, comprendendo tra gli accusati Tolomeo e Sappino, gli amici più fedeli del re.
Marco, per meglio farti comprendere la situazione, ti aggiungo che Erode probabilmente capisce davvero il pensiero di suo figlio Alessandro che, senza nominare il suo nascosto accusatore Antipatro, rivela al padre la reale situazione di corte – prima ancora che venga Archelao suo suocero a Gerusalemme – mostrando la necessità di trovare il motivo per cui persone una volta amicissime siano ora invase da rabbia furiosa e si levino bestialmente gli uni contro gli altri, mettendo a nudo uno stretto silenzio con una triste melanconia/ Hsuchia e di kathpheia, che intorpidiva l’antica felicità del palazzo.
Il giovane, professore, cioè vuole dire al padre che non c’è bisogno di lasciare spazio per manifestare la verità con le difese o con l’evidenza dei fatti in quanto tutti, essendo rovinati indistintamente, offrono lo spettacolo di chi piange stando in prigione, di chi si lamenta di qualche morto e di chi è in pericolo?
Si. Comunque, il giovane aggrava solo la situazione perché nel padre con l’aumento dell’ansietà, si affievolisce il logos!.
Flavio (ibidem,260) così infatti chiude : Tutta la vita di Erode era così sconvolta che gli divenne insopportabile poiché non credendo a nessuno era profondamente tormentato dall’ansietà. A volte immaginava suo figlio che gli veniva contro e che gli stava dinanzi col pugnale, la sua mente era così tesa notte e giorno che prese la forma di chi soffre di pazzia o di follia.
Flavio parla di grammata/lettere in quattro biblioi plichi che formano un’opera apologetica di cui rendo un brano in discorso diretto per dare maggiore efficacia al racconto e al testo. Secondo me, Il materiale è tipico di uno scriptorium, che è dalla parte del giovane principe, che può scrivere, avendo tempo e mezzi, quanto pensa, in bella forma.
Erode è in una situazione di grave crisi: la corte è piena di Hsuchia e di kathpheia (silenzio e umiliazione). Questo quadro dovrebbe essere proprio del periodo 9/8 in cui si colloca la vicenda di Silleo e del processo di Alessandro davanti a Saturnino: si sa che Augusto in questa epoca aveva ponderato l’idea di un cambiamento in Oriente e di una esautorazione di Erode e una ristrutturazione con a capo il governatore di Siria ( cfr Tacito, Historiae e Cassio Dione, St. rom ). Stando cosi le cose in Gerusalemme, si ha l’improvviso arrivo di Archelao descritto in modo diverso in Ant giud.XVI, 261-270 rispetto a Guerra giudaica (I,499-512) in cui domina una voluta dramatopoiia, vivacemente descritta per ingannare Erode suscettibile ed imprevedibile.
Ritengo, comunque, che le due narrazioni sostanzialmente siano eguali, ma diversa è la forma della presentazione del personaggio ben caratterizzato nella sua preoccupazione di padre e suocero da una parte e di amico di Erode da un’altra, cosciente dello stato della corte e di quello dei singoli cortigiani: ad Archelao sono giunte notizie e dalla figlia e dal genero e da spie , oltre a sollecitazioni da parte dell’imperatore a far finire quello stato di cose nella corte di Erode, essendo l’unico capace di farlo, anche per il suo stesso bene!
Archelao in Antichità giudaiche dimostra di conoscere l’ombrosità dell’amico megalomane, visto lo stato di animo, e di saper rilevare le sue condizioni fisiche e perciò ritiene opportuno adeguarsi alla situazione di corte e ad assecondare il pensiero del re. Flavio scrive: ritenne che nelle presenti circostanze fosse fuor di proposito sgridarlo o accusarlo di aver agito precipitosamente, perché se, punto da tali parole, si sarebbe alterato e risentito e nel calore della difesa, avrebbe moltiplicato la sua collera.
Lo scaltro Archelao conosce la situazione creatasi a causa proprio della philonikia tra padre e figlio e, perciò, decide altra strategia. Flavio dice: prese, dunque, un’altra via per riportare nel giusto la sfortunata condizione degli affari: mostrò la sua collera al giovane e disse che il procedere di Erode era stato saggio non avendo proceduto in modo affrettato, aggiunse che anche avrebbe sciolto il matrimonio di sua figlia con Alessandro e , da parte sua, non avrebbe risparmiato neppure lei, qualora, consapevole delle intenzioni del marito,non ne avesse informato Erode -Ibidem 263-.
In questo modo il re risulta funzionale ed utile ai fini di una conclusione positiva di una vicenda, nata da rumores/voci e da calunnie che ha rovinato il clima di normalità di una corte e di conseguenza, con Erode, leggendo i biblia di Alessandro, attentamente, sa ritrovare il colpevole che, comunque, non può attaccare, perché allora onnipotente e perciò, diverge verso il responsabile maggiore lo zio Ferora, già caduto in disgrazia.
Un’abile mossa, professore, utile per la soluzione del problema di Erode, già malfermo di testa e rincoglionito!?
Marco, tu parti di un Erode già malato – cosa che non sappiamo come reale nella primavera dell’8 a.C. ( se è il fatto è dell’8!) e giudichi solo da Antichità Giudaiche?
Il racconto, invece, di Guerra giudaica mostra un Archelao, venuto infuriato contro suo genero, perciò, pronto per una sceneggiata napoletana, da attore consumato, che al suo apparire a corte, apostrofa il genero: dov’è quel delinquente di mio genero? dove potrò trovare la testa di quel parricida per potergliela staccare con le mie mani? e poi attacca la figlia : anche a lei farò fare la stessa fine del suo bravo marito, perché se anche non ha avuto parte nel complotto è contaminata dall’essere stata moglie di un siffatto uomo!
Archelao, mantenendo lo stesso tono, solo ora che vede consenziente l’amico, grato per la solidarietà tra consuoceri, gli si rivolge, quasi lo rimprovera: mi stupisce la tua tolleranza/ anecsikakia! pensavo che lo avrei trovato colpito dalla pena e sono venuto dalla Cappadocia e con l’intenzione di unirmi a te nel giudicare mia figlia, che io gli feci sposare in omaggio alla tua dignità. Invece, ora dobbiamo decidere sul conto di tutti e due, e se sei un padre troppo debole per punire un figlio traditore, sostituiamo le destre ameipsoomen tas decsias ed ognuno prenda il compito di dare sfogo allo sdegno dell’altro/kai genoometha ths allhloon orghs diadokhoi.
E‘ chiaro, quindi, il comportamento di Archelao, che comprende lo stato di animo di Erode! In Ant giud, XVI, 264, c’è la spiegazione: –
A questo agire di Archelao molto diverso da quello che Erode si aspettava e per lo sdegno mostrato dalla maggioranza verso di lui, il re perse alquanto la sua durezza e poiché era sicuro di aver compiuto tali cose per motivi giusti, adottò una diversa attitudine, quella di padre. Ma e da una parte e da un’altra era degno di compassione: se qualcuno tentava di sventare le accuse contro il giovane, lui entrava in collera, ma se Archelao si univa nell’accusa contro Alessandro, Erode prorompeva in lacrime, e in un momento di commosso scoramento, lo pregò di non sciogliere il matrimonio e di non essere così in collera per le ingiustizie commesse dai giovani.
Di tale situazione approfitta Archelao che, vedendo il re raddolcito, prese ad addossare le colpe agli amici del re asserendo che si deve ascrivere a loro il fatto che un giovane, esente da malizia, sia stato corrotto e concentrò i sospetti, soprattutto sul fratello di Erode
Dunque, secondo Guerra giud. e Ant giud il colpevole, per ora della situazione sembra essere Ferora, che è certamente il capro espiatorio, secondo l’indagine di Archelao, che ha scoperchiato il male della corte di Erode, pur conoscendo l’oggettiva responsabilità di Antipatro, mai nominato.
Il racconto delle due opere sui successivi fatti di Ferora e di Archelao è eguale e noi lo riassumiamo così, seguendo Antichità Giudaiche Ibidem 266-268. Erode essendo sdegnato con Ferora, che non aveva nessuno che lo riconciliasse col re, riteneva che Archelao fosse adatto a questo, avendo grande influenza su Erode, lui stesso andò da lui, vestito di nero, con i segni di chi è prossimo alla rovina imminente, chiedendo di supplicare il fratello per lui.
Archelao fa da intermediario secondo Flavio: non lo disprezzò né gli promise di poter subito placare Erode, lo confortò, comunque, esortandolo ad andare dal re e a supplicarlo, confessandogli che lui era l’origine di ogni male: infatti, gioverebbe più questo che la sua parola per placare il suo sdegno, essendo lui, comunque, presente per aiutarlo.
Dunque, Archelao fa confessare Ferora e raggiunge lo scopo di aiutare Alessandro e pacificare la corte. E può ritornare in Cappadocia, soddisfatto!.
Si. Marco. Infatti Flavio scrive:
Archelao persuase Ferora, che si accordò su questo che era stato preordinato, raggiungendo due scopi: sciolse da ogni accusa il giovane cosa che nessuno si sarebbe aspettato (cosa mai sperata) e placò Erode nei confronti di Ferora, poi ritornò in Cappadocia amato da Erode sommamente per avergli giovato come nessun altro.
Si sa che in quel particolare frangente egli lo onorò con abbondanti doni e lo trattò con grandiosa magnificenza annoverandolo tra i suoi intimi amici, Inoltre fece con lui un accordo per andare a Roma poiché su tali loro questioni si era scritto a Cesare e viaggiarono insieme fino ad Antiochia, dove Erode lo riconciliò con Tizio che era entrato in conflitto per una contesa e poi ritornò in Giudea.
Chi e Tizio ?
Si tratta di Marco Tizio, che fu procuratore di Siria dal 20 al 12. I fatti in questione dovrebbero essere avvenuti tra il 14 e il 12.. I governatori avevano alle loro dipendenze uomini per riscuotere le tasse, da utilizzare anche fuori regione, nel caso nostro forse epitropos di Siria potrebbe essersi servito di Tizio Sabino, rimasto attivo anche in Giudea a lungo cfr. Nascita di Gesù in Jehoshua o Iesous? Maroni,2003. Se si tratta di Tizio Sabino, un procuratore ad census accipiendos,e non del governatore, è probabile che Archelao doveva pagare tasse arretrate a Marco Tizio, ora tornato a Roma, ed Erode forse pagò, lui di tasca propria, e quindi eliminò il motivo dell’inimicizia tra i due.
Sembra che Erode vada un’altra volta a Roma?
Avendo ricevuto una lettera da Cesare su queste cose, Erode va con Archelao fino ad Antiochia, non a Roma cfr. Guerra Giudaica ,I,24.- Così andò e tornò da Antiochia, ma ebbe guerra con gli Arabi, mossa perché quelli che abitavano la regione Traconitide, che Cesare tolse a Zenodoro e diede ad Erode, non avevano la licenza di fare brigantaggio ed erano stati costretti a coltivare la terra e ad essere pacifici. Ciò a loro non conveniva e non sopportavano di non fare lhisteria – Cfr. La tetrarchia di Lisania www.angelofilipponi.com –
Erode, dopo una lettera di riconciliazione da parte di Ottaviano, ha precise indicazioni con istruzioni da seguire circa il suo comportamento verso i suoi due figli.
Flavio -Ibidem 356-357-scrive: Cesare gli scrisse che era angosciato a motivo dei suoi figli, e se essi erano stati così sconsiderati da tentare un crimine contro natura, lui li doveva punire come parricidi – Questo potere infatti gli era concesso – ma, se essi progettavano di fuggire , egli doveva semplicemente ammonirli e non infliggere loro un castigo irreparabile. Inoltre lo avvertì di stabilire e di convocare un consiglio a Berito, ove dimoravano i romani, far venire i governatori di Siria, Archelao di Cappadocia e molte altre persone che lui giudicava chiaramente amiche ed importanti e determinare col loro consiglio ciò che bisognava fare.
Cesare, per scrivere una tale lettera, deve aver avuto relazioni terribili nei confronti della situazione a corte. Le sue disposizioni sembrano quelle di uno che vuole tenere sotto controllo chi ha problemi di demenza e deve essere seguito e consigliato al fine di impedire azioni irresponsabili: Augusto fa da tutor ad Erode!
Professore, quali altri fatti erano accaduti dopo la venuta di Archelao, tali da richiedere un palese accertamento dello stato di salute per Erode, con la scusa di esaminare l’operato dei figli?
Marco, a me sembra che Augusto prima vuole rilevare se il re giudaico ancora ha il controllo della famiglia come pater familias e poi esaminare i suoi ultimi atti regali al fine di iniziare le operazioni di annessione della Iudaea alla Siria: ci sono in Asia Iullo Antonio come governatore, Lollio, Quirinio e Varo in Siria e in Cilicia con incarichi non bene conosciuti!
Perciò, noi, mentre lavoriamo su questi anni di Erode, possiamo anche verificare, in un certo senso, il suo stato mentale che già abbiamo rilevato come squilibrato tra emotività e razionalità menomata anche perché condizionato nelle scelte dalla presenza assillante di suo figlio Antipatro. Posso, dunque, dirti che tre avvenimenti sono di grande importanza e tali da aggravare la già precaria situazione dei due asmonei, controllati continuamente da Antipatro: la venuta dello spartano Euricle a corte, l’affaire Silleo, la condanna a morte di due guardie del corpo di Erode (Giocondo e Tiranno).
Allora, iniziamo con la venuta di Euricle. Chi è? professore.
Di Euriche si parla anche in Guerra giudaica I.513-531 e in Ellados Perihghsis di Pausania/Viaggio in Grecia (II,3,5). E’uno spartano che vive da parassita nelle corti, dove viene accolto, gloriandosi del passato lacedemonico e che ha rapporti con re, che lo onorano in nome dell’antico valore degli spartani, a cui molte popolazioni cercano di congiungersi tramite antichi ecisti. Nel caso ebraico sappiamo da I Maccabei,12,20-23 di una lettera di Arieo, re di Sparta, al sommo sacerdote Onia I, in cui si parla di una fratellanza tra Spartani e Giudei che, all’epoca, sono impegnati nella lotta contro i seleucidi, nel nome dei figli di Abramo e Qetura (Cf . S. Mazzarino, il pensiero storico classico,BUL , 2004)
Flavio lo definisce come uomo superiore ad Archelao per le astuzie strategiche, che rompe gli equilibri della riconciliazione, risultando colpevole della rovina / apoleias aitios del giovane e scrive: era uomo di prestigio nella sua patria, ma di cattivo carattere, raffinato nei piaceri, esperto in adulazioni tali da non lasciare intendere a chi erano rivolte, venuto a far visita ad Erode, offerti doni e ricevutine anche maggiori, riuscì a diventare uno degli intimi di Erode grazie alla sua abilità e ad un certo garbo.
Euricle è ospite di Antipatro e vive nella sua casa ma, nello stesso tempo, ha accesso e familiarità con Alessandro perché si vanta di godere della stima di Archelao, re di Cappadocia.
Sfruttando questo equivoco, Euriche, dunque, riesce a rovinare il giovane incauto Asmoneo?.
Si, Marco: fingeva onore per Glafira ed era molto attento, in segreto, ad osservare tutti ed annotava sempre quanto era detto e fatto, per poter elaborare calunnie per propria utilità, e, in breve, verso gli altri si comportava come se avesse interesse solo per il loro vantaggio. Fu così che conquistò il giovane Alessandro e lo persuase di poter parlare con lui apertamente, senza timore, delle sue sofferenze, e a nessun altro.
E così Alessandro, ingenuo, si confida?
Alessandro, angosciato, gli rivelò quanto suo padre si era allontanato da lui e gli raccontò i fatti su sua madre e su Antipatro, che aveva escluso lui e il fratello dal posto di onore e che era ora onnipotente.
Professore, è naturale che un giovane che soffre, racconti le sue disgrazie e dica che gli sia insopportabile che il re l’odi tanto che non osa parlare con il padre e col fratellastro nelle cerimonie ufficiali, come conviti e riunioni di stato?.
Certo Marco, ma Euricle è uomo di Antipatro, invitato appositamente per fare questo gioco ed Alessandro dovrebbe avere una maggiore cautela!.
Infatti, secondo Antichità Giudaiche, che seguiamo, anche se teniamo d’occhio anche la fonte di Guerra giudaica, più ricca di particolari circa l’attività di mochtheros e di katascopos di Euricle, lo spartano riferì le parole ad Antipatro affermando che lo faceva non tanto a suo riguardo ma perché colpito dall’onore dimostratogli da Antipatro e, a causa della gravità della materia, lo esortò a guardarsi da Alessandro che aveva parlato con grande emozione e dalle sue parole traspariva una reale possibilità di assassinio.
Antipatro, dunque, lo ha come misthotos suo consigliere da ricompensare con grandi doni e lo invita a riferire tutto ad Erode, che sta vivendo un momento difficile e ha relazioni con figli inasprite ed è timoroso di essere minacciato dalla fortuna in quanto non sta bene d salute ed è circondato da odio. Il vecchio, sentite le parole, di Euricle, gli presta orecchio e neanche oppone una qualche esitazione al pensiero tortuoso dello spartano ed entra in una spirale di maggior odio contro Alessandro.
E’ davvero un malvagio mochteros Euricle! un mascalzone. giustamente bandito dalla patria, un uomo che vive di espedienti facendo anche la spia!. Infatti, ricevuti da Erode 50 talenti, va perfino da Archelao da cui riceve anche altri soldi senza che il suo inganno sia scoperto: si vanta perfino di essere stato molto utile per la riconciliazione di Alessandro con Erode!.
Guerra giudaica indica il sistema adottato dallo spartano, definito un avventuriero disgraziatamente capitato in Giudea, a caccia di denaro pothooi khrhmatoon eis thn basileian esphareis, poichè non gli bastava più la Grecia per la sua avidità/poluteleia.
Si presenta come uomo che porta splendidi doni come esca per catturare la preda /delear oon ethhrato, per riceverne di più col fare commercio di’aimatos/tramite sangue.
Essendo uomo scaltro, capisce dove è il marcio della corte e della famiglia /ta skathra ths oikias e il carattere borioso di Erode, lo circuisce con adulazioni e bei discorsi e menzogneri elogi della sua persona /kolakeiai, denothti logoon kai peri autou psudesin egkoomiois.
E’ persona attenta a fare e a dire ciò che a lui piace e raggiunge uno dei primi posti fra i suoi amici, essendo tutti riverenti verso la sua patria.
Quindi è chiara la sua adulazione verso Erode, come anche l’accettazione dell’ospitalità di Antipatro onnipotente?
Euricle, sistematosi col potere reale vigente a corte, si finge allora amico di Alessandro e gli estorce le confidenze e poi anche quelle del fratello Aristobulo, come se fosse uomo legato alla corte di Cappadocia!
Flavio in Guerra giudaica , I. 514, scrive: facendo tutte le varie parti attirava a sé chi in un modo chi in un altro, ma principalmente diventò spia a pagamento/misthootos di Antipatro e traditore di Alessandro. Euricle a ta aporrhta / ai segreti di stato aggiunge di suo, inventando che i due fratelli cospiravano contro Antipatro e che ormai non mancava altro che mettere mani alle spade, rivelando ad Erode che Antipatro è l’unico a voler bene veramente al padre e il solo capace di ostacolare la congiura.
Marco, senti Euricle! E’ Un capolavoro di arte cortigiana, proprio di un grande scrittore retorico, l’incipit di Euricle, che si presenta ad Erode! Vengo a renderti la vita in cambio dei benefici ricevuti e la luce to phoos a compenso dell’ospitalità/csenia! Ibidem, 521.
E’ davvero un greco, infido come il Sinone virgiliano ?!
Senti come formula l’ accusa contro i figli di Mariamne: da gran tempo Alessandro aveva affilato la spada contro Erode e puntato la destra, ma lui fingendo di collaborare, aveva impedito che si facesse in fretta! Infatti Alessandro andava dicendo che ad Erode non bastava di sedersi su un trono altrui e, dopo l’assassinio della madre, di averne usurpato il regno, ma per di più voleva lasciarne la successione ad un bastardo/nothos, offrendo ad uno sciagurato come Antipatro il loro regno avito. Egli avrebbe vendicato le ombre di Hircano e di Mariamne poiché non era giusto succedere nel potere ad un tale padre, se non dopo averlo ucciso-Ibidem–
L’ uscita di scena non è descritta perché è probabile che lo spartano se ne vada alla chetichella, intenzionato ad andare in Cappadocia, prima che la situazione degeneri in Giudea: vuol sfruttare ancora la corte di Archelao!
Comunque, Euricle andandosene ha modificato ulteriormente l’animo di Erode, che, inasprito, non si comportava più come prima verso Alessandro ed Aristobulo, quando udiva un’accusa contro di loro, ora, a motivo del suo odio, obbligava altri ad accusarli se nessuno lo faceva, inoltre spiava le loro azioni, faceva ricerche ed era sempre pronto ad ascoltare chiunque avesse qualcosa contro di loro -ibidem-.
Dunque, noi rileviamo che la situazione, a questo punto, è per i due molto difficile e notiamo anche una lacuna testuale e subito dopo un’ affermazione che autorizza a parlare perfino di un’anomalia sul comportamento di Erode, in occasione di una cospirazione di un certo Euarato di Cos, su cui non si sa nulla: il re ebbe un piacere il più dolce possibile tra tutti/ kath’hdonhn to pantoon hdiston!Ant giud. XVI,312
Un piacere immenso per una cospirazione contro il figlio! che animo di Padre! Mi segui?!
Si. Si. Seguo Bene. Su Silleo cosa altro bisogna sapere?
Aggiungo a quanto detto che inizialmente Silleo, dopo il mancato matrimonio con Salome, va a Roma, chiamato da Augusto per questioni sulla ex tetrarchia di Zenodoro e per problemi coi traconiti.
E ‘, professore, una vecchia questione, di cui lei ha parlato nella sua opera, varie volte. So, perciò, che i traconiti si erano ribellati e furono vinti dai generali di Erode, che fecero rappresaglie e una quarantina di capibanda si rifugiò in Arabia, dove fu accolta da Silleo, che diede loro fortilizi per abitazione, permettendo di fare incursioni e di infestare le regioni vicine, compresa la Celesiria- ibidem 278-
Erode, allarmato, non riuscendo a prendere i lhistai a motivo della sicurezza, di cui godono, per la protezione data a loro dagli arabi, incollerito per i danni che deve subire nella regione da lui controllata, fa uccidere i loro consanguinei, residenti nel suo regno, innescando una faida in quanto fra loro vige la legge della vendetta contro gli assassini dei congiunti e quindi, seguitando nei latrocini, facevano le loro private vendette.
Erode, allora, chiede aiuto a Saturnino e Volumnio reclamando la cattura per un’esemplare punizione.
Ciò nonostante, invece, il loro numero si accrebbe – raggiunsero il migliaio- e diffusero la rivolta /anastasis sconvolgendo il regno di Erode, saccheggiando città e villaggi assassinando i loro prigionieri tanto che la rivolta era simile ad una guerra /polemos.
Allora Erode chiede ufficialmente, con lettere, la consegna dei briganti e il pagamento di un debito di sessanta talenti, dati ad Obedas tramite Silleo, essendo scaduto il tempo.-Ibidem, 279-.
Morto Obedas, a capo di ogni cosa era il solo Silleo il quale negava decisamente che in Arabia ci fossero briganti e dilazionava anche il pagamento del denaro.
Si arriva ad un accordo tramite l’intervento dei governatori di Siria: si restituissero i talenti entro trenta giorni; ognuno dei due restituisse all’altro i sudditi rifugiati nei rispettivi regni!.
Secondo Flavio, al termine pattuito Silleo partì per Roma senza aver eseguito alcuno dei giusti obblighi assunti; Erode, allora, col consenso di Saturnino e Volumnio, compì contro gli arabi un’azione con le armi.
Professore, l’episodio contestato di Repta è di questo periodo? Si. Marco, proprio allora!
La questione tra Erode e Silleo sarà lunga e si risolverà con Antipatro che, venuto a Roma, vince la causa davanti ad Augusto e la vedremo in seguito. L’ episodio di Repta dovrebbe essere un incidente grave tra Erode e Silleo, che doveva turbare l’ordine internazionale se poi ci fu una lunga causa davanti ad Augusto. I termini sono da rivedere attentamente: Erode, comunque, non danneggiò nessun altro, elupesen /distrusse solo il phrourion, dianusas epta stathma trisi hmerais dopo aver fatto marce forzate per compiere un viaggio in tre giorni. Stathmon – marcia diurna misurata a parasanga,-indica 7 tappe, fatte in tre giorni di cammino.
Marco, non è il caso di seguitare su Silleo, la cui accusa fu dimostrata falsa da Nicola prima e poi definitivamente da Antipatro. A me preme farti capire che proprio allora Ottaviano, a seguito delle relazioni circa l’ entrata, armata di Erode nel territorio di un vicino alleato romano, si inimica con il re giudaico tanto da non accettare né doni né ambasciatori giudaici, perché mal informato sui fatti, avendo sentito solo il racconto esagerato di Silleo. Comunque, Augusto, prevenuto ed arrabbiato, ad un primo esame non sente ragioni e fa una sola domanda agli ambasciatori: Erode ha condotto il suo esercito fuori della sua regione? e dopo la cacciata degli ambasciatori scrive una lettera ad Erode, molto risentita, in cui si dice: finora ti ho trattato da amico, per l’avvenire ti tratterò da suddito – Ibidem, 290 -.
Bene. Professore. Ho capito. Seguitiamo il nostro racconto sulla vicenda dei due infelici asmonei e di Antipatro e, poi, a tempo opportuno, riprenderemo la questione di Repta.
Allora, Marco, abbiamo lasciato Erode che prova il massimo piacere nel vedere una cospirazione contro Alessandro. Flavio scrive che in quella situazione c’ è un clima di denunce: tutti facevano a gara ad inventare calunnie e costruire cause che fossero a loro (ai due fratelli) sfavorevoli e vantaggiose alla salute del re. -Ibidem, 313-
In questo clima sono torturati Giocondo e Tiranno, le due guardie del corpo, che non dicono nulla contro i giovani, loro amici se non chiacchiere sulla abilità di arciere di Alessandro, rilevando una certa invidia da parte del padre.
Per Erode diventa un indizio un fatto precedente capitatogli – in cui la caduta di cavallo avrebbe potuto provocare la sua morte in una battuta di caccia- che risulta, secondo lui, esemplare ai fini di una congiura, per i figli, suoi nemici.
Secondo Flavio si avvalorò tale pensiero nel corso delle torture perché si disse che durante la caccia mentre Erode inseguiva le bestie si poteva far apparire che fosse caduto da cavallo e rimanere ucciso con le sue stesse frecce -Ibidem 316-.
I giovani vengono accusati di voler provocare un incidente di caccia?
Sembra che si voglia corredare di altri indizi una tale accusa aggiungendo tra gli indagati un capocaccia – per l’oro, trovato nella sua cella, e per le lance fornite ai servi di Alessandro – e il comandante della fortezza di Alexandreion, che avrebbe dovuto accogliere i giovani durante la fuga: si scopre anche una lettera consegnata dalla figlia dell’ archiphrurion, opera di un contraffattore di scrittura, di nome Diofanto, poi effettivamente scoperto ed ucciso per falsificazione di atti giuridici: quando con l’aiuto di Dio avremo ottenuto quanto abbiamo progettato di fare, verremo da voi. Guardate di accoglierci nella fortezza, come avete promesso. –Ibidem,318-.
Erode, comunque, non avendo più dubbi trasse davanti alla folla i torturati affinché accusassero i figli e il popolo li uccise con una tempesta di sassi. Alessandro e il fratello si salvano perché sono protetti da Tolomeo e Ferora, che li riportano a Gerusalemme sotto scorta.
Da questo momento comincia il calvario dei due giovani, che sono divisi, impauriti e coscienti di avere la stessa sorte, quella di un criminale.
Aristobulo giunge ad implorare sua zia e suocera, Salome, invitandola a compiangere le sue disgrazie e ad odiare l’uomo che consente tali cose! Ed è così stupido da arrivare ad avvertirla che anche lei corre pericolo di vita a causa di Silleo, per l’accusa conclamata di essere sua spia a corte!.
Flavio scrive: Salome riferì la cosa al fratello, che non aveva più il controllo di sé, ed ordinò di incatenare i due giovani e di tenerli separati e di compilare una lista delle accuse da inviare a Cesare.-Ibidem, 323-
Professore, a me sembra che i due giovani facciano solo un tentativo di fuga perché si sentono in Gerusalemme troppo vigilati e controllati, essendo desiderosi di cercare un rifugio sicuro in Cappadocia ? non si tratta, quindi, di una congiura, ma solo di una organizzazione per una fuga!
Marco, mi sembra che tu anticipi il testo, comunque, i due fratelli sapendo del consiglio, dato da Augusto al padre e della possibilità di rimanere incolumi anche se scoperti, hanno un margine di operatività solo nel senso di una fuga e sfruttano una tale opportunità. Essi, però, risultano sfortunati anche in questo perché sono scoperti e costretti a confessare il loro desiderio di fuga. Mentre i due fanno una tale operazione, Archelao, volendo aiutarli, invia Mela, un ambasciatore, che subito è spiato e controllato da Erode, che, volendo dimostrare che Archelao gli era ostile, convocò Alessandro dalla prigione e lo interrogò nuovamente per sapere dove e come avevano deciso di fuggire. .-ibidem, 325-.
Alessandro, confessando che sarebbe fuggito da Archelao che aveva promesso di mandarli in seguito a Roma, e che essi non avevano concepito nessuno piano contro il padre, e che non c’era nulla di vero nelle accuse, formulate dai loro avversari, rimpiangeva la morte di Tiranno e Giocondo, che avrebbero potuto confermare quanto dicevano lui e suo fratello.
Professore, l’indagine è condotta da Erode o da Antipatro?
Marco, chi opera non è Erode, ma il figlio, reggente, che Flavio stesso però, non nomina, se non in questa occasione, nel corso di tutto il restante libro XVI, in cui si ricorda la morte delle due guardie ad opera di Antipatro, la cui ombra bieca sovrasta la figura debole del re.
Da qui anche l’interrogatorio di Glafira- che risulta un compassionevole confronto col marito, incatenato – per indagare sulla congiura, connessa con la corte di Cappadocia, per estorcere una confessione ad una moglie innamorata del suo uomo, disposta per suo amore anche ad autoaccusarsi: gridava di non essere a conoscenza di nulla di oltraggioso compiuto da lui, ma, se per salvare lui, era necessario che lei mentisse, accusando se stessa, era pronta a confessare ogni cosa.
Già, durante l’intervento pacificatore di Archelao, Flavio aveva mostrato una Glafira innamorata del marito ed attaccata alla sua famiglia e ai figli, tanto che Erode stesso richiedeva per il figlio la mano della figlia, pregando il re cappadoce di non rompere un tale vincolo d’amore -Guer Giud. I, 508-.
Ad Erode ora preme solo provare l’ostilità di Archelao verso di lui e perciò, consegna una lettera ad Olimpo e a Volumnio, che vanno a Roma, da dare ad Augusto ordinando a loro, nella sosta ad Eleusa, di dare a corrieri lettere per il re di Cappadocia, accusato di aver sostenuto il complotto, architettato dai figli.
Infine Erode ancora insicuro sullo stato d’animo di Augusto a motivo del processo con Silleo, affida l’incarico di contattare, prima di consegnare la lettera con le prove, Nicola per sapere dell’esito della causa: senza il positivo assenso del patronus/avvocato non bisogna chiedere udienza all’imperatore!
Erode, comunque, ha saputo già da corrieri che Archelao, davanti ai due romani, aveva detto di aver promesso di accogliere i giovani in quanto sarebbe stato vantaggioso e per loro e per il padre, in modo da prevenire che lui, in collera, compisse ulteriori passi contro la loro faziosa posizione, a causa dei sospetti che gravavano su di loro. ed aggiunse. non li avrebbe inviati a Cesare e non aveva stretto alcun accordo per fare qualcosa di ostile ad Erode.
Un tale comportamento di Erode sottende un gioco diplomatico con un giro di corrispondenze notevole tra le corti ?
Certo Marco, Erode (Antipatro) sa che non ha potestas paterna, essendo in quel particolare momento dell’ inverno 8/7 in disgrazia con Augusto, per punire i figli anche se per la tradizione giudaica lo potrebbe fare (Deuteronomio 21,21) e tanto meno quella regia senza il placet augusteo.
Solo dopo il verdetto e nel caso di vittoria del patronus, Volumnio ed Olimpo, certamente comprati a peso d’oro, possono consegnare le lettere con le prove contro i figli, se Augusto si è riappacificato col re! E chiaro che Erode non ha ancora notizie di Ottaviano, ma sa che le delegazioni arabe presenti a Roma sono due e quella di Silleo e quella di Dineo-Areta.
Mi può spiegare, questo particolare momento di attesa di Erode?Certo. Marco.
Flavio racconta che, all’approdo dei due romani, da datare in settembre, dell’8 a.C., Cesare è già riappacificato e quindi la causa si è svolta ed il verdetto di Augusto è stato favorevole a Nicola di Damasco, che è stato tanto abile da sorprendere l’imperatore, in quanto ha solo attaccato Silleo, senza parlare affatto di Erode, avendo messo in contrasto le due delegazioni di nabatei.
Marco, devi tener presente che le cause sono due, una tra i due pretendenti al trono di Nabatea. Silleo e Dineo ed una tra Silleo e d Erode per l’episodio di Repta, Nicola ha raccolto prove, seguendo l’andamento del processo per la morte di Obedas e quindi le accuse fatte da Dineo a Silleo, utili per la difesa del suo cliente giudaico:non si escludono contatti e doni tra gli ambasciatori giudaici e quelli di Dineo, interessati a vincere contro Silleo!
Infatti, secondo Flavio, Nicola informato dagli ambasciatori arabi su tutti i crimini di Silleo, ha le prove dello sterminio di amici di Obeda e della morte del re oltre a lettere, per inchiodare l’avversario.
Pur con questa base positiva, comunque, Nicola non cercò di scagionare gli atti di Erode… non ne sarebbe stato in grado- ma se invece si trattava di accusare Silleo, avrebbe avuto opportunità di parlare in favore di Erode- Ant Giud., XVI, 339-.
Ho capito, Professore. Nicola si accorda con la parte di Dineo contraria a Silleo, per l’udienza e per la discussione della causa in Tribunale?
Così mi risulta, Marco, Nicola ha ora dalla sua parte anche Areta che compete alla successione di Obeda e che ha prove da mostrare all’imperatore nel corso della causa e, quindi,ha diviso il fronte arabo in due parti avverse.
Infatti Flavio scrive: alla presenza di Areta, Nicola accusò Silleo di un buon numero di crimini e tra gli altri della morte del re e di molti altri arabi e di aver chiesto prestiti di denarii per scopi scellerati di mostrando che era rea di adulterio non solo con donne di Arabia, ma anche di Roma ed aggiunse l’accusa più grave, quella di aver ingannato Cesare raccontando null’altro che falsità sulle attività di Erode.
Augusto lo interrompe sbalordito e sorpreso, avendo precedentemente creduto alla versione data da Silleo! Perciò l’imperatore, ora, formula la domanda non più unica ma in modo più completa circa Erode:ha condotto l’esercito in Arabia? Ha ucciso 125 persone? Ha preso prigionieri? ha saccheggiato la regione?
Secondo Flavio- Ibidem 342-343- prima Nicola rispose che certamente aveva qualcosa di interessante da dire a proposito di queste accuse: nessuna di esse era vera per come era stata sentita da lui o almeno non tale da meritare molta indignazione, poi l’avvocato, conquistata la simpatia di Augusto – qualche anno dopo sarà alla sua corte e scriverà Storia universale in lingua greca gareggiando con Tito Livio!- può perorare la causa di Erode parlando dei 500 talenti, del contratto stipulato in base al quale, giunto a compimento del tempo convenuto, il re giudaico aveva diritto di riavere tutta l’intera somma presa in prestito dall’intero paese di Silleo, di fare la spedizione militare, che non era in realtà una spedizione militare, ma una giusta riscossione di quanto a lui dovuto, ed infine può mostrare come Erode abbia fatto tutto le cose per benino senza fretta, col permesso di Volumnio e Saturnino, coi quali si era stabilito di far giurare sulla fortuna di Cesare che entro trenta giorni avrebbe restituito il denaro e quelli che erano fuggiti dai domini di Erode.
La peroratio per Erode, un re andato contro uno spergiuro, ha la seguente conclusione altamente retorica, ma equilibrata nelle parti nonostante il climax ascendente: Come poteva essere guerra quando i tuoi governatori l’avevano autorizzata? quando era prevista dall’accordo? quando il tuo nome, Cesare, fu profanato insieme a quello degli altri dei?/hsebhmenou de metà toon alloon theoon kai tou soou…onomatos;
Professore, la ringrazio per la spiegazione, ma queste ultime parole, scritte da Flavio, un giudeo romanizzato ed ellenizzato, che vive in epoca domizianea, per me sono un prova del culto dell’imperatore in Oriente, anche in età augustea. E’possibile? Noi cristiani, quindi, sbagliamo a non considerare il culto orientale di latria dell’imperatore, sotto Augusto?
Marco, premetto che la nostra storiografia, dominata e condizionata dai Padri apostolici, dagli Apologisti e Padri della Chiesa, ha l’impostazione divina del Christos e perciò trascura ogni forma di eusebeia e latreia pagana. Affermo che esiste sicuramente nelle province che versano tributi al fisco imperiale, governate da legati dell’imperatore, come Egitto, Giudea e Siria, mentre c’ è quello della Dea Roma nelle altre province senatorie. Per Flavio, Nicola parla di un Silleo che compie empietà./asebeia, profanando il nome augusto imperiale e quello degli altri dei, intorno all’epoca della nascita di Cristo.
Bene. Riprendiamo il nostro racconto e mi dica la fine di questo processo.
Flavio, dopo aver mostrato che si tratta di banditi della Traconitide, una quarantina circa di capibanda, accolti da Silleo e protetti per lo sterminio di tutti gli uomini, da lui, che traeva profitto dal loro latrocinio, mai consegnati ad Erode, come promesso davanti ai governatori, e dopo aver denunciato la calunnia, fatta con finzione e falsità per provocare l’ira imperiale, fa affermare solennemente a Nicola: io sostengo che solo quando la forza araba ci attaccò e cadde uno o due uomini di Erode, lui prese semplicemente a difendere se stesso e cadde Nakebo, loro comandante e circa 25 di loro in tutto, Silleo lo moltiplicò per cento asserendo che i morti erano 2500. – ibidem,350-.
Augusto, letti i contratti del prestito, le lettere dei governatori, indicanti il numero delle città rovinate dal fenomeno dei lhistai, condanna a morte Silleo, si riconcilia con Erode e si rammarica di aver usato aspre maniere nei confronti del re giudaico, proclamando davanti al consiglio di aver agito in modo ingiusto verso un amico.
Nicola non solo vince la causa contro Silleo, rinviato in patria per pagare la sua punizione e soddisfare i creditori, ma predispone Augusto a concedere tutta l’Arabia ad Erode!.
Possibile, professore, che Augusto sia così influenzato tanto da assegnare ad un vecchio rincoglionito e malato l ‘Arabia, togliendola a Dineo, che pur ha contribuito a stroncare le velleità di Silleo, nonostante il crimen di usurpazione del titolo di basileus!
Augusto, Marco, ha anche lui gravi problemi per la successione, pressato prima, da Giulia Livia Drusilla che impone dopo la morte di Druso nel 9, suo figlio Tiberio, come erede al trono, divenuto, anche se malvolentieri marito della corrotta Giulia,già nell’11. Poi è circuito dalla figlia, che pretende che siano eredi i figli suoi e di Agrippa, Gaio e Lucio, contrapposti al marito – da cui ha avuto un figlio, poi morto ad Aquileia, durante la campagna illirica-, che, console nel 7 ed insignito della tribunicia potestas, decide di ripudiarla e di ritirarsi a Rodi.(Svetonio,Tiberio X).
E’ probabile quindi che nel 7 a.C. Augusto sia consigliato da Tiberio e da condottieri militari come Lollio, Quirinio e Varo, Iullo figlio di Antonio,- eletto governatore di Asia-, uomini legati ai figli di Agrippa, a riflettere sulla scelta del vecchio e malandato Erode e a considerare meglio la candidatura di Dineo, giovane arabo, amato dai Nabatei, nonostante la frettolosa assunzione di potere, causata dalla competizione con Silleo.
Secondo Flavio, Augusto ci ripensa quando gli arriva la lettera di Erode con le prove contro i figli e decide di fare re Areta, /Dineo Ainias e di accettare i suoi doni, dopo averlo rimproverato di non aver atteso l’autorizzazione romana.
Questa è la motivazione della non elezione di Erode: un uomo anziano e così tormentato dai figli non poteva essere gravato del peso di un nuovo regno!.
Ed allora che succede nel regno di Erode, dopo la pacificazione del re con Augusto? Erode, ora che è lieto per la riconciliazione e per la piena potestas sui figli, come si comporta?
Neanche lo puoi immaginare, Marco. Leggiamo insieme Flavio e capirai: E come prima, quando gli affari non andavano bene, si mostrava severo ma non avventato né precipitoso contro i figli, così ora che gli affari andavano meglio ed aveva libertà di azione, ostentava il suo odio e il suo potere.-ibidem-.
Professore, devo dedurre che è un vecchio difficile, imprevedibile, ormai deciso a vendicarsi delle presunte offese dei figli asmonei, sollecitato e guidato da Antipatro!
A Berito Erode deve riunire quelli che giudicheranno i figli- che comunque, tiene lontani dal tribunale, a Platana, nei dintorni della città e perché possono impietosire i consiglieri e perché sanno difendersi bene- a parole -e perciò, convoca i governatori di Siria e i notabili, ma non chiama Archelao, ritenuto non idoneo, perché a lui ostile e perché suocero di Alessandro.
Riunisce, dunque, i 150 membri del tribunale, in un’ostentazione del suo potere regio e del suo personale odio familiare, pur rispettando il volere di Augusto, dimostrando, comunque, di non volere interferenze nel suo già maturato giudizio di condanna.
Noi abbiamo due discorsi uno da Guerra giudaica I, 2.3 540-543 ed uno da Antichità giudaiche XVI,362-365.
Mi piace farti notare la conclusione finale, prima di esaminare le fasi del processo, del discorso di Erode che lui era preparato a farlo nella su patria e nel suo regno, ma aspettava il loro giudizio. Comunque, essi non erano venuti tanto per essere giudici di evidenti crimini dei suoi figli che egli aveva quasi fatalmente tollerato, ma affinché avessero l’opportunità di essere partecipi del suo sdegno.Infatti è conveniente che anche i più lontani non restino indifferenti di fronte a complotti così gravi – Ant Giud.XVI, 366-.
Mi sembra chiaro, Marco, che il re non vuole il giudizio del tribunale ma tenda a dare un esempio storico a tutti di fermezza e di rettitudine!
E’ così megalomane!?
Credo di si.
Comunque, in Antichità giudaiche, Flavio evidenzia i precetti di Augusto – in caso di complotto siano condannati a morte, in caso di tentativo di fuga sia sufficiente una pena adeguata- rilevando la composizione del Dikasterion di Sidone con gli egemones (Saturnino, Pedanio e il procuratore Volumnio) i membri consiglieri che sono uomini scelti tra i parenti ed amici (Ferora e Salome), tra i notabili di Siria, ad eccezione di Archelao.
Flavio riporta il discorso di Erode che risulta un attacco contro i figli, accusati meno per il complotto/thn epiboulhn, che per le parole di fuoco contro di lui/loidorias, skommata, ubreis, plhmmeleias, che sono per lui peggiori della morte, anche se si tratta di insulti, prepotenze insolenze, offese.
L’ autore rileva la votazione senza che nessuno possa intervenire e contraddire: Saturnino e i suoi tre figli presenti votano per la condanna ma escludono la morte, mentre tutti gli altri cominciare da Volumnio, votano per la condanna a morte, facendo notare che nessuno è convinto della colpevolezza degli imputati e che alcuni lo fanno per compiacere il re, altri per odio verso di lui considerando tutti i presenti sdegnati ed irritati più per il crimen del padre che dei figli: deduco questo ultimo pensiero da di’aganakthesin che indica la tensione emotiva di uomini e di padri che devono assistere impotenti ad una tragedia familiare, preordinata.
Secondo Guerra giudaica, I,543, da quel momento l’intera Siria e la Giudea trattennero il respiro essendo meteooroi, sospese, aspettando la fine del dramma/ to telos tou dramatos e nessuno credeva che Erode sarebbe stato crudele fino al punto di uccidere i figli.
Antichità giudaiche, invece, indica il numero dei presenti al dikasthrion (150) rimasti stupiti di fronte ad un padre non compassionevole per le innumerevoli sciagure, capace di parlare inverosimilmente contro figli.
Viene mostrato un padre che non consente ai membri del consiglio di esaminare le prove e che offre uno spettacolo vergognoso per servirsene come argomento di difesa, reso ancora più orribile per la lettura ad alta voce delle lettere scritte dai figli- da cui trapelava non un complotto, ma solo la volontà di fuga e di preparazione di un piano adeguato, in cui c’erano solo ingiurie verbali-.
E’ chiara la figura di un padre crudele, che vuole concludere con la condanna a morte, prevista da Augusto solo in caso di complotto scoperto, che non ha bisogno di autorizzazione imperiale perché nel suo regno vige il Deuteronomio – una delle cinque parti costituenti la torah/nomos legge mosaica– che glielo permette.
Naturalmente, professore, i due imputati non sono introdotti in Tribunale perché i membri del consiglio non riuscendo a calmarlo e non potendo tentare una riconciliazione, nauseati dalla esibizione del re, decidono di ratificare la sua autorità, senza ascoltare gli imputati.
Comunque, Marco, terminato il processo, Erode non sembra soddisfatto e del tutto tranquillo se, tornando da Berito, si reca Tiro portando i due figli e li attende il ritorno di Nicola da Roma, gli chiede cosa pensano i suoi amici romani circa i suoi figli, dopo avergli comunicato il verdetto del Dikasterion.
Flavio scrive: Nicola rispose che, seppure ritenessero che le intenzioni dei due figli verso di lui non erano filiali, tuttavia egli doveva semplicemente imprigionarli e mantenerli in prigione e consigliavano: se proprio hai risolto di punirli in una maniera diversa non appaia che tu segua la via della collera ma piuttosto quella della ragione. Se, invece scegli di assolverli, non lasciare che la tua infelice posizione non abbia un rimedio.-Ibidem 372-.
Il consiglio è secondo la volontà di Erode! E’ bravo, Erode! Comunque, Flavio non mostra, professore, come gli abitanti del suo regno attendono l’esito della vicenda?
Flavio lo mostra ed attesta che dopo l’approdo al porto di Cesarea tutti i giudei iniziano parlare dei figli aspettando di vedere che cosa sarebbe stato di loro.
Secondo Flavio -Ibidem,374 –Una paura terribile colse tutti quanti avevano partecipato alla lunga disputa selle due fazioni, giunta ormai alla tragica fine; ed erano angosciati per la sofferenza dei giovani.Tuttavia, non si poteva né dire qualcosa liberamente né udirla detta da altri senza pericolo: ognuno teneva ben chiusa in se stesso la propria sentimento compassionevole e tutti, con pena, portavano con sé la propria profonda sofferenza ma non ne parlavano.
In uno stato di generale prostrazione c’è, però, qualcuno che risveglia il sentimento comune: è un popolano militare, probabilmente un amico di Erode, compagno di battaglie!
Flavio (Ibidem, 375-376) scrive: un vecchio soldato, di nome Tirone, invece, avendo un figlio della stessa età d Alessandro, suo amico, parlò liberamente di tutte le cose che gli altri sentivano dentro di loro ma dissimulavano in silenzio. aggiungendo che diceva in pubblico che tra gli uomini la verità era abolita, la giustizia spenta, mentre prevalevano menzogna e malizia , distese su tutte le cose come una nebbia tanto che neppure le sofferenze più grandi erano visibili ai traviati peccatori.
Tirone è considerato da Flavio un vero uomo, un soldato, popolano di animo nobile, parrhsiasths, comunque, capace di interpretare quanto ognuno ha nel suo cuore perché per timore non parla.
Flavio scrive: ognuno era lieto di ascoltarlo dire quelle cose che lui pure avrebbe detto e, mentre tutti se ne stavano in guardia e in silenzio, per la propria sicurezza, approvando tuttavia la sua franchezza perché l’attesa tragedia obbligava tutti a parlarne, Tirone si spinse fino alla presenza del re.
Tirone fa una brutta fine?! Certo Marco.
Fatta richiesta di parlare da solo ed avutala, disse: o re, nonostante voglia la mia salvezza, non sapendo sopportare questo affannoso tormento, ho scelto un’ardita libertà di parola, che potrebbe essere vantaggiosa e necessaria per te, se ne fai un buon uso. Dove sono andati a finire e dove sono caduti i sentimenti viscerali del tuo animo?. Dove dunque, la tua mente sagacissima con cui tu hai conquistato molti e grandissimi trionfi? che è questo deserto di amici e parenti?ibidem,380
L’uomo ha capito, professore, tutto!. Erode non ha più ne ths psuchhs phreneis né la nous ed ha invece un deserto erhmia di amici e parenti che inoltre non lo consigliano bene. Manca in questo attacco di Tirone il nome di Antipatro, che, comunque è sotteso in quanto afferma che un tempo lo stato era felice ma ora, in assenza del re, esiste solo disordine nemmeno visto!
Da qui l’invito a vedere, ad aprire gli occhi non solo sulla situazione disastrosa del suo regno, dovuto ad autori ormai scoperti, ma specialmente entro se stesso.
Seguono due invettive come domande inquietanti: la prima è quella di un uomo del partito asmoneo, che disprezza anche il gruppo dirigente idumeo: toglierai la vita a due giovani nati da una moglie regina e modello di ogni virtù, e ti affiderai nella tua avanzata età ad un unico figlio che ha ripagato male la speranza, che tu hai riposto in lui e nei tuoi familiari che tante volte hai condannato a morte? la seconda, duplice, è tipica di un popolano e di un soldato: non comprendi che, pur tacendo, la folla vede il tuo errore e teme inorridita il tragico evento? non vedi che tutto esercito coi comandanti detesta gli autori del misfatto e ha pietà dei due giovani sfortunati?
Erode, vecchio, vuole sentire gratificazioni e finché Tirone resta sul piano memoriale ed alterna verità ed elogi, sembra seguire, ma quando il soldato inizia a trattare dei tragici eventi ed accenna alla responsabilità della famiglia idumea ed invita a vedere dentro se stesso e a capire la reale situazione di un popolo filoasmoneo e di una esercito favorevole ad Alessandro, timoroso dell’adesione militare e popolare, entra in agitazione e comanda di gettare in prigione e Tirone e i comandanti dell’esercito.
Secondo lei, professore, il colloquio è veramente privato tra il re e il soldato?
No. Tirone ottiene di essere sentito solo da Erode ed amici, nella sala del trono, sotto lo sguardo dei militari di servizio, in forma privata e non solenne. Dalla domanda si comprende che non conosci la regola di base di una basileia: la sicurezza ed integrità fisica del sovrano orientale è il principio stesso della sovranità con proskunesis, che, però, non vige in Giudea, dove Jhwh è dominus assoluto, a cui si deve l’adorazione.
Il sovrano è in cattedra, sul trono, con a fianco il visir o consiglieri delegati, con o senza regina, mentre chi è convocato, dopo un periodo di attesa, è scortato da guardie che passano tra militari , armati, di postazione, dritti a destra e a sinistra del soglio regale, fino ai suoi piedi, a debita distanza, naturalmente senza armi, e può parlare dopo che lo scriba dice il nome. Nel caso di Tirone, accanto al trono di Erode, c’è sicuramente Antipatro, come coreggente. Grazie, professore per la precisazione circa l‘aula regia. E che succede dopo l’imprigionamento di Tirone, quando Erode e la corte sono entrati in fibrillazione per la paura di una stasis/rivolta.?
Il clima di paura fa aumentare le delazioni tanto che il barbiere di Erode, Trifone, si presenta al re e gli confessa che Tirone lo ha esortato a tagliargli la gola, promettendogli di farlo diventare uno degli amici di Alessandro.
Erode(Antipatro) ordina che Trifone sia arrestato e torturato come Tirone e suo figlio.
Mentre gli uomini sono torturati e il vecchio soldato è muto, il figlio per liberare il padre e se stesso dai supplizi, dice di dire la verità se smettono di torturarli e rivela che Tirone avrebbe dovuto uccidere il re quando era solo con lui e in caso di insuccesso avrebbe, comunque, fatto un nobile servizio.
Probabilmente Tirone è uno zelota- anche se ancora la setta/airesis non è costituita- che immola la propria vita per il bene comune, come martus testimone della tradizione patria, in quanto eletto del Signore!
Erode, allora, entra in uno stato di frenesia, che lo sconvolge e lo spinge a seguire il piano di uccidere i suoi figli, accecato dal giudizio di colpevolezza, certo del complotto, si chiude ad ogni idea per un consiglio migliore, escludendo ogni insicurezza e perplessità.
In questo è ulteriormente radicato dagli accorti e graduali suggerimenti di Antipatro.
Erode, allora, fa portare davanti al consiglio trecento capi militari, convocati, dopo le incaute parole di Tirone- che muore col figlio e col barbiere – e li fa lapidare ed uccidere con qualunque mezzo dalla folla inferocita.
Alessandro ed Aristobulo (Ibidem,394) furono condotti a Sebaste per ordine del loro padre e vennero uccisi per strangolamento. Durante la notte i loro corpi furono portati nella fortezza Alexandreion dove erano sepolti il loro nonno materno e la maggioranza dei loro antenati.
Professore, si sa la data precisa della morte dei due innocenti, sfortunati figli di Erode?
Nessun critico – neanche Emil Schuerer, Storia del popolo giudaico al tempo di Gesù (175-a.C.-135 d.C) Paideia 1985-1998, né St.J. Thackeray, Iosephus the Man and the Historian, New York 1929- azzardano una precisa data anche se c’è un certo accordo sull’anno 7 a.C. A mio parere, si potrebbe ipotizzare il periodo tra la Pasqua e la Pentecoste, in relazione al sorgere delle voci sul Falso Alessandro cfr Il falso Alessandro ed Augusto www.angelofilipponi.com e agli atti compiuti in quei cinquanta giorni da Erode ed Antipatro cfr. Giudaismo romano I ebook Narcissus 2012.
C’è un giudizio del sacerdote Giuseppe, fariseo per elezione, sulla morte dei due innocenti?
Certo. Marco.
Flavio ne parla a lungo (ibidem,395-404) secondo il pensiero farisaico, basato su eimarmenh /fato, in cui si mostra che le azioni umane sono preordinate ad un compimento da una necessitas, per cui non vi è nulla che accada senza di essa. Comunque, da sadduceo ritiene che tutto avvenga secondo una strana oikonomia divina, anche se in questo caso rileva che sono affogati i sentimenti di natura a causa di un odio, lungo, cresciuto col tempo, sempre più esteso fino alle estreme conseguenze. Flavio, però, anche se è incerto tra il biasimo dei giovani – che dànno continua esca all’ira del padre, amareggiandolo al punto di farlo arrivare con la loro spavalda azione e con la boria aristocratica alla più ignobile delle azioni- e quello del padre- insensibile per l’eccesso di potere e di gloria- è sicuro, tuttavia, che la tragedia si compia per il clima di calunnie, per la presenza di adulatori e di critici impietosi, maligni ed intemperanti, manovrati dalla mente perversa di Antipatro, che sa gestire ambiguamente, ai fini della bramata successione, e volgere l’odio dei giovani a loro danno e a suo personale vantaggio.
Flavio, considerando i due giovani innocenti, vittime di un padre ancora potente grazie a Roma, lo ritiene abominevole esecutore di una condanna innaturale neanche voluta dall’imperatore, fatta da anziano e da empio per la sacralità del sangue regale asmoneo, e lo vede come personaggio miserevole, vittima lui stesso del figlio che, però, seguita fino alla morte ad essere spietato e a non risparmiare nessuno, nemmeno i suoi più cari amici.
Anche per me Erode negli ultimi 6/7 anni di vita è persona veramente tragica!
Marco, la figura di Erode è da rivalutare, nonostante gli ultimi anni in cui l’autore ( e chi per lui) tende al dramma e al romanzo e lo mostra trascurato nell’amministrazione del regno e quasi indifferente alla rovina dello stato e alla condizione della Iudaea, già destinata all’annessione, lacerata da forze nazionalistiche belligeranti fra loro in quanto hanno obiettivi diversi, data l’influenza aramaica, da una parte, e il sistema ellenistico finanziario economico,- che produce un’immensa ricchezza giudaica, a seguito della pax augusta/ eirene sebasth- da un’altra-.
Erode, dopo la morte dei due figli, non è più lui: ha ceduto, di colpo, le redini del comando e sente il peso degli anni, avendo piena coscienza che il suo tempo è finito, come pure quello della Iudaea, un piccolo stato che è proprietà dell‘imperator, che lo gestisce da Roma tramite funzionari, insieme a Siria e ad Egitto, come un possesso personale, dopo che ha esperimentato la soluzione con un re cliente, in attesa di censimento, cioè della maturazione e dell’integrazione del popolo giudaico di lingua aramaica, semibarbarico, nella cultura romano-ellenistica, di cui la pars aristocratica sacerdotale, da decenni è partecipe con le sue colonie diffuse in ogni luogo dell’ecumene, dotate di trapezai /banche, di emporia/ magazzini e di ekklesiai /comunità commerciali.
Il vecchio re sa che è finito il suo tempo e vede in pericolo lo stesso potere templare, fonte di immensa ricchezza per Roma -che divide coi sadducei il tributo di ogni giudeo,annuale, di due dracme, proveniente non solo dalla provincia giudaica, agricola, ma anche da oltre un milione di confratelli di Parthia, e specie dai 2.500.000 di fedeli ellenisti, emporoi, trapezitai, nauarchoi, kapeloi, methoroi, banausoi, teknitai dell’Asia, della Siria, dell’Egitto- lungo le due vie nilotiche, canopica verso l’interno dell’ Africa e pelusiaca verso l’India tramite il mare Eritreo – di Macedonia, di Acaia, e di tutto regioni del bacino del Mediterraneo con le isole e perfino di quelle oltre le colonne d’Ercole in HIspania, in Gallia e in Britannia dove ci sono apoikiai giudaiche che hanno come centro Gerusalemme, la città santa..
Flavio, che conosce il decreto di Vespasiano e di Tito contro gli alessandrini e gli antiocheni – che chiesero invano l’abrogazione dei diritti di cittadinanza ai giudei vinti (Ant.Giud. XII,121), – anticipa perfino le preoccupazioni di Erode, circa il popolo, circa Gerusalemme e il Tempio, cosciente che gli editti /dogmata di Domiziano, dominus et deus, ormai mettono in pericolo non solo la terra santa ma anche il commercio giudaico- ellenistico, essendo tolta la libertà di parlare e di ascoltare (Cassio Dione, St .Rom, LXVII, 4) al senato, ai filosofi, alle minoranze.
Flavio, più di Erode,conosce il valore universale del giudaismo e sa che Sion è ancora il tempio, il punto di incontro tra il Dio vivente e suo figlio, ed ora il popolo ebraico, anima dell’ecumene! Sion è per i giudei del Regno di Erode e per i giudei aramaici di Parthia e per i giudeo- ellenisti della diaspora la pupilla dell’occhio, è la patria a cui tendono i fedeli di tutta l’ecumene, è la terra come il luogo santo dove ogni ebreo vuole la sua sepoltura, dove per legge deve andare annualmente a fare sacrifici per il culto di Jhwh!.
b. La morte degli innocenti e il regno di Antipatro
Una domanda ai cristiani? Dopo la lettura di questo articolo, vorrei una risposta razionale?! E’ possibile sfuggire ad Erode, che fa un’indagine su un bambino appena nato e su una famiglia giudaica, che fugge in Egitto?
E’ doloroso pensare che la santità, cosmicamente superflua, esista perché ci sono gli uomini! – Lettera di E. M. Cioran a Mircea Eliade-
Marco, dalla morte degli innocenti figli di Mariamne alla morte di Erode il 23 marzo del 4. a.C. ci sono quasi tre anni di “Regno”di Antipatro, suo figlio.
In questo periodo, secondo Flavio, tra gli uomini la verità era abolita, la giustizia spenta, mentre prevalevano menzogna e malizia, distese su tutte le cose, come una nebbia tanto che neppure le sofferenze umane più grandi erano visibili ai peccatori traviati /apoloito h aletheia, to de dikaion ek toon anthroopoon anhirhmenon eih, kratoih de ta pseusmata kai h kakoetheia, kai tosouton nephos epagoi tois pragmasin, oos mhdè ta megista toon anthroopinoon pathooon orasthai tois amartanousin .
Professore, Flavio mostra che il sangue degli innocenti ricade su Antipatro, vero colpevole della morte di Alessandro e Aristobulo, ideatore di una trama ordita a corte, non tanto per odio contro i figli di Mariamne, quanto contro suo padre, con l ‘aiuto dei parenti, anche loro rancorosi beneficati contro il medesimo benefattore!.Mi può dire come Flavio evidenzia il progressivo verificarsi di tale evento e quali sono per lui le cause che determinano, da una parte, il destino di Antipatro e, da una altra, la punizione divina?
Vedo, con piacere, Marco, che tu cominci a saper leggere secondo una lettura storica, doppia, quella propria del team scriptorio di Guerra giudaica basata su εìμαρμηνη, che coincide con la visione farisaica ed una, invece, sacerdotale sadducea, tipica della πρòνοια, che attua l’oikonomia tou theou, propria degli scrittori di Antichità giudaiche. Posso, quindi, seguitare la lettura dei due testi di Flavio, e mostrarti la storia di un beneficato rancoroso e di un benefattore tradito, che pur vecchio e malato ha la forza, nella sua demenza senile e in preda ad una malattia mortale, di una vendetta innaturale e irrazionale, senza emissione di un verdetto romano di colpevolezza. Al di là dei fatti tragici, l’autore giudaico specie in Guerra giudaica, indulge ai sistemi narrativi romanzeschi e alla trattazione psicologica dei protagonisti, al fine di eccitare la compassione e la partecipazione dei lettori attirati dal piacere delle vicende di una corte coi suoi intrighi.
Quindi, professore, parlerà prima dell’animo di Antipatro, che rivela il suo odio, nel complesso contraddittorio, contro il padre, già mostrato, pur rimanendo in ombra, nella vicenda della morte dei due fratellastri, che sono per lui uno strumento per colpire Erode ed aver un proprio utile e poi tratterà delle cause socio-politiche che determinano la fine di Antipatro, che risulta complessivamente un mediatore?
Certo, Marco, dovrò parlarti prima di Antipatro, idumeo di formazione, come suo padre e suo nonno, di una gente, definita da Flavio -Guerra giudaica ,IV,231- turbolenta e facinorosa, sempre pronta a sommosse, amante di sconvolgimenti, capace di impugnare le armi…e di correre alla guerra come ad una festa, e del piano di un uomo scaltro,che,col segreto appoggio degli amici romani, già è considerato successore del padre. Poi dovrò mostrarti il suo tentativo di attuare una serie di alleanze a corte per regnare, indisturbato, tenendo tranquillo il vecchio Erode, pur temendo reazioni popolari e la forza dell’elemento militare, filoasmoneo ed aramaico: in questo modo ti mostro il disegno di Flavio in Ant giud XVII, 60, intenzionato a fare di Antipatro un paradeigma anthropinooi genei, un modello esemplare per tutti coloro che operano male nei confronti di un padre e dei propri fratelli, degno di un destino crudele e di una punizione divina, al fine di evidenziare il valore e la necessità della virtù. Lo scrittore, ambiguo ed equivoco, può sottendere anche le cause politiche delle sua rovina, nonostante l’apparente perfezione delle sue mhkhanai/trovate ingegnose in un contesto, già rivoluzionario.
Antipatro, coregnante, ha già scalzato, professore, a Roma, il padre, vecchio re, bestiale nelle repressioni del mondo aramaico-asmoneo e di quello legalistico-farisaico filoparthico, ed ha avuto assicurazioni di poter regnare, senza timore di un’ annessione del territorio giudaico alla provincia di Siria!. Antipatro, che si presenta ai romani come philopatoor/uomo che ama e difende il padre e come diallakths/mediatore, conosce anche gli intrighi di corte, i partiti e le differenti politiche che dividono i claudii e i giulii, subito dopo la morte di Marco Agrippa?
E’ probabile, Marco, che Antipatro conosca bene la storia degli avvenimenti capitati a Roma ed ancora attuali al momento della sua venuta a corte, in quanto dalla fine dell’estate del 7 a.C. al suo ritorno in patria verso settembre del 5 a.C. , la Iudaea è già sotto la protezione dei potenti ministri di Gaio Cesare, che tengono sotto controllo la Siria e il regno di Erode, contemporaneamente, per le loro operazioni antiparthiche, avendo bisogno di basi operative sicure per l’impresa del giovane erede imperiale e di un appoggio militare e finanziario per la penetrazione verso l’Armenia, con la protezione della flotta romana, che stanzia tra la Cilicia e la Celesiria. E’ possibile che il giulio Antipatro, in una tale situazione, sia incerto nella scelta di campo, come lo stesso Erode, avendo legami e con Augusto e Livia Drusilla e con Tiberio, ma anche con Giulia e i figli di Marco Agrippa, amico personale del re giudaico. La scelta personale viene fatta solo quando si trova effettivamente a Roma, tra le due partes contendenti, e deve manovrare per il successo della nuova causa contro Silleo: la sua libertà di azione sembra, però, non supportata dalla corte a Gerusalemme, che, invece, si distacca da lui, a sua insaputa.
Flavio, riassumendo circa la sua condizione, dopo la morte di Alessandro ed Aristobulo, dice Ant. giud. XVII,2: nonostante ciò, egli era almeno coregnante col padre, con poteri non diversi dal padre. Lo storico informa che nel regno di Giudea ora c’è un altro capo che deve fare politica coi romani, delegato dal padre, come suo unico rappresentante, ma, mentre come diadokos fa la sua politica, non ha più seguaci in patria perché è inquisito in contumacia, senza che nessuno lo avverta.
E’ un mistero come Erode possa aver fatto il vuoto intorno al figlio che opera a Roma e lo rappresenta degnamente, avendo perfino attestati di fiducia e di riconoscimento dall’Imperatore, dagli amici romani e dal padre stesso, che ambiguamente, lo assicura con lettere: Il clima di terrore, le torture, il ripudio della madre e la morte di Ferora sono notizie tardive, nel corso del ritorno in patria.
Professore, prima di rispondermi sull’ intera vicenda di Antipatro, mi deve dire ora qualcosa, sul periodo successivo la morte di Marco Agrippa, complicato dalla morte di Druso maggiore, peggiorato dalla formazione di partigiani di Tiberio e di quelli di Gaio Cesare e dallo scontro tra Livia Drusilla e Giulia, altrimenti non posso realmente capire la situazione romana e tanto meno quella giudaica?
Più che di Gaio Cesare, figlio di Agrippa e di Giulia, all’epoca solo princeps iuventutis, devo parlare dei suoi generali che preparano la spedizione tra il 6 e il 5 a.C. – poco prima dell’ arresto di Antipatro, che non coregna negli ultimi circa 13 mesi di vita del re, suo padre, compresi anche alcuni mesi di soggiorno romano dell’idumeo -costretti a vigilare direttamente sul regnum erodiano ed ancora di più, dopo la morte di Erode. Devo parlare di un gruppo di uomini potenti che, dominando a corte, favoriscono il figlio di Agrippa, protetto dalla madre Giulia contro Tiberio Nerone e Livia Drusilla moglie di Augusto, anche lui, come Erode, senilmente già frastornato di mente.
Anche a Roma, professore, ci sono complotti, congiure e volontà di cambiamento, certamente maggiori di quelli gerosolomitani, in quanto sede del potere centrale universale romano, nel clima di una successione imperiale, dopo già un lungo contestato dominio dell’autokratoor!
Certo, Marco, in una tale situazione romana e in una corte difficile come quella erodiana , ora Antipatro e Salome infittiscono le relazioni epistolari ed inviano doni maggiori per gli amici romani: siamo nel momento tra il ritiro di Tiberio dalla politica, alla fine dell’estate del 6 a.C .-intenzionato a stabilirsi a Rodi, dopo aver svernato in Campania – e l’arrivo a Roma di Antipatro, appena si è riaperta la navigazione primaverile nel 5 a.C.
Perciò ti parlerò insieme e di Gaio Cesare e dei suoi generali e di Tiberio, per farti entrare in merito alla questione che ci interessa. Secondo Vellio Patercolo, St.II, 99.1 poco tempo dopo, Tiberio Nerone due volte console e due volte trionfatore, parificato ad Augusto per la compartecipazione alla tribunicia potestas, superiore a tutti i cittadini tranne uno, e ciò per sua volontà, massimo tra i generali, colmo di gloria e di Fortuna, ed in verità secondo lume e capo dello stato con meraviglioso ed incredibile gesto di bontà, di cui si scoprono ben presto le cause, quando Gaio Cesare aveva ormai preso la toga virile e Lucio era nel vigore dell’età, non volendo che il proprio splendore fosse un ostacolo per i due giovani, ai loro inizi, chiese al suocero e patrigno il permesso di riposarsi dalle fatiche ininterrotte, senza per altro rilevare il motivo della decisione/ne fulgor suus orientium iuvenum obstaret initiis, dissimulata causa consiliii sui, commeatum ab socero atque privigno eodem vitrico adquiescendi a continuatione laborum petiit.
Il ritiro ufficiale dalla vita politica di Tiberio dal 6 av. C. fino al 2 d.C. per i cives romani risulta un malum per l’impero ed una fortuna per i nemici: infatti (cfr.Velleio, Ibidem 100.1) Sensit enim terrarum orbis digressum a custodia Neronem urbis/il mondo si accorse che Tiberio aveva cessato di tutelare Roma: i parthi abbandonano l’alleanza romana e si impossessano dell’Armenia; la Germania si ribella appena Tiberio approda a Rodi come idioths /privato cittadino nel 5 av. C..
Cosa succede, professore, di tanto grave da far ritirare dalla politica un vir civilis, così potente come Tiberio, figlio di Livia? Mi deve mostrare anche l’animus di Tiberio, cambiato nei confronti di Augusto nel 12 a.C., alla morte di Marco Agrippa, marito di Giulia, suo suocero.
Tiberio, avendo sposato Vipsania Agrippina, insieme a Quintilio Varo, suo cognato, marito di Vipsania Marcella, l’ altra figlia di Marco Agrippa, aveva cercato di assimilare ed eguagliare nel potere il suocero con Augusto, riuscendovi, ma era stato sorpreso dalla morte improvvisa del dux: l’imperatore, pressato anche da Varo, in quel tempo, console, cominciò a dare massimo potere ai figli di Livia, sua moglie, Tiberio e Druso, e a favorire la carriera dei generi del defunto, in attesa della crescita dei figli di Giulia, sua figlia!.
Ora il testo di Velleio Patercolo mi è un po’ più chiaro. Può seguitare, professore.
In questo periodo di circa 5 anni, dunque, Tiberio in Pannonia e in Gallia mostra le sue capacità di comando, avendo onori trionfali, come anche suo fratello Druso, in Germania, che penetra fino all’Elba e come anche lo stesso Varo. Tiberio anzi diventa così popolare che è da Augusto, imposto come genero, dopo l’obbligato divorzio da Vipsania Agrippina, in vista della successione imperiale già nell’anno 11 a.C.
La morte di Druso, figlio prediletto di Augusto nel 9 a.C. e la crescita dei giovinetti, figli di Agrippa, a seguito anche delle pressioni della figlia Giulia, e di una pars favorevole a Gaio Cesare e a Lucio, determinano una crisi di rapporti tra il suocero e il genero, che riprendendo l’esempio di Agrippa stesso nei confronti di Claudio Marcello, giovane, decide di ritirarsi a vita privata.
Augusto, accettate le dimissioni del genero, provvede, compensando il vuoto militare, lasciato da Tiberio, con un gruppo di generali che forma il consilium principis di Gaio Cesare- nato nel 23 a. C., giovane inesperto, sostenuto dalla madre Giulia, amante all’epoca di Iullo Antonio, appena tornato dal proconsolato in Asia, formalmente ancora moglie di Tiberio, non trattenuto nel comando dall’imperatore suocero-.
Ora comprendo molto meglio anche le motivazioni, sottese, che spingono Tiberio, che teme fra l’altro gli avversari politici, che sono schierati a difesa dei diritti dei figli di Agrippa e che sono troppo legati alla figura di sua moglie Giulia, non più vicina a lui, dopo la perdita del figlio infante, nato dalla loro unione!.
Tiberio, eppure, ha ancora la riverenza di tutti quelli che vanno in Oriente! (ibidem,99, 3 ) tutti i proconsoli e i legati che andavano alle province di oltre mare recandosi a trovarlo lo visitavano abbassando come davanti ad un principe i loro fasci davanti ad un privato ammettendo che l’inattività di lui era più autorevole delle loro funzioni di comando.
E’ chiaro, professore, che a Roma vi sono alcuni, sostenitori di Tiberio e altri dei figli di Agrippa e di Giulia, che, comunque, nausea lo stesso padre che teme non solo la sua condotta morale tanto da imporle il divorzio da Tiberio, riconosciuto come legittimo, ma anche la congiunzione strana tra i suoi amanti, specie tra Iullo Antonio e i suoi amici, cospiratori!.Tiberio ha avuto solo disgrazie dal matrimonio con Giulia?
Si. Marco. Tiberio è costretto da Augusto a sposare nell’11 a.C. Giulia, vedova di Agrippa e a lasciare l’amata moglie Vipsania Agrippina, figlia di suo suocero, incinta di Druso minore, per ragione di stato, al fine della successione al trono, secondo i desideri di Livia Drusilla, sua madre, abile a manovrare l’imperatore.
Tiberio sposa, dunque, la sorellastra, vedova di suo suocero?!
Sei sorpreso? La donna a Roma è un oggetto di valore politico! i matrimoni romani sono foedera/trattati familiari! Augusto non uccide gli avversari politici, li aggrega al suo carro, unendoli alla sua familia: prima Agrippa, ora Tiberio!
Da Giulia Tiberio ha anche un figlio, nato il 10 ad Aquileia -dove risiede per seguire la campagna pannonica – che gli muore nel 7 a.C.- Cfr. Svetonio Tiberio ,7- anno in cui nella corte di Augusto iniziano le contese per la successione, dopo la morte di Druso maggiore nel 9 av. C,.in Germania, tra il designato diadokos e i giovani figli di Giulia: è anche una guerra tra Livia e Giulia, in cui sono coinvolte due liberte ebree Acme e Febe, schierate rispettivamente l’una dalla pars della moglie del sovrano e l’altra da quella della figlia tanto che Svetonio (Augusto,65,9 ) compendia lo stato di animo del già vecchio Augusto, addolorato ed agitato: vorrei essere senza moglie ed essere morto senza figlia! .
Vellio Patercolo, legatus tiberiano, accusa di un complotto Giulia come donna del tutto dimentica di tanto padre e marito, che per stravaganza e per libidine nulla tralasciò di quello che femmina può fare turpemente o subire, commisurando l’altezza della sua condizione con la libertà di peccare, rivendicando per sé come cosa lecita ogni capriccio/ tanti parentis ac viri immemor nihil quod facere aut pati turpiter posset femina luxuria libidineve infectum reliquit magnitudinemque fortunae suae peccandi licentia metiebatur, quidquid liberet pro licito vindicans.
Questi fatti lei, professore, li considera accaduti tra il 6 e il 4 a. C. nel momento in cui Antipatro è coregnante in Giudea e in cui è inviato a Roma per la nuova causa di Silleo? A conti fatti, Antipatro sembra avere pochi mesi di comando!
Sono certamente pochi i mesi di comando in un momento prima del viaggio a Roma e durante i sette mesi romani fino al settembre del 5 a. C.. turbati per le dimostrazioni di affetto del re verso i nipoti asmonei che gli gelano il sangue (Flavio usa il verbo Pachnooo), per le insofferenze dell’esercito e del popolo, oltre che per le contestazioni dei farisei nella stessa corte!. Questo, comunque, grosso modo, è il periodo in cui Augusto definisce sua figlia cancro della sua vecchiaia -Svetonio, Augusto, 65- per la sua morale fusa con la sua ambizione politica di donna che, prima di essere inviata in esilio a Pandateria /Ventotene, coinvolge uomini come Quinzio Crispino, Appio Claudio, Sempronio Gracco e Scipione ed altri., condannati a morte, compreso Iullo Antonio, suicidatosi, dopo breve prigionia nel 2. a.C., incriminato come persona desiderosa di novitas/ rivoluzione- Cfr. Cassio Dione, St., LV,10.
Si sa come si muove in questa situazione romana, tanto complessa, Antipatro, un uomo che ha lasciato imprudentemente in sospeso in patria molte questioni private e pubbliche, dopo – forse -aver organizzato la morte del padre, in sua assenza, fiducioso nel solo Ferora, tra i parenti, nei farisei, ancora non ben controllati, senza alcun legame con qualche comandante dell’esercito?
Non è chiaro, ma Antipatro sicuramente prende posizione per il gruppo vincente, quello dei generali di Gaio Cesare, anche se non può non riverire il civis Tiberio, figlio di Livia. Marco, non ti so dire quale sia il comportamento di Antipatro per Tiberio, divenuto ora poliths idioths/privato cittadino, che vive a Rodi, rispettato da tutti quelli che hanno una qualche funzione in Oriente: da idumeo scaltro e da figlio, ambiguo di Erode, non ci si può aspettare verso un membro autorevole della famiglia augusta, niente altro se non deferenza formale, accompagnata da doni con un umile e discreto servitium, sicuramente voluto e richiesto da Livia Drusilla per il figlio da parte della corte erodiana e specie dall’amica Salome, sollecitata da lettere a favorire il figlio. Mi sembra, però, che tu abbia già un preciso giudizio su Antipatro, che, a mio parere, può essere valutato solo uomo senza scrupoli, non certamente colpevole di qualcosa, se non di azioni politiche patriottiche.
Per me, Antipatro è figura bieca, non corretta nei confronti dei fratelli e del padre, teso al proprio esclusivo vantaggio! Quindi, ritengo che sia possibile che intorno a Tiberio da parte di Erode e di Antipatro funzioni un servitium di kataskopoi /spie, che informano quotidianamente dei movimenti fatti dal genero di Augusto, ora confinato nell’isola. Ho, comunque, un dubbio: la vipera Salome può parlare bene di suo nipote a Roma e non aver avvertito Livia delle mhkhanai di Antipatro? Può non aver confidato quanto sa a Quintilio Varo, più favorevole a lei che a Giulia, un epitropos come gli altri intenzionato a scorticare i provinciali?
Marco, la storia non si può fare con le supposizioni ma si fa sulla base di testimonianze scritte e di fatti, o per argumenta certa, sottese. E’, Marco, una normalità, per Erode, conoscere in anticipo i movimenti dei romani per opportuni interventi!.Erode, come già suo padre, fa viaggiare piccioni, ha una rete di spie e a corte di Augusto e in quella di Fraatace, e si serve di profeti come farisei (ed esseni), anche se è da loro esecrato!.
Io, professore, conosco dei generali della cohors di Gaio Cesare solo Varo e Quirinio, che, inoltre, sono tiberiani, perché lei ne ha parlato in La nascita di Gesù. Ce ne sono altri, oltre a Iullo?
In questo lasso di tempo c’è storicamente la cosiddetta congiura di Iullo Antonio, che, divenuto amante di Giulia, è considerato violator domus augustae (cfr Dione Cassio St. Rom. LV, 10), aspirante al trono, che coordina l’azione della moglie di Tiberio e dei suoi amici, tradendo i vincoli coniugali con Marcella, figlia di Ottavia, pur avendo goduto dei privilegi di cariche pubbliche come il sacerdozio, la pretura, il consolato, il proconsolato.
Non sembra, però, che Antipatro sia vicino a Quintilio Varo o a Senzio Sabino in quanto sembra più legato a Senzio Saturnino e a suo fratello, che sono sicuramente tiberiani e ad Acme, una liberta corrotta da Salome, al servizio dell’augusta Livia. Secondo me, comunque, Antipatro deve cooperare alla preparazione dell’impresa armena da parte di Quirinio, tiberiano e di Lollio, antitiberiano, primo consigliere poi di Gaio Cesare: il re giudaico come summachos/alleato deve offrire milites e vettovagliamento per il tragitto con guide e con denaro, nonostante l’opposizione popolare e militare degli aramaici, favorevoli ai Parthi.
E’ un momento delicato per la corte giudaica, che è certamente filotiberiana, ma deve essere solidale con la politica augustea impegnata nei preparativi per la spedizione armena: Antipatro con Erode deve giostrare coi suoi amici romani tiberiani, ora in ombra, e fare doni a quelli nuovi della cerchia di Gaio Cesare: tutto il clan idumeo è compatto nella sua adesione alla famiglia augusta dalla parte di Livia Drusilla e di suo figlio Tiberio, anche se deve lisciare il pelo alla pars avversaria, come socia nell’impresa antiparthica, pur avendo contrari la popolazione e l’esercito filoparthici e pur avendo ostili i farisei.
So di una clades/ sconfitta di Marco Lollio e poi di una clades di Quintilio Varo, che poi determinano l’arresto del militarismo romano in Occidente, me ne può parlare, anche se non riguarda direttamente il nostro tema?
Te lo faccio sinteticamente, trattando di Marco Lollio, il famoso padre di Lollia Paolina, moglie di Gaio Caligola, che era consulente orientale di Augusto per la spedizione parthica già nel 21/20- poi conclusa felicemente da Tiberio in Armenia,- perché aveva risolto il problema della annessione a Roma della Galazia, dopo la morte di Aminta, e poi, divenuto console, aveva ottenuto la provincia della Tracia e da lì era stato spostato in Gallia, dove nel 16 fu sconfitto da una coalizione barbarica germanica di Sicambri, Tencteri e Usipeti poi fermata dal fratello di Tiberio, Druso maggiore, che aveva debellato i Catti e i Suebi dopo avere attraversato il Weser e raggiunto l’Elba, morto per una caduta di cavallo nel 9 a.C.a.C.
Velleio Patercolo – St.II,97,1- fa un ritratto negativo di Marco Lollio considerandolo, da avversario tiberiano, uomo di ogni cosa desideroso più di denaro che di ben fare, carico di vizi anche se li sapeva benissimo dissimulare. Lollio, comunque, abilmente si schiera dalla parte di Giulia e diventa promotore essenziale tra i generali per la spedizione armena del 2/1 a.C. , che risulta inutile, nonostante il trattato di Zeugma con Fraatace!. Questi avvenimenti, però, riguardano il periodo di Archelao, figlio di Erode, che non seppe gestire, secondo le aspettative romane le truppe e i vettovagliamenti, specie, dopo la denuncia del re dei re e a seguito della scoperta dei progetti perfidi/perfida consilia di Marco Lollio, che pur era stato investito da Augusto di grande autorità a fianco del giovane Gaio Cesare, come moderator iuventae filii sui (Velleio Patercolo, St.II, 102,1).
Anche Plinio (St. Nat. IX, 35 ) considerando Lollio, arricchito dai principi Orientali e costretto, dopo le accuse di Fraatace, al suicidio, convalida la notizia di Velleio, che mostra la gioia dei romani per la sua morte, dopo il ferimento di Gaio Cesare, caduto incautamente, in una imboscata.
Infatti Gaio, entrato in Armenia ha successo, ma, poi, in un colloquio presso Artagera, a cui non si sottrae per personale temerarietà giovanile, è ferito da un certo Adduo e dopo di allora ebbe, secondo Velleio, corpus minus habile et animum minus utilem rei pubblicae, anche se seguitò a governare avendo un codazzo di adulatori, preferendo rimanere a vegetare in quel remoto ultimo angolo della terra, piuttosto che rientrare a Roma, tanto che, dopo che era stato convinto a tornare in patria, morì a Limira di Licia, di malattia, nel febbraio del 4. d.C., dopo due anni dall’incidente quando già anche l’altro fratello Lucio Cesare era già morto a Marsiglia .
Molti, secondo Tacito, accusano della morte di Lucio iuvenis (Annales I, 3) Livia, che forse mette lo zampino anche in quella di Gaio, pur di far ritornare e Roma con tutti gli onori suo figlio Tiberio dall’esilio. .
La clades di Varo è di molto successiva a questi fatti, lontana, quasi un quindicennio, in cui prima è governatore di Siria, poi, dopo la denunce fatte dal re dei parthi, vanifica i progetti di subdola astuzia di Marco Lollio, facendo dettagliate relazioni a Augusto che costringe al suicidio il legatus di Gaio, abnormemente arricchito con l’oro provinciale. Varo, tornato a Roma intorno al 3. a.C forse rimane inattivo a corte: non si hanno notizie di lui se non del suo arrivo in Germania nel 7 d.C. , documentato da Tacito, che ne rileva la rapacità nella tassazione- come già In Siria e Giudea- e la scarsa efficienza nelle manovre militari,- specie dopo il ritorno a Roma del suo predecessore Senzio Saturnino, elogiato come dux,- in quanto opera come un giudice in una zona non ancora ellenizzata e romanizzata, anche se già soggetta a censimento: la sconfitta di Teutoburgo ne è la diretta conseguenza, causata dal romanizzato Arminio nel 9 d.C, che annienta tre legioni.
Ho capito, professore, il tempo diverso delle due clades romane e la ripercussione sulla politica occidentale militaristica augustea che si blocca sul Weser in un ritiro delle truppe, penetrate fino all’ Elba, insicure in terra barbarica. Seguitiamo ora nella storia di Antipatro, che, coregnante, scalza il padre dall’animo dei consiglieri di Augusto e di Livia Drusilla, sua moglie, tessendo una trama di matrimoni per saldare i vincoli tra idumei, con alleanze, in modo da cautelarsi contro i figli delle altre mogli del padre e da aumentare in potere.
Antipatro, dunque, Marco, ha compreso che, per governare, deve assoggettarsi ai generali di Gaio Cesare e seguire le direttive della casa imperiale, il cui referente ora è Quintilio Varo epitropos ths Surias, che guida l’ellenizzazione della regione e la romanizzazione della Iudaea erodiana, destinata all’anagraphh e all‘apotimhsis Cfr. La nascita di Gesù.
Siccome si trova in un contesto popolare aramaico, dominato dai farisei, Antipatro deve tenere a freno l’esercito filoasmoneo, antiromano ed antierodiano, usando diplomazia e cautela, per dominarlo, cercando anche il consenso popolare, attenuando e mitigando, così il rigore dell’ ultimo periodo, bestiale, di Erode.
Anche lui, professore, comprende che la Iudaea come la Siria e l’Egitto è proprietà romana personale dell’autokratoor/imperator?
Certo, Marco, Lui, come e più di Erode, essendo di educazione idumea e nabatea, formato aramaicamente ed ostilmente in senso antiromano ed antierodiano, aspira ad una novitas, avendo lo sguardo verso Ctesifonte, capitale parthica, sollecitato dal giudaismo mesopotamico, anche se deve sottostare alla presenza dei magistrati romani e guardarsi dalle spie romane, nella ricerca di una funzione ed un ruolo indipendente e da Augusto e da Fraatace, cercando di favorire l’elemento farisaico e popolare, in un tentativo di congiungersi anche con i militari ora antierodiani, a causa della decimazione fatta da Erode. Marco, penso che Antipatro, volendo in cuore suo, la morte di suo padre e il cambiamento in Giudea, voglia anche una minore pressione da parte dell’imperatore romano e dei pubblicani nella regione e quindi cerchi spazio per una manovra diplomatica col suo popolo e col suo esercito, ora attirati con elargizioni, con manifestazioni pubbliche e con donativi ai nuovi egemones, promossi al posto di quelli eliminati dal padre, specie idumei, samaritani e traconiti, dimostrando di non essere stato lui l’artefice della morte dei due asmonei, ma solo l’esecutore materiale dell’ordine paterno, non responsabile della condanna.
Non completa, però, la sua azione filopopolare e la sua politica favorevole all’esercito e ai farisei, a causa della sua affrettata partenza per Roma e per il suo odio mortale verso il padre?
Antipatro, Marco, odiando, pur in modo contraddittorio, il padre, congiura abilmente per sostituirlo, seppure col favore di romani, anche se subdolamente desidera la congiunzione con la Parthia, che lascia un maggiore spazio di indipendenza, ma lascia tutto in sospeso, dovendo rispondere alla causa contro Silleo, per conto del padre e dovendo allontanarsi per far iniziare la morsa mortale, venefica, da parte di Ferora contro Erode, per non correre il rischio di accusa di parricidio. L’accusa di veneficio non è in effetti provata! il figlio, comunque, sembra che non voglia assistere alla morte del padre!
E’ un disegno ambizioso di difficile realizzazione, bisognoso della massima concordia interna, dato il particolare momento di censimento romano e considerati gli spostamenti di milizie romane! Il breve periodo di “regno” mi sembra che sia così impostato ad una congiunzione delle forze idumee ed aramaiche in opposizione a quelle erodiane filoimperiali, al fine di aver un alibi perfetto per la morte del padre: questo traspira, sotteso, nelle pagine di Flavio di Antichità giudaiche, che seguiamo anche se l’autore è ambiguo e il testo ha subito manipolazioni specie nei paragrafi 38-44, in cui ci sono anche lacune e in Naber e in Niese.
Infatti Antipatro ha volontà di sostituire il padre prima possibile, non contento della sua coreggenza per la presenza ambigua di Erode e per quella dei romani, ormai decisi all’annessione della regione alla Siria, dopo il censimento già in atto: il presunto diadokos non vuole che siano presi in considerazione gli altri figli di Erode e perciò rafforza la sua posizione con gli altri Idumei, allora, dominanti a corte. Sfrutta, perfino, l’ordine del padre di far seppellire i cadaveri di Alessandro e di Aristobulo nell’Alexandreion, fortezza aramaica, accanto all’ avo materno, accettando la manifestazione popolare di affetto e di memoria asmonea, cancellando così il malumore del popolo e dell’esercito contro la volontà di una bestiale rappresaglia di Erode! A corte con la madre Doris coordina il partito idumeo, filofarisaico, e, nel frattempo, mantiene un formale ossequio per il padre e le sue mogli, specie la gerosolomitana Cleopatra e la samaritana Maltace, al fine di raggiungere il suo telos di coesione interna, senza dissidi, dopo aver rinviato con la dote Glafira ad Archelao, mantenendo con lui i rapporti di amicizia e di alleanza.
Dunque, professore, Antipatro si avvicina al popolo e all’esercito e contemporaneamente si collega con la sua famiglia in un patto sciagurato contro il re Erode, al fine di regnare da solo, avendo una volontà di tenersi equidistante tra Roma e la Parthia?
Non so se si possa dire questo, ma certamente Antipatro, da opportunista, segue i romani finché gli servono, accontentando il padre, ma fa anche una sua politica antiromana e filoparthica, nel momento in cui si muovono i generali di Gaio Cesare, contro Fraatace: un aramaico ebreo non può non essere vicino ai contribuli parthici, non potendo non seguire la predicazione dei farisei, attivi anche a corte!
Nonostante la sua ambiguità politica e la sua malvagia disposizione verso lo stesso padre, Antipatro, non si salva dalla vendetta divina?.
Marco, lascia stare la vendetta divina ebraico-cristiana e segui la vicenda umana e politica di Antipatro, che è uomo desideroso di stasis, a seguito della morte del padre, col favore di Fraatace, da cui poter avere il primo riconoscimento del suo malkuth! Seguiamo, comunque, il pensiero di Flavio, non certamente chiaro!
Lo scrittore giudaico, conscio dei timori di Antipatro nei riguardi del popolo e dell’esercito e dei diritti dei figli di Cleopatra e di Maltace, aspiranti al regno, e di quelli di Alessandro ed Aristobulo, rileva che al momento, a causa dell’auctoritas di Erode e del potere predominante dei romani, che dirigono ogni azione sua e del padre., specie dopo che è arrivata la notizia dell’insediamento di Quintilio Varo ad Antiochia, le sue speranze per il futuro non corrispondevano ancora ai suoi disegni (Ant.Giud. XVII,1), pianificati, ma non realizzati.
Antipatro, secondo Flavio, è turbato, nonostante la coscienza di tenere in pugno il padre e di averne la benevolenza, perché timoroso che il padre sarebbe stata causa della sua rovina, in quanto dava a vedere di essere stato lui ad accusare i suoi fratelli, per mettere al sicuro la salvezza paterna e non per inimicizia verso di loro.
L’ autore di Antichità giudaiche mostra il tortuoso modo di Antipatro di attaccare Erode, rivelando che tese insidie ai fratelli per odio verso il padre e non per inimicizia con loro.Tuttavia, egli partecipava col padre al governo del regno, come se fosse stato re e il padre gli dava le imprese più importanti: egli aveva acquistato più grande e più stabile favore per quelle azioni per cui era degno di morire, come se avesse tradito i fratelli per difesa del padre e non perché era nemico dei fratelli e del padre, che lui aveva spinto a questo coi cattivi discorsi. Le sue erano tutte macchinazioni / aper dh panta mhkhanai con cui lui poteva muoversi contro Erode, affinché non avesse alcuna forza di accusarlo di ciò, che si preparava, ed affinché il padre fosse privo di ogni aiuto, non avendo chi lo difendesse, quando lui Antipatro gli manifestasse apertamente l’inimicizia (Ibidem).
Flavio vuol dire che Antipatro ha sfruttato l’inimicizia tra Erode e i figli asmonei per colpire suo padre, non i fratellastri. Ho capito bene?
Certo! Marco. lo puoi capire meglio seguendo il discorso di Flavio: era, dunque, per odio verso il padre che tese insidie ai fratelli. Allora si sentì più che mai animato a non abbandonare l’impresa, poiché se moriva Erode, il regno sarebbe stato suo, senza contrasti, ma se ad Erode fosse capitato di prolungare la vita, lui sarebbe stato sempre in pericolo di una rivelazione del crimine, da lui ideato, che potesse autorizzare suo padre ad essergli nemico.
Dunque, Antipatro seguita nella sua idea di complottare contro il padre, convinto di poterlo fare impunemente, data l’età e la malattia di Erode e considerata le amicizie romane ed ora anche il vincolo stretto con Ferora e Salome, essendo cambiati anche i rapporti con l’aristocrazia sacerdotale, con l’esercito e con il popolo?
Antipatro, Marco, è determinato a questa impresa e perciò è generoso di favori coi seguaci di Erode, cercando di distoglierli dall’odio grande che ognuno gli porta, concedendo loro onori e doni e specialmente cerca l’amicizia dei romani, facendo loro regali e dando denaro.
Flavio accenna a doni e denaro, dati a Saturnino e a suo fratello ed anche alla sorella del re, che ora è sposata con Alexas, il figlio di un defunto amico di Erode. In effetti, inizialmente, dopo aver stretto i rapporti con l‘epitropos di Siria, che torna a Roma, e allacciato relazioni con Quintilio Varo, nuovo governatore, si lega a Ferora e a Salome, che è sempre riluttante ed infida, specie perché non aiutata nella sua passione amorosa per l’arabo Silleo, dopo l’intervento di Livia stessa, moglie di Augusto.
Livia Drusilla interviene imponendo le nuove nozze all’amica? Silleo doveva aver avvelenato anche l’Augusta, facendo, a Roma, conquiste a corte?
Non si conoscono i retroscena che determinano le lettere minacciose di Livia a Salome, ma si sa da Antichità giudaiche. che Salome, avendo una passione per Silleo, desidera sposarlo, e rifiuta l’ordine di Erode di diventare moglie di Alexa: Livia persuade l’amica a non rifiutare il matrimonio, altrimenti chiude ogni forma di amicizia.
Si sa, inoltre, che anche Erode giura di non avere più rapporti armoniosi con lei, se non sposa Alexas, un partito suggerito anche dall’Augusta che, in altre occasioni, le è stata amica preziosa.
Anche Antipatro coopera in questa azione di convincimento, vincendo la natura infida di Salome e favorendo l’azione diplomatica e la politica matrimoniale di Erode, all’interno della sua famiglia, in modo da non turbare i rapporti di forza delle partes: la zia. attirata col matrimonio tra Teudione, fratello di Doris, con la figlia Berenice la vedova di Aristobulo, e tra l’altra sua figlia e il figlio di un suo precedente marito, è piegata al matrimonio pianificato dal padre; l’unione ventilata, invece, tra un figlio di Alessandro di Mariamne ed una figlia di Ferora è indesiderata da Antipatro che teme la doppia protezione di Archelao da una parte, e di Ferora, divenuto tetrarca, da un’altra e perciò, convince il padre ad invertire i suoi disegni a suo vantaggio chiedendo per sé di sposare una figlia di Aristobulo e di dare a suo figlio una figlia di Ferora, in modo da congiungersi con lo zio, mediante un legame matrimoniale.
Risolta la questione con matrimoni vantaggiosi per il suo prestigio e collegatosi con la zia e con lo zio, avendo l’appoggio delle quattro donne dominanti a corte, Antipatro ha un potere interno incontrastato, anche per la minore attività del vecchio re, intento alle cure mediche, presente solo nelle grandi occasioni.
Chi sono le quattro donne? conosco solo Salome e Doris?
Nel 6. a. C. la vecchia Cipro, la madre del re, che era stata venerata a corte, ora doveva essere morta; Salome, che è sempre tenuta a distanza da tutte le donne, essendo una donna malvagia ed impura non può far parte del gruppo farisaico in cui Doris, invece, è la donna dominante insieme alla moglie innominata di Ferora, che ha con sé la madre e la sorella, anch’esse innominate; tramite questi elementi femminili, Antipatro con lo zio è riuscito a tentare rapporti col popolo giudaico, a lui ferocemente ostile e ad avere sotto controllo i phrourarchoi e i capi dell’esercito, compresi Zimari e i suoi figli, ora stanziati in Traconitide per difendere la popolazione dalle lhisteriai/bande di ladri. cfr. Tetrarchia di Lisania www.angelofilipponi.com
I traconiti sono un problema ancora per Antipatro di difficile soluzione, come anche quello dei rapporti con la moglie di Ferora, una donna accusata da Erode e dal consiglio di amici come patrona dei farisei, mal valutata specie se vista dell’angolazione cristiana, che rileva una ubris parthenoon / violenza di vergini nella parte oscura del XVII libro di Antichità Giudaiche 46-48.
Noi, professore, da cristiani, conosciamo i farisei come sepolcri imbiancati secondo la definizione di un Gesù mitizzato, ora io conosco anche una ubris contro due figlie (vergini) di Erode non precisata, in Guerra giudaica I. 571 e, perciò, chiedo a lei di rettificare a me e ai miei amici, l’equivoco in cui siamo stati educati!.
Ci provo, Marco, ma è difficilissimo cercare di rettificare perché fin da bambini c’è stato presentato il fariseo come un ipocrita che ostenta saggezza e siamo stati condizionati dalla parabola del fariseo altezzoso e del pubblicano umile, che pregano (cfr la parabola del Fariseo e del pubblicano www.angelofilipponi.com ): ci vogliono anni per un decondizionamento!
In epoca romana imperiale i farisei hanno fama di interpretare le leggi perché commentatori laici del Pentateuco, convinti assertori del valore del destino e dell‘ oikonomia tou theou, pur ritenendo che il merito o il peccato/amarthma dipenda dalla volontà dell’uomo: essi, infatti, pensano, al contrario dei sadducei- che negano la sopravvivenza dell’anima e premi e castighi – che l’anima sia immortale e non scompaia con la materia, ma solo quella dei buoni può passare in un altro corpo, mentre quella dei cattivi è punita con castighi senza fine. Il loro sistema di vivere si basa su uno scambievole amore /philallhloi, desiderosi di perseguire la concordia entro la comunità/omononian askountes cfr Guer. Giud II,8, 14. Sono certamente proth airhsis la setta religiosa più seguita nel mondo ebraico perché, seguendo la tradizione mosaica e la regalità asmonea, sono antierodiani ed antiromani, in quanto, essendo zelanti di fede, determinano, poi, la nascita dello zelotismo, la fazione armata. Aggiungo, Marco, che in epoca erodiana, si oppongono al culto di Augusto Sebastos/Venerabile, rifiutano ogni immagine imperiale e romana in Gerusalemme, compresa l’aquila, specie sulla porta centrale del tempio, anche se accettano ambiguamente che i sadducei filoromani facciano due sacrifici al giorno per l’imperatore e per Roma cfr. Caligola il sublime,p.181: insomma i farisei, facendo la professione di fede, con lo shemà, (Shema, Israel, Adonai elohenu, Adonai ekad/Ascolta Israele, il Signore è il mio signore, il signore è unico!) quotidianamente, affermano che hanno un solo signore e Dio e si immolano tanto da essere martures/ testimoni della fede, mettendo in pratica la loro predicazione, morendo per la patria e per la legge. Certamente essi sono elitari e populisti, perché sapendo che il il potere è popolare, esercitano una vera predicazione, per orientare il popolo ignorante conformemente ai dettami della torah, in senso politico, guidando ogni forma di latria secondo le prescrizioni tradizionali.
Professore, di fronte a questa spiegazione, comincio ad aver orrore e vergogna della verità christiana, che ha stravolto i termini!
Marco, questo mi risulta sui farisei, dei quali ho parlato a lungo -anche della loro ostentazione dei filatteri/tefillim (scatolette cubiche con dentro passi significativi biblici) posti sulla fronte tra i due occhi e nel braccio sinistro, specie quando ho trattato degli zeloti e degli esseni cfr. Filone, Esseni. Quod omnis probus. E.book Narcissus 2012.
Dunque, professore, ora in Antichità giudaiche assistiamo ad una manifestazione di rifiuto da parte farisaica del culto di Augusto, imposto da Erode?
Certo Marco. Erode ed Antipatro coregnante- che ha la fiducia paterna ed è temuto per la sua malizia anche da Ferora, che è schiavo innamorato della moglie, devota ai farisei – si scontrano con il partito di fedeli, attivo a corte, che rifiuta il giuramento di lealismo verso Cesare e il governo stesso del re! Leggiamo i termini nell’episodio descritto da Flavio Ibidem 41-42 per entrare in merito alla questione. Ecco il testo. pantos goun tou Ioudaikou bebaioosantos di’orkoon h mhn eunohsein Kaisari kai tois tou basileoos pragmasin/ essendosi tutto il popolo obbligato con giuramenti ad essere favorevole a Cesare e alla politica del re, i farisei, circa 6000, si rifiutarono di giurare.
Il termine bebaiooo sottende l’idea di compiere un’impresa, quella di fare venerare l’imperatore, consolidandola e rafforzandola grazie a pressioni -con le buone (doni e promesse) o con le cattive (violenza) -e a giuramenti estorti, data la fides iudaica, che permette un solo Signore e Dio!
I farisei / pherushim (i separati, in quanto puri /hasidim tendono, da saggi, a tenersi lontano dal plhthos/popolo, ignorante ) sono considerati potenti per i re / basileusi dunamenoi, specie se sono all’opposizione, perché preveggenti/ malista antiprattein, promhtheis, anche se superbi a causa della previsione, in casi di guerra e di mali (danni) /kak tou prooptou eis to polemein te kai blaptein ephrmenoi ( epairoo).
Marco, i farisei per Erode sono pericolosi perché profeti, capaci cioè di prevedere il futuro e quindi possono minare il potere regio ed imperiale, se sono all’opposizione! forse sono potenti anche per Antipatro, di cui non si riesce a capire dalla pagina di Antichità giudaiche, interpolata in questo punto, la reale posizione, essendo compromesso con Ferora e con la moglie, che viene bollata come sua amante -Ibidem 51-.
Sembra che i farisei siano nel complotto molto importanti e quindi a conoscenza del veleno da dare ad Erode e di tutta l’operazione del veneficio?.
Neanche questo si potrebbe dire perché Antichità giudaiche, essendo interpolate da mano christiana, non sono attendibili, in quanto le quattro donne (Doris, moglie di Ferora con madre e sorella) dovrebbero essere puritane ed invece appaiono non caste ed infide se è vero che il diadokos– che teme la concorrenza di Ferora al trono, ha rapporti intimi con la sua amata donna, infedele moglie, e se insieme gestiscono l’operazione del veleno, conservato nella casa del fratello di Erode.
Sulle capacità profetiche lei ha parlato spesso degli esseni, che sono della radice farisaica, come i farisei lo sono di quella hasidica?! mi può precisare questo aspetto in Flavio, sadduceo di nobile famiglia sacerdotale, fariseo per elezione, asmoneo da parte di madre ?
Flavio, Marco, per mostrare il dono divino della preveggenza farisaica usa prima promhtheis (che sottende la promhteia), poi prooptos, che vale il vedere in anticipo gli eventi ed infine prognoosis, che significa preconoscenza con esatta previsione fattuale per intervento di Dio /epiphoithsei tou theou, che rivela la parapausis ths archhs/la vicina cessazione (o fine) del potere erodiano (il termine è apaks legomenon!: l’autore sembra voler indicare nella predizione farisaica il passaggio della basileia nelle mani di Ferora e di sua moglie e dei figli loro / upo theou epshphismenhs autooi te kai genei tooi ap’autou, ths basileias eis t’ekeinhn, periecsoushs kai Pherororan paidas t’oi eien autois, come evento stabilito da Dio ibidem 43 a causa dell’ira divina per l’uccisione dei fratelli/ ths adolphoktonias… tinomenou theou – Ibidem,60-.
Professore, le profezie dei farisei (in questo caso si tratta forse di Esseni!) possono aver dato adito a dicerie gerosolomitane circa la venuta del Messia, congiunte con quelle messianiche di origine mesopotamica?
Forse. Comunque, Marco, Gesù nasce in questo periodo, in cui Erode perseguita la moglie di Ferora, si inimica col fratello e, a corte, si torturano e Bagoa e Caro. Ho lavorato per anni per scoprire qualcosa su questo biennio, invano!. Posso solo dirti che non ho mai saputo il nome della moglie di Ferora, ma so che Ferora se ne va dalla corte e si ritira nella sua tetrarchia in Perea, grosso modo, al di là del Giordano, dopo aver rifiutato di cacciare la propria donna. Sappi che il testo di Antichità Giudaiche è corrotto e, per forza, bisogna fidarsi di Guerra giudaica I, 29(1-2)-
Comprendo, perciò, professore, che è possibile che nel II secolo d. C. questo breve periodo sia stato sfruttato dalla scuola alessandrina come momento centrale per la formazione del pensiero messianico, connesso con la verginità della Madonna, dati gli accenni alla verginità, deflorata delle figlie di Erode! cfr. A. Filipponi, Jehoshua o Iesous? Maroni 2003. Non conosco, però, gli episodi di Bagoa e di Caro, né il trasferimento di Ferora in Perea? me ne può parlare.
Sui farisei uccisi insieme a Bagoa e Caro -Ant Giud., XVII. 44.45- e su quelli costretti a pagare una penale versata dalla moglie di Ferora, si sa che sono, come gli esseni, aramaici ed hanno il dono della profezia e perciò predicano la fine del Regno Erodiano e l’avvento di un nuovo re, ritenendo che Erode e la sua stirpe cadranno perché Dio così ha stabilito, come punizione.
All’epoca circola la profezia della fine del regno di Erode e della sua stessa discendenza, da cui, però, una radice avrebbe ricostruito il Regno erodiano. Si allude alla figura di Erode Agrippa I, figlio di Aristobulo e di Berenice, destinato ad assumere l’intera basileia dal 41 al 44 d.C. dopo quasi cinquanta anni dalla predizione, che parzialmente si realizza nel 6 d. C, alla deposizione della regalità di Archelao e all’annessione romana della Iudaea alla Siria, dopo che sono lasciate semiautonome la Tetrarchia di Erode Antipa e quella di Filippo, con uno statuto simile a quello dato al Regno di Areta IV. Solo, dopo un trentennio, la predizione si realizza totalmente con l’elezione di Giulio Erode Agrippa prima come Tetrarca di Traconitide, Iturea, Auranitide e Gaulanitide e poi come Tetrarca di Galilea e Perea ad opera di Caligola ed infine come Rex socius ad opera di Claudio.
A questo punto, per spiegare bene, devo fare prima il riassunto circa la moglie di Ferora, precisando che Antipatro, divenuto insopportabile/aphorhtos perché alla malvagità ha aggiunto la sicurezza del potere: si è, infatti, consolidato con i matrimoni e con le amicizie romane e con quella dello zio Ferora – che ha favorito la formazione di un circolo femminile, intorno alla propria donna gunaikoon suntagma, che determina neooterous thorubous / disordini eversivi – ed ora è più temibile per tutti.
La moglie di Ferora, sua madre e sua sorella con Doris, madre di Antipatro, formano un quartetto, che fanno ubreis nella reggia, anche contro due vergini figlie di Erode.
Sembra, Marco, che queste donne, nonostante il non malcelato sdegno di Erode, impongono un clima religioso farisaico che, però, non può definirsi sistema in cui predomina la violenza/ubris, detestata dai farisei, a meno che non si parli di rigore con costrizione ad una morale di continenza, imposta a vergini, viziate come le due figlie di Erode, promesse ora ad uno, ora ad un altro – che hanno superato già i venti anni- , mai sposate, angariate, nonostante la protezione paterna: unico ostacolo a questa lettura la tresca del diadokos con la zia, moglie di Ferora, coetanea, che potrebbe essere, comunque, una diceria diffamatoria di Salome!.
Dopo il matrimonio con Alexas, Salome è l’unica ad opporsi e contrastare la riunione sunodos /convegno delle quattro donne con Ferora e con Antipatro, denunciata al re, come non giovevole ai suoi interessi /oos ouk epp’agathoooi toon autou pragmatoon.
Il re è infuriato e le donne cessano di riunirsi pubblicamente e di scambiarsi segni di amicizia, proprio del costume farisaico, e fingono perfino di essere in lite fra loro, imitate da Antipatro e Ferora che fanno credere che ci siano contrasti fra loro, mentre, poi, a sera, di nascosto, fanno sunousiai /convegni e koomoi nukterinoi / adunanze notturne rafforzando la loro omonoia/concordia.
Sappi, Marco, che anche i cristiani sono accusati dai pagani, specie nel II secolo d.C. per sunousiai e koomoi notturni a causa della cena eucaristica!
Erode, saputo tutto dalla sorella, raduna sunedrion toon philoon kai suggenoon/assemblea degli amici e parenti, fa molte accuse contro la moglie di Ferora, tra cui l’offesa alle sue figlie, li rimprovera del pagamento del misthos/pena pecuniaria ai farisei, suoi oppositori, ed infine attacca il fratello, reso a lui ostile grazie a farmaci, pressato e costretto a scegliere tra lui e la moglie.
Alla risposta di Ferora, che preferisce la moglie, affermando che avrebbe rinunciato alla vita, piuttosto che alla moglie, Erode, non sapendo cosa fare, ordina ad Antipatro di non dialegesthai / dialogare – Guerra giudaica ibidem, 572- di non omilein / frequentare e stare insieme familiarmente-( Ant giud. Ibidem-47 ) né con la moglie di Ferora né col marito, né con nessun altro dei suoi; il figlio non disobbedisce palesemente, ma si incontra nascostamente, di notte, con Ferora e le altre.
Grazie per le precisazioni. Sembra che Erode abbia demandato tutto a suo figlio, che, quindi, esegue formalmente, ma trama con le donne farisaiche, che sanno usare anche pharmakoi per eliminare il padre?
Bravo Marco!, noti che le farisee fanno uso, a detta di Flavio di Pharmakoi , in questo caso, amatori! Ti aggiungo che, allora, Antipatro pensa anche a veleni da propinare al padre in sua assenza, avendo ricevuto lettere, da Roma, dai suoi amici sollecitati a scrivere ad Erode della necessità di inviare in Italia il figlio contro Silleo, che ha iniziato una nuova causa, contro di lui: in sua assenza la morte del padre, sarebbe passata, inosservata, e sotto silenzio!
Professore, Antipatro doveva aver anche altri erodiani congiurati per la conduzione del regno in sua assenza per gestire il periodo di qualche mese prima del suo ritorno ?. Antipatro ha fatto un piano diabolico per fare fuori il padre, davvero ben architettato!.
Si possono solo fare delle illazioni circa la partecipazione alla congiura sulla famiglia di Mariamne di Boetho, figlia del sommo sacerdote e madre di Erode, promesso sposo di Erodiade, figlia di Berenice!
Erode padre, comunque, autorizza il viaggio del figlio, a cui dà uno splendido accompagnamento e grandissime somme e gli affida il testamento/ diathhkh, in cui risulta re Antipatro e come suo successore Erode, il figlio di Mariamne. cfr. Guerra giud,I 573 e Ant giud.XVII,53. Per quanto riguarda il piano diabolico ritengo che Antipatro sia stato, invece, molto superficiale nella realizzazione, pensata senza la sua presenza.
A mio parere, commette molti errori: 1. non aver legato, compromettendolo, Quintilio Varo, come aveva fatto con Senzio Saturnino, non avendo dato denaro sufficiente a lui che, arrivato, a detta di Tacito, povero, da lì tornò ricchissimo lasciando la provincia povera; 2. aver trascurato di lasciare a corte fedelissimi col compito di manifestare ogni mutamento del padre e di informarlo, nel caso di incidenti imprevisti come l’esilio dello zio Ferora e il secondo ripudio della madre; 3. non essersi affrettato a tornare in patria, subito dopo la causa, felicemente risolta, con Silleo e non essersi preoccupato del silenzio e degli amici romani e di quelli gerosolomitani. Un uomo prudente che ha lasciato segni della sua volontà di uccidere il padre, non può non temere che la sorte faccia qualche brutto scherzo e che qualcosa non vada per il verso giusto! Possibile che solo a Taranto nel viaggio di ritorno sappia della morte dello zio e che solo a Calcenderi in Cilicia sappia della madre ripudiata! Il padre ha neutralizzato il suo sistema di spie ed ha scoperto il suo piano! Sarebbe stato necessario il non tornare in patria!
Professore, a quest punto devo chiarire molte cose, non solo sul comportamento di Antipatro ma anche sul sistema farisaico di corte. Non comprendo a cosa servano le ubreis alle due vergini, nonostante la sua spiegazione di rigore morale, né l’adulterio tra il diadokos e la mia moglie, tanto amata da Ferora, socio nel disegno del veneficio, e specialmente non vedo la ragione di una richiesta romana, sollecitata, di un affrettato viaggio a Roma, mentre si sta concretamente arrivando alla soluzione della uccisione del padre! .
Marco, anche io non so mettere insieme la bieca figura di Antipatro col rigore precettistico dei farisei, elementi puri, che mangiano ogni tre giorni, digiunando due volte a settimana, ligi alla torah, tanto da pagare le tasse anche per i venditori insolventi, meticolosi circa le prescrizioni su una betullah/vergine, per di più di famiglia regia, e sull’adultera, donna da lapidare. Sembra che tu, comunque, in modo provocatorio, vuoi sentire le mie reali supposizioni sul fariseismo a corte!
Io posso solo dirti che si parla di due figlie di Erode, deflorate, sembra, solo in Ant Giudaiche, e non si sa da chi, né quando, né come: perfino l’ipotesi di amici di Silleo o di Silleo stesso, è inattendibile. E’ probabile che il racconto di Salome non sia credibile: Erode stesso lo ritiene falso! La notizia, perciò, circa le riunioni segrete notturne e le cene possono essere occasioni di pianificare la morte del re inviso alla maggioranza, col favore dei farisei, comprati da Antipatro che sospetta del padre e che teme che il suo odio aumenti, a seguito della denuncia della zia, ormai incontrollabile anche da parte di Doris, compromessa e personalmente comandata di non avere relazioni col gruppo di Ferora. A nulla, comunque, servono le precauzioni delle quattro contro la perfidia di Salome che svela al re le finte discordie delle donne, i simulati litigi pubblici e marca lo scambievole amore, evidenziando il ruolo di mezzana, di Doris tra il figlio e moglie di Ferora. Secondo Flavio, la partenza di Antipatro è l’inizio della sua fine che coincide con la morte di Ferora, da cui derivano le sventure del cattivo punito da Dio per l’assassinio dei fratelli, tanto da essere esempio per i posteri del trionfo del valore della virtù e dell’innocenza!
Eppure Antipatro a Roma risolve la questione definitivamente con Silleo (ibidem 55-56), fa punire l’arabo, accusato anche da Areta, di aver ucciso molti uomini notabili di Petra, tra cui Soemo, molto stimato per la sua virtù, e di aver eliminato Fabato, fattore di una villa di Cesare, che aveva saputo da lui che aveva incaricato Corinto una guardia del corpo di Erode, di ucciderlo, cosa che già era stata risolta da Erode, che dopo averlo torturato, punì anche i due suoi amici, venuti per aiutarlo -un capo tribù e d un amico di Silleo- affidandoli a Saturnino che tornava a Roma.
Mentre Antipatro è a Roma, Erode ordinò a Ferora di ritirarsi nel suo territorio per aver favorito i farisei avendo pagato al loro posto la pena pecuniaria inflitta,- ibidem 58 -. Nel tornare al di là del Giordano, non avendo voluto ripudiare la moglie, venuto in Perea, tetrarchia a lui data per ordine di Augusto già nel 20 con la fortezza di Macheronte, come postazione militare antinabatea, Ferora giura di non ritornare più indietro finché non avesse udito la morte di Erode -ibidem-.Il giuramento per un fariseo è sacro: bisogna mantenerlo!
Infatti, secondo Flavio non volle venire a visitare il fratello, malato, per mantenere fede al giuramento.
Quando, invece, Ferora si ammala e sta per morire Erode andò a trovarlo senza essere chiamato e quando morì preparò il suo funerale, lo fece trasferire a Gerusalemme, dove provvide per la sua sepoltura, decretando un solenne lutto.
Erode appare fraterno, migliore dei suoi parenti?! Un gesto anche importante non può qualificare un’esistenza, anche se può essere significativo per rilevare il carattere sentimentale, legato alla consanguineità, di un uomo!. Comunque, questo suo atteggiamento fraterno, per Flavio, diventa episodio chiave per la scoperta del complotto di Antipatro e in Guerra giudaica I,582-607 e in Antichità Giudaiche XVII,61-82.
Flavio -ibidem 61- scrive: quando Ferora morì e fu sepolto, due liberti molto stimati da lui, andarono da Erode e lo pregarono di non lasciare invendicata la morte del fratello, ma di esaminare la sua inesplicabile ed infelice morte.
Da questa indagine, dunque, professore Erode scopre il tradimento del figlio, il suo odio verso di lui e la volontà di regnare, di uno, già destinato al potere come diadokos, immemore dei benefici ricevuti desideroso della sua fine, prima del tempo previsto dalla natura?.
Noi seguiamo le due opere che divergono di poco, anche se preferiamo la versione di Antichità giudaiche, più storica rispetto alla prima romanzata, anche se ambedue sembrano credibili nel loro racconto, in cui parlano di Ferora, che cadde svenuto, dopo aver cenato con la moglie, avendo mangiato una sostanza, servitagli in un cibo, non consueto, ammalatosi gravemente entro due giorni, per poi morire, dopo la visita del fratello.
I due liberti, interrogati e torturati, concludono: quella sostanza, portata su commissione della madre e della sorella della moglie di Ferora apparentemente per stimolare le sue sensazioni erotiche, come poculum amatorium/ philtron, da una donna di Arabia, esperta di misture che, però, gli aveva somministrato invece una pozione mortifera per ordine di Silleo, che la conosceva– Guerra Giud. ibidem 583-.
Professore, Ferora è avvelenato da Silleo, che già ha commissionato tramite Corinto, l’uccisione del re, pure col veleno!? Erode nella sua mente intronata ha preso coscienza di questo?
Non mi sembra che ne abbia coscienza piena. Infatti, preso da sospetti verso Antipatro, sottopone a tortura donne schiave e libere del clan Ferora, ancora inquisito a causa dei farisei, cercando un colpevole, senza preoccuparsi più di Silleo!. Nel corso della tortura, una delle donne, straziata dal dolore, esclama: Dio che regge la terra e il cielo, punisca chi è causa di queste sventure, la madre di Antipatro!.ibidem 584 : la notizia è comprovat anche da Ant. Giudaiche XVII,65.
Allora, Erode, partendo da questo indizio, dato da una donna libera, scopre che Doris ha convegni clandestini e notturni con Ferora, con le donne farisaiche e – prima della partenza – con Antipatro, senza la presenza della servitù e che, quindi madre e figlio hanno disubbidito al suoi ordini di omilein/ avere relazioni con loro. Sa, inoltre, da schiave torturate che Antipatro si sarebbe ritirato a Roma e Ferora in Perea, perché lui se la sarebbe presa con loro in quanto, dopo l’uccisione di Mariamne e dei suoi figli, non avrebbe risparmiato nessun altro e perciò, era meglio fuggire il più lontano possibile da quella bestia/ therion!. Sa delle lamentele di Antiprato, stanco di attendere la fine del padre, che ringiovanisce ogni giorno di più, mentre lui ha i capelli bianchi ed è destinato forse a precederlo nella morte, prima di poter effettivamente regnare, e che, se anche gli riuscisse la successione, sarebbe stata di breve durata, mentre crescevano le teste dell’Idra cioè i figli di Alessandro ed Aristobulo. Infine conosce il disappunto del figlio circa il testamento, in cui ha nominato Antipatro successore, ma come suo diadokos al posto dei figli suoi, Erode, il figlio di Mariamne, a dimostrazione del suo rimbambimento/ paragheran, visto che crede che il testamento rimarrà valido, non avendo considerato che lui ci penserà a far piazza pulita della famiglia/auton gar pronohsein mhdena ths geneas apolipein.
Il sapere queste cose amareggia Erode, che ha dato cento talenti per non far comunicare fra loro sua moglie e suo figlio con Ferora e la sua donna, che, oltre tutto, si lamentano insieme come se avesse fatto loro del male, desiderosi di vivere ignudi, anche se spogliati di tutto. L’indagine viene spostata dalla morte, da vendicare di Ferora, alle colpe di Antipatro e della madre e delle donne del fratello, certamente non colpevoli dell’avvelenamento del tetrarca. Viene censurata la frase detta da Antipatro, riferita da una schiava torturata: E’ impossibile sfuggire ad una belva così sanguinaria/amhkhanon ekphugein outoo phonikon therion, per cui non è consentito nemmeno di voler bene apertamente a qualcuno/par’ooi mhde philein tinas ecsesti phaneroos: dunque, noi siamo costretti ad incontrarci di nascosto, ma lo potremo fare apertamente quando ci decideremo a pensare e ad agire da uomini (qualora avremo pensiero e mani da uomini)!/lathra goun nun allhlois sunesmen, ecsestai de pahaneroos , ean skhoomen pot’androon phronhma kai kheiras!.
Professore, mi sembra ora di vedere Erode che cerca la colpevolezza del figlio, un vir / uomo, un parrhsiasths, quasi desideroso di vivere miseramente, spoglio di tutto, come un patriota che combatte contro il tiranno, romanticamente, più che un rancoroso beneficato da un padre sovrano. Leggo bene?
A me sembra che tu legga come gli storici romantici ottocenteschi, che inneggiano al nazionalismo farisaico di Antipatro che, però, ha oltre al rancore personale mai eliminato, una voglia di regnare propria di uno educato a lungo come privato, senza il potere, in un territorio dominato da Roma e da un suo fedele servo, come Erode philhllhn, formatosi alla scuola farisaica e all’integralismo religioso, uno strano prototipo di idumeo, della stirpe antipatride, fortemente in contraddizione tra i principi della torah e la volontà di abbattere i sadducei ed Erode, sudditi fedeli dell’imperatore e della Dea Roma, in nome di Sion eterna!
Professore, anch’io vedo in Antipatro una profonda contraddizione con sé stesso come figlio, incapace di coprire e chiudere il suo rancore per l’abbandono,- accettando il padre che l’ha onorato e fatto suo successore, in una richiesta muta di perdono,- e con la famiglia come erodiano, che odia il padre e i fratellastri, con la società giudaica come elemento farisaico e con il kosmos romano come oppositore cieco, anche se costretto a servire come ogni altro civis giulio, in quanto successore di Erode filoromano, pur essendo idumeo, teso al martirio per il suo phronema giudaico, disposto anche a pagare la sua attività rivoluzionaria con la vita.
Marco, vuoi dire che in Antipatro è possibile vedere, pur nella contraddizione sentimentale, ed affettiva, di un figlio abbandonato in tenera età, una forma integralista di patriottismo religioso? non so spiegarlo, ma individuo la presenza di un vero uomo che avrebbe voluto fronteggiare apertamente il padre tiranno, costretto a seguire la via della perfidia e della scaltrezza per poter sopravvivere e diventare successore di una basileia, proprietà personale imperiale.
Marco, tu sai che Erode è considerato dal popolo un tiranno, illegittimo, un bugiardo dai farisei , un eretico dagli stessi sadducei, un corrotto ellenizzato non conforme allo spirito giudaico dall’esercito polietnico, nonostante le sue opere grandiose come la costruzione del Tempio, fatta per l’ostentazione della sua potenza personale di re magnifico, in una volontà di rivaleggiare con Augusto e con Marco Agrippa, più che per la pietas verso il Theos, o per il bene del popolo!.
Proprio per questo , Professore, rivaluto la figura di Antipatro che mi sembra simile a quella di Tirone- che è un ardito vecchio militare convinto di poter scuotere l’onore di un ex commilitone- costretto dalla situazione a rendersi figura odiosa col suo subdolo piano eversivo, pur facendo il dialakths!
Smettiamo questa disquisizione sulla figura di Antipatro, mai ben definita, e seguitiamo nel nostro lavoro!
Erode, avuta la confessione delle donne, fruga ulteriormente su Doris, puntando l’indagine su di lei, perché è convinto della verità delle affermazioni, estorte, per il particolare di cento talenti. Secondo Flavio, dunque, convocata la madre di Antipatro, la fece spogliare di tutti gli ornamenti che le aveva regalato e valevano parecchi talenti e la ripudiò per la seconda volta. Ant. Giud.59.
E poi cosa fa Erode?
Ripudiata la moglie, smette di torturare le donne e si riappacifica con le donne di Ferora, è impaziente di mettere le mani sul figlio Guerra giud.I, 608 e temendo che gli fosse preavvertito e si mettesse al sicuro gli inviò una lettera piena di affettuose espressioni pregandolo di affrettarsi a tornare, se lui fosse arrivato presto lui avrebbe messo fine ai rancori contro la madre- ibidem.
Erode è furbo ed, avendo il solo figlio in sospetto, indirizza su di lui, la sua indagine. Infatti decide di sottoporre a tortura i suoi uomini e collaboratori, aizzato da qualcuno, sconosciuto,(Achiab?) tanto da infiammarsi /ecserripizeto nella ricerca di colpevoli.
Quindi, Erode non insiste sulle donne di Ferora e cerca un’altra via? Marco, Erode è veramente astuto, anche se rincoglionito: avrà avuto sotto osservazione le donne del fratello e, mentre inquisisce Antipatro il samaritano, ha chiara l’estensione della congiura non solo in Perea ed in Egitto, con ripercussioni nella sua stessa casa gerosolomitana, ma anche a Samaria, sede del suo esercito.
Antipatro il samaritano è definito epitropos di Antipatro figlio di Erode, come il suo braccio destro in Samaria, come suo fiduciario responsabile della regione con funzioni amministrative, giudiziarie e militari, proprie di ogni epitropos/praefectus cum iure gladii che noi abbiamo visto come legatus, superiore alla carica di epimhleths/ curatore e procuratore di provincia, senza poteri militari e giudiziari, ma anche con poteri di un amministratore locale / dioikeths.
Orientato in questa direzione, Erode, scopre la verità sulla congiura di suo figlio e la sua estesa trama.
Flavio dice in Guerra giud. I,592 e lo ribadisce Ant. Giud.XVII 69-70 : Antipatro, sottoposto a tortura, afferma che il figlio aveva fatto portare dall’Egitto per mezzo di Antifilo, uno dei suoi amici, un veleno mortale destinato a lui, che era stato ritirato da Teudione, zio di Antipatro, e consegnato a Ferora; a costui infatti Antipatro aveva dato l’incarico di spacciare Erode mentre egli se ne stava a Roma, immune da ogni sospetto. Ferora, infine, aveva affidato il veleno alla moglie.
Erode scopre che la congiura ha radici anche in Idumea, oltre a Samaria e in Perea e perfino in Egitto, tra i giudei ellenistici probabilmente connessi con la famiglia di Mariamne di origine sacerdotale leontopolitana alessandrina ed ora convoca, a sorpresa, la moglie di Ferora, che custodisce il veleno.
La donna, fingendo di obbedire chiede il permesso di andare a prendere l’astuccio col veleno, ma, invece di tornare, si getta dal tetto, ma cade in piedi e rimane viva, anche se stordita. Flavio interpreta il fatto come volontà di dio che vuole punire Antipatro!.
Erode, secondo la narrazione, congiunta, delle due opere di Flavio, la fa rinvenire e le chiede perché abbia fatto quel gesto e gli giura che se avesse detto la verità, le avrebbe condonato ogni pena, ma se avesse di mentire le avrebbe fatto sbriciolare il corpo sotto i supplizi senza fare restare nulla per la sepoltura -ibidem, 594-.
La donna dice che, essendo morto Ferora, non ha più alcuna ragione per salvare Antipatro, che è stato rovina /apolesanta per loro tutti- ibidem-.
Ecco, Marco, la confessione della moglie di Ferora, che inizia solennemente con uno Shema’/ akoue ascolta, o re, ed insieme a te mi ascolti Dio che è testimone della verità e non può essere ingannato: Qunado tu,o re , sedevi piangendo accanto a Ferra morente, questi mi chiamò e mi disse. grandemente mi sono sbagliato , o donna, circa i sentimenti di mi fratello verso di me, sì che l’odiavo mentre lui mi vuole tanto bene e mi proponevo di ucciderlo mentre lui è così afflitto per me prima ancora che io sia morto. Ora io pago il fio della mia empietà, ma tu portami subito il veleno che conservo, quello che ricevesti da Antipatro per ucciderlo e distruggilo subito davanti ai miei occhi perché io non mi porti dietro nell’Ade il demone vendicatore. Al suo ordine io glielo portai e la maggior parte la gettai nel fuoco in sua presenza, ma una piccola parte io la conservai per me. per i casi incerti e per il terrore, che tu mi ispiravi.
La donna, detto questo, trae un bossolo col veleno, una minima parte, per testimoniare la verità di quanto riferito, cosa, d’altra parte, confermata dalla madre e da un fratello di Antifilo, torturati, che affermarono che Antifilo aveva portato la scatola dall’Egitto e che aveva ritirato il veleno da un fratello, che faceva il medico in Alessandria.
La notizia si diffonde a corte, Professore, e certamente ci sono reazioni!
Flavio parla di una reggia che, a causa delle ombre di Alessandro e di Aristobulo, svela i segreti trascinando alla condanna persone lontanissime dall’essere sospettate!: Mariamne, la figlia del sommo sacerdote era partecipe della congiura! lo svelarono, infatti, i suoi fratelli sottoposti a tortura. Della colpa materna – in effetti si tratta di tolma/azione audace più che malvagia -il re punì il figlio, Erode, cancellandolo dal testamento Erode, dove vi era nominato come successore di Antipatro.
E’probabile, professore, che Antipatro, fatta giurare Mariamne di non parlare circa il veleno venuto da Alessandria, le abbia promesso di far scrivere al marito il codicillo circa il figlio diadokos?
Solo compromettendola, può aver comprato il silenzio di una donna di provenienza alessandrina!. Le opere flavie non parlano di un odio alessandrino per Erode (e la sua famiglia antipatride) che risulta rispettato ed amato in Egitto dagli etnarchi ed alabarchi giudaici, a causa della fortuna e della sua amicizia con Marco Agrippa e con Augusto stesso. Non si conoscono le relazioni tra i sacerdozio leontopolitano e quello gerosolomitano in questo periodo: è arguibile che la bestiale tirannia degli ultimi anni di Erode sia stata condannata dal sacerdozio oniade, che, perciò, può aver favorito le aspirazioni dell’ingrato figlio. D’altra parte in un momento di grave riprovazione del sistema autoritario e crudele di Erode, dopo l’uccisione di Alessandro e di Aristobulo non è neanche pensabile che vi sia un giudeo filoerodiano, se non i cortigiani gerosolomitani.
Flavio aggiunge che la conferma ulteriore per Erode delle mene di Antipatro viene da Roma.
Da Roma?
Antipatro, non avendo notizia dell’andamento della sua trama, preoccupato, decide di inviare un suo liberto, di nome Batillo, con un altro veleno, un’altra pozione mortifera, composta di veleno di vipere e di secrezioni di altri serpenti, sì che, se non facesse effetto il primo veleno, Ferora e la moglie potessero servirsi di questo altro veleno contro il re.
Batillo ha un altro compito da portare a termine, quello di denigrare il comportamento dei due giovani figli di Erode, quello di Maltace, Archelao, e quello di Cleopatra, Filippo, che stavano a Roma a studiare ed erano già grandicelli e pieni di senno. Essi davano ombra alle sue speranze ed Antipatro, cercando di liberarsene, falsificò alcune lettere a nome degli amici di Roma, mentre da altri amici, corrotti con denaro, fece scrivere che i due giovani parlavano sempre male del padre, che compiangevano apertamente Alessandro ed Aristobulo e che non erano contenti di rientrare in patria.
Batillo, porta ad Erode le lettere falsificate contro Archelao e Filippo, che sono richiamati dal padre ed Antipatro è preoccupato e turbato per questo, non conoscendo le intenzioni del padre su di loro.
Già, prima della sua partenza, per Roma, infatti, Antipatro, quando era in Giudea, secondo Flavio, a pagamento ottenne che da Roma venissero inviate simili lettere contro i due giovani e, per evitare sospetti, si recava dal padre a difendere i fratelli dicendo ora che alcune delle cose scritte erano false, ora che si trattava di intemperanze giovanili.
Comunque, il richiamo dei fratelli gli sembra strano anche perché deve rendere conto dell’ amministrazione di trecento talenti; da qui l’invio di Batillo con le lettere e con un rendiconto delle spese sostenute, anche per gli amici romani, a lui favorevoli, ricompensati con vesti assai costose, tappeti variopinti, coppe di argento ed oro e molti oggetti di valore e denaro, in modo da includerle nel costo del viaggio e del soggiorno a Roma, con l’aggiunta delle spese per la causa di Silleo, compreso l’acquisto di un magnifico immobile, romano.
Alla venuta di Batillo già le indagini sono finite e a corte circolano le voci di parricidio di Antipatro e della sua volontà di fare un nuovo fratricidio, per cui si coagulano le forze a lui ostili delle due mogli di Erode, aumentando l’odio per il diadokos, richiamato anche lui dal padre, che ha le prove contro il figlio.
Nella corte di Gerusalemme la situazione è di massimo silenzio: tutti tacciono e nessuno è tanto amico di Antipatro da mettere in pericolo la propria vita per la salvezza di uno, che non sa niente della reale situazione e del controllo imposto sulle strade dal re: la stessa notizia del suo ritorno, annunziato come prossimo, aumenta il silenzio, anche se si vocifera che la sua missione romana è stata conclusa nel migliore dei modi, tanto da essere elogiato da Augusto.
Eppure, professore, tra l’inizio dell’indagine e il ritorno di Antipatro passano sette mesi e in questo lungo periodo nessuno scrive, nessuno trova una via di comunicazione con il capo ormai riconosciuto di un gruppo, cementato dall’amore farisaico! Possibile che Erode abbia neutralizzato ogni spia, controllato ogni strada, bloccati i piccioni viaggiatori e perfino le voci dei marinai del porto di Cesarea che, alla partenza, hanno assistito alla fastosa pompa del diadokos e visto il numeroso corteo di accompagnamento! Possibile un vecchio malato e rincoglionito, da solo, ha paralizzato con le torture uomini di fede farisaica, asmonei aramaici, guerrieri!
Flavio spiega il fatto come un intervento di Dio che sembra favorire Erode, facendo aggirare nella reggia l’ombra dei due fratellastri uccisi che blocca chi vuole parlare e tiene lontano da Antipatro, parricida e fratricida, tutti, follemente intimoriti da Erode!. E’ troppo strano e impensabile che si sia verificata una situazione del genere: sotto le lettere greche di Flavio c’è un’altra realtà che non sappiamo leggere, perché volutamente sottesa o perché occultata da scrittori manipolatori e falsificatori!
Comunque, ad Antipatro che annuncia il suo ritorno ed informa di essersi congedato da Cesare con tutti gli onori, Erode – Ant.giud. XVII, 83.- dissimula scaltramente il suo sdegno e risponde ordinandogli di non ritardare affinché durante la sua assenza non gli capitasse qualcosa di sinistro; si lamentò un pochettino di sua madre, promettendo che avrebbe esaminato con lui queste lagnanze, al suo arrivo.
In effetti Erode gli mostra benevolenza perché teme che il figlio sospetti qualcosa e invece di tornare in patria differisse la sua permanenza a Roma e nel fare questo potesse fargli danno organizzando un complotto a Roma – ibidem 84-.
Antipatro, secondo Flavio, dopo la notizia della morte di Ferora e del ripudio della madre, addolorato, non accetta il consiglio di amici di fermarsi in qualche luogo vicino, e di aspettare di vedere ciò che poteva accadere e, mentre accoglie quello di amici che dicevano che col suo ritorno avrebbe dissolto ogni accusa contro di sé in quanto l’unica forza di cui disponevano i suoi accusatori, era la sua assenza.-ibidem 86-.
Perciò, Flavio dice -ibidem, 87: persuaso da questi argomenti proseguì la navigazione e attraccò al porto di Cesarea…. allora Antipatro aprì gli occhi e riconobbe le disgrazie che gli si preparavano perché nessuno gli si avvicinò, nessuno gli rivolse parole di saluto e gentili espressioni di augurio, come era avvenuto alla partenza; al contrario vi era chi non si astenne dall’accoglierlo con maledizioni pensando che quello era là per scontare le pene che gli spettavano per i crimini contro i fratelli.
Guerra giudaica è dello stesso avviso?
Si dicono le stesse cose, rivelando la completa solitudine di Antipatro; si discute sul non consegnarsi o consegnarsi al padre se non dopo aver appurato le ragioni del ripudio della madre, ma con la certezza di doversi affrettare: bisognava, comunque, non indugiare, togliere i sospetti al padre e non dare un’arma in mano ai suoi avversari che, per la sua assenza, si erano mossi, facendo vacillare il suo regno!
Guerra giudaica rileva pollh erhma/la grande solitudine dell’approdo a Cesarea, di Antipatro, avvicinato da nessuno, evitato da tutti, maledetto dai presenti!.
Antipatro capisce subito che non c’era più via di scampo o maniera di sottrarsi ai pericoli incombenti … di cui nessuno lo aveva informato esattamente per paura delle minacce del re; restava poi una speranza piuttosto lieta, che cioè nulla fosse stato scoperto oppure se qualcosa si fosse scoperta, di potervi mettere riparo con la sfrontatezza e con gli inganni, gli unici mezzi di salvezza che gli erano rimasti.
L’arrivo alla reggia è ancora più traumatico: gli amici bloccati al primo portone in malo modo, Varo, il governatore di Siria, nel palazzo; il padre in lontananza!
Flavio dice che Antipatro entra con le armi degli inganni e della sfrontatezza e si dirige verso il padre, audacemente e coraggiosamente gli si avvicina per baciarlo e poi descrive Erode che grida con le braccia protese e il capo ricolto dalla parte opposta: anche questo si addice ad un parricida, il volermi abbracciare, mentre è schiacciato da simili accuse! va in malora, scelleratissimo uomo, e non toccarmi prima di esserti purgato dalle accuse!. Ti assegno un tribunale e come giudice Varo, che opportunamente è qui fra noi. Va e preparati a difenderti per domani, concedo, infatti, un respiro per i tuoi artifici.
Antipatro, all’arrivo, trova, dunque, pronto il tribunale e il giudice: Erode ha avuto tempo per preparare il giudizio e le accuse ed ora concede un giorno per la preparazione della difesa del figlio, che non conosce nemmeno i punti delle accuse, formulate.
Flavio in Guerra giudaica I,619 avverte che Antipatro, senza fiatare per lo sbalordimento /ekplhcsis, si ritira: fu raggiunto, allora, dalla madre e dalla sorella, che gli svelarono tutte le prove emerse a suo carico; si fece animo e si diede a cercare argomenti per la difesa.
Marco, nota che Antichità giudaiche corregge sorella con moglie di Antipatro, un’asmonea, figlia di Antigono, che, in un certo senso, spiega l’avvicinamento del diadokos alla pars asmonea e farisaica!.
Le accuse sono le stesse nelle due opere?
Marco, in Guerra giudaica si parla di 4 accuse: di un primo fratricidio, di un tentativo di secondo fratricidio, di un complotto con avvelenamento del padre, e di una cospirazione successiva contro Salome, scoperta dopo la partenza di Varo per Antiochia.
In Antichità giudaiche, invece, si mostra Varo, chiamato appositamente come consigliere/ sumbouleuths, che, però, è fatto giudice/dikasths, in quella occasione particolare, in una specifica situazione, in cui il re, già malato, accusa, adirato e in preda a fortissime emozioni, il figlio di parricidio e di cospirazione, desideroso di eliminarlo col veleno, rilevando lo stordimento e lo sbalordimento di un figlio, vestito di porpora, venuto a salutare, dopo un lungo viaggio di terra e di mare, il proprio re padre, che, rifiutando bacio ed abbraccio, lo incrimina, imponendogli il giudizio per il giorno dopo, davanti ad una corte di parenti e di amici, riunita in assemblea!.
La fase iniziale dl processo è dramatopoiia, atto teatrale di un protagonista re, turannos, di un padre, inquisitore, che ricorda i benefici, gli onori, il poter condiviso, il denaro dato per il viaggio a Roma, a cui è contrapposto l’antagonista, un figlio degenere, che vuole uccidere il padre, volendo la sua morte prima del tempo, dato dalla natura, e che ha congiurato, essendo una bestia ingrata, un malfattore abile, comunque, a dissimulare, perverso e capace di ingannare tanto da far impietosire la corte, da attore tragico.
Professore, sono due diverse trattazioni, organizzate per fini diversi di un processo già fatto in contumacia, prima dell’arrivo, ora ripetuto davanti al giudice governatore romano, che deve relazionare ad Augusto ed emettere sentenza davanti al presunto colpevole, da condannare, più per il fratricidio di Alessandro e di Aristobulo che per il reale veneficio del padre!
Certo, Marco, tutto è già fatto, manca solo la ratifica del governatore di Siria che, fatta fare la prova del condannato a morte- che, bevuta la pozione avvelenata, muore all’istante- avuto il colloquio segreto con Erode, scritto il rapporto segreto per Augusto sul processo, il giorno dopo, parte, mentre Erode fa gettare in catene Antipatro, dopo aver inviato un’ambasceria ad Augusto, per informarlo della sua personale disgrazia.
Professore, noto che non c’è verdetto, anche se la pars accusatoria e la pars difensiva si sono misurate e confrontate?
Marco, vero !. Nelle due opere non c’è sentenza del giudice /krisis o katakrisis/condanna!. ma c’ è un dato comune :tutto era stato preparato per il processo di Antipatro davanti al tribunale dei parenti e degli amici / sunedrion toon suggenoon kai philoon, con lo stesso Varo presidente: il re fece introdurre tutti i delatori / tous mhnutas pantas e tutti gli altri che dovevano denunciare le trame segrete, quanti erano stati torturati, ed anche alcuni schiavi della madre di Antipatro, arrestati poco prima del suo arrivo. Essi infatti recavano una lettera, il cui contenuto era in sintesi questo: non ritornare a casa perché tuo padre è al corrente di tutte le trame ! Il tuo unico rifugio è Cesare, se non vuoi cadere nelle sue mani!
Inoltre, Marco, ci sono le parti più o meno estese della pars accusatoria di Nicola e quella difensiva dell’accusato Antipatro.
Dunque, professore, Erode più che giudicare il figlio vuole giustificare davanti ad un familiare dell’imperatore l’arresto di Antipatro, chiamato da Augusto, Philopatoor, e dimostrare la sua perfidia nel caso precedente della morte dei due figli asmonei e il suo agire tortuoso di corruttore degli amici romani e perfino di personaggi della corte di Livia? Non si vuole la condanna per Antipatro per i reati commessi contro di Lui, ma la punizione per Antipatro, che ha fatto uccidere i suoi fratelli, col suo aiuto, desideroso ora di rettificare il precedente errore giudiziario e di evidenziare la buonafede di un re, raggirato dal figlio, maligno corruttore, di cui lui stesso è stato vittima incolpevole!
Certo, Marco! questo sembra essere il nucleo di questo processo ma questo è a favore di Antipatro, contro cui, in sua assenza, hanno operato i suoi avversari, turbati dalla predizione farisaica della fine del regno di Erode e della possibilità di un passaggio alla stirpe di Ferora, e dall’avvenuta corruzione dell’eunuco Bagoa – destinato ad essere padre e benefattore di un re di un regno venturo – e di Caro, un amasio di eccezionale bellezza, dal re sommamente amato.
Non conosco Bagoa! può dirmi qualcosa di uno che sembra un miracolato a seguito di un presunto cambiamento di dinastia? Flavio – Ant. giud.XVII,45- parla di uccisioni di domestici, fatte, a causa dei farisei che predicano di un Bagoa elevato a grandi speranze, profetizzato come futuro padre e benefattore di chi un giorno sarebbe stato posto sopra il popolo col nome di re, che avrebbe avuto il potere di dare a lui, eunuco, la facoltà di sposarsi e di generare figli veramente suoi!
Una predizione strana, professore, che a me ora fa pensare alla venuta di un qualcuno, che ha un potere miracoloso, per cui un eunuco possa essere padre di figli! A Dio tutto è possibile!
Marco, non scherzare! io non posso dirti quello che non so e non cercare di stimolarmi in certe direzioni che ritengo attualmente proibitive! Antipatro, comunque, appare ora maggiormente legato ai farisei e agli asmonei, vinto, però, dalla cospirazione di Salome che, avendo potere sul fratello, insieme ad amici romani e col favore di Livia, ha tramato contro il diadokos, facendo emergere una pars filoromana- ostile al figlio di Erode, anche se congiunto con asmonei, farisei, popolo, il piccolo e medio sacerdozio, contadini e artigiani e capi dell’esercito – riuscendo con Alexas ed altri a far moralmente condannare, inopinatamente, il solo Antipatro, come unico colpevole.
Essendo ormai tutto contro di lui- cfr. Guerra Giud.I, 614 – Antipatro, fatto entrare dopo la folla degli accusatori, in un clima del tutto a lui ostile, si prostrò ai piedi del padre e disse: ti scongiuro, o padre, di non condannarmi in anticipo ma di porgere l’orecchio alla mia difesa, senza essere prevenuto, se tu vorrai, dimostrerò la mia innocenza! Ibidem 621.
Secondo Flavio, Erode, invece, rivolto a Varo gridò al figlio di tacere e disse: io son certo che tu, o Varo, ed ogni giudice dabbene giudicherete Antipatro un uomo perduto/ecsoolh perditum abominevole,- un male esiziale – .io temo che tu possa disprezzare la mia sorte e considerarmi degno di qualsiasi sventura per aver generato figli di tale specie!.
Il tono è quello di chi, vecchio, vuole compassione perché lui è stato padre molto amoroso/pathr philostorgatos, che vuole raccontare il suo rapporto coi figli e far sentire la sua storia, prima del giudizio.
Secondo Ant giud. XVII, 94, Erode iniziò a commiserare se stesso per aver avuto figli che gli provocavano disgrazie intendendo dimostrare che tutto è iniziato con la venuta di Antipatro a corte, fatto venire come suo custode ed invece divenuto responsabile della disgrazia della morte dei figli, nati da una regina ed ora colpevole di attentare alla sua vita: eppure lui è stato bravo ad educarli ed ammaestrarli e a fare grandi spese in ogni tempo per soddisfare i loro desideri! nessuno di tali benefici era valso ad assicurargli la vita allorché complottarono contro di lui per toglierli empiamente il potere regio prima che il loro padre lasciasse per legge naturale e lo consentisse il suo volere e giustizia. E di Antipatro disse che non riusciva a capire quale speranza l’avesse gonfiato da renderlo così audace da giungere a tanto: aveva designato per scritto a succedergli sul trono in pubbliche scritture; anzi, essendo lui in vita, Antipatro non gli era in niente inferiore, gli mancava di dargli lo scettro!
Professore, la fase iniziale del processo è in effetti una dramatopoiia come quella del processo romano dei due asmonei, con un padre miserevole che accusa un figlio che nemmeno ha vera possibilità di difesa tanto che alla fine, non avendo ascolto, nel tumulto delle voci dissidenti, giunge a chiedere di essere torturato dopo che ha implorato Dio, come suo difensore, che lo ha protetto nel viaggio di ritorno per terra e per mare!
Hai ragione Marco, i due, accusatore ed accusato sono figure drammatiche di padre e di figlio in un conflitto non solo familiare e morale, ma anche politico e sociale, sotto cui si cela un complotto eversivo interno ed esterno, giudaico e romano-ellenistico: non Erode ed Antipatro, un filoromano e un filoparthico, si contrastano ma c’è in gioco anche la sorte di un regno nel quadro del Kosmos romano.
Erode si dimostra un padre emotivo che, avviate le accuse, non riesce più parlare e piange come un bambino per la commozione, lasciando al suo patronus il compito dell’accusatore, che argomenta sui fatti e prova le colpe dell’accusato, ma in cuore suo si augura che suo figlio sia innocente davanti a lui e alla famiglia e non si sia macchiato come stasipoioon, come sobillatore di rivolte, davanti ai romani: gli ripugna l’idea di un figlio che voglia immolare il padre sopra i suoi fratelli morti, che al primo delitto faccia seguire un secondo delitto ancora maggiore!
Professore, mi piacerebbe capire come Nicola di Damasco sviluppi il pensiero accusatorio in modo professionale, certamente retorico, dopo aver sentito i testimoni, così da provare le colpe del diadokos?
Marco, il patronus attacca Antipatro, riprendendo le stesse parole del re, ripetendo in sintesi le accuse riassunte per concludere con la peroratio producendo le risultanze, derivate dalle torture e dalle deposizioni dei testimoni, dopo essersi diffuso a lungo sulle benemerenze del padre, sull’ingratitudine dei figli asmonei desiderosi giovanilmente di regno- dei quali non si meravigliava – – e specie del figlio diadokos, di cui si stupisce perché, non si lascia raddolcire dai benefici paterni e si comporta come uno dei serpenti più velenosi, imitando proprio il loro esempio, da lui stesso punito.
Il suo epilogos/perorazione è Il seguente: eppure tu, Antipatro fosti tra quelli che denunziarono i fratelli per la loro condotta temeraria, tu hai indagato sulle prove, tu li hai puniti, una volta trovate.Noi quindi non condanniamo lo sdegno col qual tu non lasciasti impunito il loro crimine, ma ci stupisce la temerarietà con cui hai imitato la loro condotta. Noi non troviamo le tue azioni dirette a liberare il padre dal pericolo ma a rovinare i tuoi fratelli in una dimostrazione di odio per la loro malvagità e in una attestazione di te, come figlio affettuoso in modo da essere in una condizione elevata per agire contro il padre con la più grande iniquità… tu hai indicato i loro complici facendoti vedere come accusatore dopo aver stretto un patto coi complici contro tuo padre, avendo bisogno del loro complotto parricida per essere il solo a giovarne in modo da avere un doppio vantaggio per te,. eliminare i fratelli e progettare un piano segreto contro tuo padre. Ant giud.XVII;113. Nicola si spiega meglio: tu hai fatto la prima azione perché i fratelli vantavano diritti maggiori alla successione, ma non era necessario complottare contro il padre, hai complottato facendo la seconda azione perché stasipoioon/ istigatore di rivolta.
Da una volontà eversiva statale deriva, quindi, l’accusa di Parricidio, sottintendendo in padre la patria ?
Sembra che Nicola, metta insieme il crimen verso la patria e quello verso il padre in un’accusa unitaria, dopo aver sviluppato il pensiero circa l’avversione verso i fratelli l’odio contro il padre cadendo nello stesso loro delitto contro natura , coinvolgendo il padre infelice nella loro stessa sorte, per un proprio vantaggio, facendo un parricidio non comune, progettato in segreto, ma di un genere mai menzionato nella storia -ibidem.
Antipatro, secondo il pensiero espresso da Nicola, ha voluto spogliare il padre che l’ ha accontentato in tutto, facendolo socio successore, mettendo per iscritto il tuo diritto di diadokos, mentre lui di fatto ha complottato, pur dicendo a parole di volerlo salvare, invasando sua madre coi suoi disegni, rompendo i vincoli familiari e filiali, chiamando bestia il padre, lui serpente contro il benefattore, vecchio, lui giovane , avendo l’aiuto di guardie, usando trucchi favorito, oltre tutto, da uomini e donne, in un desiderio di sfogare l’odio contro l’amore paterno, osando perfino, come sfida,chiedere la prova della tortura, come dimostrazione di non avere la volontà di episphattein ton patera tois adelphois/ di immolare il padre ai propri fratelli (morti).
La sua conclusione è questa: Non puoi certo contraddire la verità: tu sei veramente preparato ad eliminare tuo padre, pronto anche ad annullare la legge scritta contro di te, la rettitudine di Varo e la stessa natura della giustizia!.
E Quintilio Varo cosa decide ?
Varo, di cui tu conosci il giudizio di avidità –Tacito Hist.,V,6- uomo mite per indole, di abitudini tranquille, alquanto greve di corpo e di animo, abituato ad una vita quieta dell’accampamento più che all’attività guerriera, da praefectus non certamente spregiatore di denaro – Velleio Patercolo, Storie II, 117,2, appare giudice accomodante, pagato prima da Antipatro e poi ancora di più da Erode,che svolge le sue funzioni secondo prassi. Infatti fa la prova sullo schiavo, condannato a morte, che muore all’istante, per accertare l’efficacia del veleno, autorizza Antipatro a difendersi e dice: io mi auguro, e so per certo che anche tuo padre si augura in cuor suo, che tu dimostri di non essere colpevole di alcuna infrazione /eukhesthaikai ton patera eidenai toon omoioon eukhomenon, mhden auton adikounta phooran.
Professore, sembra chiaro che il giudice è benevolo, addomesticato, e che desidera accontentare e Augusto suo imperatore ed Erode così da avere ricompense successive anche dall’accusato, destinato alla successione, anche se sorpreso in fallo come un ladro (phooran) in quanto stasipoioon?
Per Varo, Marco, Antipatro è innocente di stasis, cioè non può essere un rivoluzionario, perché nominato diadokos da Augusto stesso, può essere solo un figlio che non sopporta più l’invadenza del potere di un padre malato, bisognoso di cure e rincoglionito e che sta cercando vie moderate di mediazione proprie di un diallakths/un riconciliatore, seppure contestato per la sua scelta di nuove forze, pericolose, ma non colpevole: per l’epitropos le parole di Nicola sono solo retorica e tautologia orientale! l’ambiente è quello gerosolomitano sadduceo, ora contrario al figlio di Erode farisaico! non c’è necessità nemmeno di un verdetto: basta la sua gnoomh! Perciò convoca in segreto il re, dopo aver sciolto il consiglio, decide con lui in merito all’indagato, non colpevole, da tenere, comunque, sorvegliato ai domiciliari e riparte per Antiochia, il giorno dopo.
Professore, per lei, Varo non ha neanche sentito le parole di Nicola -Ant giud .XVII,116 – né la difesa dell’indagato che lui conosce dalle parole scritte dei suoi amici romani ?
Marco, le affermazioni del patronus, che indulge perfino a ripetere i pettegolezzi di corte, sono un gioco di parole!. tu non eri giudice delle cose per la clemenza di Erode, ma per la tua volontà e scelleratezza; consideravi le opere del padre, volendo, che, essendo il padre obbediente, tu potessi occupare la sua parte: fingevi allora di volerlo conservare a parole, ma in opere ti sforzavi di ucciderlo, immolando lui sopra i fratelli morti, tu che sei stasipoioon , istigatore di rivolte ed hai coinvolto tutti i fratelli e tua madre ?!. Nicola, come i cristiani poi, accusa il fariseo di non fare corrispondere parole e fatti: per lui Antipatro una cosa dice e una cosa fa!
Marco, ogni parola di Antipatro in quella situazione è inutile, in un clima a lui ostile, secondo Antichità Giudaiche, per cui il diadokos si affida a Dio, da buon fariseo, scongiurando gli astanti che lui non è colpevole di niente. In Guerra giudaica I,619-633, Antipatro, invece, pur sentendosi già condannato, grida, tra gemiti e lacrime, la sua verità, muovendo tutti a compassione, prima col dire che il padre stesso con le sue parole ha fatto la sua difesa, poi col compiangere pigra apodhmia / l’amara lontananza, di cui hanno approfittato gli invidiosi, ed infine col chiamare a testimoni Roma ed Augusto, dopo aver dichiarato di essere disposto a subire la tortura: Romh moi martus ths eusebeias kai o ths oikoumenhs prostaths Kaisar o philopàtora pollakis me eipoon/ Roma e Cesare, il padrone dell’universo, che mi ha spesso chiamato Filopatore, sono per me testimoni del mio amore filiale.
Comunque, Varo, fatta la prova del veleno, non può fare altro che sciogliere il consiglio e il giorno dopo andarsene, ben sapendo delle discussioni circa il suo comportamento dalla pars sadducea e filoerodiana e da quella farisaica e popolare, asmonea, globalmente ed indistintamente considerata unitaria come oi polloi–ibidem 132-
Flavio, che è dalla parte sadducea della colpevolezza e della necessitas di un intervento punitivo divino -ibidem 127-12, comunque, scrive- Ibidem133: Erode, allora, mise suo figlio in prigione ma i più non sapevano che cosa gli avesse detto Varo sul caso, né che cosa avesse detto alla partenza. I più, tuttavia, supponevano che quanto Erode aveva fatto ad Antipatro era per suggerimento di Varo / gnoomhi ekeinou.
Professore, che succede dopo la partenza di Varo?
Compare una nuova prova contro Antipatro, che aggrava la sua situazione di prigioniero, quando Erode ha già inviata una lettera ad Augusto e un’ambasceria per informarlo della generica malvagità di Antipatro,/ thn kakian. Viene intercettata una lettera di Antifilo ad Antipatro, prigioniero, che viene letta: ti ho inviato la lettera di Acme , senza pensare al rischio della mia vita – era in Egitto al momento- perché tu ben sai che sarei in pericolo da parte di due famiglie. La fortuna intanto ti sia favorevole in questo affare!. Erode si mette subito alla ricerca dell’altra lettera, che trova in una toppa di una seconda tunica del latore, scoperta da un servo.
Che circolazione di lettere! professore? Erode ha certamente uno scriptorium di eccellenza?!.
Certo Marco. Ti preciso che lo scriptorium erodiano è in grado di scrivere grammata ed antigrapha toon epistoloon, cioè scrivere lettere di servizio a re e all’imperatore come corrispondenza ordinaria, fatta da grammateis anche a privati cives, specie agli amici romani, ma ha una settore di scribae che fa copie Antigraphh, che vale rescritto o memoria del difensore che, di norma, è in archivio, in un ufficio speciale, antigrapheion, con la dicitura antigraphon (pl. antigrapha) con specifico significato di copia, dopo che è stato archiviato lo scritto originale dall’antigrapheus, che risulta un sottocontrollore dell’amministrazione (dioikhsis), una specie di revisore. Aggiungo che si conoscono molti contraffattori e falsificatori del tipo di Diofanto, chiamati calomosphactai da Filone cioè uomini che cambiando i termini delle copie uccidono e fanno perdere le cause. Nelle lettere inviate, Antipatro -lo ripetiamo- fa accusare con questo sistema Archelao e Filippo, il primo figlio di Maltace samaritana e il secondo di Cleopatra gerosolomitana!
Anche la scrittura di un testamento rientra nei compiti / munera di uno scriptorium, come quello erodiano, in cui, secondo consuetudine, un re ha come primo beneficiario l’autokratoor e nel nostro caso Erode lascia ad Augusto 1000 talenti cioè 10.000.000 di dracme e alla sua domus/oikos altri 500. Un talento vale 10.000 dracme cfr. Uno spiritoso epigramma in www.angelofilipponi.com
Erode, dunque, intercettata la lettera e, conosciutone il contenuto, ha il sospetto che Antipatro abbia fatto la stessa cosa con le lettere di Alessandro e che, grazie alla sua abilità di falsificazione, abbia ottenuto da lui l’ordine di fare uccidere i fratelli Guer.Giud.I 645! Rattristato, ha l’impulso di far uccidere Antipatro come kukhton fomentatore, mestatore ed orditore di gravi fatti non solo contro di lui e la sorella, ma anche contro la famiglia imperiale, da lui contaminata col suo denaro, dato ad Acme, una giudea schiava di Livia moglie di Augusto: il figlio l’aveva incaricata di scrivere al re una lettera per compromettere Salome ed una a lui, per conoscenza: Acme ad Antipatro. Ho scritto a tuo padre la lettera che desideravi ed ho fatto una copia della lettera di Salome alla mia padrona, da me composta. e so che lui, appena l’avrà letta, punirà Salome come epiboulon/ cospiratrice contro di lui.
Erode, trovata anche la lettera a lui destinata e lettala ( Acme al re Erode. Mi sta a cuore moltissimo che tu sia al corrente delle cose che si stanno facendo contro di te. Venutami, dunque, in mano una lettera, spedita da Salome alla mia padrona, io la copiai e te la inviai. Per me questo è pericoloso ma è per il tuo bene. Questa lettera fu scritta da Salome perché voleva sposare Silleo. Ora straccia questa lettera affinché anche io non sia in pericolo di perdere al vita), decide di inviare Antipatro da Augusto per farlo partecipe delle macchinazioni ordite contro di lui.
Erode, poi, ci ripensa, temendo che il figlio, con l’aiuto degli amici romani, possa trovare una via per sfuggire al pericolo e lo trattiene in prigione ed invia l’ambasceria in relazione e al processo e all’episodio di Acme.
Siccome la sua malattia peggiora, col consenso dei medici, decide di svernare a Gerico, nei cui dintorni ci sono terme famose, utilizzate anche nel periodo invernale, dato il calore dalle acque (da 40 a 60-63 gradi!), accanto ad altre freddissime, in seguito note anche a Plinio il vecchio -St.Nat. V,15: Prospicit eum ab oriente Arabia Nomadum, a meridie Macherus, secunda quondam arx Iudaeae ab Hierosolymis. Eodem latere est calidus fons medicae salubritatis Callirhoe, aquarum gloriam ipso nomine praeferens/ Vi si affacciano ad oriente l’Arabia dei Nomadi, a sud Macheronte, un tempo seconda fortezza di Giudea dopo Gerusalemme. Dalla stessa parte c’è una fonte di acqua calda e curativa, Calliroe, che col nome stesso proclama l’eccellenza delle sue acque.
Lei pensa che Erode porti anche Antipatro a svernare con sé a Gerico, nello stesso periodo in cui invia l’ambasceria a Roma per segnalare le nuove malefatte del figlio, quando la malattia è già devastante? e di che malattia soffre Erode? Si sa oggi ?
Non so dire quando effettivamente manda l’ambasceria, anche se ipotizzo che il re abbia urgenza di comunicare il nuovo fatto, che potrebbe segnalarlo con messaggi affidati a piccioni viaggiatori o con altri mezzi tramite latori di lettere imbarcati su navi mercantili che fanno viaggi anche a mare chiuso! Comunque, sempre alla fine dell’anno 5 a.C. prima di partire per Gerico, per le cure termali!. Molti hanno studiato la malattia mortale di Erode ed hanno parlato di gonorrea, ma solo alcuni medici americani sono riusciti a definirla sulla base della sintomatologia. Sembra, Marco, che Erode da tempo soffrisse di una malattia cronica renale, curata – Erode è amico di Augusto valetudinario, salvato, durante una durissima malattia, in extremis dal suo medico personale, che, poco dopo, non salva il giovane Marcello, erede al trono! – complicata negli ultimi anni da una cancrena ai genitali, che lo costringe a letto e all’immobilità, pur rimanendo sveglio di mente, compatibilmente ad un uomo vicino alla settantina di anni !. A dire il vero lo studio viene fatto sulla base del prurito continuo più significativo per i problemi intestinali, specie se connesso alla mancanza di fiato e alle convulsioni.
Dunque, si può dire che Erode secondo i medici di università americane, muore per una malattia cronica dei reni, complicata da una cancrena ai genitali?
Flavio afferma che, in questa condizione di salute, Erode, avendo perso la speranza di guarire -aveva l’età di settanta anni- divenne selvaggiamente imbestialito e trattava tutti in maniera incontrollata con rabbia e durezza, convinto di essere stato abbandonato da tutti e che la nazione fosse lieta delle sue sventure, specie quando alcune figure popolari gli si alzarono contro -Ibidem 148-
Chi gli si alza contro?, professore
I farisei, già colpiti per non aver voluto giurare col popolo!.
I farisei predicano, in quei mesi invernali, a Gerusalemme – non si sa se ciò avviene per una qualche macchinazione di Antipatro e dei suoi amici asmonei, concordata, o per un debito di riconoscenza verso di lui, che ha certamente ben meritato! – che la malattia del re sia opera di Dio: anche Flavio pensa così – Ant. giud. XVII,168 e sg -, convinto che questa è la giusta punizione per la sua empietà!.
Secondo Flavio, a causa della terribile malattia/ nosooi khalephi Guer. giud. 645- il re si trattiene dal punire la sorella – che fa le solite sceneggiate di battersi il petto, strapparsi i capelli ecc- – per le insinuazioni, ritenute false, come le lettere di Antipatro che, alla fine, convocato per discolparsi, rimane muto e, pur restio a dire i nomi dei suoi complici, rovescia infine tutta la colpa sul solo Antifilo (che era in Egitto, lontano!). Comunque, Erode porta con sé il figlio, prigioniero, a Gerico, e nomina Erode Antipa reggente in Gerusalemme, lasciando da parte Archelao e Filippo Ant Giud. XVII,143.
Si conoscono i sintomi – non dissimili nelle due opere- della malattia, che diventa sempre più acuta, pur controllata da dottori, che lo curano: la febbre era leggera, e solo al tocco rivelava i sintomi di una interna infiammazione maligna; il re aveva un bisogno assoluto di grattarsi e non si poteva non assecondarlo; aveva ulcerazioni delle viscere e sofferenze intestinali particolarmente acute e suppurazioni ai piedi visibili. Soffriva di disturbi addominali e le sue parti intime producevano vermi; avendo, inoltre, una grande difficoltà di respiro, a causa del dolore, emetteva un’ esalazione sgradevole del fiato e per l’affanno aveva una continua e cospicua palpitazione; aveva,infine, spasmi in ogni parte, di una gravità insopportabile – ibidem,168/9-.Secondo Guer. giud.I,656.: aveva una febbre non violenta, un prurito insopportabile su tutta la pelle e continui dolori intestinali, gonfiori ai piedi come per idropisia, infiammazione all’addome, e cancrena dei genitali con formazione di vermi ed inoltre difficoltà a respirare se non in posizione eretta e spasmi di tutte le membra.
Lo scrittore aggiunge che, anche se straziato dai dolori, nella speranza di guarire, si fidava dei medici e dei rimedi che suggerivano e che mai ricusava. Perciò, passato il Giordano, si bagnò nelle sorgenti calde di Calliroe, che sono anche acque potabili, aventi proprietà contro ogni male: sono acque che sfociano nel lago Asfaltite (Mar Morto). Ibidem 171.
Esiste una scuola medica, anche in Iudaea, Professore? Non credo in Giudea ma altrove ci sono grandi scuole. All’epoca sono due le maggiori n Oriente: quella di Pergamo che ha un grande Asclepeion, specializzato in elioterapia , thalassoterapia e in haloterapia, idroperapia, oltre che in cure specifiche degli occhi, famoso nel II e III secolo d.C., e quella di Alessandria, potenziata dal triumviro Antonio, a cui forse appartiene anche Antonio Musa, divenuto medico personale di Ottaviano, dopo Azio, che lo cura salvandogli la vita secondo Cassio Dione. St.Rom. LIII e ).Svetonio Augusto 59 ( Medico Antonio Musae, cuius opera ex ancipiti morbo conualerat, statuam aere coniato iuxta signum Aesculapi statuerunt/.Al medico Antonio Musa, che lo aveva guarito da una grave malattia, fu eretta, attraverso una sottoscrizione, una statua vicino a quella di Esculapio)
Erode, avendo rapporti con Cleopatra e con Antonio, sicuramente ha molti medici alessandrini, della famiglia Antonia!.
Sono questi medici che fanno tentativi per curarlo come quello di immergere il suo corpo in una tinozza di olio caldo per scaldarlo, tanto che svenne, e sembrava che fosse morto da far pensare al peggio agli astanti che elevarono alte grida, prima di riaversi e di riprendersi. Probabilmente, essendo a Gerico , ha molte di queste crisi e in Gerico e nelle terme di Callirhoe, durante l’invernata, prima di morire il 23 marzo del 4.a.C
E’ certa la data di morte?
No. Marco
E’ una mia personale supposizione in relazione a studi astronomici di scuole americane, che hanno esaminato le eclissi di luna negli ultimi dieci anni prima della nascita di Cristo – ce ne sono tre: una nel 5 a.C. una nel 4a.C e una nell’1 a.C.!- : sulla base di teorie ottocentesche riprese da E. Schuerer, Storia del popolo giudaico al tempo di Gesù Cristo (175 a.C.-135 d.C.) I. II , edizione rivista, Brescia 1985-87 , scartando le ipotesi e i calcoli di W.E. Filmer, The Chronology of the Reign of Herod Great “J.Th.S.”XVI,1966 e di altri – grosso modo , mi sono orientato per la datazione verso la fine del mese come fa G. Vitucci (La guerra giudaica, Mondadori 1974) che indica genericamente la morte del re in Aprile, poco prima di Pasqua (XVII, 213), seguendo anche le precise indicazioni astronomiche di G. Veneziano (Eclisse di Erode, XVII Seminario d’archeoastronomia, Osservatorio Astronomico, Genova 28-29 marzo 2015), che fissa l’eclissi nella notte del 12-13 Marzo e la Pasqua il 12 Aprile.
Grazie per la sua spiegazione circa la data di morte del re giudaico. Callirhoe, Professore, all’epoca, non è famosa come poi in epoca Flavia?
E’ meno famosa, ma già conosciuta. Penso che la cura di Erode sia stata propagandata e le acque, essendo curative, diventano famose in epoca tiberiana e risultano frequentate dai cives, anche per bagni all’aria aperta, se a Madaba (30 km da Callirhoe) nel pavimento della chiesa bizantina di S. Giorgio, c’è una mappa col nome della località termale, comunque, mai ritrovata esattamente da archeologi: più di venti anni fa, provenendo dal Monte Nebo, su indicazioni di padre Michele Piccirillo, trovai la Gola di Zarca Ma’in e stupito, ammirai, incantato, e fotografai un centinaio di rivoli di acqua più o meno grandi, formanti cascate e cascatelle di acque caldissime di varia altezza, nella zona termale di Hammamat Ma’im, accanto ad altre calde, fredde e freddissime, poi fluenti a valle, verso il Mar Morto. Sembra, se ricordo bene, che Ain al Zara sia a circa un chilometro e mezzo dalla gola, dello Zarka dove si dovrebbe trovare il sito dell’antica Callirhoe.
Vogliamo riprendere il discorso su Antipatro ed Erode? Subito. Ti faccio, comunque, riflettere: le notizie sulla salute di Erode, dopo ore o giorni, arrivano a Gerusalemme, deformate dalle dicerie e spesso comunicate volutamente posticipate, come la morte. E’ un fattore importante per la comprensione del testo!.Per questo Flavio dice che Erode, in questa situazione, essendo lontano a curarsi e avendo un giovane coregnante, certamente assistito dal suo consilium, temendo tumulti ad opera dei farisei, per la Pasqua imminente, convinto che essi sono favorevoli a suo figlio, di cui controlla le sue azioni, fa donativi ai soldati,concedendo cinquanta dracme ad ogni soldato e considerevoli somme per gli ufficiali e gli amici. Pagare profumatamente l’esercito è garanzia di regno per un tiranno, come Erode vecchio che, sottoposto ai Romani deve ostentare i simboli del potere imperiale, pur temendo il figlio e i farisei integralisti, che ora predicano che Dio vuole la sua morte per la sua empietà, dopo l’anathema di uomo di menzogna!.
Flavio aggiunge che a Gerico fu preso da una nera melanconia/melaina te kholh, che lo inasprì contro tutti e decise di fare un piano tale che la nazione intera lo piangesse, convinto che nessuno desiderasse che vivesse e che tutti aspettassero con gioia la sua morte-ibidem 173-.
Lei, professore, parla del palazzo di Gerico, asmoneo -di cui ci sono ancora resti- in cui fu ucciso Aristobulo III, il sommo sacerdote fratello di Mariamne?
Si. E’ da lì che Erode, malato, depresso, governa. E’ lì che dà l’ordine di rinchiudere i protoi del suo regno nell’ippodromo, che ordina che suo figlio muoia, dopo l’incidente del suo suicidio, sventato, e che comanda che siano uccisi i due maestri farisei, che hanno aizzato i giovani a togliere dal tempio l’aquila romana, da lui fatta porre come segno della divinità di Roma e di Augusto. Sono gli ultimi tre atti della vita di Erode, ma non si riesce a metterli in ordine in relazione ai fatti, difficili da datare esattamente e perfino da disporre secondo ordine in una precisa logica funzionale, temporale.
Flavio li scrive in questo ordine da noi segnalato; noi, siamo incerti sui tempi in cui Erode, essendo a Gerico, entra in depressione acuta e non sappiano determinare i vari momenti.
Infatti scrive della stasis farisaica ibidem 149-167 : erano Giuda figlio di Sarifeo e Mattia di Margaloto molto istruiti /logiootatoi, esegeti delle leggi/ecshghtai vomoon, molto cari anche al popolo/kai dhmooi prosphileis, perché educavano alla musar i giovani/dià paideian toon neooteroon (infatti ogni giorno tutti passavano la giornata con loro dai quali veniva coltivata la volontà pretenziosa della ricerca della virtù/ oshmerai gar dihmereuon autois pantes ois prospoihsis epethdeuto
Professore, lei ha parlato molte volte di questo fatto e dei due maestri della Legge in Il martire giudaico ww.angelofilipponi.com ma io ho da chiedere su questo argomento molte spiegazioni e desidero conoscere bene il suo parere sul fenomeno dei neooteroi farisaici, collegati con quelli alessandrini, da decenni?.
Il termine neooteros è comparativo di neos che ha tre significati di base: nuovo; insolito; giovane opposto a palaios; Flavio lo usa per indicare una corrente rivoluzionaria giovanile, che tende a novità politiche per mostrare l’integralismo religioso giudaico templare, fedelissimo alla tradizione dei padri e specie alla legge di Mosé, come pratica di vita, insegnata da maestri di cultura mesopotamica, Musar, prescrittivi e legalisti, allora ben collegati con quelli, seppure scismatici di Alessandria, nonostante la differenza ideologica politica, essendo gli uni antiromani e filoromani gli altri, essendo ancorati al Tempio (la sede del Dio vivente ed unico di Israel) e tesi all’autonomia nazionalistica i primi, al cosmopolitismo imperiale i secondi.
Bene. professore, il termine mi fa ricordare anche i poetae novi a Roma come Catullo, Cinna , Calvo ed altri. C’è qualche attinenza ?
Marco, a Roma si tratta di un poetica letteraria e di poeti d’amore giovani che subiscono l’influsso di Partenio di Nicea, che è un liberto del padre di Elvio Cinna e che hanno come modello di scrittura tecnica e di erudizione Callimaco, e che, denigrati da Cicerone- che li definisce cantores Euforionis, cioè uomini che lodano e celebrano Euforione di Calcide per la ricercatezza di stile – come novi si oppongono ai veteres poetae come Ennio, con un desiderio sotteso di cambiare con lo stile politico anche la pratica di vita. La novitàs è letteraria anche se proclama di dovere di operare solo su temi di argumenta levia, amorosi, e di rifiutare quelli gravia, politici! Comunque, non si può mettere in relazione chi muore per la patria e per la Legge e chi si ribella ad una tradizione letteraria arcaica in nome di una ricerca di perfezione metrica e di stile elaborato e tecnico, connesso con l’erudizione alessandrina!. Non mi sembra opportuno continuare a parlare di una poetica letteraria spiccatamente amorosa, mentre siamo immersi in un problema religioso -politico, in cui il termine vale soprattutto fare una rivoluzione, in una società giudaica, aramaica di lingua, intollerante della romanitas, che considera cultura solo lo studium della Bibbia e della Legge, in un un rifiuto netto della stessa lingua greca, corruttrice della propria purezza. E tanto meno ora che sto cercando di mettere ordine nelle varie sequenze della dihghsis narrativa di Flavio, essendo giunto all’ultimo decreto erodiano contro i farisei e poi contro i giudei che non piangono per la sua morte.
Erode, vecchio e malato, si sente solo di fronte alla morte, ancora convinto di essere stato un grande re, e crede di aver diritto ad un corale lamento funebre.Nella sua mente svanita, rimasta, comunque, megalomene, convoca come sua estrema volontà i protoi ths basileias e li raduna nell’ippodromo dando a Salome ed Alexas l’ordine di ucciderli: il popolo, suo nemico, costretto a piangere i propri morti, piangerà, così, la sua morte!
Ho capito, Professore, e ringrazio per la breve trattazione sui neoteroi, Mi dica ora cosa succede ai farisei rivoltosi: non la disturbo nel suo prefissato lavoro!.
Marco, non ti offendere!. Non mi ha dato fastidio parlarti dei neoteroi latini! Comunque, io seguito nel lavoro.
I due maestri, dunque, Marco, conosciuta la malattia di Erode, inguaribile, saputo della sua falsa morte, sollevarono la gioventù affermando che si potevano distruggere le opere che il re aveva edificato contro le leggi dei padri, ed ottenere così dalla Legge le ricompense delle loro opere. – ibidem 150-.
Essi esortano i giovani ad essere audaci perché Dio è con loro in quanto Erode è sotto anathema e quindi destinato a subire la vendetta di Dio, meritata per le sue opere del tutto contrarie alla Legge.
Non ci sono cenni ad Antipatro, ma è sotteso che l’azione farisaica è congiunta con quella dei seguaci di Antipatro e Ferora e delle loro donne farisaiche idumee ed asmonee, convinti della fine della basileia erodiana romana e dell’ avvento di un regno nuovo!.
I due accusano il re di aver posto sulla porta maggiore del Tempio una grande aquila d’oro di notevole valore. -ibidem151-: per loro Erode, spergiuro e bugiardo, ha tradito la torah con l’elevazione del simbolo della potenza romana, come manifestazione del potere diretto imperiale sul tempio e come diritto alla partecipazione agli utili del gazophulakion/ il tesoro templare, ben conscio di profanare tutta l’ area sacra di Sion, dove c’è il respiro di JHWH: nessuno può innalzare simulacri o immagini viventi di qualsiasi creatura nel tempio di Dio! Di conseguenza, secondo Flavio- ibidem152 –quei maestri ordinarono di gettare giù l’aquila, anche se, così facendo, avrebbero messo gli altri in pericolo di morte, perché bisognava preservare il proprio sistema di vita, tramandato dai padri a prezzo della loro vita . Era molto più vantaggioso morire che amare la vita in modo da guadagnare la gloria per sé, in quanto sarebbero poi stai lodati ed avrebbero lasciato un ricordo imperituro del loro sacrificio alle generazioni future.
I due dicono che questo è ora il loro destino: la morte! essa è molto più bella e gloriosa, se corriamo dietro ai pericoli per uomini e donne, figli parenti ed amici per una nobile causa! Il fatto sembra avvenire a mezzogiorno, di un giorno imprecisato dei primi di marzo, quando serpeggia tra la folla la notizia della morte di Erode. Secondo Flavio, allora, i giovani salirono sul tetto del tempio, gettarono giù l’aquila e la frantumarono con le asce, davanti alla folla radunata di fronte al tempio, probabilmente nell’atrio dei gentili, gremito e da gerosolomitani e da ebrei di Iudaea, di Galilea e Perea e di molti csenoi giudei ellenistici e parthici, già giunti per la festività imminente della Pasqua, come sfida a Roma e all’imperatore.
Professore, il tempio non ha uno strategos con militari, oltre a un tamias e ad un archiereus, che può impedire l’azione eversiva e la rivolta popolare?
E’ una stasis in atto con volontà di un cambiamento totale sia contro Erode che contro i romani e probabilmente i funzionari del tempio sono fermi perché solidali con i giovani, destinati al martirio, noti, essendo coinvolti anche loro nell’impresa, specie dopo la (falsa) notizia della morte di Erode.
Oltre ai funzionari del tempio c’è la guarnigione romana della torre Antonia- che è attiva forse anche sotto Erode, il quale ha anche un nutrito esercito di Sebasteni in Samaria, che convivono con contingenti romani specie a Cesarea Marittima- con tutte forze che ora sono coordinate dal giovane Erode Antipa, il quale, però, può agire, dietro autorizzazione del padre, che è a Gerico, e dei romani subordinati all’ epitropos di Siria, lontano!.
Secondo Flavio,ibidem 156 l’ufficiale del re, al quale questo fu riferito, pensando che ci fosse implicato qualcosa di più serio di quanto era stato fatto, salì con forze sufficienti per affrontare la folla di persone intente ad abbattere l’immagine, quella che era stata innalzata.
A mio parere, Marco, probabilmente i romani della torre Antonia con i sebasteni associati non si muovono perché è proprio dello strategos il compito della salvaguardia del Tempio, poi dei soldati regi: questa incertezza dà al popolo il tempo di completare la sua azione distruttiva dell’aquiIa. L’ufficiale – forse inviato da Erode Antipa, che ha dovuto informare Erode ed avere la risposta prima di agire- fa un intervento tardivo ma efficace! Flavio scrive: comunque, si gettò su di loro diversamente da come si suole fare con la folla, in quanto considerava il gesto audace proprio di un folle capriccio e marciò contro tutti gli astanti, compresi i giudei stranieri e giovani rivoluzionari, facendo l’irruzione senza pensare ad una via di uscita.
Per Flavio- un sacerdote ma anche militare (ricordati che fu inviato in Galilea come governatore prima dell’arrivo di Vespasiano!)-l’impresa, rischiosa ed imprudente , comunque, raggiunge l’obiettivo di sedare la rivolta e non farla degenerare. Infatti furono presi non meno di 40 giovani, che avevano aspettato il suo attacco con coraggio, mentre il resto della moltitudine fuggì… Catturò Giuda e Mattia, i due istigatori dell’impresa temeraria, i maestri che insegnavano che fuggire era azione ingloriosa.
Fatto questo, l’ufficiale porta i due dal re – cioè dal coregnante Erode Antipa- che chiede la ragione della temeraria azione ed ha la seguente risposta: i pensieri da noi avuti e le imprese da noi compiute sono proprie di una virtù eccellente umana/ met’areths andrasi prepoodestaths, voluta da Dio, che ha insegnato, tramite Mosè che obbedire alla legge è dovere sacro e venerando. Il carattere sacro e patriottico e la volontà di martirio sono chiari in questa affermazione finale, unanime: noi sosterremo la morte con gioia e qualsiasi altra pena tu vorrai infliggerci, coscienti che la morte non cammina con noi per qualche nostro misfatto, ma con la nostra pia devozione -Ibidem 159-.
Erode Antipa ordina che tutti i prigionieri siano condotti da suo padre a Gerico, legati!
Erode li riceve e convoca gli ufficiali giudei al completo nell’anfiteatro, dove è portato con una lettiga, in quanto non si può muovere, mentre vengono condotti anche i prigionieri e i due maestri e forse anche Antipatro.
Erode ha un carattere teatrale e cerca lo spectaculum grandioso, ama la folla e il plauso popolare come un attore, desideroso di mostrare il meglio di sé in ogni occasione, megalomane nella sceneggiata, desideroso di dimostrare il suo ben regnare, da filoromano, antiasmoneo, di fronte all’esercito schierato e davanti ai suoi avversari politici.
Secondo Flavio – ibidem 161- il re iniziò a narrare tutti gli sforzi compiuti a favore di loro e parlò delle grandi spese, sostenute per la costruzione del tempio, mentre gli asmonei non erano stati capaci di costruire qualcosa di così grande per l’onore di Dio nei 125 anni del loro regno ed aggiunse che aveva ornato il tempio di offerte di grande valore, in quanto nutriva speranza che anche, dopo morto, avrebbe lasciato una buona memoria di sé e un nome illustre.
E’ possibile che Erode voglia mostrare davanti al popolo, all’esercito e ai farisei, la giustizia della sua buona condotta, da filoromano ed evidenziare l’ottusità farisaica antiromana, rovesciando i valori in una condanna dell’integralismo nazionalistico patriottico aramaico e in un’esaltazione del Cosmopolitismo romano?
Marco, qualcosa del genere sembra che, in modo sotteso, sia detto!
Leggiamo insieme il pensiero di Flavio, che tiene presente che Erode si sente offeso dalla stasis dei farisei, fatta in pieno giorno, e davanti ai giudei provenienti da ogni parte del mondo, perché ritiene che il suo nome di philhllen sia così infangato, in quanto è stata oltraggiata la sua opera, emblema del potere di Roma e di Augusto.
Professore, il sacerdote Giuseppe ben Mattatia, prigioniero ad Iotapata, divenuto civis e storico ufficiale di Vespasiano, un traditore del giudaismo, è forse più vicino al pensiero di Erode che a quello farisaico, anche in Antichità Giudaiche, con tutte le sue contraddizioni?
Marco, mi sembra che ti avvicini al mio stesso pensiero e rilevi una logica erodiana di repressione del neoterismo rivoluzionario, necessaria in quel momento, come forse vede lo storico nel suo tempo.
infatti Flavio dice: essi (popolo ed esercito) temendo la sua crudeltà, paurosi che la sua collera si inasprisse contro le loro persone e li punisse, protestarono che queste azioni erano avvenute senza la loro approvazione e ritenevano che gli esecutori non dovevano rimanere impuniti – Ibidem 164-.Flavio informa che Erode, contento che gli sono favorevoli i militari ( e il popolo), depone il sommo sacerdote Mattia dal suo ufficio sacerdotale per non aver impedito l’azione sacrilega dei farisei, ritenendolo corresponsabile dell’accaduto lo sostituisce con Iozar, fratello della moglie, dopo aver preso un duro provvedimento verso l’altro Mattia quello che sollevò la sedizione.
Secondo Antichità giudaiche, ibidem 167: lo bruciò vivo insieme ad alcuni suoi seguaci e la stessa notte ci fu un eclissi di luna / H selhnh de thi authi nukti ecselipen –
Flavio, in Guerra giudaica -ibidem 655 – invece, mostra i giovani intrepidi che rispondono di avere fatto ciò per ordine della Legge (e non di persone), accusati dal re come sacrileghi ed empi e puniti col consenso del popolo, che teme un allargamento dell’inquisizione, senza accennare all’eclissi di luna. Infatti si legge: quelli che si erano calati giù con le corde li fece bruciare vivi insieme coi dottori e consegnò gli altri arrestati agli addetti all’esecuzione.
Ha importanza il dato dell’eclissi di luna?
Per me, storico, che sono alla ricerca di una datazione certa sulla morte di Erode, per molte ragioni diventa basilare, come la cometa per la nascita di Gesù, di qualche anno prima: tre dati certi (eclissi 12-13 marzo, morte di Antipatro 18 marzo e Pasqua 12 Aprile) mi permettono di fare una indubbia argomentazione sul problema, autorizzandomi a giostrare su vari campi.
Allora possiamo procedere per comprendere come Erode arrivi alla condanna a morte del figlio?
Marco, sembra che ad Erode giunga il 18 marzo la notizia di una lettera di Augusto, che lo avverte di aver punito Acme per aver aiutato Antipatro nelle sue azioni criminali e che gli concede ampia libertà di azione sul figlio: a sua discrezione il re può agire con potestas regia e paterna contro Antipatro e può, a suo arbitrio, esiliarlo o ucciderlo.
Alla notizia Erode si rallegra e sembra tirarsi su dalla depressione..
Da Antichità Giudaiche -ibidem 184- si sa che è servito regolarmente dalla servitù, che, vedendolo non agitato, nonostante il riacutizzarsi dei dolori addominali, accondiscende a dare il coltello per il taglio della mela consueta, a pezzettini, Allora Erode, quando ebbe il coltello, si guardò intorno con l’intenzione di uccidersi e l’avrebbe fatto se il cugino Achiab non gli avesse trattenuto la mano destra. Achiab elevò un grido, il cui suono di lamento riempi il palazzo e ci fu una costernazione grande, come se il re fosse morto!-ibidem-
Professore, lei ritiene importante anche questo fatto, avendo ragioni solo per una definizione temporale ma anche, date le discrepanze e le contraddizioni testuali, per la precisazione dei fatti e della loro durata.
Certo. I farisei possono aver compiuto il gesto provocatorio dell’abbattimento dell’aquila in pieno giorno suscitando la stasis/rivolta in armonia col loro pensiero politico e socio-religioso, antiromano – come vendetta della precedente strage fatta da Erode e del pagamento pecuniario con l’aiuto della famiglia di Ferora (e di Antipatro!? ) antierodiano ed antiromano, subito dopo qualche giorno della partenza di Erode per Gerico col figlio prigioniero -( almeno una decina di giorni prima della notte 12-13 Marzo, data dell’eclissi di luna del 4 a.C. per gli istituti americani astronomici).
I Farisei, professore, dopo la notizia dell’imprigionamento di Antipatro e del suo trasferimento a Gerico potrebbero aver iniziato le riunioni coi giovani neoteropoioi e stasipoioi e le contestazioni davanti al tempio, come prove, anche in presenza dei militari di servizio, prima di fare l’impresa antiromana?.
Marco, a questo ovvio ragionamento aggiungo che l’ambasceria erodiana possa aver fatto un rapido viaggio e anche il corriere possa essere stato veloce. Si è nella norma di una mesata circa. Si sa che si può arrivare a Roma con nave in una ventina di giorni e che un tabellarius, informato tramite specchi e segnali di fumo, può percorrere con meno giorni la stessa distanza, magari, partendo dall’Acaia. Non si sbaglia di molto se pensiamo che la stasis avvenga ai primi di marzo, calcolando i tempi della partenza dell’ambasceria da Cesarea prima della metà di Febbraio e del ritorno di un corriere ( o di un piccione!) con le risposte di Augusto.
Bene professore. Quindi, il suicidio, non riuscito, si potrebbe datare il giorno 18 marzo, qualche giorno dopo la sfilata dei prigionieri davanti al popolo e all’esercito nell’anfiteatro di Gerico, avvenuta dopo l’abbattimento dell’aquila, la cattura dei stasipoioi e il loro trasporto da Gerusalemme a Gerico per comparire davanti al re!
Ma cosa fa Antipatro, per essere condannato a morte, quando è ancora prigioniero?
Antipatro, informatosi dell’ accaduto, probabilmente gioisce per la morte del padre e crede giunto il giorno sospirato dell’inizio del suo regno! si lascia prendere dall’euforia e dall’entusiasmo e comincia a parlare da re!
Il figlio è incauto a volere assumere il potere nel palazzo, nonostante la consapevolezza della fedeltà delle guardie del corpo del padre, ben pagate, non facili ad essere comprate con promesse di futuri doni!.
Flavio –Ibidem 153-54 – scrive: Antipatro, credendo che la vita di suo padre era realmente alla fine, cominciò ad assumere un tono e un fare imperioso come se fosse sicuro e libero da qualsiasi legame e potesse prendere il trono, senza contrasto: prese a trattare la questione della sua liberazione, promettendo ricche ricompense per il presente e per il futuro come se per lui ormai fosse giunto il tempo della successione.
Antipatro, forse riesce a corrompere qualche guardia e si comporta come diadokos, ma il carceriere secondo Flavio. non solo rifiutò di assecondare Antipatro, ma manifestò le sue intenzioni al re, aggiungendo molti particolari di sua iniziativa.
Secondo Flavio- ibidem 187- Saputo questo, il re gridò, picchiò la testa sebbene fosse sul punto di morte, si alzò sulle braccia, chiamò una delle guardie del corpo e gli ordinò di andare senza indugio ad uccidere Antipatro e, subito, a seppellirlo in Hircania, senza alcuna cerimonia!.
Possibile che un semplice carceriere, anche se ben pagato non accetti le condizioni di un uomo come Antipatro?
Il carceriere è lo stesso Achiab, cugino del re (forse nipote!) un militare familiare, o hgemoon ( Guerra Giudaica, I,663) un uomo di massima fiducia e confidenza, il comandante delle guardie del corpo, fedelissimo ad Erode e ai romani, come poi dimostra in seguito, anche con Archelao: lui, salvando il re, ed aizzandolo in quel particolare momento è persona certamente ostile al figlio di Doris, di cui determina la morte. Peccato che non si conoscano le ragioni di una feroce avversione tra i due!: sarebbe bastato poco per favorire Antipatro, risultando ormai spacciato Erode! Penso, Marco, a Tiberio in fine di vita, sempre collassato, capace, comunque, di riaprire per qualche istante gli occhi e di comandare, nel marzo del 37 d.C.alla presenza di Macrone e di Gaio Cesare Caligola!Il capo pretoriano abbandona il sole che tramonta e sceglie il sole che sorge!
Caligola è fortunato, Antipatro no!
La notizia della morte di Antipatro e del trasporto della salma ad Hircania- Kirbet Mird, ad oriente di Gerusalemme, confonde gli animi di cortigiani di Gerusalemme, in attesa della morte di Erode, e si propaga davanti al tempio, dove ancora qualche maestro arringa le folle per prepararsi coi propri discepoli ad una nuova stasis contro Erode nel periodo pasquale,.
Non solo i farisei ma anche altri, asmonei e popolo , per commemorare il loro protettore Antipatro e vendicare Giuda e Mattia, si agitano davanti al tempio!.
Dunque, professore dopo la morte di Antipatro, essendo già vicina la Pasqua, Erode, avendo meditato una sua personale vendetta contro il popolo infedele, avendo già convocato con un decreto ogni capofamiglia della nazione giudaica del suo regno, li fa radunare dal suo esercito, in attesa delle sue estreme volontà, nell’ippodromo di Gerico? .
Si. E’ questo l’ultimo atto ufficiale/prostagma , dopo quello del cambio di testamento (modificò di nuovo il suo testamento nominando successore Archelao, il più grande dei figli, che era fratello di Antipa che nominò tetrarca-Ibidem 66-. E’ l’epilogo,il suggello della sua senile mente malata e megalomene!
Prima di leggere insieme Flavio – Antic.Giud. XVII 174-181, devo dirti che per la realizzazione del piano, ha bisogno della collaborazione di Salome e di Alexas, chiamati a Gerico per comunicare che tra breve sarebbe morto poiché le pene e il dolore lo affliggevano in ogni parte del corpo.
Leggiamo attentamente: i giudei si recarono da lui da ogni parte del regno perché era stata convocata la nazione intera/pantos tou ethnous e tutti avevano obbedito a questo ordine poiché altrimenti sarebbero stati uccisi in caso di inadempienza del decreto scritto; il re, furioso in egual modo con tutti, innocenti e colpevoli, li fece rinchiudere tutti nell’ippodromo -ibidem 174-
Probabilmente ha già convinto la coppia malefica (la sorella e il figlio di Alexas- il nemico di Ottaviano, ucciso da lui, omonimo-) ad adottare quel piano folle, con pianti e promesse, a fargli un funerale quale non ebbe mai nessun re. (vi sarebbe stato cordoglio per tutta la nazione, corrispondente al lamento che veramente si sprigionava dall’animo e dal cuore, non una presa in giro, non un contegno irriverente verso di lui!) ibidem 177.
Erode, in lacrime, li aveva implorati di agire secondo le sue disposizioni, si appellava all’amore della famiglia e alla fede in Dio. Ed essi si presero l’incarico di non lasciarlo privo di onore e promisero di non lasciare inattesi i suoi voleri. ibidem 179
Per lui era penoso andarsene senza lamentazioni e compianto degni della morte di un re! 175
E’ un ordine di uno che delira, moribondo!
Seguitiamo a leggere: quando si sarebbero accorti del suo ultimo respiro, avrebbero dovuto far circondare l’ippodromo di soldati, ignari della sua morte (infatti non si doveva rendere pubblica prima di ordinare di abbattere tutti quelli che vi erano dentro); se così avessero fatto, lui sarebbe stato felice per due motivi, uno che le sue istruzioni erano state eseguite, l’altro che era stato onorato in punto di morte con un cordoglio pubblico!
Un progetto folle, fatto da chi non ha avuto un corso di vita naturale ed umano, ma è stato un superuomo, sovrumano, anche se dice che la morte è in se sopportabile e sperimentabile da tutti, anche da re, una livellatrice inesorabile !
Professore, fa un commento Flavio, come sacerdote come asmoneo e come militare?
Ecco il suo commento finale. A te il giudizio!
Questa conclusione è inevitabile se, al momento di lasciare questo mondo, si prese cura / eikhen pronoian/ di abbandonare la nazione tutta intera , in uno stato di completo cordoglio per la perdita dei propri cari, dando l’ordine di eliminare un membro per ogni famiglia, che pur non aveva fatto alcun male, né recato alcuna offesa, né era accusato di nessun crimine! In un istante come quello della morte, anche l’uomo che non ha alcun amore per la virtù, dimentica ogni odio anche per quelli, che sono davvero nemici.
Erode! Una bestiaccia! anche per Flavio! professore.
Flavio in Antichità giudaiche, -ibidem 192 -chiudendo, scrive: fu uomo egualmente crudele verso tutti, facile all’ira, incurante della giustizia., favorito dalla fortuna più di ogni altro uomo: da privato divenne re passando per ogni sorta di pericoli, superandoli tutti e visse fino ad età avanzata.
Anche se Flavio lo considera fortunato eutukhs come soggetto politico e come re cliente di Cassio, di Antonio ed infine di Ottaviano, come vir favorito dai romani tanto da diventare il terzo uomo dell’imperium dopo Augusto e Marco Agrippa, osannato dai greci e dagli ellenisti come presidente dei giochi olimpici da lui ripristinati, celebrato per le sue costruzioni monumentali e specialmente per la ristrutturazione di tutta l’area templare e del tempio stesso- una opera magnifica- lo giudica atukestaton in famiglia (Guerra Giud, 666), panu dustukhhs,(Ant.Giud. XVII,192) in quanto non pianto, né compianto dalla famiglia ed esecrato dall’intera nazione, che lo valuta secondo il pensiero morale farisaico: uomo di menzogna, contrario alla virtù e alla Legge, filoromano corrotto dalla Romanitas anche nei costumi, non certamente giudeo, ma solo mezzo idumeo e nabateo!
Professore, non mi ha detto, però, se Salome ed Alexas mantengono la promessa ad Erode morente?
No. Non la mantengono. Non hanno il coraggio di eseguire la volontà del re! La strage avrebbe avuto ripercussioni pericolose a Roma e a Gerusalemme dove la stasis già è pronta per la Pasqua.
I due neanche la morte di Erode manifestano al popolo e si presentano all’ippodromo dicendo che il re ha deciso di liberare i prigionieri e di rimandarli a casa, poi convocano un’assemblea/ecclesia con alcuni popolari e coi capi dell’esercito nell’anfiteatro di Gerico.
Qui, data la notizia ufficiale della morte del re, secondo Flavio Guerra giud.I,667, Tolomeo – al quale era stato affidato l’anello col sigillo – glorificò il re, rivolse un’esortazione al popolo e lesse la lettera lasciata da Erode in cui invitava insistentemente alla fedeltà verso il successore. Dopo la lettera aprì e lesse i codicilli, in cui Filippo era nominato tetrarca della Traconitide e delle terre confinanti, Antipa tetrarca di Galilea e Perea ed Archelao re.
Bene. Grazie. Professore.
Possiamo per una valutazione generale di Erode mantenere il giudizio da lei dato anni fa, in Erode il Grande filelleno, www.angelofilipponi.com?
Marco, penso che, dopo aver scritto Antipatro, padre di Erode, Erode basileus, Alessandra la suocera di Erode, Archelao figlio di Erode, il falso Alessandro ed Augusto, Antipatro e i figli innocenti di Mariamne e La morte degli “innocenti” ed il “regno” Antipatro, posso mantenere lo stesso giudizio su Erode, un mezzo idumeo-nabateo, civis ioulios ben integrato nel kosmos romano-ellenistico, un uomo katholikos, un grande re e abile statista a lungo, distrutto alla fine dalla famiglia, dalla malattia e dalla vecchiaia, un militare celebrato dai giovani giudei ellenisti, un dioikeths, methorios e liberale, un amante di Roma, dell’imperium, della paideia romano-ellenistica, un magnifico costruttore, capace di rivaleggiare con Marco Agrippa e con Augusto- che hanno mezzi infinitamente superiori- grazie alle tecniche dei qainiti giudaici.
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