Angelo Filipponi, dopo aver terminato il saggio L’altra lingua l’altra storia, scrisse nel 1995, Quale Futuro?, un articolo inserito dall’editore nel Libro con la seguente premessa.
Se conosceremo la nostra storia, se impareremo a leggere, se daremo peso al nostro voto, noi tutti avremo un futuro nuovo, certamente migliore.
Leggiamolo insieme!?.
Come il bambino, condizionato dal proprio contesto sociale al momento dell’acquisizione del linguaggio, non riuscirà, poi, né da adolescente né da adulto a decondizionarsi – se non a prezzo di grandi sacrifici e con grande forza di volontà e costanza, nonostante l’aiuto di un orientatore semantico e psichiatra- così noi italiani di cultura mediterranea e cristiana, militaristica, siamo storicamente costretti a rimanere attardati culturalmente nonostante l’industrializzazione e la computerizzazione post-industriale.
La nostra storia condiziona la cultura industriale, limita il nostro progresso, impedisce la nostra autonoma crescita. La situazione di un popolo di ex contadini, alfabetizzati male, educati secondo una tradizione estranea, di norma sincretici, talora operativi concreti, è quella di dipendenza padronale. Anche se non c’è più il padrone-barone, c’è un gruppo organizzato di qualsiasi matrice politica o economica o finanziaria: è sufficiente un’organizzazione sistemica funzionale per essere padrone e per avere un popolo di dipendenti.
I sistemi politici (di stampo sovietico o americano, di tipo liberale o fascista o di altro indirizzo) hanno dominato in Italia dalla fine della seconda guerra mondiale fino a Tangentopoli, usando procedure quasi simili, al di là delle ideologie umanitarie, liberiste e liberali. Non è il caso di esaminarle, basterà solo dire che l’organizzazione stessa partitica era garanzia di potere, di immunità, di ricchezza: il politico era padrone del sistema e perciò dettava le leggi in campo sociale, economico e finanziario: la sua pratica era morale.
Le fonti del sistema governativo erano da una parte la struttura verticistica e dall’altra l’orizzontalità dei pari grado secondo le formule proprie delle monarchie assolute: il papato era il modello per tutti di efficienza, di sistema organizzativo, di funzionalità operativa, di retorica verbale, di prassi etica (non quello riformato giovanneo, ma quello ancora di stampo tridentino).
La scoperta del malessere italiano ad opera dei Giudici fino ad allora relegati nell’ombra secondo i dettami costituzionali, ma in effetti dipendenti dal sistema politico e con esso compromessi, determina una conflittualità tra magistratura ( o meglio tra alcuni pool manovrati da forze nuove, appoggiate dalla cultura di sinistra, potente propagatrice della cultura partitica e della democrazia occidentale) e partiti, che si risolve in un caotico scontro di competenze, in una continua invasione di campo, in una chiara anarchia, nel momento della denuncia della fine della I Repubblica. Le votazioni dimostrano chiaramente l’immaturità del popolo italiano, analfabeta di ritorno, che non avendo capacità di operare collegamenti ed associazioni, non sapendo fare storia, non è capace di interpretare le informazioni né di capire i messaggi nel loro insieme.
La vittoria di Forza Italia e del Polo di Destra,che comprende e La Lega e A.N. ed alcun frammenti dell Vecchia Democrazia Cristiana, sancisce la Leadership di Silvio Berlusconi.
La ” forza” di Berlusconi non è stata tanto la sua opposizione alla sinistra, quanto la sua presentazione come nuova contro il vecchio sistema politico, come diversa nelle procedure e nel metodo, nella concreta realizzazione operativa.
Ingigantito, manager mitizzato, alonato dai mass media dalle reti televisive di personale proprietà, Silvio Berlusconi, craxiano, è diventato di colpo il magico conduttore politico, il conducator manageriale, la sicura guida dell’Azienda Italia, presidente vincente capace di vincere come il suo Milan Europeo e Mondiale, primo ministro di un governo popolare in senso maggioritario, abile nell’applicare il sistema industriale nella conduzione statale!.
La scelta dei collaboratori, il reclutamento degli addetti all’organizzazione, la gestione privata e personale dello stato, lo stesso linguaggio padronale e il formalismo hanno continuamente dimostrato e confermato la sua novità politica come mancanza di una solida preparazione politica e culturale, come segno di una provvisorietà e superficialità operativa sconfinata, seppure comparata con quella degli ultimi governi della nostra infelice democrazia, in una palese smentita degli slogan propagandistici.
Se il potere di Berlusconi derivava dall’opposizione al male generico partitico, la sua fine implica ( al di là dei limiti decisionali e della mancanza assoluta di una linea finanziaria ed economica reale ) una transizione necessaria tra la Repubblica e la nuova Repubblica da formare, che sarà molto lunga e molto più difficile di quanto possa credersi e sperarsi. La compresenza di uomini del passato, l’alternanza politica con incapaci, compromessi palesemente, la garanzia stessa di legittimità lasciata a Scalfaro, la conflittualità tra governo e magistratura, la indefinitezza dei ruoli e la ingovernabilità di un paese, economicamente avanzato, socialmente cresciuto ed orientato ormai, nonostante i condizionamenti, verso la vera industrializzazione culturale, evidenziano una crisi politica che non si risolve con le esortazioni di uomini, con l’eliminazione di partiti o col cambio di nomi, ma può essere normalizzata e superata solo con la crescita culturale della massa, educata alla lettura e alla prassi decisionale, oltre che al rigore metodologico e sistemico, sulla base della storia.
La facilità con cui si creano miti in Italia, propria del Classicismo, del Medioevo. del Rinascimento e del Risorgimento, del Fascismo e della liberazione – l’eroe, il santo, il cortigiano, il patriota, il camerata hanno la stessa connotazione fabulistica, sulla base di un reale successo personale moltiplicato dalla poesia – è segno di un’anima popolare non ancora razionalizzata.
I miti nascono sempre in situazioni di crisi, in momenti conflittualità e sono necessari perle parti in lotta, ma esprimono la puerilità e fantasticità popolare: sono testimonianza di una confusione trasformata a volte in prassi artigiana.
Ora la nostra situazione culturale autorizza la creazione infantile di uomini simboli, di eroi che combattono per la distruzione del male, di Ercoli capaci di liberarci dai mostri, oppure permette visioni bibliche con l’arcangelo Gabriele in lotta col diavolo o ipotizza santi che sconfiggono terremoti, pesti e carestie, taumaturgi e benefattori dell’umanità, assistiti da Dio: La matrice classico-cristiana, specifica del Medioevo, ci unisce al mondo mediterraneo e ci accomuna alla cultura araba, che presenta le stesse connotazioni diali classico-religiose ed evidenzia strutture oppositive.
Non è qui il caso di mostrare come l’integralismo arabo lotti, oggi, per il mantenimento di una società feudale, per un sistema medievale e per una cultura islamica pura a difesa della tradizione culturale, unica possibilità di stabilità non solo religiosa.
L’azione del Centro islamico di salvezza determina la politica in Algeria, come opposizione ad ogni novità industriale, come lotta contro la demonicità americana.
La religione, come centro di potere, dal quale si irradiano tutti i fenomeni culturali e come punto di convergenza di ogni elemento, come sistema appreso dal gruppo social e grazie a simboli, veste allegorica di una realtà superiore, quale realtà distintiva di una storia popolare, prodotto di un’azione anche umana, condiziona il pensiero degli uomini e di popoli, tesi ad un’autonomia culturale. Perciò la cultura islamica trasmessa geneticamente tramite le componenti biologiche, ambientali, psicologiche e storiche, strutturata in modo capillare intorno al sistema, esprime il processo storico di adattamento essenziale alla sopravvivenza in specifici contesti (specie nordafricano o mediorientale) come unica risposta di masse semianalfabete o appena alfabetizzate secondo schemi religiosi.
La cultura araba, ondeggiante tra nomadismo ed agricoltura, classicamente composta sulla base del substrato ellenistico e bizantino, è così efficace da mantenere uniti popoli, da regolare la condotta popolare ed individuale, da creare un sistema secolare organizzato, poetico ed irrazionalistico, umano e naturale.
D’altra parte la stessa cultura cristiana, cattolica, nonostante l’opposizione, avente lo stesso ambiente mediterraneo, seppure nord-occidentale, con quella copta-ortodossa, nord-orientale, ha svolto e svolge parallelamente la stessa funzione, come erede, da una parte, del sistema latino-ellenistico,come coagulante delle spinte barbariche germaniche e da un’altra di quello ellenistico-bizantino, ariano, e si è strutturata come sistema omnicomprensivo secondo processi adattivi secolari, tipici, per la sopravvivenza di popoli e di individui.
Ora popoli ed individui, pur nel sistema collettivistico, possono apprendere unitariamente altra cultura, come forma diversa mediante processi dinamici di inculturazione e di socializzazione.
Inoltre la variabilità culturale mostra chiaramente come ogni individuo o popolo si differenzi di fronte ad una stessa domanda e come nessuno risponda in modo eguale alla stessa sollecitazione, sia linguisticamente che praticamente.
Infine si rileva che le risposte sono variabili in relazione al numero dei soggetti, interessati.
Perciò, essendo innato il tentativo di adattamento al sistema e quindi essendo diversa la forza necessaria per una espressione creativa, personale, è chiaro che ciascuno cerchi con l’inculturazione e con la socializzazione vie nuove per una propria funzione contro il sistema condizionante.
Ora il sistema religioso islamico, corrotto da una cultura estranea, a causa della migrazione dalla Africa Settentrionale in Francia ed in Europa è disgregato nelle sue intime connessioni dalla tradizione nei suoi valori essenziali, a contatto con non credenti /meslim.
Da qui il vuoto culturale di individui vuoti in se stessi, privi di identità socio-culturale, non autonomi. La massa di credenti è annichilita a contatto con la cultura occidentale, industrializzata; gli altri, acculturati o clero, dànno risposte differenziate in relazione alla formazione, alla propria cultura e famiglia. Comunque, alcuni, quelli razionali, pur clero, pur critici di fronte alla cultura tradizionale, restano legati al sistema e cercano parziali aggiunzioni per modifiche sovrastrutturali, compatibili: pochissimi, accettando entusiasticamente il nuovo, operano da apostoli e profeticamente lottano per un processo di sostituzione a tempo lungo, senza attendersi processi sincretici in cui, lentamente, col tempo, il diverso (l’altro) si innesta nel vecchio, apportando modifiche strutturali e quindi sistemiche.
In Algeria la lotta tra il Fronte di Liberazione nazionale e il FIS è determinata dallo scontro tra gli innovatori occidentali (che, industrializzati, a contatto con la cultura francese contro cui hanno combattuto e vinto, in una rivendicazione nazionalistica, giusta , desiderosa dia accelerare i tempi di deculturazione e di sostituzione, hanno sperperato il loro patrimonio di merito come partigiani e come liberali) e gli integralisti ( che, timorosi di estinzione della loro cultura natia, reagiscono per non perdere la loro possibilità di sopravvivenza islamica, in stretta relazione e connessione con la predicazione di imam e con lo spirito coranico).
Se la storia civile diventa espressione naturale di una conflittualità culturale in Algeri, come in Egitto, In Iran, e in ogni sistema islamico,- diversa è la rivendicazione statale di Al Fatah di una Palestina autonoma, libera nel suo territorio cisgiordano dalle milizie israeliane, indipendente, giustamente riconosciuta, (finalmente!) nei suoi diritti ad Oslo – in Italia la battaglia democratica è, invece, il segno di una conflittualità che degenera e porta ad altre forme di combattimento, essendo simile la situazione religiosa che implica, al di là delle differenze storiche e fideistiche, una similare struttura economica, sociale e militare.
La nostra cultura cristiano-mediterranea e quella araba medievale sono espressione di un ritardo culturale storico non sanabile con un “salto” culturale ( che diventa solo un fatto strutturale che non produce incisioni sulla natura popolare).
La recente storia insegna che in Italia è ancora profonda la ricerca di santi, di eroi, di uomini carismatici di domini, di principes, di padroni a cui affidare la gestione dello stato e l’amministrazione della familia!.
Noi italiani non siamo ancora maturi, efficienti, autosufficienti, ma siamo bambini abili forse a costruire singolarmente o artigianalmente e familiarmente qualcosa, ma dipendiamo dal padrone!
La secolare dipendenza dalla Chiesa e dai baroni ha un significato profondo, come lo è per il mondo arabo in cui sono significativi l’organizzazione islamica e il sistema verticistico: le differenze sono piccole, direi irrilevanti e dovute solo alle diverse professioni religiose e ai contesti ambientali. I popoli mediterranei, europei ed africani, tutti ellenizzati e romanizzati omogeneamente, compresi la Turchia, La Siria e il Libano, Israele e Palestina e Giordania, sono culturalmente medievali, masse costruite fideisticamente, con una tradizione più o meno secolare, più o meno forte, con punte massime in certi momenti storici, ma tutte accomunate e radicate con la religione: i cattolici con la cultura medievale tridentina, gli ortodossi con le strutture bizantine foziane e i musulmani col puritanesimo islamico.
Ora la cultura cristiana medievale tridentina, come anche le altre forme, è dogmatica, verticistica, aristocratica, antipopolare, nonostante la caritas che è solo un’ espressione di elemosina: le sue strutture strategiche sono quelle dei sistemi autoritari, antilibertari.
In tali sistemi la massa non è uscita ad adultismo, né mai lo potrà perché la Chiesa ha proposto e propone classicamente solo modelli di santità diversi a seconda dei tempi con una precisa alonatura, mediante uno specifico sistema di acculturamento ( ora ripreso dalle Tv e dai Mass media in genere). La massa dei fideles cristiani europei, non solo mediterranei, ha bisogno di imitare, di seguire exempla per un iter purificativo collettivo, non personale. Perciò la Chiesa propone ancora itinera di santità flessibili, creando beati quelli che possono essere di esempio a porzioni di popolo.
Una tale organizzazione, seguita per secoli, lascia un condizionamento, quasi un marchio che, per essere decondizionato e lavato, ha bisogno, dopo la presa di coscienza e il positivo orientamento, dello stesso tempo più un terzo (per i cattolici 450 circa più 150= 600 anni !??): sono perciò tempi lunghissimi, che nessuno di noi vedrà e e neppure i nostri figli e i figli dei figli perché sopravvive anche il sistema condizionante con altri uomini ed altre strutture, sempre imperante: le masse devono prima rompere la formazione magmatica ed individualizzarsi a gruppi per essere avviate, a corpuscoli, o individualmente, in relazione alla propria tipicità, in senso positivo.
Comunque l’Italia attuale, al di là del lungo decondizionamento, – avendo toccato il fondo con l’esaltazione dei politici, degli eroi della democrazia repubblicana, pagati, celebrati, alonati dall’opinione pubblica e dalla massa di semianalfabeti, dai mezzi di comunicazione, coscienti solo di un malessere generale, fatalisticamente accettato come fenomeno naturale, permesso da Dio- è caduta in piedi, miracolosamente ed è ripartita intronata, disorientata : al posto dei vecchi politici ci sono i loro ex sostenitori, proteiformi managers, avvicendati dalle lobby.
Il governo Amato è stato da una parte l’ultimo, dall’altra l’inizio di una conversione finanziaria , meglio di un’inversione continuata col ministero Ciampi, nella volontà di una rivalutazione del sistema economico svalutato, emblema e segno visibile di uno sfascio costituzionale politico di immense dimensioni.
La proposizione ad eroe nazionale, un po’ pazzo, un po’ serio, è iniziata con le picconate di Cossiga, che, specie, all’estero, attaccava il sistema italiano, di cui era presidente e garante, mostrando la propria impotenza di fronte ad un regime partitico clientelare e ad una organizzazione mafiosa politico-religiosa.
Il grande picconatore sardo era per il popolo l’eroe, capace di smantellare col suo protagonismo senile il regime della I Repubblica di cui era stato grande elettore, protettore e gladiatore convinto. Questa, comunque, non poteva cadere se non con la denuncia della Banca Tedesca che rilevava la debolezza della lira italiana e quindi affossava l’economia e la millantata industrializzazione.
Nel giro di un paio di anni la lira perdeva 1/3 del suo valore sconvolgendo l’opinione pubblica, producendo un trauma nella massa di risparmiatori, lentamente portati alla miseria con l’abnorme tassazione.
La lezione impartita da parte germanica, già tesa alla riunificazione, l’emergere prepotente della figura di Bossi, nuovo eroe lombardo, nuovo Alberto da Giussano contro i teutonici, ma anche nuovo longobardo contro i Romani meridionali, determinano sconvolgimenti nei partiti, attriti,cadute di potere tra cui trova spazio l’azione di Mani pulite, di giudici, che dànno inizio a Tangentopoli.
Nel clima giuridico s’impone per la sua popolarità marcata di molisano meridionale che diventa espressione di una volontà di pulizia morale.
La massa, che vede Di Pietro nuovo S. Michele che attacca il drago partitico e che, incolume, vince, rimanendo immacolato, vota, però, in un clima di palingenesi politica e sociale per un altro eroe, Silvio Berlusconi.
La conflittualità tra l’eroe al potere, il presidente vincente – tradito da Bossi, boicottato da Scalfaro, inquisito da Di Pietro (che fa il gran rifiuto teatralmente, uscendo in punta di piedi dalla scena politica!?), simbolo del nuovo corso-e il mostro dell’opposizione, metà grifone cristiano, metà ateo caprone infernale, è la nuova epopea, cantata con termini epici retoricamente elaborati da telegiornali nazionali.
La massa popolare, bestemmiando, segue le solite peripezie, i soliti salti, e ribaltoni, i soliti giochi partitici politici: niente è cambiato in Italia: il bizantinismo determina ancora la situazione caotica italiana germanica!.
Non saranno i Cossiga, i Bossi i Berlusconi, i Di Pietro, a cambiare l’Italia e a portarla in Europa e nel Mondo, nel posto primario che le compete, ma noi tutti, se conosceremo la nostra storia, se impareremo a leggere , se daremo peso al nostro voto garantiti da una nuova costituzione.
Nasce un’epoca nuova con una nuova scuola(!), con una nuova costituzione repubblicana(!), con uno stato Europeo, autonomo, in una Confederazione politica europea(!)?
La massa italiana ancora legata ai sindacati, alla chiesa, alla politica, ai politici collusi col potere finanziario, con quello religioso e mafioso, rimane sottomessa, incapace di una rivoluzione sociale, democratica repubblicana, ancora bambina di fronte all’adultismo politico sindacale religioso, postdemocristiano e postsovietico!.
Finché mafia meridionale, holding americane, welfare caritativa ed assistenziale, il cristianesimo col suo apparato vaticano filantropico, avranno nel sistema politico i loro vertici di riferimento, l’Italia o berlusconiana o sinistrorsa, pur con con varie modifiche e cambiamenti camaleontici, manterrà le sue strutture amministrative, indenne, nonostante le migrazioni numerose dell’Est ex sovietico e quelle dei flussi migratori africani!.
Solo quando finirà il castelletto bancario dei vecchi,- il risparmio di una vita di sacrificio, tipico dei nonni e padri che non hanno saputo educare i propri figli all’autonomia personale, perché fiduciosi nel progresso, ancora convinti della superiorità dell’élite bianca cristiana ed Europea occidentale- di fronte ad una situazione di effettiva miseria, la massa, pur se analfabeta di ritorno, nonostante laurea e diploma popolari, è costretta ad una revisione, a tagliare nettamente tra passato e presente, a decidere un voto di contestazione rivoluzionario, ad azzerare la politica e i politici degradati, uniti dalla mafia verticistica, di qualsiasi matrice.
Mi auguro che il nuovo corso, nato da una esperienza diretta di pessima politica ed amministrazione sia atto consapevole di volontà di distacco sia da destra che da sinistra, dalle ideologie e dai sistemi mafiosi e risulti inizio di un avviamento operativo secondo una metanoia di vera innovazione, senza più connessione con il perbenismo formale partitico e i vincoli delle vecchie utopie novecentesche, e sia un cambiamento rivoluzionario neoteropiia che cancelli il senato, la figura del vecchio politico demagogo, la mistione deleteria tra Stato italiano e Vaticano- uno Stato cancro per Roma e per l’Italia-.
Sulla base di questa discontinuità si crei un nuovo Stato italiano , europeo anche con frontiere molto più ampie di quelle attuali, (compresa Turchia e Russia ) sulle comuni basi ellenistico -bizantine (anche islamiche).
Noi, che siamo stati per secoli abili a sopravvivere anarchicamente, da soli, senza governo, e capaci di creare, seppure confusamente strutture proprie di autoconservazione grazie al lavoro e alla solidarietà, pur nella pazzia ed invidia paesana, faremo la nostra storia razionalmente, nonostante lo stress psicofisico, le depressioni e l’impoverimento progressivo, e riusciremo, grazie al sacrificio necessario per il nostro riscatto e per un reale progresso proprio, senza la dipendenza da altri, a crescere e a spostarci dalla iniziale fase di discontinuità, e ad orientarci, pur tra le diverse vie, positivamente, secondo le direttive della nostra classica e rinascimentale tradizione, tanto da costituire metodologicamente sistemi articolati di base artigiana, seppure diversi da quelli antitetici tradizionali, ed integrarci nella cultura industriale mondiale.
Allora la storia non sarà più di altri, ma sarà nostra e scandirà i nostri passi, le nostre cadute e i nostri progressi: la volgare lingua, italiana, segnerà i nostri contributi culturali, come testimonianza della mediterraneità ed europeità, con termini tecnici di un mito progressivo popolare.