La morte degli innocenti e il regno di Antipatro
Una domanda ai cristiani? Dopo la lettura di questo articolo, vorrei una risposta razionale?! E’ possibile sfuggire ad Erode, che fa un’indagine su un bambino appena nato e su una famiglia giudaica, che fugge in Egitto?
E’ doloroso pensare che la santità, cosmicamente superflua, esista perché ci sono gli uomini! – Lettera di E. M. Cioran a Mircea Eliade-
Marco, dalla morte degli innocenti figli di Mariamne alla morte di Erode il 23 marzo del 4. a.C. ci sono quasi tre anni di “Regno”di Antipatro, suo figlio.
In questo periodo, secondo Flavio, tra gli uomini la verità era abolita, la giustizia spenta, mentre prevalevano menzogna e malizia, distese su tutte le cose, come una nebbia tanto che neppure le sofferenze umane più grandi erano visibili ai peccatori traviati /apoloito h aletheia, to de dikaion ek toon anthroopoon anhirhmenon eih, kratoih de ta pseusmata kai h kakoetheia, kai tosouton nephos epagoi tois pragmasin, oos mhdè ta megista toon anthroopinoon pathooon orasthai tois amartanousin .
Professore, Flavio mostra che il sangue degli innocenti ricade su Antipatro, vero colpevole della morte di Alessandro e Aristobulo, ideatore di una trama ordita a corte, non tanto per odio contro i figli di Mariamne, quanto contro suo padre, con l ‘aiuto dei parenti, anche loro rancorosi beneficati contro il medesimo benefattore!.Mi può dire come Flavio evidenzia il progressivo verificarsi di tale evento e quali sono per lui le cause che determinano, da una parte, il destino di Antipatro e, da una altra, la punizione divina?
Vedo, con piacere, Marco, che tu cominci a saper leggere secondo una lettura storica, doppia, quella propria del team scriptorio di Guerra giudaica basata su εìμαρμηνη, che coincide con la visione farisaica ed una, invece, sacerdotale sadducea, tipica della πρòνοια, che attua l’oikonomia tou theou, propria degli scrittori di Antichità giudaiche. Posso, quindi, seguitare la lettura dei due testi di Flavio, e mostrarti la storia di un beneficato rancoroso e di un benefattore tradito, che pur vecchio e malato ha la forza, nella sua demenza senile e in preda ad una malattia mortale, di una vendetta innaturale e irrazionale, senza emissione di un verdetto romano di colpevolezza. Al di là dei fatti tragici, l’autore giudaico specie in Guerra giudaica, indulge ai sistemi narrativi romanzeschi e alla trattazione psicologica dei protagonisti, al fine di eccitare la compassione e la partecipazione dei lettori attirati dal piacere delle vicende di una corte coi suoi intrighi.
Quindi, professore, parlerà prima dell’animo di Antipatro, che rivela il suo odio, nel complesso contraddittorio, contro il padre, già mostrato, pur rimanendo in ombra, nella vicenda della morte dei due fratellastri, che sono per lui uno strumento per colpire Erode ed aver un proprio utile e poi tratterà delle cause socio-politiche che determinano la fine di Antipatro, che risulta complessivamente un mediatore?
Certo, Marco, dovrò parlarti prima di Antipatro, idumeo di formazione, come suo padre e suo nonno, di una gente, definita da Flavio -Guerra giudaica ,IV,231- turbolenta e facinorosa, sempre pronta a sommosse, amante di sconvolgimenti, capace di impugnare le armi…e di correre alla guerra come ad una festa, e del piano di un uomo scaltro,che,col segreto appoggio degli amici romani, già è considerato successore del padre. Poi dovrò mostrarti il suo tentativo di attuare una serie di alleanze a corte per regnare, indisturbato, tenendo tranquillo il vecchio Erode, pur temendo reazioni popolari e la forza dell’elemento militare, filoasmoneo ed aramaico: in questo modo ti mostro il disegno di Flavio in Ant giud XVII, 60, intenzionato a fare di Antipatro un paradeigma anthropinooi genei, un modello esemplare per tutti coloro che operano male nei confronti di un padre e dei propri fratelli, degno di un destino crudele e di una punizione divina, al fine di evidenziare il valore e la necessità della virtù. Lo scrittore, ambiguo ed equivoco, può sottendere anche le cause politiche delle sua rovina, nonostante l’apparente perfezione delle sue mhkhanai/trovate ingegnose in un contesto, già rivoluzionario.
Antipatro, coregnante, ha già scalzato, professore, a Roma, il padre, vecchio re, bestiale nelle repressioni del mondo aramaico-asmoneo e di quello legalistico-farisaico filoparthico, ed ha avuto assicurazioni di poter regnare, senza timore di un’ annessione del territorio giudaico alla provincia di Siria!. Antipatro, che si presenta ai romani come philopatoor/uomo che ama e difende il padre e come diallakths/mediatore, conosce anche gli intrighi di corte, i partiti e le differenti politiche che dividono i claudii e i giulii, subito dopo la morte di Marco Agrippa?
E’ probabile, Marco, che Antipatro conosca bene la storia degli avvenimenti capitati a Roma ed ancora attuali al momento della sua venuta a corte, in quanto dalla fine dell’estate del 7 a.C. al suo ritorno in patria verso settembre del 5 a.C. , la Iudaea è già sotto la protezione dei potenti ministri di Gaio Cesare, che tengono sotto controllo la Siria e il regno di Erode, contemporaneamente, per le loro operazioni antiparthiche, avendo bisogno di basi operative sicure per l’impresa del giovane erede imperiale e di un appoggio militare e finanziario per la penetrazione verso l’Armenia, con la protezione della flotta romana, che stanzia tra la Cilicia e la Celesiria. E’ possibile che il giulio Antipatro, in una tale situazione, sia incerto nella scelta di campo, come lo stesso Erode, avendo legami e con Augusto e Livia Drusilla e con Tiberio, ma anche con Giulia e i figli di Marco Agrippa, amico personale del re giudaico. La scelta personale viene fatta solo quando si trova effettivamente a Roma, tra le due partes contendenti, e deve manovrare per il successo della nuova causa contro Silleo: la sua libertà di azione sembra, però, non supportata dalla corte a Gerusalemme, che, invece, si distacca da lui, a sua insaputa.
Flavio, riassumendo circa la sua condizione, dopo la morte di Alessandro ed Aristobulo, dice Ant. giud. XVII,2: nonostante ciò, egli era almeno coregnante col padre, con poteri non diversi dal padre. Lo storico informa che nel regno di Giudea ora c’è un altro capo che deve fare politica coi romani, delegato dal padre, come suo unico rappresentante, ma, mentre come diadokos fa la sua politica, non ha più seguaci in patria perché è inquisito in contumacia, senza che nessuno lo avverta.
E’ un mistero come Erode possa aver fatto il vuoto intorno al figlio che opera a Roma e lo rappresenta degnamente, avendo perfino attestati di fiducia e di riconoscimento dall’Imperatore, dagli amici romani e dal padre stesso, che ambiguamente, lo assicura con lettere: Il clima di terrore, le torture, il ripudio della madre e la morte di Ferora sono notizie tardive, nel corso del ritorno in patria.
Professore, prima di rispondermi sull’ intera vicenda di Antipatro, mi deve dire ora qualcosa, sul periodo successivo la morte di Marco Agrippa, complicato dalla morte di Druso maggiore, peggiorato dalla formazione di partigiani di Tiberio e di quelli di Gaio Cesare e dallo scontro tra Livia Drusilla e Giulia, altrimenti non posso realmente capire la situazione romana e tanto meno quella giudaica?
Più che di Gaio Cesare, figlio di Agrippa e di Giulia, all’epoca solo princeps iuventutis, devo parlare dei suoi generali che preparano la spedizione tra il 6 e il 5 a.C. – poco prima dell’ arresto di Antipatro, che non coregna negli ultimi circa 13 mesi di vita del re, suo padre, compresi anche alcuni mesi di soggiorno romano dell’idumeo -costretti a vigilare direttamente sul regnum erodiano ed ancora di più, dopo la morte di Erode. Devo parlare di un gruppo di uomini potenti che, dominando a corte, favoriscono il figlio di Agrippa, protetto dalla madre Giulia contro Tiberio Nerone e Livia Drusilla moglie di Augusto, anche lui, come Erode, senilmente già frastornato di mente.
Anche a Roma, professore, ci sono complotti, congiure e volontà di cambiamento, certamente maggiori di quelli gerosolomitani, in quanto sede del potere centrale universale romano, nel clima di una successione imperiale, dopo già un lungo contestato dominio dell’autokratoor!
Certo, Marco, in una tale situazione romana e in una corte difficile come quella erodiana , ora Antipatro e Salome infittiscono le relazioni epistolari ed inviano doni maggiori per gli amici romani: siamo nel momento tra il ritiro di Tiberio dalla politica, alla fine dell’estate del 6 a.C .-intenzionato a stabilirsi a Rodi, dopo aver svernato in Campania – e l’arrivo a Roma di Antipatro, appena si è riaperta la navigazione primaverile nel 5 a.C.
Perciò ti parlerò insieme e di Gaio Cesare e dei suoi generali e di Tiberio, per farti entrare in merito alla questione che ci interessa. Secondo Vellio Patercolo, St.II, 99.1 poco tempo dopo, Tiberio Nerone due volte console e due volte trionfatore, parificato ad Augusto per la compartecipazione alla tribunicia potestas, superiore a tutti i cittadini tranne uno, e ciò per sua volontà, massimo tra i generali, colmo di gloria e di Fortuna, ed in verità secondo lume e capo dello stato con meraviglioso ed incredibile gesto di bontà, di cui si scoprono ben presto le cause, quando Gaio Cesare aveva ormai preso la toga virile e Lucio era nel vigore dell’età, non volendo che il proprio splendore fosse un ostacolo per i due giovani, ai loro inizi, chiese al suocero e patrigno il permesso di riposarsi dalle fatiche ininterrotte, senza per altro rilevare il motivo della decisione/ne fulgor suus orientium iuvenum obstaret initiis, dissimulata causa consiliii sui, commeatum ab socero atque privigno eodem vitrico adquiescendi a continuatione laborum petiit.
Il ritiro ufficiale dalla vita politica di Tiberio dal 6 av. C. fino al 2 d.C. per i cives romani risulta un malum per l’impero ed una fortuna per i nemici: infatti (cfr.Velleio, Ibidem 100.1) Sensit enim terrarum orbis digressum a custodia Neronem urbis/il mondo si accorse che Tiberio aveva cessato di tutelare Roma: i parthi abbandonano l’alleanza romana e si impossessano dell’Armenia; la Germania si ribella appena Tiberio approda a Rodi come idioths /privato cittadino nel 5 av. C..
Cosa succede, professore, di tanto grave da far ritirare dalla politica un vir civilis, così potente come Tiberio, figlio di Livia? Mi deve mostrare anche l’animus di Tiberio, cambiato nei confronti di Augusto nel 12 a.C., alla morte di Marco Agrippa, marito di Giulia, suo suocero.
Tiberio, avendo sposato Vipsania Agrippina, insieme a Quintilio Varo, suo cognato, marito di Vipsania Marcella, l’ altra figlia di Marco Agrippa, aveva cercato di assimilare ed eguagliare nel potere il suocero con Augusto, riuscendovi, ma era stato sorpreso dalla morte improvvisa del dux: l’imperatore, pressato anche da Varo, in quel tempo, console, cominciò a dare massimo potere ai figli di Livia, sua moglie, Tiberio e Druso, e a favorire la carriera dei generi del defunto, in attesa della crescita dei figli di Giulia, sua figlia!.
Ora il testo di Velleio Patercolo mi è un po’ più chiaro. Può seguitare, professore.
In questo periodo di circa 5 anni, dunque, Tiberio in Pannonia e in Gallia mostra le sue capacità di comando, avendo onori trionfali, come anche suo fratello Druso, in Germania, che penetra fino all’Elba e come anche lo stesso Varo. Tiberio anzi diventa così popolare che è da Augusto, imposto come genero, dopo l’obbligato divorzio da Vipsania Agrippina, in vista della successione imperiale già nell’anno 11 a.C.
La morte di Druso, figlio prediletto di Augusto nel 9 a.C. e la crescita dei giovinetti, figli di Agrippa, a seguito anche delle pressioni della figlia Giulia, e di una pars favorevole a Gaio Cesare e a Lucio, determinano una crisi di rapporti tra il suocero e il genero, che riprendendo l’esempio di Agrippa stesso nei confronti di Claudio Marcello, giovane, decide di ritirarsi a vita privata.
Augusto, accettate le dimissioni del genero, provvede, compensando il vuoto militare, lasciato da Tiberio, con un gruppo di generali che forma il consilium principis di Gaio Cesare- nato nel 23 a. C., giovane inesperto, sostenuto dalla madre Giulia, amante all’epoca di Iullo Antonio, appena tornato dal proconsolato in Asia, formalmente ancora moglie di Tiberio, non trattenuto nel comando dall’imperatore suocero-.
Ora comprendo molto meglio anche le motivazioni, sottese, che spingono Tiberio, che teme fra l’altro gli avversari politici, che sono schierati a difesa dei diritti dei figli di Agrippa e che sono troppo legati alla figura di sua moglie Giulia, non più vicina a lui, dopo la perdita del figlio infante, nato dalla loro unione!.
Tiberio, eppure, ha ancora la riverenza di tutti quelli che vanno in Oriente! (ibidem,99, 3 ) tutti i proconsoli e i legati che andavano alle province di oltre mare recandosi a trovarlo lo visitavano abbassando come davanti ad un principe i loro fasci davanti ad un privato ammettendo che l’inattività di lui era più autorevole delle loro funzioni di comando.
E’ chiaro, professore, che a Roma vi sono alcuni, sostenitori di Tiberio e altri dei figli di Agrippa e di Giulia, che, comunque, nausea lo stesso padre che teme non solo la sua condotta morale tanto da imporle il divorzio da Tiberio, riconosciuto come legittimo, ma anche la congiunzione strana tra i suoi amanti, specie tra Iullo Antonio e i suoi amici, cospiratori!.Tiberio ha avuto solo disgrazie dal matrimonio con Giulia?
Si. Marco. Tiberio è costretto da Augusto a sposare nell’11 a.C. Giulia, vedova di Agrippa e a lasciare l’amata moglie Vipsania Agrippina, figlia di suo suocero, incinta di Druso minore, per ragione di stato, al fine della successione al trono, secondo i desideri di Livia Drusilla, sua madre, abile a manovrare l’imperatore.
Tiberio sposa, dunque, la sorellastra, vedova di suo suocero?!
Sei sorpreso? La donna a Roma è un oggetto di valore politico! i matrimoni romani sono foedera/trattati familiari! Augusto non uccide gli avversari politici, li aggrega al suo carro, unendoli alla sua familia: prima Agrippa, ora Tiberio!
Da Giulia Tiberio ha anche un figlio, nato il 10 ad Aquileia -dove risiede per seguire la campagna pannonica – che gli muore nel 7 a.C.- Cfr. Svetonio Tiberio ,7- anno in cui nella corte di Augusto iniziano le contese per la successione, dopo la morte di Druso maggiore nel 9 av. C,.in Germania, tra il designato diadokos e i giovani figli di Giulia: è anche una guerra tra Livia e Giulia, in cui sono coinvolte due liberte ebree Acme e Febe, schierate rispettivamente l’una dalla pars della moglie del sovrano e l’altra da quella della figlia tanto che Svetonio (Augusto,65,9 ) compendia lo stato di animo del già vecchio Augusto, addolorato ed agitato: vorrei essere senza moglie ed essere morto senza figlia! .
Vellio Patercolo, legatus tiberiano, accusa di un complotto Giulia come donna del tutto dimentica di tanto padre e marito, che per stravaganza e per libidine nulla tralasciò di quello che femmina può fare turpemente o subire, commisurando l’altezza della sua condizione con la libertà di peccare, rivendicando per sé come cosa lecita ogni capriccio/ tanti parentis ac viri immemor nihil quod facere aut pati turpiter posset femina luxuria libidineve infectum reliquit magnitudinemque fortunae suae peccandi licentia metiebatur, quidquid liberet pro licito vindicans.
Questi fatti lei, professore, li considera accaduti tra il 6 e il 4 a. C. nel momento in cui Antipatro è coregnante in Giudea e in cui è inviato a Roma per la nuova causa di Silleo? A conti fatti, Antipatro sembra avere pochi mesi di comando!
Sono certamente pochi i mesi di comando in un momento prima del viaggio a Roma e durante i sette mesi romani fino al settembre del 5 a. C.. turbati per le dimostrazioni di affetto del re verso i nipoti asmonei che gli gelano il sangue (Flavio usa il verbo Pachnooo), per le insofferenze dell’esercito e del popolo, oltre che per le contestazioni dei farisei nella stessa corte!. Questo, comunque, grosso modo, è il periodo in cui Augusto definisce sua figlia cancro della sua vecchiaia -Svetonio, Augusto, 65- per la sua morale fusa con la sua ambizione politica di donna che, prima di essere inviata in esilio a Pandateria /Ventotene, coinvolge uomini come Quinzio Crispino, Appio Claudio, Sempronio Gracco e Scipione ed altri., condannati a morte, compreso Iullo Antonio, suicidatosi, dopo breve prigionia nel 2. a.C., incriminato come persona desiderosa di novitas/ rivoluzione- Cfr. Cassio Dione, St., LV,10.
Si sa come si muove in questa situazione romana, tanto complessa, Antipatro, un uomo che ha lasciato imprudentemente in sospeso in patria molte questioni private e pubbliche, dopo – forse -aver organizzato la morte del padre, in sua assenza, fiducioso nel solo Ferora, tra i parenti, nei farisei, ancora non ben controllati, senza alcun legame con qualche comandante dell’esercito?
Non è chiaro, ma Antipatro sicuramente prende posizione per il gruppo vincente, quello dei generali di Gaio Cesare, anche se non può non riverire il civis Tiberio, figlio di Livia. Marco, non ti so dire quale sia il comportamento di Antipatro per Tiberio, divenuto ora poliths idioths/privato cittadino, che vive a Rodi, rispettato da tutti quelli che hanno una qualche funzione in Oriente: da idumeo scaltro e da figlio, ambiguo di Erode, non ci si può aspettare verso un membro autorevole della famiglia augusta, niente altro se non deferenza formale, accompagnata da doni con un umile e discreto servitium, sicuramente voluto e richiesto da Livia Drusilla per il figlio da parte della corte erodiana e specie dall’amica Salome, sollecitata da lettere a favorire il figlio. Mi sembra, però, che tu abbia già un preciso giudizio su Antipatro, che, a mio parere, può essere valutato solo uomo senza scrupoli, non certamente colpevole di qualcosa, se non di azioni politiche patriottiche.
Per me, Antipatro è figura bieca, non corretta nei confronti dei fratelli e del padre, teso al proprio esclusivo vantaggio! Quindi, ritengo che sia possibile che intorno a Tiberio da parte di Erode e di Antipatro funzioni un servitium di kataskopoi /spie, che informano quotidianamente dei movimenti fatti dal genero di Augusto, ora confinato nell’isola. Ho, comunque, un dubbio: la vipera Salome può parlare bene di suo nipote a Roma e non aver avvertito Livia delle mhkhanai di Antipatro? Può non aver confidato quanto sa a Quintilio Varo, più favorevole a lei che a Giulia, un epitropos come gli altri intenzionato a scorticare i provinciali?
Marco, la storia non si può fare con le supposizioni ma si fa sulla base di testimonianze scritte e di fatti, o per argumenta certa, sottese. E’, Marco, una normalità, per Erode, conoscere in anticipo i movimenti dei romani per opportuni interventi!.Erode, come già suo padre, fa viaggiare piccioni, ha una rete di spie e a corte di Augusto e in quella di Fraatace, e si serve di profeti come farisei (ed esseni), anche se è da loro esecrato!.
Io, professore, conosco dei generali della cohors di Gaio Cesare solo Varo e Quirinio, che, inoltre, sono tiberiani, perché lei ne ha parlato in La nascita di Gesù. Ce ne sono altri, oltre a Iullo?
In questo lasso di tempo c’è storicamente la cosiddetta congiura di Iullo Antonio, che, divenuto amante di Giulia, è considerato violator domus augustae (cfr Dione Cassio St. Rom. LV, 10), aspirante al trono, che coordina l’azione della moglie di Tiberio e dei suoi amici, tradendo i vincoli coniugali con Marcella, figlia di Ottavia, pur avendo goduto dei privilegi di cariche pubbliche come il sacerdozio, la pretura, il consolato, il proconsolato.
Non sembra, però, che Antipatro sia vicino a Quintilio Varo o a Senzio Sabino in quanto sembra più legato a Senzio Saturnino e a suo fratello, che sono sicuramente tiberiani e ad Acme, una liberta corrotta da Salome, al servizio dell’augusta Livia. Secondo me, comunque, Antipatro deve cooperare alla preparazione dell’impresa armena da parte di Quirinio, tiberiano e di Lollio, antitiberiano, primo consigliere poi di Gaio Cesare: il re giudaico come summachos/alleato deve offrire milites e vettovagliamento per il tragitto con guide e con denaro, nonostante l’opposizione popolare e militare degli aramaici, favorevoli ai Parthi.
E’ un momento delicato per la corte giudaica, che è certamente filotiberiana, ma deve essere solidale con la politica augustea impegnata nei preparativi per la spedizione armena: Antipatro con Erode deve giostrare coi suoi amici romani tiberiani, ora in ombra, e fare doni a quelli nuovi della cerchia di Gaio Cesare: tutto il clan idumeo è compatto nella sua adesione alla famiglia augusta dalla parte di Livia Drusilla e di suo figlio Tiberio, anche se deve lisciare il pelo alla pars avversaria, come socia nell’impresa antiparthica, pur avendo contrari la popolazione e l’esercito filoparthici e pur avendo ostili i farisei.
So di una clades/ sconfitta di Marco Lollio e poi di una clades di Quintilio Varo, che poi determinano l’arresto del militarismo romano in Occidente, me ne può parlare, anche se non riguarda direttamente il nostro tema?
Te lo faccio sinteticamente, trattando di Marco Lollio, il famoso padre di Lollia Paolina, moglie di Gaio Caligola, che era consulente orientale di Augusto per la spedizione parthica già nel 21/20- poi conclusa felicemente da Tiberio in Armenia,- perché aveva risolto il problema della annessione a Roma della Galazia, dopo la morte di Aminta, e poi, divenuto console, aveva ottenuto la provincia della Tracia e da lì era stato spostato in Gallia, dove nel 16 fu sconfitto da una coalizione barbarica germanica di Sicambri, Tencteri e Usipeti poi fermata dal fratello di Tiberio, Druso maggiore, che aveva debellato i Catti e i Suebi dopo avere attraversato il Weser e raggiunto l’Elba, morto per una caduta di cavallo nel 9 a.C.a.C.
Velleio Patercolo – St.II,97,1- fa un ritratto negativo di Marco Lollio considerandolo, da avversario tiberiano, uomo di ogni cosa desideroso più di denaro che di ben fare, carico di vizi anche se li sapeva benissimo dissimulare. Lollio, comunque, abilmente si schiera dalla parte di Giulia e diventa promotore essenziale tra i generali per la spedizione armena del 2/1 a.C. , che risulta inutile, nonostante il trattato di Zeugma con Fraatace!. Questi avvenimenti, però, riguardano il periodo di Archelao, figlio di Erode, che non seppe gestire, secondo le aspettative romane le truppe e i vettovagliamenti, specie, dopo la denuncia del re dei re e a seguito della scoperta dei progetti perfidi/perfida consilia di Marco Lollio, che pur era stato investito da Augusto di grande autorità a fianco del giovane Gaio Cesare, come moderator iuventae filii sui (Velleio Patercolo, St.II, 102,1).
Anche Plinio (St. Nat. IX, 35 ) considerando Lollio, arricchito dai principi Orientali e costretto, dopo le accuse di Fraatace, al suicidio, convalida la notizia di Velleio, che mostra la gioia dei romani per la sua morte, dopo il ferimento di Gaio Cesare, caduto incautamente, in una imboscata.
Infatti Gaio, entrato in Armenia ha successo, ma, poi, in un colloquio presso Artagera, a cui non si sottrae per personale temerarietà giovanile, è ferito da un certo Adduo e dopo di allora ebbe, secondo Velleio, corpus minus habile et animum minus utilem rei pubblicae, anche se seguitò a governare avendo un codazzo di adulatori, preferendo rimanere a vegetare in quel remoto ultimo angolo della terra, piuttosto che rientrare a Roma, tanto che, dopo che era stato convinto a tornare in patria, morì a Limira di Licia, di malattia, nel febbraio del 4. d.C., dopo due anni dall’incidente quando già anche l’altro fratello Lucio Cesare era già morto a Marsiglia .
Molti, secondo Tacito, accusano della morte di Lucio iuvenis (Annales I, 3) Livia, che forse mette lo zampino anche in quella di Gaio, pur di far ritornare e Roma con tutti gli onori suo figlio Tiberio dall’esilio. .
La clades di Varo è di molto successiva a questi fatti, lontana, quasi un quindicennio, in cui prima è governatore di Siria, poi, dopo la denunce fatte dal re dei parthi, vanifica i progetti di subdola astuzia di Marco Lollio, facendo dettagliate relazioni a Augusto che costringe al suicidio il legatus di Gaio, abnormemente arricchito con l’oro provinciale. Varo, tornato a Roma intorno al 3. a.C forse rimane inattivo a corte: non si hanno notizie di lui se non del suo arrivo in Germania nel 7 d.C. , documentato da Tacito, che ne rileva la rapacità nella tassazione- come già In Siria e Giudea- e la scarsa efficienza nelle manovre militari,- specie dopo il ritorno a Roma del suo predecessore Senzio Saturnino, elogiato come dux,- in quanto opera come un giudice in una zona non ancora ellenizzata e romanizzata, anche se già soggetta a censimento: la sconfitta di Teutoburgo ne è la diretta conseguenza, causata dal romanizzato Arminio nel 9 d.C, che annienta tre legioni.
Ho capito, professore, il tempo diverso delle due clades romane e la ripercussione sulla politica occidentale militaristica augustea che si blocca sul Weser in un ritiro delle truppe, penetrate fino all’ Elba, insicure in terra barbarica. Seguitiamo ora nella storia di Antipatro, che, coregnante, scalza il padre dall’animo dei consiglieri di Augusto e di Livia Drusilla, sua moglie, tessendo una trama di matrimoni per saldare i vincoli tra idumei, con alleanze, in modo da cautelarsi contro i figli delle altre mogli del padre e da aumentare in potere.
Antipatro, dunque, Marco, ha compreso che, per governare, deve assoggettarsi ai generali di Gaio Cesare e seguire le direttive della casa imperiale, il cui referente ora è Quintilio Varo epitropos ths Surias, che guida l’ellenizzazione della regione e la romanizzazione della Iudaea erodiana, destinata all’anagraphh e all‘apotimhsis Cfr. La nascita di Gesù.
Siccome si trova in un contesto popolare aramaico, dominato dai farisei, Antipatro deve tenere a freno l’esercito filoasmoneo, antiromano ed antierodiano, usando diplomazia e cautela, per dominarlo, cercando anche il consenso popolare, attenuando e mitigando, così il rigore dell’ ultimo periodo, bestiale, di Erode.
Anche lui, professore, comprende che la Iudaea come la Siria e l’Egitto è proprietà romana personale dell’autokratoor/imperator?
Certo, Marco, Lui, come e più di Erode, essendo di educazione idumea e nabatea, formato aramaicamente ed ostilmente in senso antiromano ed antierodiano, aspira ad una novitas, avendo lo sguardo verso Ctesifonte, capitale parthica, sollecitato dal giudaismo mesopotamico, anche se deve sottostare alla presenza dei magistrati romani e guardarsi dalle spie romane, nella ricerca di una funzione ed un ruolo indipendente e da Augusto e da Fraatace, cercando di favorire l’elemento farisaico e popolare, in un tentativo di congiungersi anche con i militari ora antierodiani, a causa della decimazione fatta da Erode. Marco, penso che Antipatro, volendo in cuore suo, la morte di suo padre e il cambiamento in Giudea, voglia anche una minore pressione da parte dell’imperatore romano e dei pubblicani nella regione e quindi cerchi spazio per una manovra diplomatica col suo popolo e col suo esercito, ora attirati con elargizioni, con manifestazioni pubbliche e con donativi ai nuovi egemones, promossi al posto di quelli eliminati dal padre, specie idumei, samaritani e traconiti, dimostrando di non essere stato lui l’artefice della morte dei due asmonei, ma solo l’esecutore materiale dell’ordine paterno, non responsabile della condanna.
Non completa, però, la sua azione filopopolare e la sua politica favorevole all’esercito e ai farisei, a causa della sua affrettata partenza per Roma e per il suo odio mortale verso il padre?
Antipatro, Marco, odiando, pur in modo contraddittorio, il padre, congiura abilmente per sostituirlo, seppure col favore di romani, anche se subdolamente desidera la congiunzione con la Parthia, che lascia un maggiore spazio di indipendenza, ma lascia tutto in sospeso, dovendo rispondere alla causa contro Silleo, per conto del padre e dovendo allontanarsi per far iniziare la morsa mortale, venefica, da parte di Ferora contro Erode, per non correre il rischio di accusa di parricidio. L’accusa di veneficio non è in effetti provata! il figlio, comunque, sembra che non voglia assistere alla morte del padre!
E’ un disegno ambizioso di difficile realizzazione, bisognoso della massima concordia interna, dato il particolare momento di censimento romano e considerati gli spostamenti di milizie romane! Il breve periodo di “regno” mi sembra che sia così impostato ad una congiunzione delle forze idumee ed aramaiche in opposizione a quelle erodiane filoimperiali, al fine di aver un alibi perfetto per la morte del padre: questo traspira, sotteso, nelle pagine di Flavio di Antichità giudaiche, che seguiamo anche se l’autore è ambiguo e il testo ha subito manipolazioni specie nei paragrafi 38-44, in cui ci sono anche lacune e in Naber e in Niese.
Infatti Antipatro ha volontà di sostituire il padre prima possibile, non contento della sua coreggenza per la presenza ambigua di Erode e per quella dei romani, ormai decisi all’annessione della regione alla Siria, dopo il censimento già in atto: il presunto diadokos non vuole che siano presi in considerazione gli altri figli di Erode e perciò rafforza la sua posizione con gli altri Idumei, allora, dominanti a corte. Sfrutta, perfino, l’ordine del padre di far seppellire i cadaveri di Alessandro e di Aristobulo nell’Alexandreion, fortezza aramaica, accanto all’ avo materno, accettando la manifestazione popolare di affetto e di memoria asmonea, cancellando così il malumore del popolo e dell’esercito contro la volontà di una bestiale rappresaglia di Erode! A corte con la madre Doris coordina il partito idumeo, filofarisaico, e, nel frattempo, mantiene un formale ossequio per il padre e le sue mogli, specie la gerosolomitana Cleopatra e la samaritana Maltace, al fine di raggiungere il suo telos di coesione interna, senza dissidi, dopo aver rinviato con la dote Glafira ad Archelao, mantenendo con lui i rapporti di amicizia e di alleanza.
Dunque, professore, Antipatro si avvicina al popolo e all’esercito e contemporaneamente si collega con la sua famiglia in un patto sciagurato contro il re Erode, al fine di regnare da solo, avendo una volontà di tenersi equidistante tra Roma e la Parthia?
Non so se si possa dire questo, ma certamente Antipatro, da opportunista, segue i romani finché gli servono, accontentando il padre, ma fa anche una sua politica antiromana e filoparthica, nel momento in cui si muovono i generali di Gaio Cesare, contro Fraatace: un aramaico ebreo non può non essere vicino ai contribuli parthici, non potendo non seguire la predicazione dei farisei, attivi anche a corte!
Nonostante la sua ambiguità politica e la sua malvagia disposizione verso lo stesso padre, Antipatro, non si salva dalla vendetta divina?.
Marco, lascia stare la vendetta divina ebraico-cristiana e segui la vicenda umana e politica di Antipatro, che è uomo desideroso di stasis, a seguito della morte del padre, col favore di Fraatace, da cui poter avere il primo riconoscimento del suo malkuth! Seguiamo, comunque, il pensiero di Flavio, non certamente chiaro!
Lo scrittore giudaico, conscio dei timori di Antipatro nei riguardi del popolo e dell’esercito e dei diritti dei figli di Cleopatra e di Maltace, aspiranti al regno, e di quelli di Alessandro ed Aristobulo, rileva che al momento, a causa dell’auctoritas di Erode e del potere predominante dei romani, che dirigono ogni azione sua e del padre., specie dopo che è arrivata la notizia dell’insediamento di Quintilio Varo ad Antiochia, le sue speranze per il futuro non corrispondevano ancora ai suoi disegni (Ant.Giud. XVII,1), pianificati, ma non realizzati.
Antipatro, secondo Flavio, è turbato, nonostante la coscienza di tenere in pugno il padre e di averne la benevolenza, perché timoroso che il padre sarebbe stata causa della sua rovina, in quanto dava a vedere di essere stato lui ad accusare i suoi fratelli, per mettere al sicuro la salvezza paterna e non per inimicizia verso di loro.
L’ autore di Antichità giudaiche mostra il tortuoso modo di Antipatro di attaccare Erode, rivelando che tese insidie ai fratelli per odio verso il padre e non per inimicizia con loro.Tuttavia, egli partecipava col padre al governo del regno, come se fosse stato re e il padre gli dava le imprese più importanti: egli aveva acquistato più grande e più stabile favore per quelle azioni per cui era degno di morire, come se avesse tradito i fratelli per difesa del padre e non perché era nemico dei fratelli e del padre, che lui aveva spinto a questo coi cattivi discorsi. Le sue erano tutte macchinazioni / aper dh panta mhkhanai con cui lui poteva muoversi contro Erode, affinché non avesse alcuna forza di accusarlo di ciò, che si preparava, ed affinché il padre fosse privo di ogni aiuto, non avendo chi lo difendesse, quando lui Antipatro gli manifestasse apertamente l’inimicizia (Ibidem).
Flavio vuol dire che Antipatro ha sfruttato l’inimicizia tra Erode e i figli asmonei per colpire suo padre, non i fratellastri. Ho capito bene?
Certo! Marco. lo puoi capire meglio seguendo il discorso di Flavio: era, dunque, per odio verso il padre che tese insidie ai fratelli. Allora si sentì più che mai animato a non abbandonare l’impresa, poiché se moriva Erode, il regno sarebbe stato suo, senza contrasti, ma se ad Erode fosse capitato di prolungare la vita, lui sarebbe stato sempre in pericolo di una rivelazione del crimine, da lui ideato, che potesse autorizzare suo padre ad essergli nemico.
Dunque, Antipatro seguita nella sua idea di complottare contro il padre, convinto di poterlo fare impunemente, data l’età e la malattia di Erode e considerata le amicizie romane ed ora anche il vincolo stretto con Ferora e Salome, essendo cambiati anche i rapporti con l’aristocrazia sacerdotale, con l’esercito e con il popolo?
Antipatro, Marco, è determinato a questa impresa e perciò è generoso di favori coi seguaci di Erode, cercando di distoglierli dall’odio grande che ognuno gli porta, concedendo loro onori e doni e specialmente cerca l’amicizia dei romani, facendo loro regali e dando denaro.
Flavio accenna a doni e denaro, dati a Saturnino e a suo fratello ed anche alla sorella del re, che ora è sposata con Alexas, il figlio di un defunto amico di Erode. In effetti, inizialmente, dopo aver stretto i rapporti con l‘epitropos di Siria, che torna a Roma, e allacciato relazioni con Quintilio Varo, nuovo governatore, si lega a Ferora e a Salome, che è sempre riluttante ed infida, specie perché non aiutata nella sua passione amorosa per l’arabo Silleo, dopo l’intervento di Livia stessa, moglie di Augusto.
Livia Drusilla interviene imponendo le nuove nozze all’amica? Silleo doveva aver avvelenato anche l’Augusta, facendo, a Roma, conquiste a corte?
Non si conoscono i retroscena che determinano le lettere minacciose di Livia a Salome, ma si sa da Antichità giudaiche. che Salome, avendo una passione per Silleo, desidera sposarlo, e rifiuta l’ordine di Erode di diventare moglie di Alexa: Livia persuade l’amica a non rifiutare il matrimonio, altrimenti chiude ogni forma di amicizia.
Si sa, inoltre, che anche Erode giura di non avere più rapporti armoniosi con lei, se non sposa Alexas, un partito suggerito anche dall’Augusta che, in altre occasioni, le è stata amica preziosa.
Anche Antipatro coopera in questa azione di convincimento, vincendo la natura infida di Salome e favorendo l’azione diplomatica e la politica matrimoniale di Erode, all’interno della sua famiglia, in modo da non turbare i rapporti di forza delle partes: la zia. attirata col matrimonio tra Teudione, fratello di Doris, con la figlia Berenice la vedova di Aristobulo, e tra l’altra sua figlia e il figlio di un suo precedente marito, è piegata al matrimonio pianificato dal padre; l’unione ventilata, invece, tra un figlio di Alessandro di Mariamne ed una figlia di Ferora è indesiderata da Antipatro che teme la doppia protezione di Archelao da una parte, e di Ferora, divenuto tetrarca, da un’altra e perciò, convince il padre ad invertire i suoi disegni a suo vantaggio chiedendo per sé di sposare una figlia di Aristobulo e di dare a suo figlio una figlia di Ferora, in modo da congiungersi con lo zio, mediante un legame matrimoniale.
Risolta la questione con matrimoni vantaggiosi per il suo prestigio e collegatosi con la zia e con lo zio, avendo l’appoggio delle quattro donne dominanti a corte, Antipatro ha un potere interno incontrastato, anche per la minore attività del vecchio re, intento alle cure mediche, presente solo nelle grandi occasioni.
Chi sono le quattro donne? conosco solo Salome e Doris?
Nel 6. a. C. la vecchia Cipro, la madre del re, che era stata venerata a corte, ora doveva essere morta; Salome, che è sempre tenuta a distanza da tutte le donne, essendo una donna malvagia ed impura non può far parte del gruppo farisaico in cui Doris, invece, è la donna dominante insieme alla moglie innominata di Ferora, che ha con sé la madre e la sorella, anch’esse innominate; tramite questi elementi femminili, Antipatro con lo zio è riuscito a tentare rapporti col popolo giudaico, a lui ferocemente ostile e ad avere sotto controllo i phrourarchoi e i capi dell’esercito, compresi Zimari e i suoi figli, ora stanziati in Traconitide per difendere la popolazione dalle lhisteriai/bande di ladri. cfr. Tetrarchia di Lisania www.angelofilipponi.com
I traconiti sono un problema ancora per Antipatro di difficile soluzione, come anche quello dei rapporti con la moglie di Ferora, una donna accusata da Erode e dal consiglio di amici come patrona dei farisei, mal valutata specie se vista dell’angolazione cristiana, che rileva una ubris parthenoon / violenza di vergini nella parte oscura del XVII libro di Antichità Giudaiche 46-48.
Noi, professore, da cristiani, conosciamo i farisei come sepolcri imbiancati secondo la definizione di un Gesù mitizzato, ora io conosco anche una ubris contro due figlie (vergini) di Erode non precisata, in Guerra giudaica I. 571 e, perciò, chiedo a lei di rettificare a me e ai miei amici, l’equivoco in cui siamo stati educati!.
Ci provo, Marco, ma è difficilissimo cercare di rettificare perché fin da bambini c’è stato presentato il fariseo come un ipocrita che ostenta saggezza e siamo stati condizionati dalla parabola del fariseo altezzoso e del pubblicano umile, che pregano (cfr la parabola del Fariseo e del pubblicano www.angelofilipponi.com ): ci vogliono anni per un decondizionamento!
In epoca romana imperiale i farisei hanno fama di interpretare le leggi perché commentatori laici del Pentateuco, convinti assertori del valore del destino e dell‘ oikonomia tou theou, pur ritenendo che il merito o il peccato/amarthma dipenda dalla volontà dell’uomo: essi, infatti, pensano, al contrario dei sadducei- che negano la sopravvivenza dell’anima e premi e castighi – che l’anima sia immortale e non scompaia con la materia, ma solo quella dei buoni può passare in un altro corpo, mentre quella dei cattivi è punita con castighi senza fine. Il loro sistema di vivere si basa su uno scambievole amore /philallhloi, desiderosi di perseguire la concordia entro la comunità/omononian askountes cfr Guer. Giud II,8, 14. Sono certamente proth airhsis la setta religiosa più seguita nel mondo ebraico perché, seguendo la tradizione mosaica e la regalità asmonea, sono antierodiani ed antiromani, in quanto, essendo zelanti di fede, determinano, poi, la nascita dello zelotismo, la fazione armata. Aggiungo, Marco, che in epoca erodiana, si oppongono al culto di Augusto Sebastos/Venerabile, rifiutano ogni immagine imperiale e romana in Gerusalemme, compresa l’aquila, specie sulla porta centrale del tempio, anche se accettano ambiguamente che i sadducei filoromani facciano due sacrifici al giorno per l’imperatore e per Roma cfr. Caligola il sublime,p.181: insomma i farisei, facendo la professione di fede, con lo shemà, (Shema, Israel, Adonai elohenu, Adonai ekad/Ascolta Israele, il Signore è il mio signore, il signore è unico!) quotidianamente, affermano che hanno un solo signore e Dio e si immolano tanto da essere martures/ testimoni della fede, mettendo in pratica la loro predicazione, morendo per la patria e per la legge. Certamente essi sono elitari e populisti, perché sapendo che il il potere è popolare, esercitano una vera predicazione, per orientare il popolo ignorante conformemente ai dettami della torah, in senso politico, guidando ogni forma di latria secondo le prescrizioni tradizionali.
Professore, di fronte a questa spiegazione, comincio ad aver orrore e vergogna della verità christiana, che ha stravolto i termini!
Marco, questo mi risulta sui farisei, dei quali ho parlato a lungo -anche della loro ostentazione dei filatteri/tefillim (scatolette cubiche con dentro passi significativi biblici) posti sulla fronte tra i due occhi e nel braccio sinistro, specie quando ho trattato degli zeloti e degli esseni cfr. Filone, Esseni. Quod omnis probus. E.book Narcissus 2012.
Dunque, professore, ora in Antichità giudaiche assistiamo ad una manifestazione di rifiuto da parte farisaica del culto di Augusto, imposto da Erode?
Certo Marco. Erode ed Antipatro coregnante- che ha la fiducia paterna ed è temuto per la sua malizia anche da Ferora, che è schiavo innamorato della moglie, devota ai farisei – si scontrano con il partito di fedeli, attivo a corte, che rifiuta il giuramento di lealismo verso Cesare e il governo stesso del re! Leggiamo i termini nell’episodio descritto da Flavio Ibidem 41-42 per entrare in merito alla questione. Ecco il testo. pantos goun tou Ioudaikou bebaioosantos di’orkoon h mhn eunohsein Kaisari kai tois tou basileoos pragmasin/ essendosi tutto il popolo obbligato con giuramenti ad essere favorevole a Cesare e alla politica del re, i farisei, circa 6000, si rifiutarono di giurare.
Il termine bebaiooo sottende l’idea di compiere un’impresa, quella di fare venerare l’imperatore, consolidandola e rafforzandola grazie a pressioni -con le buone (doni e promesse) o con le cattive (violenza) -e a giuramenti estorti, data la fides iudaica, che permette un solo Signore e Dio!
I farisei / pherushim (i separati, in quanto puri /hasidim tendono, da saggi, a tenersi lontano dal plhthos/popolo, ignorante ) sono considerati potenti per i re / basileusi dunamenoi, specie se sono all’opposizione, perché preveggenti/ malista antiprattein, promhtheis, anche se superbi a causa della previsione, in casi di guerra e di mali (danni) /kak tou prooptou eis to polemein te kai blaptein ephrmenoi ( epairoo).
Marco, i farisei per Erode sono pericolosi perché profeti, capaci cioè di prevedere il futuro e quindi possono minare il potere regio ed imperiale, se sono all’opposizione! forse sono potenti anche per Antipatro, di cui non si riesce a capire dalla pagina di Antichità giudaiche, interpolata in questo punto, la reale posizione, essendo compromesso con Ferora e con la moglie, che viene bollata come sua amante -Ibidem 51-.
Sembra che i farisei siano nel complotto molto importanti e quindi a conoscenza del veleno da dare ad Erode e di tutta l’operazione del veneficio?.
Neanche questo si potrebbe dire perché Antichità giudaiche, essendo interpolate da mano christiana, non sono attendibili, in quanto le quattro donne (Doris, moglie di Ferora con madre e sorella) dovrebbero essere puritane ed invece appaiono non caste ed infide se è vero che il diadokos– che teme la concorrenza di Ferora al trono, ha rapporti intimi con la sua amata donna, infedele moglie, e se insieme gestiscono l’operazione del veleno, conservato nella casa del fratello di Erode.
Sulle capacità profetiche lei ha parlato spesso degli esseni, che sono della radice farisaica, come i farisei lo sono di quella hasidica?! mi può precisare questo aspetto in Flavio, sadduceo di nobile famiglia sacerdotale, fariseo per elezione, asmoneo da parte di madre ?
Flavio, Marco, per mostrare il dono divino della preveggenza farisaica usa prima promhtheis (che sottende la promhteia), poi prooptos, che vale il vedere in anticipo gli eventi ed infine prognoosis, che significa preconoscenza con esatta previsione fattuale per intervento di Dio /epiphoithsei tou theou, che rivela la parapausis ths archhs/la vicina cessazione (o fine) del potere erodiano (il termine è apaks legomenon!: l’autore sembra voler indicare nella predizione farisaica il passaggio della basileia nelle mani di Ferora e di sua moglie e dei figli loro / upo theou epshphismenhs autooi te kai genei tooi ap’autou, ths basileias eis t’ekeinhn, periecsoushs kai Pherororan paidas t’oi eien autois, come evento stabilito da Dio ibidem 43 a causa dell’ira divina per l’uccisione dei fratelli/ ths adolphoktonias… tinomenou theou – Ibidem,60-.
Professore, le profezie dei farisei (in questo caso si tratta forse di Esseni!) possono aver dato adito a dicerie gerosolomitane circa la venuta del Messia, congiunte con quelle messianiche di origine mesopotamica?
Forse. Comunque, Marco, Gesù nasce in questo periodo, in cui Erode perseguita la moglie di Ferora, si inimica col fratello e, a corte, si torturano e Bagoa e Caro. Ho lavorato per anni per scoprire qualcosa su questo biennio, invano!. Posso solo dirti che non ho mai saputo il nome della moglie di Ferora, ma so che Ferora se ne va dalla corte e si ritira nella sua tetrarchia in Perea, grosso modo, al di là del Giordano, dopo aver rifiutato di cacciare la propria donna. Sappi che il testo di Antichità Giudaiche è corrotto e, per forza, bisogna fidarsi di Guerra giudaica I, 29(1-2)-
Comprendo, perciò, professore, che è possibile che nel II secolo d. C. questo breve periodo sia stato sfruttato dalla scuola alessandrina come momento centrale per la formazione del pensiero messianico, connesso con la verginità della Madonna, dati gli accenni alla verginità, deflorata delle figlie di Erode! cfr. A. Filipponi, Jehoshua o Iesous? Maroni 2003. Non conosco, però, gli episodi di Bagoa e di Caro, né il trasferimento di Ferora in Perea? me ne può parlare.
Sui farisei uccisi insieme a Bagoa e Caro -Ant Giud., XVII. 44.45- e su quelli costretti a pagare una penale versata dalla moglie di Ferora, si sa che sono, come gli esseni, aramaici ed hanno il dono della profezia e perciò predicano la fine del Regno Erodiano e l’avvento di un nuovo re, ritenendo che Erode e la sua stirpe cadranno perché Dio così ha stabilito, come punizione.
All’epoca circola la profezia della fine del regno di Erode e della sua stessa discendenza, da cui, però, una radice avrebbe ricostruito il Regno erodiano. Si allude alla figura di Erode Agrippa I, figlio di Aristobulo e di Berenice, destinato ad assumere l’intera basileia dal 41 al 44 d.C. dopo quasi cinquanta anni dalla predizione, che parzialmente si realizza nel 6 d. C, alla deposizione della regalità di Archelao e all’annessione romana della Iudaea alla Siria, dopo che sono lasciate semiautonome la Tetrarchia di Erode Antipa e quella di Filippo, con uno statuto simile a quello dato al Regno di Areta IV. Solo, dopo un trentennio, la predizione si realizza totalmente con l’elezione di Giulio Erode Agrippa prima come Tetrarca di Traconitide, Iturea, Auranitide e Gaulanitide e poi come Tetrarca di Galilea e Perea ad opera di Caligola ed infine come Rex socius ad opera di Claudio.
A questo punto, per spiegare bene, devo fare prima il riassunto circa la moglie di Ferora, precisando che Antipatro, divenuto insopportabile/aphorhtos perché alla malvagità ha aggiunto la sicurezza del potere: si è, infatti, consolidato con i matrimoni e con le amicizie romane e con quella dello zio Ferora – che ha favorito la formazione di un circolo femminile, intorno alla propria donna gunaikoon suntagma, che determina neooterous thorubous / disordini eversivi – ed ora è più temibile per tutti.
La moglie di Ferora, sua madre e sua sorella con Doris, madre di Antipatro, formano un quartetto, che fanno ubreis nella reggia, anche contro due vergini figlie di Erode.
Sembra, Marco, che queste donne, nonostante il non malcelato sdegno di Erode, impongono un clima religioso farisaico che, però, non può definirsi sistema in cui predomina la violenza/ubris, detestata dai farisei, a meno che non si parli di rigore con costrizione ad una morale di continenza, imposta a vergini, viziate come le due figlie di Erode, promesse ora ad uno, ora ad un altro – che hanno superato già i venti anni- , mai sposate, angariate, nonostante la protezione paterna: unico ostacolo a questa lettura la tresca del diadokos con la zia, moglie di Ferora, coetanea, che potrebbe essere, comunque, una diceria diffamatoria di Salome!.
Dopo il matrimonio con Alexas, Salome è l’unica ad opporsi e contrastare la riunione sunodos /convegno delle quattro donne con Ferora e con Antipatro, denunciata al re, come non giovevole ai suoi interessi /oos ouk epp’agathoooi toon autou pragmatoon.
Il re è infuriato e le donne cessano di riunirsi pubblicamente e di scambiarsi segni di amicizia, proprio del costume farisaico, e fingono perfino di essere in lite fra loro, imitate da Antipatro e Ferora che fanno credere che ci siano contrasti fra loro, mentre, poi, a sera, di nascosto, fanno sunousiai /convegni e koomoi nukterinoi / adunanze notturne rafforzando la loro omonoia/concordia.
Sappi, Marco, che anche i cristiani sono accusati dai pagani, specie nel II secolo d.C. per sunousiai e koomoi notturni a causa della cena eucaristica!
Erode, saputo tutto dalla sorella, raduna sunedrion toon philoon kai suggenoon/assemblea degli amici e parenti, fa molte accuse contro la moglie di Ferora, tra cui l’offesa alle sue figlie, li rimprovera del pagamento del misthos/pena pecuniaria ai farisei, suoi oppositori, ed infine attacca il fratello, reso a lui ostile grazie a farmaci, pressato e costretto a scegliere tra lui e la moglie.
Alla risposta di Ferora, che preferisce la moglie, affermando che avrebbe rinunciato alla vita, piuttosto che alla moglie, Erode, non sapendo cosa fare, ordina ad Antipatro di non dialegesthai / dialogare – Guerra giudaica ibidem, 572- di non omilein / frequentare e stare insieme familiarmente-( Ant giud. Ibidem-47 ) né con la moglie di Ferora né col marito, né con nessun altro dei suoi; il figlio non disobbedisce palesemente, ma si incontra nascostamente, di notte, con Ferora e le altre.
Grazie per le precisazioni. Sembra che Erode abbia demandato tutto a suo figlio, che, quindi, esegue formalmente, ma trama con le donne farisaiche, che sanno usare anche pharmakoi per eliminare il padre?
Bravo Marco!, noti che le farisee fanno uso, a detta di Flavio di Pharmakoi , in questo caso, amatori! Ti aggiungo che, allora, Antipatro pensa anche a veleni da propinare al padre in sua assenza, avendo ricevuto lettere, da Roma, dai suoi amici sollecitati a scrivere ad Erode della necessità di inviare in Italia il figlio contro Silleo, che ha iniziato una nuova causa, contro di lui: in sua assenza la morte del padre, sarebbe passata, inosservata, e sotto silenzio!
Professore, Antipatro doveva aver anche altri erodiani congiurati per la conduzione del regno in sua assenza per gestire il periodo di qualche mese prima del suo ritorno ?. Antipatro ha fatto un piano diabolico per fare fuori il padre, davvero ben architettato!.
Si possono solo fare delle illazioni circa la partecipazione alla congiura sulla famiglia di Mariamne di Boetho, figlia del sommo sacerdote e madre di Erode, promesso sposo di Erodiade, figlia di Berenice!
Erode padre, comunque, autorizza il viaggio del figlio, a cui dà uno splendido accompagnamento e grandissime somme e gli affida il testamento/ diathhkh, in cui risulta re Antipatro e come suo successore Erode, il figlio di Mariamne. cfr. Guerra giud,I 573 e Ant giud.XVII,53. Per quanto riguarda il piano diabolico ritengo che Antipatro sia stato, invece, molto superficiale nella realizzazione, pensata senza la sua presenza.
A mio parere, commette molti errori: 1. non aver legato, compromettendolo, Quintilio Varo, come aveva fatto con Senzio Saturnino, non avendo dato denaro sufficiente a lui che, arrivato, a detta di Tacito, povero, da lì tornò ricchissimo lasciando la provincia povera; 2. aver trascurato di lasciare a corte fedelissimi col compito di manifestare ogni mutamento del padre e di informarlo, nel caso di incidenti imprevisti come l’esilio dello zio Ferora e il secondo ripudio della madre; 3. non essersi affrettato a tornare in patria, subito dopo la causa, felicemente risolta, con Silleo e non essersi preoccupato del silenzio e degli amici romani e di quelli gerosolomitani. Un uomo prudente che ha lasciato segni della sua volontà di uccidere il padre, non può non temere che la sorte faccia qualche brutto scherzo e che qualcosa non vada per il verso giusto! Possibile che solo a Taranto nel viaggio di ritorno sappia della morte dello zio e che solo a Calcenderi in Cilicia sappia della madre ripudiata! Il padre ha neutralizzato il suo sistema di spie ed ha scoperto il suo piano! Sarebbe stato necessario il non tornare in patria!
Professore, a quest punto devo chiarire molte cose, non solo sul comportamento di Antipatro ma anche sul sistema farisaico di corte. Non comprendo a cosa servano le ubreis alle due vergini, nonostante la sua spiegazione di rigore morale, né l’adulterio tra il diadokos e la mia moglie, tanto amata da Ferora, socio nel disegno del veneficio, e specialmente non vedo la ragione di una richiesta romana, sollecitata, di un affrettato viaggio a Roma, mentre si sta concretamente arrivando alla soluzione della uccisione del padre! .
Marco, anche io non so mettere insieme la bieca figura di Antipatro col rigore precettistico dei farisei, elementi puri, che mangiano ogni tre giorni, digiunando due volte a settimana, ligi alla torah, tanto da pagare le tasse anche per i venditori insolventi, meticolosi circa le prescrizioni su una betullah/vergine, per di più di famiglia regia, e sull’adultera, donna da lapidare. Sembra che tu, comunque, in modo provocatorio, vuoi sentire le mie reali supposizioni sul fariseismo a corte!
Io posso solo dirti che si parla di due figlie di Erode, deflorate, sembra, solo in Ant Giudaiche, e non si sa da chi, né quando, né come: perfino l’ipotesi di amici di Silleo o di Silleo stesso, è inattendibile. E’ probabile che il racconto di Salome non sia credibile: Erode stesso lo ritiene falso! La notizia, perciò, circa le riunioni segrete notturne e le cene possono essere occasioni di pianificare la morte del re inviso alla maggioranza, col favore dei farisei, comprati da Antipatro che sospetta del padre e che teme che il suo odio aumenti, a seguito della denuncia della zia, ormai incontrollabile anche da parte di Doris, compromessa e personalmente comandata di non avere relazioni col gruppo di Ferora. A nulla, comunque, servono le precauzioni delle quattro contro la perfidia di Salome che svela al re le finte discordie delle donne, i simulati litigi pubblici e marca lo scambievole amore, evidenziando il ruolo di mezzana, di Doris tra il figlio e moglie di Ferora. Secondo Flavio, la partenza di Antipatro è l’inizio della sua fine che coincide con la morte di Ferora, da cui derivano le sventure del cattivo punito da Dio per l’assassinio dei fratelli, tanto da essere esempio per i posteri del trionfo del valore della virtù e dell’innocenza!
Eppure Antipatro a Roma risolve la questione definitivamente con Silleo (ibidem 55-56), fa punire l’arabo, accusato anche da Areta, di aver ucciso molti uomini notabili di Petra, tra cui Soemo, molto stimato per la sua virtù, e di aver eliminato Fabato, fattore di una villa di Cesare, che aveva saputo da lui che aveva incaricato Corinto una guardia del corpo di Erode, di ucciderlo, cosa che già era stata risolta da Erode, che dopo averlo torturato, punì anche i due suoi amici, venuti per aiutarlo -un capo tribù e d un amico di Silleo- affidandoli a Saturnino che tornava a Roma.
Mentre Antipatro è a Roma, Erode ordinò a Ferora di ritirarsi nel suo territorio per aver favorito i farisei avendo pagato al loro posto la pena pecuniaria inflitta,- ibidem 58 -. Nel tornare al di là del Giordano, non avendo voluto ripudiare la moglie, venuto in Perea, tetrarchia a lui data per ordine di Augusto già nel 20 con la fortezza di Macheronte, come postazione militare antinabatea, Ferora giura di non ritornare più indietro finché non avesse udito la morte di Erode -ibidem-.Il giuramento per un fariseo è sacro: bisogna mantenerlo!
Infatti, secondo Flavio non volle venire a visitare il fratello, malato, per mantenere fede al giuramento.
Quando, invece, Ferora si ammala e sta per morire Erode andò a trovarlo senza essere chiamato e quando morì preparò il suo funerale, lo fece trasferire a Gerusalemme, dove provvide per la sua sepoltura, decretando un solenne lutto.
Erode appare fraterno, migliore dei suoi parenti?! Un gesto anche importante non può qualificare un’esistenza, anche se può essere significativo per rilevare il carattere sentimentale, legato alla consanguineità, di un uomo!. Comunque, questo suo atteggiamento fraterno, per Flavio, diventa episodio chiave per la scoperta del complotto di Antipatro e in Guerra giudaica I,582-607 e in Antichità Giudaiche XVII,61-82.
Flavio -ibidem 61- scrive: quando Ferora morì e fu sepolto, due liberti molto stimati da lui, andarono da Erode e lo pregarono di non lasciare invendicata la morte del fratello, ma di esaminare la sua inesplicabile ed infelice morte.
Da questa indagine, dunque, professore Erode scopre il tradimento del figlio, il suo odio verso di lui e la volontà di regnare, di uno, già destinato al potere come diadokos, immemore dei benefici ricevuti desideroso della sua fine, prima del tempo previsto dalla natura?.
Noi seguiamo le due opere che divergono di poco, anche se preferiamo la versione di Antichità giudaiche, più storica rispetto alla prima romanzata, anche se ambedue sembrano credibili nel loro racconto, in cui parlano di Ferora, che cadde svenuto, dopo aver cenato con la moglie, avendo mangiato una sostanza, servitagli in un cibo, non consueto, ammalatosi gravemente entro due giorni, per poi morire, dopo la visita del fratello.
I due liberti, interrogati e torturati, concludono: quella sostanza, portata su commissione della madre e della sorella della moglie di Ferora apparentemente per stimolare le sue sensazioni erotiche, come poculum amatorium/ philtron, da una donna di Arabia, esperta di misture che, però, gli aveva somministrato invece una pozione mortifera per ordine di Silleo, che la conosceva– Guerra Giud. ibidem 583-.
Professore, Ferora è avvelenato da Silleo, che già ha commissionato tramite Corinto, l’uccisione del re, pure col veleno!? Erode nella sua mente intronata ha preso coscienza di questo?
Non mi sembra che ne abbia coscienza piena. Infatti, preso da sospetti verso Antipatro, sottopone a tortura donne schiave e libere del clan Ferora, ancora inquisito a causa dei farisei, cercando un colpevole, senza preoccuparsi più di Silleo!. Nel corso della tortura, una delle donne, straziata dal dolore, esclama: Dio che regge la terra e il cielo, punisca chi è causa di queste sventure, la madre di Antipatro!.ibidem 584 : la notizia è comprovat anche da Ant. Giudaiche XVII,65.
Allora, Erode, partendo da questo indizio, dato da una donna libera, scopre che Doris ha convegni clandestini e notturni con Ferora, con le donne farisaiche e – prima della partenza – con Antipatro, senza la presenza della servitù e che, quindi madre e figlio hanno disubbidito al suoi ordini di omilein/ avere relazioni con loro. Sa, inoltre, da schiave torturate che Antipatro si sarebbe ritirato a Roma e Ferora in Perea, perché lui se la sarebbe presa con loro in quanto, dopo l’uccisione di Mariamne e dei suoi figli, non avrebbe risparmiato nessun altro e perciò, era meglio fuggire il più lontano possibile da quella bestia/ therion!. Sa delle lamentele di Antiprato, stanco di attendere la fine del padre, che ringiovanisce ogni giorno di più, mentre lui ha i capelli bianchi ed è destinato forse a precederlo nella morte, prima di poter effettivamente regnare, e che, se anche gli riuscisse la successione, sarebbe stata di breve durata, mentre crescevano le teste dell’Idra cioè i figli di Alessandro ed Aristobulo. Infine conosce il disappunto del figlio circa il testamento, in cui ha nominato Antipatro successore, ma come suo diadokos al posto dei figli suoi, Erode, il figlio di Mariamne, a dimostrazione del suo rimbambimento/ paragheran, visto che crede che il testamento rimarrà valido, non avendo considerato che lui ci penserà a far piazza pulita della famiglia/auton gar pronohsein mhdena ths geneas apolipein.
Il sapere queste cose amareggia Erode, che ha dato cento talenti per non far comunicare fra loro sua moglie e suo figlio con Ferora e la sua donna, che, oltre tutto, si lamentano insieme come se avesse fatto loro del male, desiderosi di vivere ignudi, anche se spogliati di tutto. L’indagine viene spostata dalla morte, da vendicare di Ferora, alle colpe di Antipatro e della madre e delle donne del fratello, certamente non colpevoli dell’avvelenamento del tetrarca. Viene censurata la frase detta da Antipatro, riferita da una schiava torturata: E’ impossibile sfuggire ad una belva così sanguinaria/amhkhanon ekphugein outoo phonikon therion, per cui non è consentito nemmeno di voler bene apertamente a qualcuno/par’ooi mhde philein tinas ecsesti phaneroos: dunque, noi siamo costretti ad incontrarci di nascosto, ma lo potremo fare apertamente quando ci decideremo a pensare e ad agire da uomini (qualora avremo pensiero e mani da uomini)!/lathra goun nun allhlois sunesmen, ecsestai de pahaneroos , ean skhoomen pot’androon phronhma kai kheiras!.
Professore, mi sembra ora di vedere Erode che cerca la colpevolezza del figlio, un vir / uomo, un parrhsiasths, quasi desideroso di vivere miseramente, spoglio di tutto, come un patriota che combatte contro il tiranno, romanticamente, più che un rancoroso beneficato da un padre sovrano. Leggo bene?
A me sembra che tu legga come gli storici romantici ottocenteschi, che inneggiano al nazionalismo farisaico di Antipatro che, però, ha oltre al rancore personale mai eliminato, una voglia di regnare propria di uno educato a lungo come privato, senza il potere, in un territorio dominato da Roma e da un suo fedele servo, come Erode philhllhn, formatosi alla scuola farisaica e all’integralismo religioso, uno strano prototipo di idumeo, della stirpe antipatride, fortemente in contraddizione tra i principi della torah e la volontà di abbattere i sadducei ed Erode, sudditi fedeli dell’imperatore e della Dea Roma, in nome di Sion eterna!
Professore, anch’io vedo in Antipatro una profonda contraddizione con sé stesso come figlio, incapace di coprire e chiudere il suo rancore per l’abbandono,- accettando il padre che l’ha onorato e fatto suo successore, in una richiesta muta di perdono,- e con la famiglia come erodiano, che odia il padre e i fratellastri, con la società giudaica come elemento farisaico e con il kosmos romano come oppositore cieco, anche se costretto a servire come ogni altro civis giulio, in quanto successore di Erode filoromano, pur essendo idumeo, teso al martirio per il suo phronema giudaico, disposto anche a pagare la sua attività rivoluzionaria con la vita.
Marco, vuoi dire che in Antipatro è possibile vedere, pur nella contraddizione sentimentale, ed affettiva, di un figlio abbandonato in tenera età, una forma integralista di patriottismo religioso? non so spiegarlo, ma individuo la presenza di un vero uomo che avrebbe voluto fronteggiare apertamente il padre tiranno, costretto a seguire la via della perfidia e della scaltrezza per poter sopravvivere e diventare successore di una basileia, proprietà personale imperiale.
Marco, tu sai che Erode è considerato dal popolo un tiranno, illegittimo, un bugiardo dai farisei , un eretico dagli stessi sadducei, un corrotto ellenizzato non conforme allo spirito giudaico dall’esercito polietnico, nonostante le sue opere grandiose come la costruzione del Tempio, fatta per l’ostentazione della sua potenza personale di re magnifico, in una volontà di rivaleggiare con Augusto e con Marco Agrippa, più che per la pietas verso il Theos, o per il bene del popolo!.
Proprio per questo , Professore, rivaluto la figura di Antipatro che mi sembra simile a quella di Tirone- che è un ardito vecchio militare convinto di poter scuotere l’onore di un ex commilitone- costretto dalla situazione a rendersi figura odiosa col suo subdolo piano eversivo, pur facendo il dialakths!
Smettiamo questa disquisizione sulla figura di Antipatro, mai ben definita, e seguitiamo nel nostro lavoro!
Erode, avuta la confessione delle donne, fruga ulteriormente su Doris, puntando l’indagine su di lei, perché è convinto della verità delle affermazioni, estorte, per il particolare di cento talenti. Secondo Flavio, dunque, convocata la madre di Antipatro, la fece spogliare di tutti gli ornamenti che le aveva regalato e valevano parecchi talenti e la ripudiò per la seconda volta. Ant. Giud.59.
E poi cosa fa Erode?
Ripudiata la moglie, smette di torturare le donne e si riappacifica con le donne di Ferora, è impaziente di mettere le mani sul figlio Guerra giud.I, 608 e temendo che gli fosse preavvertito e si mettesse al sicuro gli inviò una lettera piena di affettuose espressioni pregandolo di affrettarsi a tornare, se lui fosse arrivato presto lui avrebbe messo fine ai rancori contro la madre- ibidem.
Erode è furbo ed, avendo il solo figlio in sospetto, indirizza su di lui, la sua indagine. Infatti decide di sottoporre a tortura i suoi uomini e collaboratori, aizzato da qualcuno, sconosciuto,(Achiab?) tanto da infiammarsi /ecserripizeto nella ricerca di colpevoli.
Quindi, Erode non insiste sulle donne di Ferora e cerca un’altra via? Marco, Erode è veramente astuto, anche se rincoglionito: avrà avuto sotto osservazione le donne del fratello e, mentre inquisisce Antipatro il samaritano, ha chiara l’estensione della congiura non solo in Perea ed in Egitto, con ripercussioni nella sua stessa casa gerosolomitana, ma anche a Samaria, sede del suo esercito.
Antipatro il samaritano è definito epitropos di Antipatro figlio di Erode, come il suo braccio destro in Samaria, come suo fiduciario responsabile della regione con funzioni amministrative, giudiziarie e militari, proprie di ogni epitropos/praefectus cum iure gladii che noi abbiamo visto come legatus, superiore alla carica di epimhleths/ curatore e procuratore di provincia, senza poteri militari e giudiziari, ma anche con poteri di un amministratore locale / dioikeths.
Orientato in questa direzione, Erode, scopre la verità sulla congiura di suo figlio e la sua estesa trama.
Flavio dice in Guerra giud. I,592 e lo ribadisce Ant. Giud.XVII 69-70 : Antipatro, sottoposto a tortura, afferma che il figlio aveva fatto portare dall’Egitto per mezzo di Antifilo, uno dei suoi amici, un veleno mortale destinato a lui, che era stato ritirato da Teudione, zio di Antipatro, e consegnato a Ferora; a costui infatti Antipatro aveva dato l’incarico di spacciare Erode mentre egli se ne stava a Roma, immune da ogni sospetto. Ferora, infine, aveva affidato il veleno alla moglie.
Erode scopre che la congiura ha radici anche in Idumea, oltre a Samaria e in Perea e perfino in Egitto, tra i giudei ellenistici probabilmente connessi con la famiglia di Mariamne di origine sacerdotale leontopolitana alessandrina ed ora convoca, a sorpresa, la moglie di Ferora, che custodisce il veleno.
La donna, fingendo di obbedire chiede il permesso di andare a prendere l’astuccio col veleno, ma, invece di tornare, si getta dal tetto, ma cade in piedi e rimane viva, anche se stordita. Flavio interpreta il fatto come volontà di dio che vuole punire Antipatro!.
Erode, secondo la narrazione, congiunta, delle due opere di Flavio, la fa rinvenire e le chiede perché abbia fatto quel gesto e gli giura che se avesse detto la verità, le avrebbe condonato ogni pena, ma se avesse di mentire le avrebbe fatto sbriciolare il corpo sotto i supplizi senza fare restare nulla per la sepoltura -ibidem, 594-.
La donna dice che, essendo morto Ferora, non ha più alcuna ragione per salvare Antipatro, che è stato rovina /apolesanta per loro tutti- ibidem-.
Ecco, Marco, la confessione della moglie di Ferora, che inizia solennemente con uno Shema’/ akoue ascolta, o re, ed insieme a te mi ascolti Dio che è testimone della verità e non può essere ingannato: Qunado tu,o re , sedevi piangendo accanto a Ferra morente, questi mi chiamò e mi disse. grandemente mi sono sbagliato , o donna, circa i sentimenti di mi fratello verso di me, sì che l’odiavo mentre lui mi vuole tanto bene e mi proponevo di ucciderlo mentre lui è così afflitto per me prima ancora che io sia morto. Ora io pago il fio della mia empietà, ma tu portami subito il veleno che conservo, quello che ricevesti da Antipatro per ucciderlo e distruggilo subito davanti ai miei occhi perché io non mi porti dietro nell’Ade il demone vendicatore. Al suo ordine io glielo portai e la maggior parte la gettai nel fuoco in sua presenza, ma una piccola parte io la conservai per me. per i casi incerti e per il terrore, che tu mi ispiravi.
La donna, detto questo, trae un bossolo col veleno, una minima parte, per testimoniare la verità di quanto riferito, cosa, d’altra parte, confermata dalla madre e da un fratello di Antifilo, torturati, che affermarono che Antifilo aveva portato la scatola dall’Egitto e che aveva ritirato il veleno da un fratello, che faceva il medico in Alessandria.
La notizia si diffonde a corte, Professore, e certamente ci sono reazioni!
Flavio parla di una reggia che, a causa delle ombre di Alessandro e di Aristobulo, svela i segreti trascinando alla condanna persone lontanissime dall’essere sospettate!: Mariamne, la figlia del sommo sacerdote era partecipe della congiura! lo svelarono, infatti, i suoi fratelli sottoposti a tortura. Della colpa materna – in effetti si tratta di tolma/azione audace più che malvagia -il re punì il figlio, Erode, cancellandolo dal testamento Erode, dove vi era nominato come successore di Antipatro.
E’probabile, professore, che Antipatro, fatta giurare Mariamne di non parlare circa il veleno venuto da Alessandria, le abbia promesso di far scrivere al marito il codicillo circa il figlio diadokos?
Solo compromettendola, può aver comprato il silenzio di una donna di provenienza alessandrina!. Le opere flavie non parlano di un odio alessandrino per Erode (e la sua famiglia antipatride) che risulta rispettato ed amato in Egitto dagli etnarchi ed alabarchi giudaici, a causa della fortuna e della sua amicizia con Marco Agrippa e con Augusto stesso. Non si conoscono le relazioni tra i sacerdozio leontopolitano e quello gerosolomitano in questo periodo: è arguibile che la bestiale tirannia degli ultimi anni di Erode sia stata condannata dal sacerdozio oniade, che, perciò, può aver favorito le aspirazioni dell’ingrato figlio. D’altra parte in un momento di grave riprovazione del sistema autoritario e crudele di Erode, dopo l’uccisione di Alessandro e di Aristobulo non è neanche pensabile che vi sia un giudeo filoerodiano, se non i cortigiani gerosolomitani.
Flavio aggiunge che la conferma ulteriore per Erode delle mene di Antipatro viene da Roma.
Da Roma?
Antipatro, non avendo notizia dell’andamento della sua trama, preoccupato, decide di inviare un suo liberto, di nome Batillo, con un altro veleno, un’altra pozione mortifera, composta di veleno di vipere e di secrezioni di altri serpenti, sì che, se non facesse effetto il primo veleno, Ferora e la moglie potessero servirsi di questo altro veleno contro il re.
Batillo ha un altro compito da portare a termine, quello di denigrare il comportamento dei due giovani figli di Erode, quello di Maltace, Archelao, e quello di Cleopatra, Filippo, che stavano a Roma a studiare ed erano già grandicelli e pieni di senno. Essi davano ombra alle sue speranze ed Antipatro, cercando di liberarsene, falsificò alcune lettere a nome degli amici di Roma, mentre da altri amici, corrotti con denaro, fece scrivere che i due giovani parlavano sempre male del padre, che compiangevano apertamente Alessandro ed Aristobulo e che non erano contenti di rientrare in patria.
Batillo, porta ad Erode le lettere falsificate contro Archelao e Filippo, che sono richiamati dal padre ed Antipatro è preoccupato e turbato per questo, non conoscendo le intenzioni del padre su di loro.
Già, prima della sua partenza, per Roma, infatti, Antipatro, quando era in Giudea, secondo Flavio, a pagamento ottenne che da Roma venissero inviate simili lettere contro i due giovani e, per evitare sospetti, si recava dal padre a difendere i fratelli dicendo ora che alcune delle cose scritte erano false, ora che si trattava di intemperanze giovanili.
Comunque, il richiamo dei fratelli gli sembra strano anche perché deve rendere conto dell’ amministrazione di trecento talenti; da qui l’invio di Batillo con le lettere e con un rendiconto delle spese sostenute, anche per gli amici romani, a lui favorevoli, ricompensati con vesti assai costose, tappeti variopinti, coppe di argento ed oro e molti oggetti di valore e denaro, in modo da includerle nel costo del viaggio e del soggiorno a Roma, con l’aggiunta delle spese per la causa di Silleo, compreso l’acquisto di un magnifico immobile, romano.
Alla venuta di Batillo già le indagini sono finite e a corte circolano le voci di parricidio di Antipatro e della sua volontà di fare un nuovo fratricidio, per cui si coagulano le forze a lui ostili delle due mogli di Erode, aumentando l’odio per il diadokos, richiamato anche lui dal padre, che ha le prove contro il figlio.
Nella corte di Gerusalemme la situazione è di massimo silenzio: tutti tacciono e nessuno è tanto amico di Antipatro da mettere in pericolo la propria vita per la salvezza di uno, che non sa niente della reale situazione e del controllo imposto sulle strade dal re: la stessa notizia del suo ritorno, annunziato come prossimo, aumenta il silenzio, anche se si vocifera che la sua missione romana è stata conclusa nel migliore dei modi, tanto da essere elogiato da Augusto.
Eppure, professore, tra l’inizio dell’indagine e il ritorno di Antipatro passano sette mesi e in questo lungo periodo nessuno scrive, nessuno trova una via di comunicazione con il capo ormai riconosciuto di un gruppo, cementato dall’amore farisaico! Possibile che Erode abbia neutralizzato ogni spia, controllato ogni strada, bloccati i piccioni viaggiatori e perfino le voci dei marinai del porto di Cesarea che, alla partenza, hanno assistito alla fastosa pompa del diadokos e visto il numeroso corteo di accompagnamento! Possibile un vecchio malato e rincoglionito, da solo, ha paralizzato con le torture uomini di fede farisaica, asmonei aramaici, guerrieri!
Flavio spiega il fatto come un intervento di Dio che sembra favorire Erode, facendo aggirare nella reggia l’ombra dei due fratellastri uccisi che blocca chi vuole parlare e tiene lontano da Antipatro, parricida e fratricida, tutti, follemente intimoriti da Erode!. E’ troppo strano e impensabile che si sia verificata una situazione del genere: sotto le lettere greche di Flavio c’è un’altra realtà che non sappiamo leggere, perché volutamente sottesa o perché occultata da scrittori manipolatori e falsificatori!
Comunque, ad Antipatro che annuncia il suo ritorno ed informa di essersi congedato da Cesare con tutti gli onori, Erode – Ant.giud. XVII, 83.- dissimula scaltramente il suo sdegno e risponde ordinandogli di non ritardare affinché durante la sua assenza non gli capitasse qualcosa di sinistro; si lamentò un pochettino di sua madre, promettendo che avrebbe esaminato con lui queste lagnanze, al suo arrivo.
In effetti Erode gli mostra benevolenza perché teme che il figlio sospetti qualcosa e invece di tornare in patria differisse la sua permanenza a Roma e nel fare questo potesse fargli danno organizzando un complotto a Roma – ibidem 84-.
Antipatro, secondo Flavio, dopo la notizia della morte di Ferora e del ripudio della madre, addolorato, non accetta il consiglio di amici di fermarsi in qualche luogo vicino, e di aspettare di vedere ciò che poteva accadere e, mentre accoglie quello di amici che dicevano che col suo ritorno avrebbe dissolto ogni accusa contro di sé in quanto l’unica forza di cui disponevano i suoi accusatori, era la sua assenza.-ibidem 86-.
Perciò, Flavio dice -ibidem, 87: persuaso da questi argomenti proseguì la navigazione e attraccò al porto di Cesarea…. allora Antipatro aprì gli occhi e riconobbe le disgrazie che gli si preparavano perché nessuno gli si avvicinò, nessuno gli rivolse parole di saluto e gentili espressioni di augurio, come era avvenuto alla partenza; al contrario vi era chi non si astenne dall’accoglierlo con maledizioni pensando che quello era là per scontare le pene che gli spettavano per i crimini contro i fratelli.
Guerra giudaica è dello stesso avviso?
Si dicono le stesse cose, rivelando la completa solitudine di Antipatro; si discute sul non consegnarsi o consegnarsi al padre se non dopo aver appurato le ragioni del ripudio della madre, ma con la certezza di doversi affrettare: bisognava, comunque, non indugiare, togliere i sospetti al padre e non dare un’arma in mano ai suoi avversari che, per la sua assenza, si erano mossi, facendo vacillare il suo regno!
Guerra giudaica rileva pollh erhma/la grande solitudine dell’approdo a Cesarea, di Antipatro, avvicinato da nessuno, evitato da tutti, maledetto dai presenti!.
Antipatro capisce subito che non c’era più via di scampo o maniera di sottrarsi ai pericoli incombenti … di cui nessuno lo aveva informato esattamente per paura delle minacce del re; restava poi una speranza piuttosto lieta, che cioè nulla fosse stato scoperto oppure se qualcosa si fosse scoperta, di potervi mettere riparo con la sfrontatezza e con gli inganni, gli unici mezzi di salvezza che gli erano rimasti.
L’arrivo alla reggia è ancora più traumatico: gli amici bloccati al primo portone in malo modo, Varo, il governatore di Siria, nel palazzo; il padre in lontananza!
Flavio dice che Antipatro entra con le armi degli inganni e della sfrontatezza e si dirige verso il padre, audacemente e coraggiosamente gli si avvicina per baciarlo e poi descrive Erode che grida con le braccia protese e il capo ricolto dalla parte opposta: anche questo si addice ad un parricida, il volermi abbracciare, mentre è schiacciato da simili accuse! va in malora, scelleratissimo uomo, e non toccarmi prima di esserti purgato dalle accuse!. Ti assegno un tribunale e come giudice Varo, che opportunamente è qui fra noi. Va e preparati a difenderti per domani, concedo, infatti, un respiro per i tuoi artifici.
Antipatro, all’arrivo, trova, dunque, pronto il tribunale e il giudice: Erode ha avuto tempo per preparare il giudizio e le accuse ed ora concede un giorno per la preparazione della difesa del figlio, che non conosce nemmeno i punti delle accuse, formulate.
Flavio in Guerra giudaica I,619 avverte che Antipatro, senza fiatare per lo sbalordimento /ekplhcsis, si ritira: fu raggiunto, allora, dalla madre e dalla sorella, che gli svelarono tutte le prove emerse a suo carico; si fece animo e si diede a cercare argomenti per la difesa.
Marco, nota che Antichità giudaiche corregge sorella con moglie di Antipatro, un’asmonea, figlia di Antigono, che, in un certo senso, spiega l’avvicinamento del diadokos alla pars asmonea e farisaica!.
Le accuse sono le stesse nelle due opere?
Marco, in Guerra giudaica si parla di 4 accuse: di un primo fratricidio, di un tentativo di secondo fratricidio, di un complotto con avvelenamento del padre, e di una cospirazione successiva contro Salome, scoperta dopo la partenza di Varo per Antiochia.
In Antichità giudaiche, invece, si mostra Varo, chiamato appositamente come consigliere/ sumbouleuths, che, però, è fatto giudice/dikasths, in quella occasione particolare, in una specifica situazione, in cui il re, già malato, accusa, adirato e in preda a fortissime emozioni, il figlio di parricidio e di cospirazione, desideroso di eliminarlo col veleno, rilevando lo stordimento e lo sbalordimento di un figlio, vestito di porpora, venuto a salutare, dopo un lungo viaggio di terra e di mare, il proprio re padre, che, rifiutando bacio ed abbraccio, lo incrimina, imponendogli il giudizio per il giorno dopo, davanti ad una corte di parenti e di amici, riunita in assemblea!.
La fase iniziale dl processo è dramatopoiia, atto teatrale di un protagonista re, turannos, di un padre, inquisitore, che ricorda i benefici, gli onori, il poter condiviso, il denaro dato per il viaggio a Roma, a cui è contrapposto l’antagonista, un figlio degenere, che vuole uccidere il padre, volendo la sua morte prima del tempo, dato dalla natura, e che ha congiurato, essendo una bestia ingrata, un malfattore abile, comunque, a dissimulare, perverso e capace di ingannare tanto da far impietosire la corte, da attore tragico.
Professore, sono due diverse trattazioni, organizzate per fini diversi di un processo già fatto in contumacia, prima dell’arrivo, ora ripetuto davanti al giudice governatore romano, che deve relazionare ad Augusto ed emettere sentenza davanti al presunto colpevole, da condannare, più per il fratricidio di Alessandro e di Aristobulo che per il reale veneficio del padre!
Certo, Marco, tutto è già fatto, manca solo la ratifica del governatore di Siria che, fatta fare la prova del condannato a morte- che, bevuta la pozione avvelenata, muore all’istante- avuto il colloquio segreto con Erode, scritto il rapporto segreto per Augusto sul processo, il giorno dopo, parte, mentre Erode fa gettare in catene Antipatro, dopo aver inviato un’ambasceria ad Augusto, per informarlo della sua personale disgrazia.
Professore, noto che non c’è verdetto, anche se la pars accusatoria e la pars difensiva si sono misurate e confrontate?
Marco, vero !. Nelle due opere non c’è sentenza del giudice /krisis o katakrisis/condanna!. ma c’ è un dato comune :tutto era stato preparato per il processo di Antipatro davanti al tribunale dei parenti e degli amici / sunedrion toon suggenoon kai philoon, con lo stesso Varo presidente: il re fece introdurre tutti i delatori / tous mhnutas pantas e tutti gli altri che dovevano denunciare le trame segrete, quanti erano stati torturati, ed anche alcuni schiavi della madre di Antipatro, arrestati poco prima del suo arrivo. Essi infatti recavano una lettera, il cui contenuto era in sintesi questo: non ritornare a casa perché tuo padre è al corrente di tutte le trame ! Il tuo unico rifugio è Cesare, se non vuoi cadere nelle sue mani!
Inoltre, Marco, ci sono le parti più o meno estese della pars accusatoria di Nicola e quella difensiva dell’accusato Antipatro.
Dunque, professore, Erode più che giudicare il figlio vuole giustificare davanti ad un familiare dell’imperatore l’arresto di Antipatro, chiamato da Augusto, Philopatoor, e dimostrare la sua perfidia nel caso precedente della morte dei due figli asmonei e il suo agire tortuoso di corruttore degli amici romani e perfino di personaggi della corte di Livia? Non si vuole la condanna per Antipatro per i reati commessi contro di Lui, ma la punizione per Antipatro, che ha fatto uccidere i suoi fratelli, col suo aiuto, desideroso ora di rettificare il precedente errore giudiziario e di evidenziare la buonafede di un re, raggirato dal figlio, maligno corruttore, di cui lui stesso è stato vittima incolpevole!
Certo, Marco! questo sembra essere il nucleo di questo processo ma questo è a favore di Antipatro, contro cui, in sua assenza, hanno operato i suoi avversari, turbati dalla predizione farisaica della fine del regno di Erode e della possibilità di un passaggio alla stirpe di Ferora, e dall’avvenuta corruzione dell’eunuco Bagoa – destinato ad essere padre e benefattore di un re di un regno venturo – e di Caro, un amasio di eccezionale bellezza, dal re sommamente amato.
Non conosco Bagoa! può dirmi qualcosa di uno che sembra un miracolato a seguito di un presunto cambiamento di dinastia? Flavio – Ant. giud.XVII,45- parla di uccisioni di domestici, fatte, a causa dei farisei che predicano di un Bagoa elevato a grandi speranze, profetizzato come futuro padre e benefattore di chi un giorno sarebbe stato posto sopra il popolo col nome di re, che avrebbe avuto il potere di dare a lui, eunuco, la facoltà di sposarsi e di generare figli veramente suoi!
Una predizione strana, professore, che a me ora fa pensare alla venuta di un qualcuno, che ha un potere miracoloso, per cui un eunuco possa essere padre di figli! A Dio tutto è possibile!
Marco, non scherzare! io non posso dirti quello che non so e non cercare di stimolarmi in certe direzioni che ritengo attualmente proibitive! Antipatro, comunque, appare ora maggiormente legato ai farisei e agli asmonei, vinto, però, dalla cospirazione di Salome che, avendo potere sul fratello, insieme ad amici romani e col favore di Livia, ha tramato contro il diadokos, facendo emergere una pars filoromana- ostile al figlio di Erode, anche se congiunto con asmonei, farisei, popolo, il piccolo e medio sacerdozio, contadini e artigiani e capi dell’esercito – riuscendo con Alexas ed altri a far moralmente condannare, inopinatamente, il solo Antipatro, come unico colpevole.
Essendo ormai tutto contro di lui- cfr. Guerra Giud.I, 614 – Antipatro, fatto entrare dopo la folla degli accusatori, in un clima del tutto a lui ostile, si prostrò ai piedi del padre e disse: ti scongiuro, o padre, di non condannarmi in anticipo ma di porgere l’orecchio alla mia difesa, senza essere prevenuto, se tu vorrai, dimostrerò la mia innocenza! Ibidem 621.
Secondo Flavio, Erode, invece, rivolto a Varo gridò al figlio di tacere e disse: io son certo che tu, o Varo, ed ogni giudice dabbene giudicherete Antipatro un uomo perduto/ecsoolh perditum abominevole,- un male esiziale – .io temo che tu possa disprezzare la mia sorte e considerarmi degno di qualsiasi sventura per aver generato figli di tale specie!.
Il tono è quello di chi, vecchio, vuole compassione perché lui è stato padre molto amoroso/pathr philostorgatos, che vuole raccontare il suo rapporto coi figli e far sentire la sua storia, prima del giudizio.
Secondo Ant giud. XVII, 94, Erode iniziò a commiserare se stesso per aver avuto figli che gli provocavano disgrazie intendendo dimostrare che tutto è iniziato con la venuta di Antipatro a corte, fatto venire come suo custode ed invece divenuto responsabile della disgrazia della morte dei figli, nati da una regina ed ora colpevole di attentare alla sua vita: eppure lui è stato bravo ad educarli ed ammaestrarli e a fare grandi spese in ogni tempo per soddisfare i loro desideri! nessuno di tali benefici era valso ad assicurargli la vita allorché complottarono contro di lui per toglierli empiamente il potere regio prima che il loro padre lasciasse per legge naturale e lo consentisse il suo volere e giustizia. E di Antipatro disse che non riusciva a capire quale speranza l’avesse gonfiato da renderlo così audace da giungere a tanto: aveva designato per scritto a succedergli sul trono in pubbliche scritture; anzi, essendo lui in vita, Antipatro non gli era in niente inferiore, gli mancava di dargli lo scettro!
Professore, la fase iniziale del processo è in effetti una dramatopoiia come quella del processo romano dei due asmonei, con un padre miserevole che accusa un figlio che nemmeno ha vera possibilità di difesa tanto che alla fine, non avendo ascolto, nel tumulto delle voci dissidenti, giunge a chiedere di essere torturato dopo che ha implorato Dio, come suo difensore, che lo ha protetto nel viaggio di ritorno per terra e per mare!
Hai ragione Marco, i due, accusatore ed accusato sono figure drammatiche di padre e di figlio in un conflitto non solo familiare e morale, ma anche politico e sociale, sotto cui si cela un complotto eversivo interno ed esterno, giudaico e romano-ellenistico: non Erode ed Antipatro, un filoromano e un filoparthico, si contrastano ma c’è in gioco anche la sorte di un regno nel quadro del Kosmos romano.
Erode si dimostra un padre emotivo che, avviate le accuse, non riesce più parlare e piange come un bambino per la commozione, lasciando al suo patronus il compito dell’accusatore, che argomenta sui fatti e prova le colpe dell’accusato, ma in cuore suo si augura che suo figlio sia innocente davanti a lui e alla famiglia e non si sia macchiato come stasipoioon, come sobillatore di rivolte, davanti ai romani: gli ripugna l’idea di un figlio che voglia immolare il padre sopra i suoi fratelli morti, che al primo delitto faccia seguire un secondo delitto ancora maggiore!
Professore, mi piacerebbe capire come Nicola di Damasco sviluppi il pensiero accusatorio in modo professionale, certamente retorico, dopo aver sentito i testimoni, così da provare le colpe del diadokos?
Marco, il patronus attacca Antipatro, riprendendo le stesse parole del re, ripetendo in sintesi le accuse riassunte per concludere con la peroratio producendo le risultanze, derivate dalle torture e dalle deposizioni dei testimoni, dopo essersi diffuso a lungo sulle benemerenze del padre, sull’ingratitudine dei figli asmonei desiderosi giovanilmente di regno- dei quali non si meravigliava – – e specie del figlio diadokos, di cui si stupisce perché, non si lascia raddolcire dai benefici paterni e si comporta come uno dei serpenti più velenosi, imitando proprio il loro esempio, da lui stesso punito.
Il suo epilogos/perorazione è Il seguente: eppure tu, Antipatro fosti tra quelli che denunziarono i fratelli per la loro condotta temeraria, tu hai indagato sulle prove, tu li hai puniti, una volta trovate.Noi quindi non condanniamo lo sdegno col qual tu non lasciasti impunito il loro crimine, ma ci stupisce la temerarietà con cui hai imitato la loro condotta. Noi non troviamo le tue azioni dirette a liberare il padre dal pericolo ma a rovinare i tuoi fratelli in una dimostrazione di odio per la loro malvagità e in una attestazione di te, come figlio affettuoso in modo da essere in una condizione elevata per agire contro il padre con la più grande iniquità… tu hai indicato i loro complici facendoti vedere come accusatore dopo aver stretto un patto coi complici contro tuo padre, avendo bisogno del loro complotto parricida per essere il solo a giovarne in modo da avere un doppio vantaggio per te,. eliminare i fratelli e progettare un piano segreto contro tuo padre. Ant giud.XVII;113. Nicola si spiega meglio: tu hai fatto la prima azione perché i fratelli vantavano diritti maggiori alla successione, ma non era necessario complottare contro il padre, hai complottato facendo la seconda azione perché stasipoioon/ istigatore di rivolta.
Da una volontà eversiva statale deriva, quindi, l’accusa di Parricidio, sottintendendo in padre la patria ?
Sembra che Nicola, metta insieme il crimen verso la patria e quello verso il padre in un’accusa unitaria, dopo aver sviluppato il pensiero circa l’avversione verso i fratelli l’odio contro il padre cadendo nello stesso loro delitto contro natura , coinvolgendo il padre infelice nella loro stessa sorte, per un proprio vantaggio, facendo un parricidio non comune, progettato in segreto, ma di un genere mai menzionato nella storia -ibidem.
Antipatro, secondo il pensiero espresso da Nicola, ha voluto spogliare il padre che l’ ha accontentato in tutto, facendolo socio successore, mettendo per iscritto il tuo diritto di diadokos, mentre lui di fatto ha complottato, pur dicendo a parole di volerlo salvare, invasando sua madre coi suoi disegni, rompendo i vincoli familiari e filiali, chiamando bestia il padre, lui serpente contro il benefattore, vecchio, lui giovane , avendo l’aiuto di guardie, usando trucchi favorito, oltre tutto, da uomini e donne, in un desiderio di sfogare l’odio contro l’amore paterno, osando perfino, come sfida,chiedere la prova della tortura, come dimostrazione di non avere la volontà di episphattein ton patera tois adelphois/ di immolare il padre ai propri fratelli (morti).
La sua conclusione è questa: Non puoi certo contraddire la verità: tu sei veramente preparato ad eliminare tuo padre, pronto anche ad annullare la legge scritta contro di te, la rettitudine di Varo e la stessa natura della giustizia!.
E Quintilio Varo cosa decide ?
Varo, di cui tu conosci il giudizio di avidità –Tacito Hist.,V,6- uomo mite per indole, di abitudini tranquille, alquanto greve di corpo e di animo, abituato ad una vita quieta dell’accampamento più che all’attività guerriera, da praefectus non certamente spregiatore di denaro – Velleio Patercolo, Storie II, 117,2, appare giudice accomodante, pagato prima da Antipatro e poi ancora di più da Erode,che svolge le sue funzioni secondo prassi. Infatti fa la prova sullo schiavo, condannato a morte, che muore all’istante, per accertare l’efficacia del veleno, autorizza Antipatro a difendersi e dice: io mi auguro, e so per certo che anche tuo padre si augura in cuor suo, che tu dimostri di non essere colpevole di alcuna infrazione /eukhesthaikai ton patera eidenai toon omoioon eukhomenon, mhden auton adikounta phooran.
Professore, sembra chiaro che il giudice è benevolo, addomesticato, e che desidera accontentare e Augusto suo imperatore ed Erode così da avere ricompense successive anche dall’accusato, destinato alla successione, anche se sorpreso in fallo come un ladro (phooran) in quanto stasipoioon?
Per Varo, Marco, Antipatro è innocente di stasis, cioè non può essere un rivoluzionario, perché nominato diadokos da Augusto stesso, può essere solo un figlio che non sopporta più l’invadenza del potere di un padre malato, bisognoso di cure e rincoglionito e che sta cercando vie moderate di mediazione proprie di un diallakths/un riconciliatore, seppure contestato per la sua scelta di nuove forze, pericolose, ma non colpevole: per l’epitropos le parole di Nicola sono solo retorica e tautologia orientale! l’ambiente è quello gerosolomitano sadduceo, ora contrario al figlio di Erode farisaico! non c’è necessità nemmeno di un verdetto: basta la sua gnoomh! Perciò convoca in segreto il re, dopo aver sciolto il consiglio, decide con lui in merito all’indagato, non colpevole, da tenere, comunque, sorvegliato ai domiciliari e riparte per Antiochia, il giorno dopo.
Professore, per lei, Varo non ha neanche sentito le parole di Nicola -Ant giud .XVII,116 – né la difesa dell’indagato che lui conosce dalle parole scritte dei suoi amici romani ?
Marco, le affermazioni del patronus, che indulge perfino a ripetere i pettegolezzi di corte, sono un gioco di parole!. tu non eri giudice delle cose per la clemenza di Erode, ma per la tua volontà e scelleratezza; consideravi le opere del padre, volendo, che, essendo il padre obbediente, tu potessi occupare la sua parte: fingevi allora di volerlo conservare a parole, ma in opere ti sforzavi di ucciderlo, immolando lui sopra i fratelli morti, tu che sei stasipoioon , istigatore di rivolte ed hai coinvolto tutti i fratelli e tua madre ?!. Nicola, come i cristiani poi, accusa il fariseo di non fare corrispondere parole e fatti: per lui Antipatro una cosa dice e una cosa fa!
Marco, ogni parola di Antipatro in quella situazione è inutile, in un clima a lui ostile, secondo Antichità Giudaiche, per cui il diadokos si affida a Dio, da buon fariseo, scongiurando gli astanti che lui non è colpevole di niente. In Guerra giudaica I,619-633, Antipatro, invece, pur sentendosi già condannato, grida, tra gemiti e lacrime, la sua verità, muovendo tutti a compassione, prima col dire che il padre stesso con le sue parole ha fatto la sua difesa, poi col compiangere pigra apodhmia / l’amara lontananza, di cui hanno approfittato gli invidiosi, ed infine col chiamare a testimoni Roma ed Augusto, dopo aver dichiarato di essere disposto a subire la tortura: Romh moi martus ths eusebeias kai o ths oikoumenhs prostaths Kaisar o philopàtora pollakis me eipoon/ Roma e Cesare, il padrone dell’universo, che mi ha spesso chiamato Filopatore, sono per me testimoni del mio amore filiale.
Comunque, Varo, fatta la prova del veleno, non può fare altro che sciogliere il consiglio e il giorno dopo andarsene, ben sapendo delle discussioni circa il suo comportamento dalla pars sadducea e filoerodiana e da quella farisaica e popolare, asmonea, globalmente ed indistintamente considerata unitaria come oi polloi–ibidem 132-
Flavio, che è dalla parte sadducea della colpevolezza e della necessitas di un intervento punitivo divino -ibidem 127-12, comunque, scrive- Ibidem133: Erode, allora, mise suo figlio in prigione ma i più non sapevano che cosa gli avesse detto Varo sul caso, né che cosa avesse detto alla partenza. I più, tuttavia, supponevano che quanto Erode aveva fatto ad Antipatro era per suggerimento di Varo / gnoomhi ekeinou.
Professore, che succede dopo la partenza di Varo?
Compare una nuova prova contro Antipatro, che aggrava la sua situazione di prigioniero, quando Erode ha già inviata una lettera ad Augusto e un’ambasceria per informarlo della generica malvagità di Antipatro,/ thn kakian. Viene intercettata una lettera di Antifilo ad Antipatro, prigioniero, che viene letta: ti ho inviato la lettera di Acme , senza pensare al rischio della mia vita – era in Egitto al momento- perché tu ben sai che sarei in pericolo da parte di due famiglie. La fortuna intanto ti sia favorevole in questo affare!. Erode si mette subito alla ricerca dell’altra lettera, che trova in una toppa di una seconda tunica del latore, scoperta da un servo.
Che circolazione di lettere! professore? Erode ha certamente uno scriptorium di eccellenza?!.
Certo Marco. Ti preciso che lo scriptorium erodiano è in grado di scrivere grammata ed antigrapha toon epistoloon, cioè scrivere lettere di servizio a re e all’imperatore come corrispondenza ordinaria, fatta da grammateis anche a privati cives, specie agli amici romani, ma ha una settore di scribae che fa copie Antigraphh, che vale rescritto o memoria del difensore che, di norma, è in archivio, in un ufficio speciale, antigrapheion, con la dicitura antigraphon (pl. antigrapha) con specifico significato di copia, dopo che è stato archiviato lo scritto originale dall’antigrapheus, che risulta un sottocontrollore dell’amministrazione (dioikhsis), una specie di revisore. Aggiungo che si conoscono molti contraffattori e falsificatori del tipo di Diofanto, chiamati calomosphactai da Filone cioè uomini che cambiando i termini delle copie uccidono e fanno perdere le cause. Nelle lettere inviate, Antipatro -lo ripetiamo- fa accusare con questo sistema Archelao e Filippo, il primo figlio di Maltace samaritana e il secondo di Cleopatra gerosolomitana!
Anche la scrittura di un testamento rientra nei compiti / munera di uno scriptorium, come quello erodiano, in cui, secondo consuetudine, un re ha come primo beneficiario l’autokratoor e nel nostro caso Erode lascia ad Augusto 1000 talenti cioè 10.000.000 di dracme e alla sua domus/oikos altri 500. Un talento vale 10.000 dracme cfr. Uno spiritoso epigramma in www.angelofilipponi.com
Erode, dunque, intercettata la lettera e, conosciutone il contenuto, ha il sospetto che Antipatro abbia fatto la stessa cosa con le lettere di Alessandro e che, grazie alla sua abilità di falsificazione, abbia ottenuto da lui l’ordine di fare uccidere i fratelli Guer.Giud.I 645! Rattristato, ha l’impulso di far uccidere Antipatro come kukhton fomentatore, mestatore ed orditore di gravi fatti non solo contro di lui e la sorella, ma anche contro la famiglia imperiale, da lui contaminata col suo denaro, dato ad Acme, una giudea schiava di Livia moglie di Augusto: il figlio l’aveva incaricata di scrivere al re una lettera per compromettere Salome ed una a lui, per conoscenza: Acme ad Antipatro. Ho scritto a tuo padre la lettera che desideravi ed ho fatto una copia della lettera di Salome alla mia padrona, da me composta. e so che lui, appena l’avrà letta, punirà Salome come epiboulon/ cospiratrice contro di lui.
Erode, trovata anche la lettera a lui destinata e lettala ( Acme al re Erode. Mi sta a cuore moltissimo che tu sia al corrente delle cose che si stanno facendo contro di te. Venutami, dunque, in mano una lettera, spedita da Salome alla mia padrona, io la copiai e te la inviai. Per me questo è pericoloso ma è per il tuo bene. Questa lettera fu scritta da Salome perché voleva sposare Silleo. Ora straccia questa lettera affinché anche io non sia in pericolo di perdere al vita), decide di inviare Antipatro da Augusto per farlo partecipe delle macchinazioni ordite contro di lui.
Erode, poi, ci ripensa, temendo che il figlio, con l’aiuto degli amici romani, possa trovare una via per sfuggire al pericolo e lo trattiene in prigione ed invia l’ambasceria in relazione e al processo e all’episodio di Acme.
Siccome la sua malattia peggiora, col consenso dei medici, decide di svernare a Gerico, nei cui dintorni ci sono terme famose, utilizzate anche nel periodo invernale, dato il calore dalle acque (da 40 a 60-63 gradi!), accanto ad altre freddissime, in seguito note anche a Plinio il vecchio -St.Nat. V,15: Prospicit eum ab oriente Arabia Nomadum, a meridie Macherus, secunda quondam arx Iudaeae ab Hierosolymis. Eodem latere est calidus fons medicae salubritatis Callirhoe, aquarum gloriam ipso nomine praeferens/ Vi si affacciano ad oriente l’Arabia dei Nomadi, a sud Macheronte, un tempo seconda fortezza di Giudea dopo Gerusalemme. Dalla stessa parte c’è una fonte di acqua calda e curativa, Calliroe, che col nome stesso proclama l’eccellenza delle sue acque.
Lei pensa che Erode porti anche Antipatro a svernare con sé a Gerico, nello stesso periodo in cui invia l’ambasceria a Roma per segnalare le nuove malefatte del figlio, quando la malattia è già devastante? e di che malattia soffre Erode? Si sa oggi ?
Non so dire quando effettivamente manda l’ambasceria, anche se ipotizzo che il re abbia urgenza di comunicare il nuovo fatto, che potrebbe segnalarlo con messaggi affidati a piccioni viaggiatori o con altri mezzi tramite latori di lettere imbarcati su navi mercantili che fanno viaggi anche a mare chiuso! Comunque, sempre alla fine dell’anno 5 a.C. prima di partire per Gerico, per le cure termali!. Molti hanno studiato la malattia mortale di Erode ed hanno parlato di gonorrea, ma solo alcuni medici americani sono riusciti a definirla sulla base della sintomatologia. Sembra, Marco, che Erode da tempo soffrisse di una malattia cronica renale, curata – Erode è amico di Augusto valetudinario, salvato, durante una durissima malattia, in extremis dal suo medico personale, che, poco dopo, non salva il giovane Marcello, erede al trono! – complicata negli ultimi anni da una cancrena ai genitali, che lo costringe a letto e all’immobilità, pur rimanendo sveglio di mente, compatibilmente ad un uomo vicino alla settantina di anni !. A dire il vero lo studio viene fatto sulla base del prurito continuo più significativo per i problemi intestinali, specie se connesso alla mancanza di fiato e alle convulsioni.
Dunque, si può dire che Erode secondo i medici di università americane, muore per una malattia cronica dei reni, complicata da una cancrena ai genitali?
Flavio afferma che, in questa condizione di salute, Erode, avendo perso la speranza di guarire -aveva l’età di settanta anni- divenne selvaggiamente imbestialito e trattava tutti in maniera incontrollata con rabbia e durezza, convinto di essere stato abbandonato da tutti e che la nazione fosse lieta delle sue sventure, specie quando alcune figure popolari gli si alzarono contro -Ibidem 148-
Chi gli si alza contro?, professore
I farisei, già colpiti per non aver voluto giurare col popolo!.
I farisei predicano, in quei mesi invernali, a Gerusalemme – non si sa se ciò avviene per una qualche macchinazione di Antipatro e dei suoi amici asmonei, concordata, o per un debito di riconoscenza verso di lui, che ha certamente ben meritato! – che la malattia del re sia opera di Dio: anche Flavio pensa così – Ant. giud. XVII,168 e sg -, convinto che questa è la giusta punizione per la sua empietà!.
Secondo Flavio, a causa della terribile malattia/ nosooi khalephi Guer. giud. 645- il re si trattiene dal punire la sorella – che fa le solite sceneggiate di battersi il petto, strapparsi i capelli ecc- – per le insinuazioni, ritenute false, come le lettere di Antipatro che, alla fine, convocato per discolparsi, rimane muto e, pur restio a dire i nomi dei suoi complici, rovescia infine tutta la colpa sul solo Antifilo (che era in Egitto, lontano!). Comunque, Erode porta con sé il figlio, prigioniero, a Gerico, e nomina Erode Antipa reggente in Gerusalemme, lasciando da parte Archelao e Filippo Ant Giud. XVII,143.
Si conoscono i sintomi – non dissimili nelle due opere- della malattia, che diventa sempre più acuta, pur controllata da dottori, che lo curano: la febbre era leggera, e solo al tocco rivelava i sintomi di una interna infiammazione maligna; il re aveva un bisogno assoluto di grattarsi e non si poteva non assecondarlo; aveva ulcerazioni delle viscere e sofferenze intestinali particolarmente acute e suppurazioni ai piedi visibili. Soffriva di disturbi addominali e le sue parti intime producevano vermi; avendo, inoltre, una grande difficoltà di respiro, a causa del dolore, emetteva un’ esalazione sgradevole del fiato e per l’affanno aveva una continua e cospicua palpitazione; aveva,infine, spasmi in ogni parte, di una gravità insopportabile – ibidem,168/9-.Secondo Guer. giud.I,656.: aveva una febbre non violenta, un prurito insopportabile su tutta la pelle e continui dolori intestinali, gonfiori ai piedi come per idropisia, infiammazione all’addome, e cancrena dei genitali con formazione di vermi ed inoltre difficoltà a respirare se non in posizione eretta e spasmi di tutte le membra.
Lo scrittore aggiunge che, anche se straziato dai dolori, nella speranza di guarire, si fidava dei medici e dei rimedi che suggerivano e che mai ricusava. Perciò, passato il Giordano, si bagnò nelle sorgenti calde di Calliroe, che sono anche acque potabili, aventi proprietà contro ogni male: sono acque che sfociano nel lago Asfaltite (Mar Morto). Ibidem 171.
Esiste una scuola medica, anche in Iudaea, Professore? Non credo in Giudea ma altrove ci sono grandi scuole. All’epoca sono due le maggiori n Oriente: quella di Pergamo che ha un grande Asclepeion, specializzato in elioterapia , thalassoterapia e in haloterapia, idroperapia, oltre che in cure specifiche degli occhi, famoso nel II e III secolo d.C., e quella di Alessandria, potenziata dal triumviro Antonio, a cui forse appartiene anche Antonio Musa, divenuto medico personale di Ottaviano, dopo Azio, che lo cura salvandogli la vita secondo Cassio Dione. St.Rom. LIII e ).Svetonio Augusto 59 ( Medico Antonio Musae, cuius opera ex ancipiti morbo conualerat, statuam aere coniato iuxta signum Aesculapi statuerunt/.Al medico Antonio Musa, che lo aveva guarito da una grave malattia, fu eretta, attraverso una sottoscrizione, una statua vicino a quella di Esculapio)
Erode, avendo rapporti con Cleopatra e con Antonio, sicuramente ha molti medici alessandrini, della famiglia Antonia!.
Sono questi medici che fanno tentativi per curarlo come quello di immergere il suo corpo in una tinozza di olio caldo per scaldarlo, tanto che svenne, e sembrava che fosse morto da far pensare al peggio agli astanti che elevarono alte grida, prima di riaversi e di riprendersi. Probabilmente, essendo a Gerico , ha molte di queste crisi e in Gerico e nelle terme di Callirhoe, durante l’invernata, prima di morire il 23 marzo del 4.a.C
E’ certa la data di morte?
No. Marco
E’ una mia personale supposizione in relazione a studi astronomici di scuole americane, che hanno esaminato le eclissi di luna negli ultimi dieci anni prima della nascita di Cristo – ce ne sono tre: una nel 5 a.C. una nel 4a.C e una nell’1 a.C.!- : sulla base di teorie ottocentesche riprese da E. Schuerer, Storia del popolo giudaico al tempo di Gesù Cristo (175 a.C.-135 d.C.) I. II , edizione rivista, Brescia 1985-87 , scartando le ipotesi e i calcoli di W.E. Filmer, The Chronology of the Reign of Herod Great “J.Th.S.”XVI,1966 e di altri – grosso modo , mi sono orientato per la datazione verso la fine del mese come fa G. Vitucci (La guerra giudaica, Mondadori 1974) che indica genericamente la morte del re in Aprile, poco prima di Pasqua (XVII, 213), seguendo anche le precise indicazioni astronomiche di G. Veneziano (Eclisse di Erode, XVII Seminario d’archeoastronomia, Osservatorio Astronomico, Genova 28-29 marzo 2015), che fissa l’eclissi nella notte del 12-13 Marzo e la Pasqua il 12 Aprile.
Grazie per la sua spiegazione circa la data di morte del re giudaico. Callirhoe, Professore, all’epoca, non è famosa come poi in epoca Flavia?
E’ meno famosa, ma già conosciuta. Penso che la cura di Erode sia stata propagandata e le acque, essendo curative, diventano famose in epoca tiberiana e risultano frequentate dai cives, anche per bagni all’aria aperta, se a Madaba (30 km da Callirhoe) nel pavimento della chiesa bizantina di S. Giorgio, c’è una mappa col nome della località termale, comunque, mai ritrovata esattamente da archeologi: più di venti anni fa, provenendo dal Monte Nebo, su indicazioni di padre Michele Piccirillo, trovai la Gola di Zarca Ma’in e stupito, ammirai, incantato, e fotografai un centinaio di rivoli di acqua più o meno grandi, formanti cascate e cascatelle di acque caldissime di varia altezza, nella zona termale di Hammamat Ma’im, accanto ad altre calde, fredde e freddissime, poi fluenti a valle, verso il Mar Morto. Sembra, se ricordo bene, che Ain al Zara sia a circa un chilometro e mezzo dalla gola, dello Zarka dove si dovrebbe trovare il sito dell’antica Callirhoe.
Vogliamo riprendere il discorso su Antipatro ed Erode? Subito. Ti faccio, comunque, riflettere: le notizie sulla salute di Erode, dopo ore o giorni, arrivano a Gerusalemme, deformate dalle dicerie e spesso comunicate volutamente posticipate, come la morte. E’ un fattore importante per la comprensione del testo!.Per questo Flavio dice che Erode, in questa situazione, essendo lontano a curarsi e avendo un giovane coregnante, certamente assistito dal suo consilium, temendo tumulti ad opera dei farisei, per la Pasqua imminente, convinto che essi sono favorevoli a suo figlio, di cui controlla le sue azioni, fa donativi ai soldati,concedendo cinquanta dracme ad ogni soldato e considerevoli somme per gli ufficiali e gli amici. Pagare profumatamente l’esercito è garanzia di regno per un tiranno, come Erode vecchio che, sottoposto ai Romani deve ostentare i simboli del potere imperiale, pur temendo il figlio e i farisei integralisti, che ora predicano che Dio vuole la sua morte per la sua empietà, dopo l’anathema di uomo di menzogna!.
Flavio aggiunge che a Gerico fu preso da una nera melanconia/melaina te kholh, che lo inasprì contro tutti e decise di fare un piano tale che la nazione intera lo piangesse, convinto che nessuno desiderasse che vivesse e che tutti aspettassero con gioia la sua morte-ibidem 173-.
Lei, professore, parla del palazzo di Gerico, asmoneo -di cui ci sono ancora resti- in cui fu ucciso Aristobulo III, il sommo sacerdote fratello di Mariamne?
Si. E’ da lì che Erode, malato, depresso, governa. E’ lì che dà l’ordine di rinchiudere i protoi del suo regno nell’ippodromo, che ordina che suo figlio muoia, dopo l’incidente del suo suicidio, sventato, e che comanda che siano uccisi i due maestri farisei, che hanno aizzato i giovani a togliere dal tempio l’aquila romana, da lui fatta porre come segno della divinità di Roma e di Augusto. Sono gli ultimi tre atti della vita di Erode, ma non si riesce a metterli in ordine in relazione ai fatti, difficili da datare esattamente e perfino da disporre secondo ordine in una precisa logica funzionale, temporale.
Flavio li scrive in questo ordine da noi segnalato; noi, siamo incerti sui tempi in cui Erode, essendo a Gerico, entra in depressione acuta e non sappiano determinare i vari momenti.
Infatti scrive della stasis farisaica ibidem 149-167 : erano Giuda figlio di Sarifeo e Mattia di Margaloto molto istruiti /logiootatoi, esegeti delle leggi/ecshghtai vomoon, molto cari anche al popolo/kai dhmooi prosphileis, perché educavano alla musar i giovani/dià paideian toon neooteroon (infatti ogni giorno tutti passavano la giornata con loro dai quali veniva coltivata la volontà pretenziosa della ricerca della virtù/ oshmerai gar dihmereuon autois pantes ois prospoihsis epethdeuto
Professore, lei ha parlato molte volte di questo fatto e dei due maestri della Legge in Il martire giudaico ww.angelofilipponi.com ma io ho da chiedere su questo argomento molte spiegazioni e desidero conoscere bene il suo parere sul fenomeno dei neooteroi farisaici, collegati con quelli alessandrini, da decenni?.
Il termine neooteros è comparativo di neos che ha tre significati di base: nuovo; insolito; giovane opposto a palaios; Flavio lo usa per indicare una corrente rivoluzionaria giovanile, che tende a novità politiche per mostrare l’integralismo religioso giudaico templare, fedelissimo alla tradizione dei padri e specie alla legge di Mosé, come pratica di vita, insegnata da maestri di cultura mesopotamica, Musar, prescrittivi e legalisti, allora ben collegati con quelli, seppure scismatici di Alessandria, nonostante la differenza ideologica politica, essendo gli uni antiromani e filoromani gli altri, essendo ancorati al Tempio (la sede del Dio vivente ed unico di Israel) e tesi all’autonomia nazionalistica i primi, al cosmopolitismo imperiale i secondi.
Bene. professore, il termine mi fa ricordare anche i poetae novi a Roma come Catullo, Cinna , Calvo ed altri. C’è qualche attinenza ?
Marco, a Roma si tratta di un poetica letteraria e di poeti d’amore giovani che subiscono l’influsso di Partenio di Nicea, che è un liberto del padre di Elvio Cinna e che hanno come modello di scrittura tecnica e di erudizione Callimaco, e che, denigrati da Cicerone- che li definisce cantores Euforionis, cioè uomini che lodano e celebrano Euforione di Calcide per la ricercatezza di stile – come novi si oppongono ai veteres poetae come Ennio, con un desiderio sotteso di cambiare con lo stile politico anche la pratica di vita. La novitàs è letteraria anche se proclama di dovere di operare solo su temi di argumenta levia, amorosi, e di rifiutare quelli gravia, politici! Comunque, non si può mettere in relazione chi muore per la patria e per la Legge e chi si ribella ad una tradizione letteraria arcaica in nome di una ricerca di perfezione metrica e di stile elaborato e tecnico, connesso con l’erudizione alessandrina!. Non mi sembra opportuno continuare a parlare di una poetica letteraria spiccatamente amorosa, mentre siamo immersi in un problema religioso -politico, in cui il termine vale soprattutto fare una rivoluzione, in una società giudaica, aramaica di lingua, intollerante della romanitas, che considera cultura solo lo studium della Bibbia e della Legge, in un un rifiuto netto della stessa lingua greca, corruttrice della propria purezza. E tanto meno ora che sto cercando di mettere ordine nelle varie sequenze della dihghsis narrativa di Flavio, essendo giunto all’ultimo decreto erodiano contro i farisei e poi contro i giudei che non piangono per la sua morte.
Erode, vecchio e malato, si sente solo di fronte alla morte, ancora convinto di essere stato un grande re, e crede di aver diritto ad un corale lamento funebre.Nella sua mente svanita, rimasta, comunque, megalomene, convoca come sua estrema volontà i protoi ths basileias e li raduna nell’ippodromo dando a Salome ed Alexas l’ordine di ucciderli: il popolo, suo nemico, costretto a piangere i propri morti, piangerà, così, la sua morte!
Ho capito, Professore, e ringrazio per la breve trattazione sui neoteroi, Mi dica ora cosa succede ai farisei rivoltosi: non la disturbo nel suo prefissato lavoro!.
Marco, non ti offendere!. Non mi ha dato fastidio parlarti dei neoteroi latini! Comunque, io seguito nel lavoro.
I due maestri, dunque, Marco, conosciuta la malattia di Erode, inguaribile, saputo della sua falsa morte, sollevarono la gioventù affermando che si potevano distruggere le opere che il re aveva edificato contro le leggi dei padri, ed ottenere così dalla Legge le ricompense delle loro opere. – ibidem 150-.
Essi esortano i giovani ad essere audaci perché Dio è con loro in quanto Erode è sotto anathema e quindi destinato a subire la vendetta di Dio, meritata per le sue opere del tutto contrarie alla Legge.
Non ci sono cenni ad Antipatro, ma è sotteso che l’azione farisaica è congiunta con quella dei seguaci di Antipatro e Ferora e delle loro donne farisaiche idumee ed asmonee, convinti della fine della basileia erodiana romana e dell’ avvento di un regno nuovo!.
I due accusano il re di aver posto sulla porta maggiore del Tempio una grande aquila d’oro di notevole valore. -ibidem151-: per loro Erode, spergiuro e bugiardo, ha tradito la torah con l’elevazione del simbolo della potenza romana, come manifestazione del potere diretto imperiale sul tempio e come diritto alla partecipazione agli utili del gazophulakion/ il tesoro templare, ben conscio di profanare tutta l’ area sacra di Sion, dove c’è il respiro di JHWH: nessuno può innalzare simulacri o immagini viventi di qualsiasi creatura nel tempio di Dio! Di conseguenza, secondo Flavio- ibidem152 –quei maestri ordinarono di gettare giù l’aquila, anche se, così facendo, avrebbero messo gli altri in pericolo di morte, perché bisognava preservare il proprio sistema di vita, tramandato dai padri a prezzo della loro vita . Era molto più vantaggioso morire che amare la vita in modo da guadagnare la gloria per sé, in quanto sarebbero poi stai lodati ed avrebbero lasciato un ricordo imperituro del loro sacrificio alle generazioni future.
I due dicono che questo è ora il loro destino: la morte! essa è molto più bella e gloriosa, se corriamo dietro ai pericoli per uomini e donne, figli parenti ed amici per una nobile causa! Il fatto sembra avvenire a mezzogiorno, di un giorno imprecisato dei primi di marzo, quando serpeggia tra la folla la notizia della morte di Erode. Secondo Flavio, allora, i giovani salirono sul tetto del tempio, gettarono giù l’aquila e la frantumarono con le asce, davanti alla folla radunata di fronte al tempio, probabilmente nell’atrio dei gentili, gremito e da gerosolomitani e da ebrei di Iudaea, di Galilea e Perea e di molti csenoi giudei ellenistici e parthici, già giunti per la festività imminente della Pasqua, come sfida a Roma e all’imperatore.
Professore, il tempio non ha uno strategos con militari, oltre a un tamias e ad un archiereus, che può impedire l’azione eversiva e la rivolta popolare?
E’ una stasis in atto con volontà di un cambiamento totale sia contro Erode che contro i romani e probabilmente i funzionari del tempio sono fermi perché solidali con i giovani, destinati al martirio, noti, essendo coinvolti anche loro nell’impresa, specie dopo la (falsa) notizia della morte di Erode.
Oltre ai funzionari del tempio c’è la guarnigione romana della torre Antonia- che è attiva forse anche sotto Erode, il quale ha anche un nutrito esercito di Sebasteni in Samaria, che convivono con contingenti romani specie a Cesarea Marittima- con tutte forze che ora sono coordinate dal giovane Erode Antipa, il quale, però, può agire, dietro autorizzazione del padre, che è a Gerico, e dei romani subordinati all’ epitropos di Siria, lontano!.
Secondo Flavio,ibidem 156 l’ufficiale del re, al quale questo fu riferito, pensando che ci fosse implicato qualcosa di più serio di quanto era stato fatto, salì con forze sufficienti per affrontare la folla di persone intente ad abbattere l’immagine, quella che era stata innalzata.
A mio parere, Marco, probabilmente i romani della torre Antonia con i sebasteni associati non si muovono perché è proprio dello strategos il compito della salvaguardia del Tempio, poi dei soldati regi: questa incertezza dà al popolo il tempo di completare la sua azione distruttiva dell’aquiIa. L’ufficiale – forse inviato da Erode Antipa, che ha dovuto informare Erode ed avere la risposta prima di agire- fa un intervento tardivo ma efficace! Flavio scrive: comunque, si gettò su di loro diversamente da come si suole fare con la folla, in quanto considerava il gesto audace proprio di un folle capriccio e marciò contro tutti gli astanti, compresi i giudei stranieri e giovani rivoluzionari, facendo l’irruzione senza pensare ad una via di uscita.
Per Flavio- un sacerdote ma anche militare (ricordati che fu inviato in Galilea come governatore prima dell’arrivo di Vespasiano!)-l’impresa, rischiosa ed imprudente , comunque, raggiunge l’obiettivo di sedare la rivolta e non farla degenerare. Infatti furono presi non meno di 40 giovani, che avevano aspettato il suo attacco con coraggio, mentre il resto della moltitudine fuggì… Catturò Giuda e Mattia, i due istigatori dell’impresa temeraria, i maestri che insegnavano che fuggire era azione ingloriosa.
Fatto questo, l’ufficiale porta i due dal re – cioè dal coregnante Erode Antipa- che chiede la ragione della temeraria azione ed ha la seguente risposta: i pensieri da noi avuti e le imprese da noi compiute sono proprie di una virtù eccellente umana/ met’areths andrasi prepoodestaths, voluta da Dio, che ha insegnato, tramite Mosè che obbedire alla legge è dovere sacro e venerando. Il carattere sacro e patriottico e la volontà di martirio sono chiari in questa affermazione finale, unanime: noi sosterremo la morte con gioia e qualsiasi altra pena tu vorrai infliggerci, coscienti che la morte non cammina con noi per qualche nostro misfatto, ma con la nostra pia devozione -Ibidem 159-.
Erode Antipa ordina che tutti i prigionieri siano condotti da suo padre a Gerico, legati!
Erode li riceve e convoca gli ufficiali giudei al completo nell’anfiteatro, dove è portato con una lettiga, in quanto non si può muovere, mentre vengono condotti anche i prigionieri e i due maestri e forse anche Antipatro.
Erode ha un carattere teatrale e cerca lo spectaculum grandioso, ama la folla e il plauso popolare come un attore, desideroso di mostrare il meglio di sé in ogni occasione, megalomane nella sceneggiata, desideroso di dimostrare il suo ben regnare, da filoromano, antiasmoneo, di fronte all’esercito schierato e davanti ai suoi avversari politici.
Secondo Flavio – ibidem 161- il re iniziò a narrare tutti gli sforzi compiuti a favore di loro e parlò delle grandi spese, sostenute per la costruzione del tempio, mentre gli asmonei non erano stati capaci di costruire qualcosa di così grande per l’onore di Dio nei 125 anni del loro regno ed aggiunse che aveva ornato il tempio di offerte di grande valore, in quanto nutriva speranza che anche, dopo morto, avrebbe lasciato una buona memoria di sé e un nome illustre.
E’ possibile che Erode voglia mostrare davanti al popolo, all’esercito e ai farisei, la giustizia della sua buona condotta, da filoromano ed evidenziare l’ottusità farisaica antiromana, rovesciando i valori in una condanna dell’integralismo nazionalistico patriottico aramaico e in un’esaltazione del Cosmopolitismo romano?
Marco, qualcosa del genere sembra che, in modo sotteso, sia detto!
Leggiamo insieme il pensiero di Flavio, che tiene presente che Erode si sente offeso dalla stasis dei farisei, fatta in pieno giorno, e davanti ai giudei provenienti da ogni parte del mondo, perché ritiene che il suo nome di philhllen sia così infangato, in quanto è stata oltraggiata la sua opera, emblema del potere di Roma e di Augusto.
Professore, il sacerdote Giuseppe ben Mattatia, prigioniero ad Iotapata, divenuto civis e storico ufficiale di Vespasiano, un traditore del giudaismo, è forse più vicino al pensiero di Erode che a quello farisaico, anche in Antichità Giudaiche, con tutte le sue contraddizioni?
Marco, mi sembra che ti avvicini al mio stesso pensiero e rilevi una logica erodiana di repressione del neoterismo rivoluzionario, necessaria in quel momento, come forse vede lo storico nel suo tempo.
infatti Flavio dice: essi (popolo ed esercito) temendo la sua crudeltà, paurosi che la sua collera si inasprisse contro le loro persone e li punisse, protestarono che queste azioni erano avvenute senza la loro approvazione e ritenevano che gli esecutori non dovevano rimanere impuniti – Ibidem 164-.Flavio informa che Erode, contento che gli sono favorevoli i militari ( e il popolo), depone il sommo sacerdote Mattia dal suo ufficio sacerdotale per non aver impedito l’azione sacrilega dei farisei, ritenendolo corresponsabile dell’accaduto lo sostituisce con Iozar, fratello della moglie, dopo aver preso un duro provvedimento verso l’altro Mattia quello che sollevò la sedizione.
Secondo Antichità giudaiche, ibidem 167: lo bruciò vivo insieme ad alcuni suoi seguaci e la stessa notte ci fu un eclissi di luna / H selhnh de thi authi nukti ecselipen –
Flavio, in Guerra giudaica -ibidem 655 – invece, mostra i giovani intrepidi che rispondono di avere fatto ciò per ordine della Legge (e non di persone), accusati dal re come sacrileghi ed empi e puniti col consenso del popolo, che teme un allargamento dell’inquisizione, senza accennare all’eclissi di luna. Infatti si legge: quelli che si erano calati giù con le corde li fece bruciare vivi insieme coi dottori e consegnò gli altri arrestati agli addetti all’esecuzione.
Ha importanza il dato dell’eclissi di luna?
Per me, storico, che sono alla ricerca di una datazione certa sulla morte di Erode, per molte ragioni diventa basilare, come la cometa per la nascita di Gesù, di qualche anno prima: tre dati certi (eclissi 12-13 marzo, morte di Antipatro 18 marzo e Pasqua 12 Aprile) mi permettono di fare una indubbia argomentazione sul problema, autorizzandomi a giostrare su vari campi.
Allora possiamo procedere per comprendere come Erode arrivi alla condanna a morte del figlio?
Marco, sembra che ad Erode giunga il 18 marzo la notizia di una lettera di Augusto, che lo avverte di aver punito Acme per aver aiutato Antipatro nelle sue azioni criminali e che gli concede ampia libertà di azione sul figlio: a sua discrezione il re può agire con potestas regia e paterna contro Antipatro e può, a suo arbitrio, esiliarlo o ucciderlo.
Alla notizia Erode si rallegra e sembra tirarsi su dalla depressione..
Da Antichità Giudaiche -ibidem 184- si sa che è servito regolarmente dalla servitù, che, vedendolo non agitato, nonostante il riacutizzarsi dei dolori addominali, accondiscende a dare il coltello per il taglio della mela consueta, a pezzettini, Allora Erode, quando ebbe il coltello, si guardò intorno con l’intenzione di uccidersi e l’avrebbe fatto se il cugino Achiab non gli avesse trattenuto la mano destra. Achiab elevò un grido, il cui suono di lamento riempi il palazzo e ci fu una costernazione grande, come se il re fosse morto!-ibidem-
Professore, lei ritiene importante anche questo fatto, avendo ragioni solo per una definizione temporale ma anche, date le discrepanze e le contraddizioni testuali, per la precisazione dei fatti e della loro durata.
Certo. I farisei possono aver compiuto il gesto provocatorio dell’abbattimento dell’aquila in pieno giorno suscitando la stasis/rivolta in armonia col loro pensiero politico e socio-religioso, antiromano – come vendetta della precedente strage fatta da Erode e del pagamento pecuniario con l’aiuto della famiglia di Ferora (e di Antipatro!? ) antierodiano ed antiromano, subito dopo qualche giorno della partenza di Erode per Gerico col figlio prigioniero -( almeno una decina di giorni prima della notte 12-13 Marzo, data dell’eclissi di luna del 4 a.C. per gli istituti americani astronomici).
I Farisei, professore, dopo la notizia dell’imprigionamento di Antipatro e del suo trasferimento a Gerico potrebbero aver iniziato le riunioni coi giovani neoteropoioi e stasipoioi e le contestazioni davanti al tempio, come prove, anche in presenza dei militari di servizio, prima di fare l’impresa antiromana?.
Marco, a questo ovvio ragionamento aggiungo che l’ambasceria erodiana possa aver fatto un rapido viaggio e anche il corriere possa essere stato veloce. Si è nella norma di una mesata circa. Si sa che si può arrivare a Roma con nave in una ventina di giorni e che un tabellarius, informato tramite specchi e segnali di fumo, può percorrere con meno giorni la stessa distanza, magari, partendo dall’Acaia. Non si sbaglia di molto se pensiamo che la stasis avvenga ai primi di marzo, calcolando i tempi della partenza dell’ambasceria da Cesarea prima della metà di Febbraio e del ritorno di un corriere ( o di un piccione!) con le risposte di Augusto.
Bene professore. Quindi, il suicidio, non riuscito, si potrebbe datare il giorno 18 marzo, qualche giorno dopo la sfilata dei prigionieri davanti al popolo e all’esercito nell’anfiteatro di Gerico, avvenuta dopo l’abbattimento dell’aquila, la cattura dei stasipoioi e il loro trasporto da Gerusalemme a Gerico per comparire davanti al re!
Ma cosa fa Antipatro, per essere condannato a morte, quando è ancora prigioniero?
Antipatro, informatosi dell’ accaduto, probabilmente gioisce per la morte del padre e crede giunto il giorno sospirato dell’inizio del suo regno! si lascia prendere dall’euforia e dall’entusiasmo e comincia a parlare da re!
Il figlio è incauto a volere assumere il potere nel palazzo, nonostante la consapevolezza della fedeltà delle guardie del corpo del padre, ben pagate, non facili ad essere comprate con promesse di futuri doni!.
Flavio –Ibidem 153-54 – scrive: Antipatro, credendo che la vita di suo padre era realmente alla fine, cominciò ad assumere un tono e un fare imperioso come se fosse sicuro e libero da qualsiasi legame e potesse prendere il trono, senza contrasto: prese a trattare la questione della sua liberazione, promettendo ricche ricompense per il presente e per il futuro come se per lui ormai fosse giunto il tempo della successione.
Antipatro, forse riesce a corrompere qualche guardia e si comporta come diadokos, ma il carceriere secondo Flavio. non solo rifiutò di assecondare Antipatro, ma manifestò le sue intenzioni al re, aggiungendo molti particolari di sua iniziativa.
Secondo Flavio- ibidem 187- Saputo questo, il re gridò, picchiò la testa sebbene fosse sul punto di morte, si alzò sulle braccia, chiamò una delle guardie del corpo e gli ordinò di andare senza indugio ad uccidere Antipatro e, subito, a seppellirlo in Hircania, senza alcuna cerimonia!.
Possibile che un semplice carceriere, anche se ben pagato non accetti le condizioni di un uomo come Antipatro?
Il carceriere è lo stesso Achiab, cugino del re (forse nipote!) un militare familiare, o hgemoon ( Guerra Giudaica, I,663) un uomo di massima fiducia e confidenza, il comandante delle guardie del corpo, fedelissimo ad Erode e ai romani, come poi dimostra in seguito, anche con Archelao: lui, salvando il re, ed aizzandolo in quel particolare momento è persona certamente ostile al figlio di Doris, di cui determina la morte. Peccato che non si conoscano le ragioni di una feroce avversione tra i due!: sarebbe bastato poco per favorire Antipatro, risultando ormai spacciato Erode! Penso, Marco, a Tiberio in fine di vita, sempre collassato, capace, comunque, di riaprire per qualche istante gli occhi e di comandare, nel marzo del 37 d.C.alla presenza di Macrone e di Gaio Cesare Caligola!Il capo pretoriano abbandona il sole che tramonta e sceglie il sole che sorge!
Caligola è fortunato, Antipatro no!
La notizia della morte di Antipatro e del trasporto della salma ad Hircania- Kirbet Mird, ad oriente di Gerusalemme, confonde gli animi di cortigiani di Gerusalemme, in attesa della morte di Erode, e si propaga davanti al tempio, dove ancora qualche maestro arringa le folle per prepararsi coi propri discepoli ad una nuova stasis contro Erode nel periodo pasquale,.
Non solo i farisei ma anche altri, asmonei e popolo , per commemorare il loro protettore Antipatro e vendicare Giuda e Mattia, si agitano davanti al tempio!.
Dunque, professore dopo la morte di Antipatro, essendo già vicina la Pasqua, Erode, avendo meditato una sua personale vendetta contro il popolo infedele, avendo già convocato con un decreto ogni capofamiglia della nazione giudaica del suo regno, li fa radunare dal suo esercito, in attesa delle sue estreme volontà, nell’ippodromo di Gerico? .
Si. E’ questo l’ultimo atto ufficiale/prostagma , dopo quello del cambio di testamento (modificò di nuovo il suo testamento nominando successore Archelao, il più grande dei figli, che era fratello di Antipa che nominò tetrarca-Ibidem 66-. E’ l’epilogo,il suggello della sua senile mente malata e megalomene!
Prima di leggere insieme Flavio – Antic.Giud. XVII 174-181, devo dirti che per la realizzazione del piano, ha bisogno della collaborazione di Salome e di Alexas, chiamati a Gerico per comunicare che tra breve sarebbe morto poiché le pene e il dolore lo affliggevano in ogni parte del corpo.
Leggiamo attentamente : i giudei si recarono da lui da ogni parte del regno perché era stata convocata la nazione intera/pantos tou ethnous e tutti avevano obbedito a questo ordine poiché altrimenti sarebbero stati uccisi in caso di inadempienza del decreto scritto; il re, furioso in egual modo con tutti, innocenti e colpevoli, li fece rinchiudere tutti nell’ippodromo -ibidem 174-
Probabilmente ha già convinto la coppia malefica (la sorella e il figlio di Alexas- il nemico di Ottaviano, ucciso da lui, omonimo-) ad adottare quel piano folle, con pianti e promesse, a fargli un funerale quale non ebbe mai nessun re. (vi sarebbe stato cordoglio per tutta la nazione, corrispondente al lamento che veramente si sprigionava dall’animo e dal cuore, non una presa in giro, non un contegno irriverente verso di lui!) ibidem 177.
Erode, in lacrime, li aveva implorati di agire secondo le sue disposizioni, si appellava all’amore della famiglia e alla fede in Dio. Ed essi si presero l’incarico di non lasciarlo privo di onore e promisero di non lasciare inattesi i suoi voleri. ibidem 179
Per lui era penoso andarsene senza lamentazioni e compianto degni della morte di un re! 175
E’ un ordine di uno che delira, moribondo!
Seguitiamo a leggere: quando si sarebbero accorti del suo ultimo respiro, avrebbero dovuto far circondare l’ippodromo di soldati, ignari della sua morte (infatti non si doveva rendere pubblica prima di ordinare di abbattere tutti quelli che vi erano dentro); se così avessero fatto, lui sarebbe stato felice per due motivi, uno che le sue istruzioni erano state eseguite, l’altro che era stato onorato in punto di morte con un cordoglio pubblico!
Un progetto folle, fatto da chi non ha avuto un corso di vita naturale ed umano, ma è stato un superuomo, sovrumano, anche se dice che la morte è in se sopportabile e sperimentabile da tutti, anche da re, una livellatrice inesorabile !
Professore, fa un commento Flavio, come sacerdote come asmoneo e come militare?
Ecco il suo commento finale. A te il giudizio!
Questa conclusione è inevitabile se, al momento di lasciare questo mondo, si prese cura / eikhen pronoian/ di abbandonare la nazione tutta intera , in uno stato di completo cordoglio per la perdita dei propri cari, dando l’ordine di eliminare un membro per ogni famiglia, che pur non aveva fatto alcun male, né recato alcuna offesa, né era accusato di nessun crimine! In un istante come quello della morte, anche l’uomo che non ha alcun amore per la virtù, dimentica ogni odio anche per quelli, che sono davvero nemici.
Erode! Una bestiaccia! anche per Flavio! professore.
Flavio in Antichità giudaiche, -ibidem 192 -chiudendo, scrive: fu uomo egualmente crudele verso tutti, facile all’ira, incurante della giustizia., favorito dalla fortuna più di ogni altro uomo: da privato divenne re passando per ogni sorta di pericoli, superandoli tutti e visse fino ad età avanzata.
Anche se Flavio lo considera fortunato eutukhs come soggetto politico e come re cliente di Cassio, di Antonio ed infine di Ottaviano, come vir favorito dai romani tanto da diventare il terzo uomo dell’imperium dopo Augusto e Marco Agrippa, osannato dai greci e dagli ellenisti come presidente dei giochi olimpici da lui ripristinati, celebrato per le sue costruzioni monumentali e specialmente per la ristrutturazione di tutta l’area templare e del tempio stesso- una opera magnifica- lo giudica atukestaton in famiglia (Guerra Giud, 666), panu dustukhhs,(Ant.Giud. XVII,192) in quanto non pianto, né compianto dalla famiglia ed esecrato dall’intera nazione, che lo valuta secondo il pensiero morale farisaico: uomo di menzogna, contrario alla virtù e alla Legge, filoromano corrotto dalla Romanitas anche nei costumi, non certamente giudeo, ma solo mezzo idumeo e nabateo!
Professore, non mi ha detto, però, se Salome ed Alexas mantengono la promessa ad Erode morente?
No. Non la mantengono. Non hanno il coraggio di eseguire la volontà del re! La strage avrebbe avuto ripercussioni pericolose a Roma e a Gerusalemme dove la stasis già è pronta per la Pasqua.
I due neanche la morte di Erode manifestano al popolo e si presentano all’ippodromo dicendo che il re ha deciso di liberare i prigionieri e di rimandarli a casa, poi convocano un’assemblea/ecclesia con alcuni popolari e coi capi dell’esercito nell’anfiteatro di Gerico.
Qui, data la notizia ufficiale della morte del re, secondo Flavio Guerra giud.I,667, Tolomeo – al quale era stato affidato l’anello col sigillo – glorificò il re, rivolse un’esortazione al popolo e lesse la lettera lasciata da Erode in cui invitava insistentemente alla fedeltà verso il successore. Dopo la lettera aprì e lesse i codicilli, in cui Filippo era nominato tetrarca della Traconitide e delle terre confinanti, Antipa tetrarca di Galilea e Perea ed Archelao re.
Bene. Grazie. Professore.
Possiamo per una valutazione generale di Erode mantenere il giudizio da lei dato anni fa, in Erode il Grande filelleno, www.angelofilipponi.com?
Marco, penso che, dopo aver scritto Antipatro, padre di Erode, Erode basileus, Alessandra la suocera di Erode, Archelao figlio di Erode, il falso Alessandro ed Augusto, Antipatro e i figli innocenti di Mariamne e La morte degli “innocenti” ed il “regno” Antipatro, posso mantenere lo stesso giudizio su Erode, un mezzo idumeo-nabateo, civis ioulios ben integrato nel kosmos romano-ellenistico, un uomo katholikos, un grande re e abile statista a lungo, distrutto alla fine dalla famiglia, dalla malattia e dalla vecchiaia, un militare celebrato dai giovani giudei ellenisti, un dioikeths, methorios e liberale, un amante di Roma, dell’imperium, della paideia romano-ellenistica, un magnifico costruttore, capace di rivaleggiare con Marco Agrippa e con Augusto- che hanno mezzi infinitamente superiori- grazie alle tecniche dei qainiti giudaici.
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