Gesù fu un messia aramaico, methorios e politikos.
Ho già trattato il problema della regalità di Gesù aramaica, e quindi del Makuth ha shemaim, ed ho puntualizzato la funzione methoria dei giudei ellenisti, oniadi, in relazione al sistema trapezitario ed emporico (Cfr. Jehoshua o Iesous? Maroni,2003).
O methorios, da una parte, ed o politikos, da un’altra, sono due tipici aggettivi sostantivati che sono stati da me per anni connessi alla figura dell’ellenista giudaico- alessandrino, di cultura greca, in particolar modo all‘alabarca di Egitto, espressione di un’attività commerciale e politica dell’ebreo nell’impero romano. In quest’ultimo decennio, ristudiando e rivedendo la situazione del Malkuth alla luce delle indicazioni di Marco ( e di Matteo), mi sembra di poter/dovere correggere la radicale impostazione precedente in senso aramaico del Messia nel corso del suo Regno, imprecisato nella sostanza, anche se determinato nella cronologia.
Se si legge Marco (11,12,13) è possibile rilevare da una parte l’aspetto della novitas di Gesù aramaico, che ha preso il tempio, che ha una sua neoteropoiia/politica nuova, dopo una stasis/rivolta vittoriosa, ma non precisa la provenienza della sua exousia/potere/ potestas, mentre ambiguamente specifica, secondo i criteri zelotici, il suo pensiero antiromano, senza provocare dilacerazioni tra i suoi seguaci e senza tagliarsi i ponti per una ricucitura politica con la romanitas dominante, di cui c’è traccia in ta Kaisaros apodote Caisari kai ta tou Theu Theooi, in un servizio apparente a due padroni.
Gesù, methorios e politikos è compatibile nel periodo 32-36, in un momento in cui l’impero romano non si interessa alla situazione dell’area siriaca e siro-palestinese, mentre l’impero parthico sostiene il messianesimo, utile ora alla sua espansione fino al Mediterraneo in una ripresa della politica di Pacoro del 40-38 av. C., in un recupero dell’eredità achemenide e seleucide,
Il messianesimo giudaico autorizzava Artabano III, collegato con Areta IV, re dei nabatei e con Monobazo ed Izate, re dell’Adiabene ad un intervento militare antiromano per la riconquista dell’Armenia e della Siria e della Celesiria e alla definitiva rottura della siepe antoniana dei regni vassalli e delle tetrarchie, imposti dai romani alle popolazioni aramaiche (specie quelle di Erode Antipa, di Filippo) e all’ abolizione della provincia di Siria e della sotto provincia di Iudaea…
A vittoria conseguita,… instaurato il malkuth, purificato il tempio… il regnare era oltremodo difficile per il Messia: c’erano problemi logistici di collegamento tra gli aramaici di due imperi diversi e c’erano controversie decennali tra aramaici e pagani greci e gli stessi giudeo- ellenisti, c’erano perfino incompatibilità religiose e commerciali tra i giudei ellenisti e i greci pagani.
Il regno del Messia, ricavato entro i limiti del confine romano, era di popolazione mista, con una popolazione non inferiore ai 1.800.000, di cui gli aramaici formavano un nucleo compatto di 600.000 persone, ma la maggioranza era quella costituita da giudeo ellenisti e da pagani (specie nelle due tetrarchie erodiane e in Decapoli ,e lungo il litorale mediterraneo), mentre ancora le forze parthiche occupavano la Siria e l’Armenia ed arrivavano fino al Mediterraneo…
Inoltre gli aramaici non predominavano nemmeno in Gerusalemme e nella Giudea, data l’alta presenza di giudei ellenisti che formavano la classe dominante sacerdotale sadducea, gli erodiani e gli scribi, che avevano il supporto dei sebasteni, truppe erodiane consociate come auxilia ai milites romani, che, inoperosi, erano nei castra dislocati in molte postazioni non distanti dall’Eufrate. Inoltre tutta la regione della Giudea era collegata con quella di Samaria, di religione scismatica, che aveva una propria Bibbia (Pentateuco e libro di Giosuè) e con l’Idumea , che, pur divisa tra aramaici e greci, aveva un consistente gruppo di elementi di sicuro affidamento messianico, come anche la Perea e la stessa Galilea, da cui era partito il movimento, vincente, di insurrezione messianica…
Le forze, dunque, del Messia, seppure insediato in Gerusalemme e nel Tempio, non permettevano un governo della città e delle zone occupate, circonvicine, secondo la rigida applicazione legalistica della Musar, cultura aramaica: il sinedrio messianico doveva essere di varia composizione e comprendeva sadducei, farisei ed esseni, erodiani e naziroi galilaici di varia estrazione sociale, ed era subentrato a quello sciolto, dominato dai sadducei e dagli erodiani e controllato dalle potenti famiglie di Anano I e del genero Kaifas (collegato con i cinque cognati, Eleazar, Teofilo, Gionata, Mattia, Anano II – Per Flavio- che si meraviglia del fortuna del vecchio, Ant. Giud. XX, 9.1 Anano fu molto fortunato . Infatti cinque suoi figli , dopo che lui aveva goduto dell’ufficio per un periodo piuttosto lungo, sono stati sommi sacerdoti-) e di Anania Boeto Canthera.
Infine il Regno secondo i confini erodiani (cioè fascia costiera, l’ex tetrarchia di Filippo, la zona transgiordana) era da conquistare, come anche il titolo di maran senza il riconoscimento di Tiberio (come anche quello di Basileus con il consenso di Roma)…
Essere Messia comportava un tenere a freno i vincitori aramaici sia gerosolomitani, che galilaici che parthici, e quindi venire a patti con gli stessi sostenitori, limitati nella loro esuberanza vittoriosa, e nelle pretese di ricompensa legittima con le funzioni governative e le cariche (cfr. Marco,10, 35-45), delusi nella spartizione del potere: Il pensiero riportato dall’evangelista non corrisponde alla situazione di accadimento ma è collegato con quella di scrittura domizianea ed ha valore anagogico e morale, in una contrapposizione tra potere pagano dispotico, per honores e quello messianico per servitium /diakonia (cfr. l’uso di diakonos in relazione a doulos e il poliptoto diakonethhnai – diakonhsai al fine di mostrare l’exemplum di chi dà la vita per il riscatto di molti).
E contemporaneamente sottendeva curare i vinti sadducei e erodiani e scribi, filoromani e i romani stessi in quanto bisognava rispettare i greci e specie i giudeo-greci che si erano arresi senza spargimento di sangue e che si erano consegnati alla clemenza del vincitore ed aumentare i rapporti con i giudei ellenisti specie di Egitto e di Cirenaica che avevano finanziato l’impresa, considerato l’immobilismo di Tiberio…
Il messia sapeva bene che le truppe romane erano e nelle regioni a lui nominalmente sottoposte e in Siria, dove il contingente era maggiore, anche se le truppe ora erano disorganizzate e senza capi , specie, dopo la morte di Pomponio Flacco e la mancata rapida sostituzione da parte di Tiberio, più interessato all’eliminazione fisica dei seguaci di Elio Seiano, -che aveva gestito la questione mediorientale, ed aveva posto in Iudaea un suo uomo di fiducia, Ponzio Pilato- …
Ben si conosceva l’ attendismo fatalistico del vecchio imperatore, la politica, lenta nella rimozione dei governatori. Tiberio raccontava l’apologo del ferito e delle mosche, sentenziando che per un ferito era meglio sopportare le mosche vecchie che ucciderle, perché, morte quelle che avevano a sazietà succhiato sangue, sarebbero venute altre fameliche, avide: l’imperatore considerava i suoi governatori specie di nomina senatoria, agli inizi del mandato, avidissimi, che però, si spegnevano col tempo, perché avevano raggiunto la sazietà e potevano tornare dall’incarico provinciale con molte ricchezze tanto che, partiti poveri, tornavano ricchi... (Cfr. Flavio ,Ant. Giud., XVIII,174-176). Celebre la sua massima: è proprio di un buon pastore tosare il gregge, non scorticarlo/ Boni pastoris tondère pecus, non deglùbere (Svetonio,Tiberio XXXII).
La politica aramaica, immitis, senza praoths, barbaricamente violenta, di aggressione, non era possibile come non era possibile seguire l’exemplum di Giovanni il battista, la cui rigida vita di recabita, imponeva una dura osservanza della legge, una palingenesis una nuova vita col battesimo di purificazione ad Al Karrar (Betania oltre il Giordano), dopo un’attesa penitenziale ed addestramento militare: il messia, invece, doveva coniugare le tante anime dell’ebraismo e quelle ellenistiche della società pagana, per cui blanda era la sua interpretazione legalistica…
Infatti Matteo (oltre che in 26,6 e sgg circa il puro ed impuro ed unzione) in 15,1 mostra, prima, che i discepoli di Gesù non seguono la tradizione degli antichi e nel mangiare e nel lavarsi e nell’onorare il padre e la madre e poi mette in evidenza Gesù che definisce i farisei ciechi e guide di ciechi... Marco aggiunge in 18, 1 sgg un attacco dei seguaci di Giovanni, oltre che dei farisei, sul digiuno non osservato dai discepoli del Signore e in genere sul mangiare e bere con i peccatori, specie con i pubblicani e specificamente viene condannato lo sperpero, in casa di Simone il lebbroso, di unguento di nardo e della rottura del vaso di alabastro del costo complessivo di 300 denarii (6000 euro circa; si pensi che a Giuda vengono dati 30 denarii circa 600 euro- il valore di un denario è di quattro sesterzi cioè di 16 assi; si noti che con due assi si può comprare un kg. di pane)
Insomma sembra che Gesù abbia un’altra gestione politica rispetto alla tradizione farisaica e alla impostazione aramaica, giovannea, e che la sua deviazione sia scandalosa e perciò marcata da oppositori seppure della sua stessa fazione….
Voleva forse indicare altre possibilità, oltre a quella aramaica, ai suoi discepoli, pur rimanendo saldo il principio di fede giudaico e mosaico di Dio solo padrone e padre di Israel ?.
Fu quella stessa pretoria e censoria di Erode Agrippa, convinto assertore di una politica filoromana, entro cui, però, doveva trovare spazio il giudaismo ellenizzato con le connessioni all’istanza messianica aramaica !
Fu quella stessa politica di Giacomo, che nella sua figura di recabita e di giusto tzadik, di baluardo del popolo aramaico si faceva garante con i governatori filogiudaici (Fado, Tiberio Alessandro, Felice ) del comune affare delle festività ebraiche, assicurate nella loro regolarità, lasciando aperto e il canale ellenistico e quello aramaico, finché, cessata la collaborazione censoria e finanziaria coi romani -ormai decisi ad estirpare il cancro aramaico ed ebraico ellenistico- riprendeva decisamente la politica militaristica, esclusivamente aramaica, facendo sequestri ed attentati contro sadducei ed erodiani e contro i nemici romani.
La sua morte risultava per Giuseppe Flavio l’inizio della fine del Tempio di Gerusalemme e di Gerusalemme stessa: il giudaismo aramaico, fusosi con quello adiabene e mesopotamico, collegato con quello idumeo, galilaico, peraita e con gli ebrei scismatici alessandrini più intransigenti,-che erano stati rovinati della politica finanziaria dell’ultimo Nerone,- andavano alla guerra contro i romani convinti che Davide avrebbe vinto Golia e che i più deboli avrebbero superato i più forti, sicuri che a Dio niente era impossibile e che perciò si sarebbe verificato miracolosamente l’evento salvifico …
Si potrebbe, dunque, inferire che da Gesù derivi una doppia via operativa, mediante due metodi diversi in relazione alle 613 prescrizioni della legge utili (sebbene in modi differenti) a conseguire il benessere dell’anima e quello del corpo?.
Ora, siccome il popolo non ha la capacità di percepire la natura delle cose spirituali, espresse in forma esplicita o forma metaforica, allora per ogni massa occorre fare le correzioni delle condizioni di esistenza, cosa che si consegue solo con l’eliminazione dei torti reciproci, da una parte, impedendo all’individuo di compiere la propria volontà e allontanando le mete alla portata delle specifiche capacità, costringendo a fare quanto è utile alla collettività e, da un’altra , formando costumi utili alla comunità tali da rendere la città ordinata.
Il benessere dell’anima non si consegue se non si raggiunge quello del corpo: si vuol dire cioè che bisogna assicurare lo stare bene nella migliore salute, avendo tutte le cose necessarie a vivere (casa famiglia, cibo, denaro, ogni cosa buona ed utile al soddisfacimento degli appetiti umani) non solo per un individuo o gruppo familiare ma per una comunità politica, perché l’uomo è un animale per natura razionale e politico, un vivente consociato che pensa prima alla propria sussistenza personale poi a quella dei famigliari ed infine agli altri, come prossimo, facente parte dell comunità, con cui condividerà le cose, anche se teso ad un vantaggio, comunque, sempre proprio.
Il benessere dell’anima è di ben altra forma, in quanto si cerca iniziando il proprio percorso purificandosi col rifiuto della pars corporale (tengo presente il sistema sia degli Esseni che dei Terapeuti che si disfano di ogni patrimonio e lo cedono a parenti) allontanandosi dagli altri e vivendo in comunità o in solitudine, tendendo a sviluppare la razionalità in atto, con un intelletto in atto, in un’ ansia e volontà di conoscere tutto ciò che è possibile e tutti gli enti, in ragione della perfezione ultima/teleioosis , che non consta di azioni o di costumi, ma solo di opinioni, come risultanze di una speculazione razionale e come conferma di uno studio fatto.
Maimonide, a proposito della legge e della perfezione ultima, dice: la legge di Mosè nostro maestro ci dà il vantaggio di entrambe le perfezioni insieme: ossia crea le condizioni migliori in cui gli uomini possano vivere gli uni con gli altri, eliminando l’ingiustizia, e concedendo un carattere nobile e virtuoso, così che gli abitanti del paese possano sopravvivere e perpetuarsi secondo un unico ordine, affinché ciascuno di essi raggiunga la sua perfezione prima, e le credenze e le opinioni corrette con le quali si raggiunge la perfezione ultima (Cfr.la Guida dei perplessi, a cura di M. Zonta, Utet,,2013).
Quindi per Gesù maran assicurare la giustizia con tutte le condizioni politiche è il primo compito, anche se impossibile da realizzare in una comunità composita, per dare un benessere corporale …
La musar contempla di fondere le due perfezioni dando rilievo prioritario a quella corporale senza la quale non è pensabile nemmeno l’intelligibile benessere spirituale,,.
La paideia insegna philanthropia, ad essere uomo, ad amare l’uomo come altro se stesso (Homo sum: humani nihil a me alienum puto Terenzio, Eautontimoroumenos ,77) in un adattamento in situazione e a superare la prova/ ostacolo in relazione al proprio ingegno, ad essere faber del proprio destino, vivendo moderatamente, secondo natura e ragione, conseguendo uno stato di eudaimonia in quanto anhr theios, capace di discernere tra le cose che esistono, e quelle che dipendono da noi, quelle che non dipendono da noi, servendosi della proairesis.
Questa distingue, secondo la cultura stoica, i fatti nostri e li sottopone ad un razionale controllo (giudizio di valore, impulso ad agire , desiderio, avversione, amore e ed ogni altro sentimento) da quelli non nostri ( i nostri averi, le opinioni che gli altri hanno di noi, la cariche pubbliche , qualsiasi cosa che non dipenda da noi esseri umani, ma da cause esterne).
Ora, Gesù regnando su ebrei e pagani, con un Tempio da gestire, un tesoro senza pari, con alleati armati entro i propri confini e con nemici invasori, vinti, ma ancora sul proprio territorio, doveva per forza praticare una politica di moderazione, quindi impostata sulla metrioths e non sulla ferocia barbarica.
Noi abbiamo cercato con pazienza, in tanti anni di studio, i segni di una politica nei vangeli sinottici di un Gesù Methorios, uomo al confine tra due regni, un aramaico moderato, che ha insegnato una doppia via, una seguita dal fratello Jakobos, quella naziroa del Malkuth ha shemaim, ed una da Shaul Paulus ed evangelisti, che hanno, poi, a seconda delle situazioni, sviluppato in modo personale, l’eredità politica e spirituale del Maran, Re/Maestro, martire aramaico.
Da lui dunque derivano e la via seguita da Giacomo e dagli aramaici, che vanno ciecamente, fiduciosi solo in Dio, alla guerra, alla distruzione del Tempio , ed arrivano, dopo la rivolta del 115-116, allo sterminio con Shimon bar Kokba – e quella dei Christianoi antiocheni e di Paolo che, seguendo la metriotes, fondendo musar e paideia, tradizione ebraica e pagana, rompendo con la sinagoga- inquisita e condannata dalle autorità- hanno una loro possibilità di sopravvivenza nel territorio romano, nonostante le differenze di lettura, a seguito di skimmata ed erides ecclesiali, della medesima lezione del Signore e sopravvivono secondo una propria gerarchia, greca, in relazione alle zone di diffusione della Basileia tou Theou.
Giacomo, dopo un lungo periodo di connessione con i prefetti romani, irrigidisce la sua politica, specie negli ultimi anni di governatorato di Felice nell’interpretazione integralista mesopotamica del pensiero del fratello a seguito della scoperta dei piani di distruzione romana dell‘ etnos giudaico, mentre Paolo e gli evangelisti seguono l’indirizzo moderato di comunione tra giudei e pagani e costituiscono su una struttura retorica una nuova base teologale e celebrano il mito di Gesù (figlio di Dio e di una Vergine, che, venuto in terra per redimere il mondo dal peccato originale, ucciso dal suo stesso popolo, risuscita) e lo rievocano con riti come modello di vita e lo considerano nomos empsuchos.
Vediamo, dunque, come Gesù sia stato per ambedue le vie una guida ..
Non è facile seguire la doppia indicazione di Gesù (cosa che richiede esami tecnici linguistici e storici): in questa sede portiamo solo alcuni esempi di moderazione politica che ci autorizzano a definire il Messia o politikos Cfr A Filipponi, Giuseppe o il Politico , eBook Narcissus 2011) e trascuriamo tanti altri.
Scegliamo, tra i tanti, due episodi, quelli più famosi, tratti da Marco.
ll primo (11,27) racconta di Gesù che, tornato a Gerusalemme per la terza volta, passeggia nel Tempio (viene usato il termine peripateo , aristotelico che indica un camminare e discutere con altri forse nel cortile dei gentili ), come uomo, che vincitore, domina la scena col suo seguito di naziroi…
Il passeggiare sottende che già ha fatto l’ingresso trionfale, davidico, in città, seduto su un puledro, tra gli osanna popolari, ma a sera del giorno del 7 nisan, periblepsamenos tauta avendo attentamente guardato intorno le cose, ecselthen eis Bhthanian metà toon doodeka uscì in direzione di Betania con i dodici.
Peripatein sottende anche il possesso del tempio da cui ha scacciato quelli che comprano e vendono, avendo rovesciato i tavoli dei trapeziti, cambiavalute, e banchi dei venditori di colombe facendo da despoths queste azioni e rimproverando, secondo i logia di Isaia (56,7) e di Geremia (7,11) che il tempio è diventato una spelonca di ladri quando è un luogo di preghiera ed impedendo di portare oggetti attraverso l’area templare.
L’evangelista, quindi, implicitamente dichiara che Gesù ha svolto la sua funzione militare avendo non solo exousia strategikh/potestas praetoria ma anche h toon dhmàrchoon exousia / potestas tribunicia.
Queste cose erano state fatte (si rilevi che poieoo è verbo molto difficile da intendere e che ha molti valori dal generico fare a creare di Dio kosmopoihths) il giorno 8 di Nisan e i sommi sacerdoti e gli scribi volevano ucciderlo, quando Gesù era nel cortile degli ebrei, ma temevano la folla: Gesù era andato via ed era tornato otan opse egeneto, quando giunse la sera, in una zona tra Betfage e Betania, il suo centro militare operativo.
Il giorno dopo , 9 Nisan, stando Gesù nel cortile dei gentili (non era entrato ancora in quello degli ebrei), mentre passeggia (con la Thiara parthica?!), si presentano i sommi sacerdoti, gli scribi e gli anziani, insomma il sinedrio al completo, filoromano e chiedono: en poia ecsousia (dativo singolare, con alfa ed iota sottoscritto) tauta poieis; con quale potere fai questo? ed aggiungono per meglio precisare la domanda h tis soi edooken thn ecsousian tauthn ina tauta poihis /o chi ti ha dato il potere di fare questo?,
La domanda, pur duplice, è una in quanto la seconda è pura richiesta del nome del datore di ecsousia, che tutti conoscono, ma non dicono e vogliono invece che Gesù lo dica espressamente.
Insomma si fa una richiesta ufficiale: chi rompe l’ordine stabilito nel tempio stesso? con quale autorità lo faccia? Qui non si parla di autorità religiosa, di parola, di disputa …
Le due precise domande sono fatte a chi ha turbato la normalità commerciale del tempio e quindi sottendono la presenza armata di chi ha preso militarmente il tempio, annientando anche la guarnigione romana sulla Torre Antonia e le truppe templari col loro strategos.
La prima domanda sottende che Gesù ha potestas sul popolo (ochlos) – i leviti, il piccolo e medio sacerdozio, gli artigiani e i militari zelotai che l’acclamano meshiah e che riconoscono in lui i segni della elezione divina dell‘unto del signore; la seconda è in relazione all‘ecsousia politico-militare, tipica del popolo romano cioè dell’imperatore e del senato -dai quali dipende la provincia di Iudaea col Tempio di Gerusalemme- e fa intendere che si conosce il sostegno straniero (quello di Artabano III e di Areta IV) e si vuole una dichiarazione pubblica della reale autorità messianica.
Dunque il sinedrio esige una risposta politica, pubblica, da chi ha interrotto la normalità del Tempio gestito dai sadducei, protetto dai milites e dal diritto/ Ius romano.
Gesù si mostra o politikos , un politico abile nella comunicazione, diplomatico: non risponde alle domande, ma ne fa un’altra marcando sempre il termine ecsousia e pone una condizione, (con un periodo ipotetico di II tipo) in tono imperativo: se mi risponderete, vi dirò con quale potere faccio queste cose: to baptisma to Jooannou ecs ouranou hn h ecs anthroopoon; apokrithte moi/ il battesimo diGiovanni era dal Dio o dagli uomini? rispondetemi.
E’ una sfida al sinedrio! c’è coscienza da parte del Messia di avere in pugno la situazione politica e di essere il vincitore, a cui i settanta devono piegarsi, allinearsi, inchinarsi – anche perché rischiano la vita – e dichiarare ouk oidamen/non sappiamo, costretti a professarsi ignoranti davanti al popolo e quindi a rassegnare le dimissioni…
E’ la massima umiliazione per un sophisths: un maestro di vita che non sa, perde il diritto di guidare ed ogni dignità, che deriva dalla saggezza profetica!…
E’ ammissione pubblica di non aver riconosciuto i segni della missione divina di Giovanni, della sua ecsousia celeste, di averlo lasciato solo davanti al potere romano ed erodiano, di averlo così condannato a morte …
Il ragionamento del sinedrio, anche se individuale, presuppone già nel verbo dialogizoo una febbrile attività interiore razionale, al fine di una soluzione possibile all’aut aut del Christos, con la pressione imperativa dell’immediatezza della risposta.
La coscienza che qualsiasi delle due risposte sarebbe stata non giusta ed avrebbe avuto ripercussioni sulla stessa incolumità sinedriale, aumenta l’incertezza dei singoli e determina la confessione di ignoranza, unica possibilità di reale salvezza.
Infatti per l’evangelista ognuno degli oppositori, che pur desiderano la risposta ufficiale, da inviare al senato e all’imperatore romano, ha la coscienza di correre un pericolo mortale o da parte del Messia o da parte del popolo: dire che il battesimo di Giovanni era dal cielo significava ammettere davanti al Signore, annunciato dal precursore, la propria colpa e confessare di non essere uomini di Dio, ma suoi nemici e quindi giustificare la condanna a morte in quanto menzogneri; dire che derivava dagli uomini, equivaleva ad una condanna alla lapidazione popolare perché Giovanni era considerato propheths.
Un vero politico è Gesù che realizza i sogni dei suoi seguaci aramaici, vedere umiliati e rei confessi i nemici, ma moderato nella vendetta, come un ellenista che si rifugia nel rifiuto di comunicazione con uomini non degni, menzogneri! Infatti dice: neanche io dico con quale autorità faccio queste cose.
Matteo (21,23-27)e Marco dicono sostanzialmente lo stesso pensiero e scrivono la stesse parole oude egoo legoo umin en poia ecsousia tauta poioo, mentre Luca (2.1-8) fa una premessa su Gesù che in quei giorni istruisce il popolo nel tempio ed annuncia la buona novella, per cui il resto del racconto, seppure simile a quello degli altri evangelisti, assume un valore solo morale.
Il secondo episodio (Mc12,13-17), è quello che più di ogni altro mi ha fatto perdere sonno (cfr. Il tributo a Cesare in Jehoshua o Iesous ? cit. pp. 173-179)
Il vecchio sinedrio non ha più potere in Gerusalemme e Gesù ne sta formando uno nuovo.
Da oppositori nascosti, dopo la paura del precedente incontro, vengono inviati al Signore/Despoths farisei (di cui non si conosce il preciso indirizzo- di norma i farisei sono molto fedeli al Messia-) ed erodiani, intenzionati a comprometterlo ulteriormente coi romani.
Questo è l’effettivo valore della proposizione finale ina auton agreusoosin logooi in quel cotesto e in quel contesto: il verbo agreuoo è dell’area semantica della pesca ( o caccia) ed indica un pescatore/cacciatore agreus che con rete (o amo o laccio) fa preda (agreuma): quindi qui si vuole prendere al laccio il Messia con qualche parola (logos) da riferire ai mandanti romani.
I richiedenti sono politici, uomini che sanno conquistare il proprio interlocutore con la retorica ed usare la captatio benevolentiae e che lo chiamano maestro (didaskalos /rabbi non è dell’epoca tiberiana!) Despoths /maran, affermando di sapere (oidamen) che lui è alethhs (non menzognero), che non guarda in faccia gli uomini e che segue la via di Dio secondo verità: essi, seppure retoricamente, prima professano di riconoscerlo come Messia e poi chiedono: ecsestin dounai khnson kaisari h ou; doomen h mh doomen;
La domanda è come quella di Gesù precedente: si può rispondere solo si o no e la risposta ha valore di una dichiarazione di guerra se negativa, se è positiva ha valore di negazione dell’impresa messianica, di fine del Malkuth ha shemaim e ritorno alla normalità di soggezione alla romanità con la conseguenza della lapidazione del menzognero che ha tradito le attese popolari.
Diamo o non diamo ? come congiuntivo esortativo, in forma interrogativa ha significato pratico finanziario che necessita di un’azione concreta di sborsare telein (non dounai azione sponta nea!)quanto dovuto al senato e all’imperatore: o si dà il dovuto a Cesare e si torna sotto il controllo della censura romana e dei pubblicani; o non si dà il denario perché già moneta impura in quanto ha l’effigie di Cesare, non toccabile per il giudeo puro , che non si serve del denario o, caso mai , usa siclo e suz (con l’implicito ritorno dei banchi dei cambiavalute) e si riprende lo stato di belligeranza, dopo la pausa della purificazione del tempio…
Dato l’uso della prima persona plurale doomen h doomen? sottende un ravvicinato colloquio tra chi chiede e chi deve rispondere, un guardarsi negli occhi di emittente e ricevente e tutti quelli che seguono le due parti coinvolte emotivamente nella stessa drammatica azione, e risulta un confronto, quasi un diretto incontro-scontro, tra avversari (non nemici)…
Sono, dunque, concrete domande in relazione al modo di comportamento quotidiano coi pubblicani, che implicano la volontà di conoscere il reale pensiero del Meshiah, che ha ecsousia tamieutikh potere censorio…
Bisogna vedere che Gesù sta col nuovo strategos del tempio e con il tamias amministratore e quindi anche col suo clero fedele di esseni che, hanno sostituito i sadducei. Non deve sorprendere in tale situazione la richiesta di portare un denario al suo interlocutore, che è in febbrile attesa con gli altri farisei, intenzionati, anche secondo Matteo, a prenderlo in trappola mediante la parola (Pagideusoosin en logooi)!
Il problema sulla liceità del tributo romano e sul dovere giudaico del pagamento comporta da una parte l’esclusione dal cleronomos dei figli con scelta di un altro popolo eletto e da un’altra la fine del pensiero theocratico di Dio Padrone unico di Israel, proprio ora che c’è il Meshiah, che è stato instaurato il Malkuth ha shemaim...
Ogni uomo presente nel cortile degli gentili si attende, invece, un solenne pronunciamento e quindi che il meshiah sancisca definitivamente il diritto ebraico del cleronomos ed abolisca il dovere pagare il tributo ai romani, come aveva fatto Giuda il gaulanita….
Gesù, incurante dell’ipocrisia farisaica e della malizia, comanda che gli sia portato il denario per vederlo (pherete moi dhnarion ina idoo).
Gesù osserva, (senza toccarlo) il denario con la testa di Tiberio laureata e volta a destra, e legge l’iscrizione TICAESAR DIVI C AUG. F AUGUSTUS e forse (per prendere tempo) vede (dopo averlo fatto girare) anche il retro con la figura di Tiberio che guida una quadriga e che ha nella mano destra un ramo d’alloro e nella sinistra uno scettro con aquila, con sotto scritto gli anni del pontificato massimo e quelli del suo regno.
La domanda tinos h eikoon kai h epigraphh; di chi è questa immagine e l’iscrizione ?, scontata, è stata per secoli letta dai Christianoi come fatta non secondo l’epoca tiberiana, ma secondo quella flavia quando il tempio non esisteva più e già Vespasiano aveva stabilito un nuovo tributo fiscus iudaicus da versare conglobato, nel fisco imperiale …
La valenza significativa è diversa a seconda dei tempi, specie se c’è stata la stasis vittoriosa messianica: non si può leggere la risposta di Gesù come accettazione del potere romano e come suddivisione di campi come frase che sancisce un doppio servitium ad una doppia autorità, distinta in una umana e in una divina, paritariamente, da parte di un Messia, spirituale, figlio di Dio; si deve leggere invece come una risposta di un politikos che nel contesto templare, da Meshiah, che è entrato trionfalmente in città ed ha preso il tempio, ed ora, dopo la purificazione, in un clima festoso, mostra clemenza e moderazione, a vittoria conseguita.
La richiesta del denario è in relazione alla già studiata risposta, spettacolare, tanto da destare meraviglia in tutti (ecsethaumazon), come segno di una diplomazia politica, tesa a non tagliare ogni ponte col potente nemico, momentaneamente sconfitto, date le infinite risorse finanziarie economiche e militari dell’ imperium romano…
C’è coscienza della propria precaria situazione regale, methoria rispetto ai Parthi e ai romani…
C‘è una logica di rispetto per i romani, con una coscienza della propria propria missione ancora da ultimare; rinviare, quindi, è atto astuto che permette d i soprassedere e procrasticare circa la liceità e il gioco -antitetico – del pagare (telein ) o non pagare.
Da politikos, Gesù sa bene che il suo Malkuth è uno stato vassallo, associato all’impero parthico, non riconosciuto da Roma e quindi è abile a lasciarsi uno spazio diplomatico per eventuale tregua in attesa di avvenimenti, da opportunista eukairos, capace di tranquillizzare i suoi irriducibili galilei integralisti con un sguardo di intesa e di complicità, negante perfino quanto si dice espressamente per convenienza politica: la parola contraddice l’azione e l’azione la parola.
D’altra arte non si espone coi suoi detrattori politici che cercano materiale orale da inviare al senato romano e all’imperatore, come atto di accusa connesso con gli accadimenti dei giorni pasquali: la sua doppiezza nasconde sotto l’ufficialità del detto ambiguo tutta la tradizione di odio aramaico secolare contro Roma, sottesa nello Shema basata sul timore di un solo signore, immortale .
Il breve scambio domanda-risposta tra il Messia e l’interlocutore sintetizza la conclusione rapida della discussione e la tronca (Tinos h eikoon auth kai epigraphh?.. Kaisaros) bruscamente – con tono autoritario – una doppia frase iussiva, strutturata secondo una perfetta simmetria con ellissi di apodote nel secondo membro della proposizione coordinata che è giustamente diventata apoftegma di rara efficacia morale, mirabile per la società cristiana- abile opportunisticamente a servire ora l’uno ora l’altro- .Ta kaisaros apodote Kaisari, kai ta tou theou tooi theooi è ancora oggi di attualità…
Dunque, si può dire che Gesù dimostra ha una sua abilità politica, congiunta ad una retorica basata sul gioco dell’equivoco e dell’ambiguo,
Gesù segue il modello di Areta IV, che agli inizi del regno, domina sui nabatei senza il riconoscimento romano, poi si avvicina a loro tanto da essere riconosciuto come socius ed infine accoglie come ospite e Petra sia Germanico, che ha imperium proconsulare maius per l’Oriente, che Pisone, governatore di Siria, anche se rimane sempre ambiguo nella sua politica?
L a politica di Gesù e quella di Areta IV possono essere in relazione specie dopo la fine del matrimonio venticinquennale di sua figlia Dasha, ripudiata da Erode Antipa, per sposare sua nipote Erodiade sorella di Erode Agrippa, a seguito della decapitazione di Giovanni?..
Il vecchio monarca seguace del Giovanni il battista fu guida politica anche per Gesù?: Tiberio inviando nel 35 in Siria Lucio Vitellio gli dà mandato di punire Artabano III e di portargli vivo o morto la testa di Areta….
Gesù, o politikos, inoltre non si vede nel colloquio con Pilato? cfrMatteo 27,11; Marco 5, 2-15 , LUCA 23, 2-5. Alla domanda del procuratore Su ei o basileus toon iudaioon; tu sei il re dei giudei? Gesù risponde su legeis tu dici (cf. Pilato in Jehoshua o Iesous?pp.231-235, cit) da aramaico atta amarta/tu dicis (latino) ribadendo quanto detto dall’inquisitore senza intenzione personale di positiva dichiarazione: il giudeo sa quanto è inviso il termine basileus in Roma e quanto complesso sia invece il termine meshiah per un goy/pagano, che non può comprendere la struttura intima della connessione di ieroosunh sacerdozio con l’unzione regale giudaica…