Da Svetonio e da Seneca, scrittori di lingua latina più che da Flavio e da Filone e da Dione Cassio, autori di lingua greca, conosciamo i detti di Caligola.
Noi li abbiamo raccolti e poi commentati secondo il nostro metodo, cercando di spiegare esattamente la situazione o l’episodio che ha partorito l’enunciato, operando sul contesto in modo da dare possibilità effettiva di valutazione, al di là della interpretazione delle singole parole e della loro esatta traduzione.
Noi crediamo che l’autore, a seconda della sua lettura, condizionata dal tempo di scrittura rispetto al tempo di reale fonazione dei singoli morfemi, scriva, a distanza di anni, avendo di mira la dissacrazione della famiglia imperiale giulio-claudia e quindi dia valore ai termini in relazione alla nuova situazione.
Inoltre pensiamo che la storia è continuamente riscritta dai vincitori, che devono necessariamente farsi belli di fronte ai posteri a scapito di quelli che li hanno preceduti, per cui essi appaiono sempre all’apice di ogni manifestazione culturale appoggiati da un’ élite intellettuale prona al servizio del potente signore.
Ad ogni cambio di domus dominante e ad ogni trasformazione epocale – specie dal passaggio da una civiltà e cultura pagana ad una cristiana – tutta l’area significantica e quella significativa cambiano ed hanno una sistema di referenza diverso in relazione alle nuove elaborazioni letterarie e culturali e allo stesso ambiente socio-economico: la lingua stessa è mutata dal cambiamento di gestione e dagli scrittori nuovi che hanno un linguaggio tipico, una retorica propria di un sistema di significazione, in quanto devono tradere una cultura che, solo in apparenza, ha la stessa base linguistica svuotata dei vecchi contenuti e riempita di nuovi evangeloi.
Ora noi procederemo in modo semplice in relazione al testo di Svetonio che ci fa da guida, tenendo presente che lo storico aneddotico scrive in epoca Flavia ed Antonina ed ha particolari interessi anti giulii.
Quando leggeremo secondo Filone, terremo presente non solo la personalità dell’alessandrino, la sua famiglia oniade, il sistema economico degli alabarca, ma anche la sua interessata filoromanità, diversa da quella dei sadducei gerosolomitani, ma anche il suo settarismo di giudeo ellenista contrario ai giudei aramaici, ostile a Caligola neoteropoieths e uomo-dio teso all’extheosis: ogni enunciato, quindi, pur di prima mano non è quello che appare per come è scritto, in quanto prende valore solo dopo la morte del persecutore dell’ebraismo ed ha valore apologetico: esso ha una sostanza, sottesa, molto più pesante di quanto è detto.
Compito del vero storico è rilevare l’ambiguità del detto nascosto dalla retorica e dalla forma di accettazione del principato di Claudio che risolve il problema giudaico, ma diventa anche lui espressione ambigua di un proclama che è sostanzialmente antigiudaico, in quanto limita l’espansione del giudaismo, dando ad ogni popolo pari libertà di culto (threesheia) nel Kosmos romano. cfr. Giudaismo romano II e.book 2014
Ora tutto è ambiguo ed equivoco in storia e niente è semplice specie in Filone platonico anche perché il platonismo è prefazione del Vangelo stesso e del cristianesimo…
La lettura di Caligola secondo Flavio, sacerdote figlio di sommi sacerdoti, governatore della Galilea nel periodo di guerra antiromana, difensore di Iotapata contro Vespasiano, presenta infinite difficoltà, dato il tradimento da parte di Josip ben Mattatia che, divenuto schiavo di Vespasiano, ne assume il nomen e diventa Flavius, storico ufficiale …
La sua storia è uno scrigno dove l’ambiguità giudaica è serrata e continua, data anche la non scrittura del testo affidata a scribi ellenisti, traduttori, in quanto lui, come sacerdote, non può neanche pensare in greco e tanto meno scrivere per non contaminarsi , nonostante la sua apostasia.
Ancora oggi diciamo che un prete è prete per sempre, dopo l’unzione SACERDOTALE; cosa dire di uno come Flavio che è ebreo di stirpe sacerdotale, abile a mascherare, al fine della sua stessa carriera politica e del personale e familiare benessere non solo le sue parole, ma anche le sue stesse opere?…
La storia di Flavio è opera criptica, vera storia romana e vera storia ebraica, archailogia iudikh da mettere in connessione con quella ellenikh e con quella romaikh, con la presunzione tutta giudaica di essere il popolo eletto, il popolo eterno ancora oggi valido secondo B. Netanyahu rispetto agli Stati Uniti – popolo effimero e transitorio come gli Assiri, Babilonesi – anche se alleato e deciso a proteggere la nazione israeliana dal l’Iran di M.Ahmadinejab…
Per Seneca le frasi riportate come dette da Caligola formano un discorso a parte, come l’ho già fatto in Caligola il sublime, alle cui conclusioni rinvio…
Per quanto riguarda Dione Cassio, autore dell’epoca dei Severi, la sua valutazione è in relazione alle tante fonti da cui dipende, per cui, in assenza di precise documentazioni, bisogna pensare che la sua dipendenza sia da quella o giudaica o da quella latina (Svetonio e Tacito, sul quale c’è un buco circa la figura totale di Caligola.)…
Per ora noi prendiamo in esame il giuramento completo come lo deduciamo dalle fonti, specie da quella su Ummidio Quadrato, ma rileviamo solo l’aggiunta che fu fatta dopo pochi mesi in modo da comprendere anche le sorelle: quod bonum felixque sit C, Caesari sororibusque eius – o meglio neque me liberosque meos cariores habebo quam Gaium et ab eo sorores eius.
Iniziamo, allora con le citazioni sublimi, partendo da Omero: La prima è in Iliade II,204 ….eis koiranos estoo/ eis Basileus
Caligola afferma che ci deve essere un solo capo, e, quindi, un solo re e, perciò, pretende di mettere il diadema, volendo immediatamente trasformare la ridicola pagliacciata di Augusto e di Tiberio, che si erano mantenuti sul piano formale repubblicano per trasformare la forma del principato in regni formam. A questo aggiunge la volontà di essere re secondo i riti orientali, propri della basileia ellenistica e, quindi, crea l’apparato propagandistico dell‘ektheosis.
Da qui la seconda frase omerica rivolta, minacciosamente, contro Zeus: H m’eir’ h egoo se /o togli di mezzo me o io te – Iliade XXXII, 724 –
L’aut aut non tende a spiegare, ma a far comprendere al popolo, all’esercito e ai senatori-protoi, la collocazione della frase in un discorso effettivo, fatto dall’imperatore, deciso, nella sua condizione di sovrano assoluto, ad avere le stesse prerogative divine dell’ unico Upsistos / Iuppiter, Zeus, YHWH, in relazione alle tre etnie dominanti, romano- latina occidentale e le due orientali, quella greca e giudaica.
Noi siamo convinti che non si ricostruisce la storia con una frase o con un gruppo di frasi, in quanto certi dell’errore retorico di Livio ( e di Tacito) e degli storici greci, che facevano discorsi quando non conoscevano i fatti, in modo da dare possibilità di orientamento nella storia degli avvenimenti, legati fra loro secondo una successione causale e temporale, a chi, lontano nel tempo, avrebbe letto, interpretando i termini aggiunti come abbellimento nella funzione di congiunzione.
Neanche Hitler e Mussolini avrebbero potuto competere e neppure Berlusconi lo potrebbe con Caligola, adorato come Dio in quanto superiore di molto per mezzi, potere e seguaci.
Tenere unito l’impero romano e dare l’illusione di una nuova età dell’oro era impresa molto più complessa che unificare una pars (come Germania o Italia). Poca cosa sono gli slogan nazisti e fascisti –Ein Volk, ein Reich ein Fueher- vincere, vinceremo, dux mea lux, dux nobis – come ogni propaganda monumentale sia quella berlinese di Albert Speer che quella romana di Giuseppe Sacconi!.
L’ altare della Patria coi gruppi scultorei del Pensiero, dell’Azione, della Concordia, della Forza, del Diritto, coi bassorilievi del Lavoro che edifica e feconda, dell’Amor Patrio che combatte e che vince, con le fontane dell’Adriatico e del Tirreno, con le statue delle Regioni d’Italia, coi mosaici della Fede, della Sapienza, della Pace e soprattutto con le quadrighe dell’Unità della Patria e della Libertà dei cittadini, può dare un’idea della propaganda imperiale giulio-claudia destinata a lasciare segni con la Domus aurea – e poi con l ‘Anfiteatro Flavio e archi di trionfo e con le colonne antonine-.
Perciò, ogni frase di Caligola deve essere studiata ai fini di una propaganda alessandrina, fedele interprete del pensiero divino del monarca, nomos empsuchos, Zeus in terra, andando contro la precettistica umana tiberiana (oderint, dum metuant) che impone anche all’imperatore, aristocratico, la comune e fraterna coscienza terrena di civis e di vir in quanto mortale, convinto che l’ altro, paritario, odiando chi si innalza, deve essere intimorito ed impaurito, se si vuole dominare . ..
In seguito, se campo, cercherò di riportare le frasi, sublimi, dette di Caligola, che ho già selezionate, ma lo farò a tempo opportuno, in modo da fare entrare il lettore in reale situazione storica: questo articolo è stato scritto qualche anno dopo la pubblicazione di Caligola il sublime, una diecina di anni prima di Incitato il cavallo di Caligola, in altri momenti!.