Giulio Erode, il Filelleno II. Parte
IV.libro Erode il monarca amministratore e costruttore
Premessa alla II parte di Giulio Erode, il Filelleno
Essendo passati tanti anni dalla stesura della biografia di Giulio Erode, Filelleno, I parte – in tre libri I. Antipatro, padre di Erode, II. Erode Basileus, III. Alessandra, la suocera di Erode-, scritta secondo i normali criteri storico-letterari , l’autore, iniziando la II parte – non avendo pubblicato la sua opera con una grande casa editrice, né in e.book, ma avendola posta solo nel suo sito www.angelofilipponi.com decide di cambiare stile e di servirsi della forma del dialogo, in modo da centrare i vari argomenti in esame e migliorare la comunicazione dei contenuti. Perciò l’autore –il professore – dialoga con Marco Cinciripini- un ingegnere suo ex alunno- che pone domande, intenzionato a comprendere esattamente il pensiero di uno scrittore, che fa ricerca e revisione storica del periodo giulio-claudio desideroso di sintetizzare quanto appreso per comunicarlo ai suoi antichi compagni di scuola nelle loro mensili riunioni. Il dialogo è strumento che permette all’autore di argomentare, secondo metodo, e di dare le sue risultanze reali frutto di uno studio cinquantennale delle fonti tradotte di Giuseppe Flavio specificamente ( Antichità Giudaiche XIV, XV, XVI, XVII) ma anche di altri storici in relazione alla domande che gli vengono poste da un interlocutore colto e vivace.
E’venuta fuori un’opera in tre libri suddivisa in I. Erode il monarca amministratore e costruttore; II. Il “Regno” di Antipatro e l’ultimo Erode; III. Giulio Archelao, figlio di Erode.
Non magnanimo, consolatium, sed misero comites habere penantes
Professore, avendo io letto Gerhard Prause (Erode il Grande, Rusconi 1981 ) insieme ai miei amici, vorrei ora approfondire il complesso periodo di romanizzazione e di ellenizzazione del regno erodiano, dopo il 27 a C.,dal momento dell’assunzione del titolo di Augustus /Sebastos fino all’incontro di Erode con Marco Vipsanio Agrippa a Lesbo nel 13 a.C. e al suo ritorno in patria, prima via terra, poi via mare, da Sinope?
E’ un quindicennio molto controverso storicamente, fondamentale, comunque, per la valutazione di re Erode. Marco, è un lavoro lungo e difficile, utile per arrivare ad una definitiva valutazione su una basileia controversa!: bisogna fare una serie di giudizi, senza la critica cristiana, circa il comportamento di Erode in vari settori, specie agricolo-finanziario, economico e sociale, e leggere la sua condotta, in relazione alla politica romana e a quella specifica giudaica, specie dopo la morte di Mariamne asmonea, in un clima farisaico-essenico antiromano ed antierodiano, connesso con la musar aramaica.
Il mio lavoro non è certo quello di Prause, che procede secondo una lettura ebraica di Abraham Shalit – Koenig Herodes, der Mann und sein Werk, Berlino 1969- e di Samuel Sandmel- Herodes.Bildnis eines Tyrannen, Stoccarda, Berlino,Colonia, Magonza 1968: ho da tempo fatto una revisione sul giudaismo ellenistico, sul cristianesimo e sulla storia romano-ellenistica giulio-claudia, visibile in tanti libri ed articoli e specie in “Perché la casata di Erode e quella di Filone hanno in comune il nome Ioulios/iulius? ” ed ora ti posso evidenziare solo l’atteggiamento di Erode, civis romanus, rex socius ed amico personale di Ottaviano e di Agrippa, un basileus orientale, che segue la riforma del principato, in un tentativo di ellenizzazione popolare ebraico sul modello alessandrino, conforme a quello del circolo di Mecenate per l’Italia e per l’Occidente.
Io, Marco, vorrei partire da quel tredicesimo anno di Regno, terribilis annus cioè anno 25 a.C., in cui il re, ora ristabilito dal male fisico, cerca di manovrare per avere l’amore popolare, avendo già sicuro il favore militare, volendo tenere sotto controllo tutto il territorio, quando ancora una legione romana stanzia davanti Gerusalemme, dopo che è sfuggito da poco ad una congiura, mentre si lega, mediante un personale rapporto, con Augusto e suo genero Marco Agrippa.
Marcare il quindicennio, tenendo presente il precedente quinquennio, è lavoro immane, incalcolabile, quasi impossibile, se non si accetta come vera la frase di Flavio in Guer. Giud. I,399-400: Erode, nominato Surias olhs epitropos, con exousia superiore ad ogni altro governatore e re orientale, dopo Agrippa, era amato da Cesare, dopo Cesare da Agrippa/upo men Kaisaros ephileito met’Agrippan, up’ Agrippa de metà Kaisara.
Sembra un’esagerazione! Un enunciato di una propaganda ebraica!
Anche a G. Vitucci (Guerra giudaica, Fondazione Lorenzo Valla, Arnoldo Mondadori Editore,1974), che segue critici tedeschi ed americani, sembra frase esagerata!
Eppure, davvero, per oltre un ventennio, Erode così appare agli orientali, romanizzati ed ellenizzati! E’ l’uomo intermediario tra Ottaviano ed Agrippa nella politica interna, che ha, inoltre, una funzione methoria ( Cfr. Methorios www.angelofilipponi.com) tra l’imperium romano e quello parthico.
Professore, con tutto il rispetto, anche la sua affermazione sembra esagerata, a meno che non la dimostri e con parole e con fatti! Per capire bisogna aver chiaro anche il significato del passaggio dallo stato repubblicano a quello del principato!?
Marco, certo. Senza la coscienza della fine della forma repubblicana e dell’inizio del principato, del passaggio dalla forma repubblicana al principato, non può esserci nessuna spiegazione del sistema romano e neppure di una sua struttura periferica, come quella giudaica, in cui convivono una pars elitaria ellenizzata ed una pars popolare aramaica. Perciò non so se sarò capace di una seria valutazione fattuale e concettuale, tuttavia, questo penso circa la familiarità di Erode con Augusto e con Agrippa e circa il ruolo svolto dal re tra l’imperator, padrone assoluto di un regno di 3.300.000 km quadrati, e il re dei re parthico, di un regno di 2.200.000 km.quadrati.
Marco, il fatto che Ottaviano console per la settima volta insieme a Marco Agrippa, si presenti in senato per restituire solennemente i propri poteri eccezionali di tribunicia potestas e d’ imperium proconsulare maius, sottende che un civis ha la piena coscienza di essere il soothr della patria, e che attende il riconoscimento concreto dei suoi meriti eccezionali, sovrumani, divini.
Allora, il conferimento del titolo di Augustus/ Sebastos determina nel mondo romano un cambio profondo di mentalità con un’implicita adesione al principato! Non esiste più né il civis né il senatus, supremo organo dello stato, ma esiste da una parte il suddito (cittadino e senato- tutti gli altri aristocratici, equites , popolo in genere ) e da un’altra l’imperator che, avendo ogni potere, come dominus/despoths assicura universale pax/eirhnh et iustitia/dikaiousunh a tutti occidentali ed orientali! cfr Il re legge vivente e la legge re giusto.
Giuridicamente, Marco, ci sono ormai due figure: quella del subiectus/upotetagmenos e quella dell’imperator/autokratoor: così sancirà di fatto con una propaganda alessandrina perfetta, 66 anni dopo, circa, Gaio Cesare Caligola Germanico ( Cfr. A ., Filipponi, Caligola il sublime, Cattedrale 2008), che riprende l’idea ebraica dell’unico pastore e del gregge umano – Filone,Vita di Mosè II – e quella omerica della necessità di un solo signore e di un solo re (eis koiranos estin, eis basileus Iliade, II,204) e di un solo sovrano e di un solo Dio Caesar /Zeus in una distinzione netta tra chi ha il compito di comandare dispoticamente per natura e chi ha dovere naturale di obbedire (Filone, Legatio ad Gaium 76).
Mi sembra di aver capito che tutti, compresi i senatori che fanno finta di essere pares davanti al princeps, sono clienti ed uno solo è il padrone!.
Si. hai capito! Marco. Tutti i cives sono sudditi indistintamente e c’è un solo sovrano, Theos e nomos empsuchos. Gli avversari politici antoniani stessi, vinti, come anche il re giudaico, si fanno promotori di una investitura divina, avendo sperimentato la basileia orientale con Antonio e Cleopatra: non ti sorprenda se Manuzio Planco (Svetonio, Augusto, 7) è quello che per primo lo saluta come Augustus/sebastos! Gli altri patres respingono la richiesta di Ottaviano, di ritirarsi a vita privata, come Cornelio Silla, e dicono che non vogliono esser abbandonati ora da chi è loro soother, autorizzando così il culto dell’ eroe, figlio del Divo Giulio Cesare, uomo di stirpe Divina – riconoscendolo princeps, che ora vale non più primus inter pares, ma dominus/despoths, del senato!. Ottaviano, pur fingendo di ripristinare il sistema repubblicano, sebbene abbia il diritto militare del più forte, fa apparentemente trionfare la legittimità senatoria e con essa sembra riportare pax e lex nel mondo romano, dopo le guerre civili, ma è imperator/autokratoor, sovrano assoluto.
E’ questa la pax augusta tanto celebrata dai circoli letterari, un equivoco, sotto cui si maschera lo scaltro attore Ottaviano che risulta normale civis, che, comunque, determina e condiziona il legittimo funzionamento delle strutture repubblicane ormai svuotate di potere!
Marco, E’ solo una grande propaganda che viene fatta per tutto il periodo di regno della famiglia giulio-claudia da un’équipe alessandrina in lingua greca, poi coadiuvata da elementi italici in lingua latina!. In effetti la pax dura ben poco, perché Augusto fa poi la spedizione cantabrica e i suoi legati sono ancora in armi in Retia in Pannonia e in Germania, mentre le opposizioni si susseguono numerose con congiure a Roma e in Occidente.
In Oriente, il clima di pace è più evidente, considerata l’amministrazione delle province, scattata quasi automaticamente, subito dopo Azio, senza un ulteriore intervento senatorio, con un avvicendamento normale di ripristino o di conferma come accade ad Erode, anche se antoniano, ma eletto re anche da Ottaviano nel 40 a.C:,con nomina senatoria.
In questa situazione di generale pacificazione, Erode può aumentare di potere tanto da assumere un’auctoritas come terzo uomo dello Stato romano in breve tempo, quando Roma è continuamente turbata da congiure antitiranniche: essendo un fedele propagatore del pensiero augusto, proclama la pace universale in una volontà di ripristinare giustizia ed ordine, dopo la fine di Cleopatra, nella sua giurisdizione.
Professore sembra che lei sottenda quasi un triumvirato che in effetti è una diarchia decennale Augusto/Agrippa dominante su Occidente ed Oriente, con l’aggiunta di Erode terzo uomo dell’impero romano orientale, almeno per circa un ventennio?
Non sbagli, Marco.
Ritengo che dal 27 fino al 12 morte di Agrippa, a marzo, in Campania, l’ effettivo comando sia in mano di Augusto che, però, specie nel periodo della malattia demandi il potere prima al designato successore Claudio Marcello e poi, alla sua morte, a Marco Vipsanio Agrippa, mentre Erode si stabilizza come basileus filoromano in Giudea per divenire poi, dopo la designazione a successore dell’amico- che ha l’imperium proconsulare maius orientale, destinato ad avere anche la Tribunicia potestas– il primo referente dell’Oriente.
So che in Giudea il re – come i governatori nelle Province di nomina imperiale e senatoria- assicura un clima pacifico e sicurezza nelle vie romane, nei mari, proteggendo il commercio punendo i trasgressori che turbano il kosmos romano, ora regolato da precise leggi, facendo valere i diritti giudaici, contestati, di fronte all’elemento greco, invidioso.
Erode assume, allora, una specifica funzione? Quale?
Erode, in quanto re dei giudei ellenisti – che sono una comunità elitaria, avente una propria autonomia già, connessi coi protoi greci concittadini, numerosi nelle grandi città, specie quelle portuali come Alessandria, Efeso, Antiochia, Cirene, dominano nel sistema emporico perché potenti come trapezitai e nauarchoi, ben guidati dall’alabarca di Egitto, di norma anche etnarca – diventa il rappresentante di questa classe mercantilistica aperta alla conquista dei mercati non solo Parthici ed arabi, ma anche di quelli di India e di Seria, tramite la via del Mar Eritreo e la Via regia persiana.
Per Erode, giudeo ellenista, essere methorios è uno status conclamato di interposizione e di mediazione economico-finanziaria, che sottende una funzione intermedia già svolta dal giudaismo ellenistico alessandrino oniade tra Antonio – Cleopatra e il regno arsacide e, precedentemente, tra i Lagidi e i seleucidi.
Quindi, professore, secondo lei, Erode, congiunto col sacerdozio oniade e sadduceo, per conto dei romani, svolge un ruolo di congiunzione tra i due grandi imperi per quasi un ventennio, avendo come sudditi anche i giudei aramaici, con cui già è venuto a patti ?
Marco, così mi sembra!.
Il re giudaico ha cultura romano-ellenistica e cultura aramaica, conosce greco e latino, ma anche aramaico! E‘l’ago della bilancia, in Oriente, non solo in senso politico e sociale, soprattutto in senso economico-finanziario- quando specialmente collega il gazophulahion templare gerosolomitano con quello leontinopolitano oniade alessandrino, centro bancario mediterraneo-.
Roma, infatti, può assicurare, tramite Erode, non solo alla regione giudaica, ma anche a tutta l’area asiatica e siriana fino al confine eufrasico, compresa la Macedonia, stabilità e pace, stabilizzando, con decreti filoebraici, nei territori di residenza, i ricchi giudei della diaspora!
L’ organizzazione di un sistema comune, unificato già dalla concezione macedonica seleucide e lagide della basileia e dalla koinh dialektos e dalla cultura greca, diventa un organismo funzionale anche amministrativo, secondo la volontà di Augusto, applicata da suo genero Marco Vipsanio Agrippa, coadiuvato dal re di Iudaea – con l’amico, per quasi un decennio e senza di lui, per quasi tutto il precedente decennio-.
Tale valore dell’opera erodiana è rilevabile nell’azione costruttiva di Erode nel suo regno ed anche fuori della sua patria, in quanto il re, come gli ebrei ellenisti, è cittadino romano e quindi kosmopoliths, partecipe del Kosmos imperiale!
Erode, costruttore e philhllhn, non resta solo entro i confini patri, ma svolge la sua opera kata philanthroopian kai euerghsian, in modo universale, tanto da apparire sovrano più benefico agli altri popoli che al suo popolo, controverso e contraddittorio nella sua affidabilità romana.
Erode raggiunge davvero il culmine della prosperità /eudaimonia innalzando l’animo a mete più alte, rivolgendo la sua magnanimità/megalonoia, anche in costruzioni pubbliche, specialmente ad opere di pietà /eis eusebeian – Ant. Giud.XV- XVI – e dentro e fuori del suo Regno.
Lei, professore, parlando specificamente, quindi, di una siccità continuata /auchmoi dihnekeis in Giudea, di una carestia – a cui succede una forma di peste loimos,- vuole dimostrare, da una parte, che il superamento della crisi economico-finanziaria, sorta da un fenomeno naturale, avviene perché la Iudaea, pars dell’imperium, grazie al suo re, ha il contributo di tutto il sistema romano orientale, che rivitalizza la cellula temporaneamente malata, sofferente, e, da un ‘altra, riattiva la funzionalità del macrosistema col beneficare una struttura periferica. Vuole, quindi, mostrarci come Erode, ellenizzando il suo popolo, di base aramaico, agricolo, operaio, pur con una componente elitaria sadducea già filoromana, è assertore e propagatore del principato augusteo?
Si. E’ questo il mio intento.
Vorrei informare dettagliatamente sulla condizione dell’imperium romano, a seguito dell’accettazione del principato augusteo da parte del senato e del popolo nel 27a.C e su quella del regno di un re socius, come Erode, che è un fedele esecutore della volontà imperiale.
Lei intende mostrarci un cambio di politica e di mentalità da parte del re, che, partendo da un fenomeno, che terrorizza la popolazione, evidenzia il progetto innovativo filoellenico, già avviato, conformemente alla volontà imperiale, che oppone la paideia alla musar, la scienza /episthme alla religio, la civiltà alla barbarie?. Insomma lei vuole mostrare a me e ai miei ex compagni di liceo, suoi vecchi discepoli, la vera funzione di Erode nell’impero romano, come quella di un propagatore culturale orientale, già abituato al culto del basileus /nomos empsuchos, disposto alla divinizzazione della sovranità di Roma e dell’autokratoor, nonostante la tipicità del suo popolo e aramaico ed ellenistico che, comunque, proclama ogni giorno il suo Shemà, cioè, di aver un solo Dio e Padrone, secondo la tradizione patria e la legge mosaica!.
Professore, per lei, quindi, Erode anticipa perfino il programma culturale di Mecenate, avendo già una propria formazione ellenistica, tipica di un civis alexandrinus?
Certo Marco, prima di Virgilio, di Orazio e di Tito Livio, Erode dà il suo contributo alla propaganda del principato augusteo, su base divina in Oriente con le sue costruzioni, con il suo filellenismo e con la celebrazione della maestà divina di Ottaviano, nikeths, imposta anche ai suoi sudditi farisei, feroci conservatori della legge patria.
Seguimi bene e rileggiti l’articolo su Giulio Erode e parenti, su Giulio Filone e Giulio Alessandro Alabarca in modo da capire come la stessa monumentale operosità costruttiva e il sistema emporico -trapezitario siano segno di una neoteropoiia progressistica e di un’ektheosis, come espressione precaligoliana, di una superiorità culturale romano-ellenistica, di stampo alessandrino, tipica dell’amecsia ebraica filoaugustea, capace contraddittoriamente di servire due padroni, Dio e l’imperatore sebastos/augustus!.
Erode, come idumeo-nabateo, che ha ha avuto l”eredità fondiaria del padre e della madre, oltre che quella asmonea, dopo la morte di Antigono e dopo quella di Alessandra, è un grande latifondista, il maggiore della Giudea, più del Tempio, avendo avuto immensi territori personali da Augusto nel 23 a.C. , ad oriente del lago di Tiberiade (Auranitide, Batanea e Traconitide) oltre al feudo familiare di Idumea, oltre a Samaria, Galilea e Perea, avute in precedenza dai romani, per cui vaste zone della vallata del Giordano e nella pianura di Gerico, dopo la fine di Cleopatra sono come ville regie di vaste dimensioni, con amministratori forse latini di formazione, anche se dioichetai ellenistici.
Il re fa una politica agricola, regnando su un popolo di sacerdoti, -anche loro latifondisti, che hanno rendite da feudi templari sparsi nel territorio – e pur non essendo ebreo – è rispettoso, comunque, come idioths eusebhs della torah, essendosi volutamente conformato per la regalità alla tradizione asmonea, anche se ligio al culto della dea Roma e dell’autokratoor sebastos.
Insomma Erode, come ogni altro re orientale, deve adeguarsi per integrare perfettamente il suo popolo con le popolazioni dell’impero romano, imitando la peculiarità giudaico-alessandrina e quella stessa sadducea templare gerosolomitana, già ellenizzata da oltre un secolo, seguendo l’esempio di suo padre Antipatro, un governatore asmoneo, seguace del divino Cesare.
Il disegno erodiano statuario e numismatico, architettonico in genere, sottende la necessità, da parte popolare, di una rinuncia temporanea morale alla propria elezione e, da parte sua, il dovere della celebrazione del divi Caesaris filius: il popolo ebraico, il popolo eletto, sacerdotale, secondo le promesse divine, deve prendere atto che contingentemente il suo Dio impone la sofferenza al proprio figlio, un momento di dolorosa attesa,una prova/peira da sopportare, mentre favorisce- pur rimanendo pathr, che applica la sua oikonomia storica – un filius adottivo, il popolo romano, insignito con l’impero universale /katolikos, col suo autokratoor, che è sothr e euergeths e degno di essere venerato!.
Erode come Virgilio (Cfr.Eneide VI,784), quindi, celebra la pax con l’imperium, l’Italia come Magna Mater, Augusto come Ercole e Bacco (802), Roma imperiale nella sua triade capitolina e il suo compito di parcere subiectos, debellare superbos (853).
Pensa, Marco, che in una ex villa di Getty, in Inghilterra, è stato trovato da un fortunato giardiniere un busto di Ottaviano del I secolo con la testa di leone, tipica di Heraklhs – Alexandros,(forse rappresenta un Caligola Neos Sebastos!) e che, quindi, il culto dell’ eroe Cesare augustus/sebastos, sempre vincitore, è attestato in terra druidica perfino !?
Professore, secondo lei, Ottaviano si propaganda con Didimo Areio e con gli altri retori ed artisti alessandrini in tutto il mondo! La politica di Erode, perciò, è connessa totalmente con quella di Ottaviano che riforma il sistema agricolo sistemando adeguatamente i milites, reduci, con assegnazione di terre e, dopo il triplice trionfo, avvia un processo di modernizzazione del foro e della città, che si trasforma in urbs marmorea rispetto a quella repubblicana, latericia, facendo un grande lavoro di risistemazione templare in Roma e in Italia-specie nelle ville campane- ed anche nelle province occidentali. attuando un’imponente opera di costruzione col suo Mausoleo, con l’Ara pacis, l”Orologio e col Pantheon?.
Allora, per lei, Erode, un capo idumeo-nabateo, civis ed iulius, è vir romanus dentro il suo animo, meglio è un romanus alexandrinus, poliglotta, che costituisce perfino un modello di regalità da imitare per i viri civiles romani quiritari e che crea modelli di statuaria, utili/chrestoi per l’Occidente attardato, militaristico?!
Marco, Erode, conoscendo perfettamente il greco, in quanto ha cultura alessandrina, scientifica, conosce bene anche il latino, essendo stato da giovane amico di Valerio Messalla e di Asinio Pollione, all’epoca del loro servitium presso Marco Antonio, di cui conosce i suoi legati, Ventidio Basso, Sossio, Canidio Crasso, presso i quali è interprete e coi Parthi e con basileis ellenistici.
Lei, quindi, dà per certo che la formazione linguistica di Erode è poliglotta come quella di Cleopatra e di Mariamne e di Alessandra? Ne sono convinto, Marco, tanto che ti aggiungo che Erode ha lasciato le sue Upomnhmata/Memorie in greco, palesi in alcuni libri di Antichità giudaiche. Ti preciso che non può non conoscere bene il latino, anche se è uomo di lingua aramaica! Grazie a questa triplice conoscenza, ha piena coscienza della cultura romano-ellenistica in quanto è un perfetto methorios tra l’impero romano e quello parthico, non solo come dioikhths amministratore e come trapezita ma anche come politico, essendo uomo indispensabile tra l’impero romano e quello di Parthia! Ed Augusto (come i romani tutti !) è conscio che Erode ha un piccolo regno rispetto ai servizi prestati/ paresth pollooi baruteran Herodhi perieinai basileian pros a pareskhen!
Lei, professore, quindi, aggiunge alla componente economico -finanziaria alessandrina, ora, un’altra, quella culturale, tipica degli erodiani giuli (Ha presente la figura di romanizzato ed ellenizzato di suo figlio Alessandro o di Antipatro figlio di Salome, o di Erode Antipa e ancora di più di Erode Agrippa I, tutti uomini educati a Roma !), propria di un intermediario con volontà conciliatoria tra due civiltà?.
Marco, questo ho capito con sicurezza, studiando e traducendo gli autori giudaici, intrisi di messianesimo aramaico ed ho potuto rilevare anche la componente militaristica ed imperialistica in Erode, figlio del militare idumeo Antipatro e della nabatea Cipro: essere un perfetto cavaliere e arciere è l’ideale per un principe idumeo nabateo! la formazione militare è la base per la carriera politica: senza di essa non esiste il vir civilis/o politikos! Erode e poi suo figlio Alessandro sono esemplari prototipi della razza!
Seguiti, professore, e faccia luce nei nostri pregiudizi cristiano-cattolici.
Erode, dunque, è grato, infinitamente grato alla domus Giulia, riconoscente a Roma e a Cesare, come suo padre Antipatro: Roma è tutto/pan per lui: vita, potere e familia; essere vinculum tra Ottaviano e d Agrippa è un onore non pagabile, dato l’immenso debito verso l’euergeths e soothr: la sua fedeltà/fides è quella di un servo devotissimo per il proprio padrone, quella di un cane per chi lo nutre, quella di un fidus,- fidissimus omnium!-, per il suo Theos, il cui culto è il più venerato, più di quanto possa temere ed amare Jhwh il più giusto e pio dei farisei ( esseni o terapeuti), essendo disposto a morire per testimoniare con la vita il suo servitium.
Le costruzioni di città e di templi per Ottaviano sono testimonianza di un tale amore devoto per il Sebastos, datore di vita e di potere!
E’ un vir che riconosce i meriti della domus giulia, li scrive chiaramente con lettere di pietra nelle sue costruzioni, proclamando al mondo la sua funzione di intermediario tra i due imperi, col suo tentativo di integrare nel mondo ellenizzato, alessandrino, il suo popolo, in una esaltazione del suo filoellenismo e della sua fedeltà a Roma e all’imperatore, datori unici di vita e potere, come familiare giulio e come partecipe al dominio del mondo, fiero della propria romanitas, che assicura- dopo la violenza della vittoria/nike- la pax/eirhnh e lex/nomos per il progresso dell’ uomo, avendola imposta perfino alla Parthia aramaica e al re dei re Fraate.
Erode sente la propria stessa amicizia familiare, come funzione intermediaria, come ulteriore vincolo tra Ottaviano ed Agrippa, proponendosi come diallakths / pacificatore perfino nel periodo che precede la morte di Claudio Marcello, quando Marco Agrippa è incerto nella sua azione politica, data la predilezione dell’imperatore per il nipote, figlio di Ottavia, destinato alla successione, specie nei momenti di panico giulio universale di fronte alla malattia mortale di Ottaviano Cfr. Il medico di Augusto!
Dunque, Erode costruttore esprime la sua perfetta adesione al principato augusteo: le sue costruzioni sono un segno della cultura ebraico-romana di un un re, fiero di essere fedele al suo Dio ebraico e al Dio romano, al di là della lacerazione spirituale personale e alla sottesa ed implicita contraddizione?
Marco, nel clima propagandistico del culto di Augusto, Erode avendo già cambiato il suo personale sistema di vita, si allinea alla norme della celebrazione postaziaca del mito augusto con una serie di costruzioni monumentali, nella celebrazione della divinità augusta, accettata da tutte le popolazioni orientali, ad eccezione di alcuni gruppi aramaici, che, comunque, sanno rilevare ormai i benefici di tale azione regia, in quanto artigiani, agricoltori ed operai, coinvolti nel disegno erodiano di progresso e di integrazione (cfr. www.angelofilipponi.com Erode philhllhn).
Ora capisco professore il significato della riforma italica agricola di Erode e il suo lavoro sui qainiti e il loro contributo nell’edificare- sebbene questi abbiano timori nel constatare l’immensità del lavoro- preoccupati ed ansiosi sulla retribuzione e sulla possibile fine del rapporto lavorativo, in caso di interruzione, per mancanza di fondi.
Le opere erodiane sono sempre proprie di un signore megalomane che, però, porta a conclusione ogni monumento, avendo fatto bene i conti preventivi con i suoi dioichetai, che assicurano la copertura delle trapezai, fino al telos: Erode è accusato di essere uomo di menzogna, ma non per inadempienza negli affari finanziari o nelle costruzioni, come ente pagatore dei qainiti.
Lei, professore, sta parlando di operai, fabbri, carpentieri, muratori, mastri, architetti che con famiglia vivono accampati là dove svolgono il loro lavoro di costruzione, secondo il contratto col datore di lavoro ed anche di stipendiati giornalieri in aziende agricole di villae, gestite secondo il sistema romano latifondistico?
Si Marco.
Anzi voglio mostrare un Erode, come imprenditore capace di investire anche commercialmente con la vendita, specie di balsamo e di sale, di pescato e di bitume e perfino come operatore turistico abile a richiamare amici e malati perfino sulle acque termali di Wadi Zarqa ma’in/Calliroe, mediante propaganda!.
E ti aggiungo che tra i teknitai /tektones/ architektones ci dovrebbero essere il nonno Giacomo e il padre Giuseppe del nostro Gesù, che lavorano con una qualche qualifica e si spostano in relazione all’offerta: questo ho detto circa 40 anni fa e questo ancora ribadisco, rivendicando questa piccolissima scoperta su Gesù artigiano, di cui molti, compreso Augias -Filoramo-Il grande romanzo dei Vangeli, oggi parlano- cfr. L’eterno e il Regno, opera finita di scrivere nel 1999-!
Quindi, professore, gli agricoltori e gli operai che lavorano nelle costruzioni erodiane cominciano ad avere la stessa ideologia del loro sovrano, specie dopo la carestia e le forme di pestilenza, in quanto hanno fiducia nel loro sovrano, che dà la sicurezza del pagamento, nonostante le loro accuse pesanti contro Erode, sacrilego, ritenuto elemento non conforme alla Legge, punito da Dio, per la sua empietà.
Veniamo ai fatti e smettiamo di parlare, altrimenti facciamo come fa il giornalista – storico Prause e come fanno tanti altri studiosi!
Marco, il tredicesimo anno di regno diventa, per me, l’anno della svolta per il popolo che, dopo un doloroso biennio, sembra interagire positivamente con la volontà riformistica del proprio re, innovatore: operai ed agricoltori sono i primi a seguire la nuova impostazione erodiana, avendone constatato, già, la sua affidabile retribuzione, anche negli anni precedenti.
Infatti, Flavio, Ant. giud. XV, 299- 304, scrive: Nell’anno tredicesimo del regno di Erode si verificarono nella provincia molte calamità o per divino castigo o per avvenimenti casuali. Dapprima la terra, serrata, non fruttificava regolarmente e i cittadini per la carestia di grano erano presi da mortale malattia. Questi, oppressi da vari mali, continuamente, per la scarsezza di cibo, cambiarono il modo di vivere ed erano consunti per lo più da sofferenza pestifera/pathos loimikòn. E la malattia di quelli che così morivano, privi di sostentamento, perché, essendo i frutti della terra corrotti e vuoti i granai, non dava altra speranza di aiuto, se non il morire a causa della diffusione del male. Non durò solo quell’anno, ed anche l’anno successivo non ci fu raccolto perché i semi erano stati consumati: comunque, la necessità e il bisogno erano causa di molte invenzioni. Anche il re era non meno afflitto del popolo dalla malattia pestifera/thn loimoodh noson, poiché non poteva riscuotere i dazi che prendeva dalla terra ed aveva consumato i tesori con le grandi costruzioni delle città e non sapeva da dove prelevarli.
Dunque, Marco, nel 25 a.C., Erode si trova in una difficile situazione economica, a causa di un fenomeno di siccità imprevedibile e viene accusato maggiormente dal popolo, che segue la predicazione farisaico-essenica di essere uomo di menzogna e di essere philellhn, cioè di essere collegato con la politica augustea, basata sulla divinizzazione del sovrano autokratoor: non ha neanche più denaro per le costruzioni, che lo hanno dissanguato e sembra che non possa attingere alla cassa del gazaphulakion del Tempio per l’opposizione dei sacerdoti, che concordano con le profezie farisaiche, in una condanna del regno di Erode, colpevole del fenomeno della carestia.
Erode, in tale situazione, essendo in attesa dei finanziamenti delle trapezai oniadi alessandrine, non agisce contro il popolo e i teknitai, che pur protestano, essendo sobillati, ed inventa la sua politica, dimostrando di essere un soggetto entusiasta e creativo.
Professore, dunque, Erode, anche se sorpreso dalla calamità naturale e dalla lentezza della burocrazia trapezitaria alessandrina e, pur non potendo prelevare denaro dal Tempio, mantiene aperti, comunque, i cantieri e seguita nella sua attività agricola?
Certo. E’ una grande impresa quella del re, che insiste nel suo piano di riforma, nonostante il phobos popolare davanti ai mortali fenomeni naturali: Erode, pur ritardando le paghe agli operai, facendo pagare, forse, i dioichetai ogni tre mesi – invece che ogni mese o giornalmente – nel suo principale cantiere a Cesarea – dove si lavorava dall’anno 30 a.C. ininterrottamente per anni, e perfino a Gerusalemme dove, finito il palazzo del Cesareo ed iniziato l’Agrippeo, sta costruendo l’Anfiteatro- forse con strutture portanti in muratura, alternate con altre lignee- mentre sembra che faccia tutto in muratura il teatro gerosolomitano, avendo già iniziato i lavori di demolizione della fortezza Baris, destinata ad essere la fortezza Antonia sopra il tempio, avendo già l’idea di una vasta ristrutturazione di tutta l’area templare di circa 14 ettari.
E’ un piano di ristrutturazione cittadina, a cui certamente concorre la finanza alessandrina, che coopera con pubblichi edifici con alberghi/ xenodochia per pellegrini, con costruzioni di case, di alloggi nella città nuova, con l’offerta anche di terreni circonvicini per i cimiteri, e con sovvenzioni al tempio o per rifiniture templari: Gerusalemme anche ha bisogno di un considerevole numero di qainiti– forse distaccati dal gruppo più grande di Cesarea o operai specificamente giudaici aramaici locali o stanziati in cantieri-accampamenti, fuori città!.
Marco, Erode è ora veramente un saggio amministratore che non interrompe i lavori e non cessa la sua politica di favore e di sostegno dell’elemento popolare: il re ricorre al proprio patrimonio e fa fondere non solo gli oggetti d’oro e d’argento ma anche quelli preziosi, artistici: è un politico accorto che mantiene la sua pianificata organizzazione economico-finanziaria e il suo progetto di integrazione sociale anche di fronte alle calamità naturali. Anzi da queste trae una forza maggiore per la realizzazione completa della sua politica, convinto come politico di saper tradurre in atto i sogni del popolo secondo l’etica di Joseph, il vizir dell’Egitto Cfr. A Filipponi, Giuseppe o il Politico, De Ioseph Ebook 2013 e cfr.Angelo e Mirko Filipponi, Vita di Giuseppe, E book 2015.
Flavio scrive-ibidem 305-310- : Frattanto, deliberando di dare aiuto in tempo, ed essendo difficile perché i vicini non avevano da mandare viveri in quanto anch’ essi avevano sofferto in pari modo e mancavano di denari, stabilì, allora, di non mancare di aiuto e ruppe i vasi regi d’oro e d’argento e li fuse senza aver riguardo alla raffinatezza dell’arte, che li rendeva ancor più preziosi.
Dunque, professore, Erode è sollecito e premuroso verso il suo popolo ed abile nell’amministrazione?
Erode, come militare, ha sempre dovuto provvedere al suo esercito e alle popolazioni da lui controllate, da quando era giovanissimo epimelhths della Galilea, ben guidato dal padre ed ammaestrato dall’esempio di uomini come Sesto Giulio Cesare, il cesarida Cassio, specie gli accorti legati di Antonio, più dello stesso triumviro, ed infine dall’insuperabile argentarius Ottaviano. La sua amministrazione/dioikhsis, inoltre, è quella della tradizione arcaica giudaica, già applicata dagli oniadi alessandrini perfino nel sistema bancario, abilitati nel loro lavoro di esattori fiscali.
Marco, non solo, quindi, Erode, è un abile realizzatore in quanto sa ponderare, prima di agire, ogni possibile fenomeno avverso, tanto da apparire fortunato, data la sua previdenza e cautela, nonostante l’entusiasmo creativo, ma sa all’occorrenza privarsi perfino dei suoi averi personali – come già aveva fatto per salvare il Tempio dagli avidi soldati di Sossio-!
E fatto questo, contatta Gaio Petronio, governatore di Egitto, suo amico, successore di Elio Gallo – che aveva condotto una sfortunata spedizione,contro l’Arabia Felix, e dopo iniziali vittorie, nel ritornare in Egitto, attraverso il deserto arabico, perdeva gran parte dell’esercito (decimato da malattie e da fame), composto di 10.000 milites e da altrettanti auxilia (tra cui 500 giudei e 1000 nabatei inviati da Erode e da Obedas sotto il comando dell’infido Silleo, poi accusato di tradimento) che, a stento, riportava a Berenice/odierna Hurghada, sul suolo Egizio, grazie alla flotta di 80 navi, i superstiti militari e le 130 navi onerarie, stranamente mai sbarcate per i rifornimenti!.
Gaio Petronio si rende disponibile, di fronte alle richieste, anche se ancora impegnato a respingere l’invasione della regina etiope Candace, che, saputo del piano di attacco di Augusto, lo aveva prevenuto, invadendo la Nubia ed era penetrata nell’interno dell’Egitto, conquistando Siene, File ed Elefantina. La regina, infine, è sconfitta da Petronio, che, riconquistata la zona, penetra nel territorio nemico, marcia verso Napata e la conquista, facendo molti prigionieri, inviati ad Augusto in Spagna, dopo aver lasciato in Etiopia presidi (Cfr. Dione Cassio, St Rom. LIII.29 e Strabone Frag. XVI, 5,1).
Avuta la risposta affermativa da Petronio, Erode, tiene sereno il popolo, pur provato dalla carestia e dalle malattie. Ricevuto dal governatore egizio frumento in quantità, pagato anche in anticipo dalle banche alessandrine e con questo, portato da navi onerarie a Cesarea Marittima – forse quelle stesse 130 navi che dovevano rifornire i soldati nella spedizione contro l’Arabia Felix?! -sfama il suo popolo, la Siria e le città vicine, tanto che Ottaviano, appena guarito dalla malattia grazie ad Antonio Musa, gli regala le regioni ad oriente del lago Genezareth, come ricompensa della sua azione a favore delle popolazioni, avendo approvato anche il suo decreto di riduzione di un terzo delle tasse, nonostante il perdurare della carestia.
Quindi, Erode non solo aiuta il suo popolo, ma si rende utile per le altre nazioni, divenendo per i romani un punto fermo nella loro politica orientale?!
Si. Marco, hai compreso bene!
Dal 23 a.C. fino al 13 a.C. Erode è centrale nella politica romana orientale, specie quando Ottaviano inizia le operazioni antiparthiche, incerto, però, circa il problema di meglio l’uovo oggi o la gallina domani.
Svetonio applica ad Augusto ex argentarius l’esempio del pescatore – che va a pesca con un amo d’oro, la cui perdita non può essere compensata da nessuna preda – che è l’emblema di chi corre dietro ad un piccolo vantaggio, affrontando un grande rischio: ad un dux prudens, perciò, non vale la pena attaccare la Parthia perché il rischio è grande il kerdos scarso ! cfr. Festina lente /speude bradeoos www.angelofilipponi.com.
Ricordo, professore, che lei diceva che Ottaviano ragionava, all’epoca, come i suoi trapezitai alessandrini, divenuti, dopo la conquista di Alessandria, suoi epitropoi, gestori del fisco imperiale! Loro che erano i datori di lavoro dei suoi antenati Ottavi, nummularii, sapevano quello che dicevano ed erano fedeli dipendenti!.
Certo, Marco.
Erode, come gli epitropoi alessandrini, dissuade l’imperatore dall’impresa parthica, invitandolo piuttosto ad azioni diplomatiche senza tentare l’impresa armata, data la grandezza del regno di Fraate e le connessioni non solo dei giudei, ma anche di tutte le popolazioni transeufrasiche di lingua, cultura e parentela aramaica. Di questo sicuramente parla Erode con Augusto, che visita la Siria nel 21-20, diciassettesimo anno del suo regno, e che punisce gli abitanti di Gadara, che accusano di violenza, di razzia e di distruzione di templi il suo re socio, pur famoso come inesorabile verso quelli del suo popolo che sbagliavano, ma come il più magnanimo verso i forestieri – Ant. Giudaiche,XV, 356 -.
Augusto nell’occasione punisce Zenodoro, un infido amministratore (Ant giud.XV, 359-360), mentre Tiberio, legatus ventunenne, procedendo dalla via balcanica, lungo l’Istro porta le truppe in Armenia, col mandato di deporre il re Artaxias II e di dare il trono a Tigrane III.
I parthi, allora, impauriti dalla congiunzione di eserciti romani accettano le condizioni di Augusto: riconsegnare le insegne romane prese a Crasso e ad Antonio; dare ostaggi ed iniziare un periodo di generale distensione e pacificazione tra i due grandi regni, tra l’imperatore e il re dei re, Fraate.( Cfr. Svetonio, Augusto, 21,43). Erode, dopo questa pacificazione – di cui non sappiamo l’entità esatta del suo contributo- chiude un quinquennio fortunato non solo per i rapporti coi romani, migliorati dopo l’aiuto di Petronio, ma anche col suo popolo aramaico e coi farisei, nonostante le continue loro contestazioni, a causa dei cambio di costumi della tradizione patria.
Flavio scrive: Egli mandava denarii in Egitto a Petronio, postovi da Cesare come governatore. Non pochi avevano fatto ricorso a lui per gli stessi bisogni, ma lui, essendo amico di Erode che desiderava salvare i suoi sudditi, diede a loro la precedenza nell’ esportazione di grano dall’Egitto e li favorì in tutto e nell’ acquisto e nel trasporto con navi, tanto che la maggior parte, se non la totalità dell’aiuto venne da lui.
Dunque, Erode salva il suo popolo dalla carestia e favorisce la ripresa economica, nonostante il seguito di pestilenze ed altre calamità, avendone riconoscimenti per i suoi reali meriti, ed ottenendo onori tanto che Flavio – Antichità Giudaiche, XV, 361 -proprio in questo periodo parla del suo rapporto di familiarità e di amicizia con Augusto ed Agrippa. Aggiungo che Erode è franco nel parlare /parrhsiasths tanto familiarmente con l’imperatore che, prima di riaccompagnarlo al porto di Cesarea, chiede (e la ottiene) anche per il fratello Ferora una tetrarchia, costituita con parti dei territori di Zenodoro – Ibidem -.
E’ un periodo fortunato per il re e Flavio afferma: Erode, portato il grano non solo mutò l’animo di quelli che lo sdegnavano ma fece manifesto il suo favore e patronato verso tutti: infatti, diede loro quanto grano serviva per fare pane ed inoltre essendovi molti che per vecchiaia o altra infermità non potevano prepararsi il pane, egli provvide inviando i fornai a fare il pane o a darlo già confezionato.
Questo fa Erode?!
Flavio aggiunge: si prese anche il pensiero che non svernassero col pericolo, avendo visto che erano mal vestiti a causa delle morti e dell’abbandono delle greggi, non avendo più lane da usare e cose di tal genere.
Professore, E’ probabile, allora, che la sua azione caritativa sia stata simile anche per i cantieri aperti, se il re provvede anche alla Siria e alle città vicine, bisognose di semi per fare la semina?
Certo. Marco La sua disponibilità amministrativa fa propendere in questo senso, secondo un coordinamento, voluto dall’imperatore stesso.
In conclusione, Erode, secondo Flavio, assolve al suo compito di epitropos, avendone vantaggi economici e benefici e per la sua gente e per i popoli dell’imperium romano, grazie alla sua perfetta integrazione nel sistema universale romano e alla personale sua amicizia con l’imperatore.
A mio parere, Marco, Erode applica il metodo Ioseph, poi evidenziato da Filone, nella sua opera De Ioseph.
In che consiste? professore.
Giuseppe, figlio di Giacobbe, spiegato il sogno delle 7 vacche grasse e magre, ha l’incarico dal faraone di amministrare l’Egitto e il suo impero asiatico connesso e congiunto omogeneamente, come viceré, dopo aver mostrato l’aggiunta del signore, che risulta un piano di prevenzione nel periodo delle buone annate e di raccolta decentrata, in modo da accumulare il massimo possibile, senza dispersione, per una successiva opportuna distribuzione, a seconda del reale bisogno interno e in relazione alla richiesta di commercio con popoli sottomessi, divenuti parte integrante dell’Egitto, e di altre nazioni.
Per lei, professore, non è, quindi, un semplice atto di provvidenza e di carità, fatta da un re filoromano, come Erode, ma è una pianificata operazione universale augustea, a cui il re giudaico è conformato, come esecuzione di un ordine superiore divino! E’ quella stessa economia, propagandata da Amartya Sen?
Marco, forse!. Io non sono un economista, sono un letterato, non capace di leggere un grande come Amartya Sen! Posso solo dire che Erode, in linea con il senato e Augusto, risuddivide ogni eccedenza e costituisce una forza lavoratrice operaia permanente per provvedere e al suo regno e ai popoli circonvicini, sotto la sua tutela, distaccati di volta in volta, a seconda del bisogno, come gruppi operativi minori, capaci di organizzazioni più grandi nel momento attuativo della fabbrica, sotto la responsabilità di un corpuscolo direttivo ridotto, precostituito. Erode, così, col servirsi dei qainiti si rende benemerito di un benessere nazionale ed internazionale, a causa del fenomeno stesso della diaspora, in una promozione del proselitismo giudaico. Infatti per Flavio non ci fu persona che non avesse trovato in lui un soccorso adeguato. Popolo, città e privati capi, afflitti da miseria, ricorrevano a lui e ne erano soddisfatti tanto che predispose 50.000 uomini per la distribuzione, creando una rete di amministratori e di funzionari a lui fedeli e da lui pagati.
Dunque, professore, la Iudaea, pur rimanendo un cantiere aperto, pur con le calamità naturali, agricole, pur essendo in una critica situazione, vivendo in un contesto comune, romanizzato ed ellenizzato, che funziona come un corpo unico, può giovarsi delle eccedenze dell’Egitto e delle riserve alimentari di una spedizione romana fallita, vivendo, diciamo noi oggi, in un mondo globalizzato, coordinato dall’imperatore e dai suoi epitropoi e mediante un proprio re filoromano, può superare il grave momento di necessità, mediante un sistema di scambio di favori, di uomini, concedendo denaro liquido e beni voluttari esotici, commercializzando quanto la regione offre.
Il popolo ebraico per la prima volta sembra accorgersi, dopo oltre quarantanni dalla presa di Gerusalemme da parte di Pompeo, che è parte di un impero e che, come tale, ha vita congiunta con gli altri stati, che compongono il Kosmos romano, la cui linfa e sangue possono giovargli in casi di eccezionale gravità, tanto da rilevare perfino il buon governo di un re, non conforme alla legge mosaica e contrario alla moralitas tradizionale, capace, comunque, di philanthropia.
Secondo Flavio, questa sua provvidenza e soccorso tanto poterono sull’animo dei giudei, che non sapevano più come lodarlo e la nazione tutta depose l’odio suscitato dallo stravolgimento da lui introdotto in alcuni riti tradizionali. Tutti erano convinti che con la premura, con cui li aveva sollevati dalla disgrazia, aveva del tutto cancellato i suoi errori. E molto onore si fece presso le genti straniere e sembra che le traversie fossero maggiori di quanto si potesse credere, ma nel loro infierire sul regno gli giovarono per farsi un nome. Infatti le inaspettate prove, che egli diede di generosità nelle angustie, volsero l’animo dei sudditi a suo favore ed essi lo stimarono, non per quello che era stato, ma per la provvidenza mostrata nella presente calamità.
Professore, i termini usati da Flavio sembrano propri del vocabolario farisaico-essenico e assolvono dalle colpe il re giudaico, redento dalla philanthroopia.
Certo, Marco. Pronoia con epimeleia / provvidenza con cura, bohteia /soccorso, amarthmata/errori, generosità megaloprepeia con megalopsuchia e compassione/eleos sono di un dio pathr, di JHWH, che assiste: e ora tutto viene invece dal re, che lo fa per ordine di Augusto sebastos, che coordina ed assicura con l’eirenh ogni bene, indistintamente, a tutti i suoi sudditi in ogni territorio occidentale ed orientale!.
Procedendo in questa linea Erode si impone come un philanthroopos tra i popoli di lingua greca, come euerghths più verso città e verso regioni straniere che verso suoi concittadini giudaici, che hanno una doppia cultura in quanto formati da una parte da pagani e da giudei ellenizzati e da un’altra da giudei non ellenizzati di lingua e formazione aramaica.
Eppure Erode da tempo ha cercato di amalgamare le due anime in relazione alla sua sumpatheia per la cultura giudaica innovativa alessandrina oniade, che, secondo lui, avrebbe dovuto cucire insieme la mentalità sadducea templare gerosolomitana con quella leontinopolitana, specie a seguito del suo matrimonio con Mariamne di Boetho – Ant.Giud, XV, 319-322- dopo la congiura del cieco, grazie alla sua attività costruttiva, affidata ai qainiti anche in terre straniere, ben pagati per la loro conclamata grande professionalità.
Professore, lei vuole dirmi che Erode, dopo le costruzioni interne, a seguito del matrimonio con Mariamne, finito il palazzo regio, il teatro e l’anfiteatro, avendo poi istituiti i combattimenti atletici ogni cinque anni, eletto presidente dei giochi olimpici, porta a Rodi e in altre isole, in città e regioni greche i qainiti per le costruzioni anche pagane, dando così lavoro alle numerose squadre di teknitai, la cui attività è apprezzata, dovunque, nel mondo romano orientale?.
Marco, devo dire che Erode, a motivo della sua personale ambizione e per le lodi ricevute da Cesare e dagli amici romani si era allontanato secondo Flavio (Ant. Giud.XV, 267) dagli usi giudaici tradizionali, costruendo edifici e città, e templi ad Augusto e a Roma, facendo manifestazioni non consuete alla tradizione per gli spettacoli quinquennali, avendo invitato atleti ed ogni classe di lottatori, attratti dalla speranza della vittoria e dai ricchi premi, dati non solo ai primi ma anche ai secondi e ai terzi, indicendo anche agoni musicali thumelikoi e gare per i guidatori di cocchi a quattro o a due cavalli ed anche per singoli cavallerizzi.
Inoltre, Erode addobba il teatro di Gerusalemme, città santa (Ant giud. XV.273) con drappi preziosi e gemme di valore, avendo disposto tutto intorno iscrizioni, come quelle successive di Ancyra nel Monumentum ancyranum-Res gestae Divi Augusti- in onore di Cesare e trofei delle nazioni, vinte da lui in guerra, in puro oro e argento ed avendo fatto provvista di fiere (leoni ed altri animali) riunite per farli combattere tra loro: di questo gli stranieri pagani erano attoniti per le spese, attratti dallo spettacolo e dalle lotte tra animali ed uomini gladiatori, mentre gli ebrei non sopportavano un uso estraneo alla loro cultura. E cosa ancora di più insopportabile per loro secondo Flavio- Ibidem – erano i trofei ritenuti da loro immagini, coperte da armi ,e perciò erano rabbiosi tanto che il re è costretto a dare loro una spiegazione (Ibidem, 277-279) che fa sorridere, probabilmente, i sacerdoti sadducei gerosolomitani che, visti scoperti i trofei, rilevano non immagini, ma solo un’anima lignea.
Nonostante questo, non potendo gli aramaici sopportare l’offesa della celebrazione di Ottaviano sebastos nella città santa, Erode subisce un attentato in Gerusalemme ad opera di 10 uomini, compreso un cieco, che cospirano, giurando di affrontare ogni pericolo e di nascondere i pugnali sotto le vesti,– Ibidem 281-291 . E’ una congiura gerosolomitana di aramaici, che vogliono dimostrare al popolo e al re l’errore della costruzione del teatro, che rovina la spiritualità cittadina, in quanto si fa sacrilegio verso la dimora della divinità. Erode scopre la trama, dopo una breve indagine, e convoca uno ad uno i congiurati, che confessano di aver ordito la congiura con un pio e nobile intento non per amore di guadagno né per il proprio interesse e che preferiscono la morte alla vita, pur di custodire le antiche tradizioni. Il re li fa uccidere e subito il popolo si vendica sul delatore, che viene fatto a pezzi e il suo corpo è gettato ai cani.
Subito dopo questo episodio, Erode ha una reazione repressiva, anche se è convinto di dover seguitare ad ingraziarsi il popolo, volendo frenare la predicazione dei farisei, che temono la scomparsa delle loro tradizioni religiose, travolte dalla novità della cultura ellenistica e dal benessere socio-economico. Ordina, infatti, che siano proibite le adunanze di persone, le passeggiate in compagnia, la formazione di gruppi anche durante il lavoro e che siano sorvegliati i movimenti dei sovversivi, catturati e puniti severamente quelli colti in fragranza o gettati in prigione e trasferiti nella fortezza di Hircania, per essere uccisi– cfr. Ibidem 366-
Flavio, allora, ribadisce che Erode costruisce le fortezze. compresa quella di Hircania, perché, insicuro ed inquieto, ha bisogno di accerchiare il popolo che può fare una ribellione.
E’ vero? è così?
Non è vero. Spaventato, il re ha questa reazione improvvisa, ma puniti alcuni, cessa la persecuzione!. Erode ha già convinto il popolo ed ha la forza militare al suo fianco e le fortezze sono baluardi difensivi per la popolazione, in una logistica militare di interventi rapidi interni, e a protezione del territorio da nemici esterni, in caso di invasione parthica, di cui ha fatto esperienza negativa.
Sappiamo che la stessa costruzione di fortezze, sessanta anni dopo, perfino, è impedita, sotto l’imperatore Claudio, dal governatore di Siria, Vibio Marso, ad un re socio, giulio, praetor come Giulio Erode Agrippa I, che riprendeva la stessa azione giudaica protettiva del nonno, con intenti, all’epoca non certamente filoromani!
Erode ha compreso, per ora, solo che non deve costruire per i romani nell’area templare opere con immagini e simboli significativi del loro dominio, che sono offesa al Dio!.
Certo, Marco, nel momento della carestia e del suo matrimonio con Mariamne, Erode avendo l’appoggio dei cives alessandrini e del governatore Petronio non può avere in patria la minima preoccupazione di neoteropoiia o stasis, da parte farisaica, che ora legge bene la funzione methoria del re, pronto a pianificare la sistemazione dell’ area templare e la modernizzazione della nuova Gerusalemme, che deve avere il Tempio come gioiello, come bianco Monte santo, rendendo la città capitale, superiore certamente a Cesarea Marittima,- pur magnifica col tempio di Augusto con la statua sublime dell’imperatore e della dea Roma- incomparabilmente più sacra di Samaria, sua personale città, anche se chiamata Sebaste- distante dalla città santa una giornata di cammino- pur fortificata in modo migliore della fortezza di Gaba in Galilea, di Esebonite in Perea sede della cavalleria scelta (cfr Ant. Giud. XV, 292.293)- volutamente resa splendida per lasciare ai posteri un monumento della sua filantropia e del suo amore per il bello – Ibidem 298-.
Per me non è vero, Marco, quanto dice Flavio che, comunque, attenua il giudizio limitandolo a certi momenti: Erode teneva queste misure di sicurezza, di tempo in tempo, come stratagemmi e dispose guarnigioni in tutta la regione per ridurre al minimo l’eventualità di sommosse.
Flavio precisa che ciò accadeva quando si dava anche il più leggero incitamento/parormhsis-ibidem. 295 in una Iudaea antiromana quando era in maggioranza l’elemento aramaico. Sappi, Marco, che Erode ha ora spie ed infiltrati tra il popolo, per cui conosce in anticipo quello che avviene e per di più, in questa fase, si permette tante elargizioni per il suoi sudditi, specie in occasione dei suoi tre matrimoni, avvenuti a breve distanza l’uno dall’altro, che lo rafforzano in tre diversi ambienti e lo arricchiscono ancora di più: non credo che sia vero neppure che Erode, lui stesso, di notte, indossava abiti da civile privato cittadino e si mescolava alla folla per farsi un’dea dei sentimenti che il popolo nutriva a proposito del suo governo– cfr. Ibidem, 367-.
La cosa potrebbe essere accaduta in ben altri momenti della sua vita, ma non ora!
Il matrimonio con Mariamne autorizza Erode a stringere un trattato economico-finanziario nel momento stesso del pagamento del grano a Petronio, con i sacerdoti alessandrini e con i sadducei templari, tanto da potere cambiare impunemente il sommo sacerdote; quello con Maltace samaritana di poco successivo, comporta una maggiore dedizione della classe militare e delle famiglie nobili, chiamate a popolare la nuova città dopo la ricostruzione e la fortificazione di tutta regione già a lui profondamente fedele; quello con Cleopatra di Gerusalemme sottende un nuovo patto forse col sacerdozio medio e coi leviti gerosolomitani, ormai conquistati dal prestigio e dalla fama di Erode in campo internazionale, neanche più contestato dal popolo, costretto a sottomettersi prima con un formale giuramento di fedeltà, poi obbligato a compiere una dichiarazione giurata di mantenere un’attidudine amichevole verso il suo governo, in seguito di nuovo applicata intorno al 7/6 a.C.-.
Dunque, Marco, nel periodo di cui stiamo parlando pochi sono gli irriducibili avversari di Erode, ben conosciuti e circoscritti intorno alle figure di Esseni, Semaia e Menahem, molto temuti per le loro predizioni -cfr.Ibidem 371-.379-
Possiamo, professore, precisare il significato di questi tre Matrimoni in successione rapida, dopo una vedovanza di oltre tre anni, a seguito di una terribile malattia renale e di un periodo di solitudine in Samaria. Sposarsi allora, anche per un re, è una grande spesa!
Certo.
Quello con Mariamne si risolve in un contratto finanziario-economico con le potenti famiglie oniadi alessandrine, contente che un sacerdote alessandrino di buona famiglia, legato a loro (e quindi, all’etnarca e all’alabarca egizio, che da tempo erano desiderosi di controllare il tempio gerosolomitano) ora si apparenti col re, che innalza il suocero al sommo onore sacerdotale per equiparare la sua regalità con la carica sommo sacerdotale. Erode, già, in precedenza aveva avuto dai romani la possibilità di elezione ed aveva eletto Ananelo sacerdote babilonese al posto del legittimo sommo sacerdote asmoneo, non ancora diciottenne, Aristobulo III, poi fatto uccidere a Gerico!. Da tempo, inoltre, aveva stabilito patti con gli oniadi tanto che questi, poi, avrebbero costruito a loro spese i monumentali 10 portoni del Tempio con le iscrizioni di avvertimento per i pagani di non entrare nell’area sacrale, pena la morte.
E’ vero, professore, che erano più grandi del portone del Pantheon di Marco Agrippa?. Certo, Marco, ci volevano tredici uomini, leviti ostiari, per aprirne uno!
Senti ora, Marco, come Flavio descrive questo matrimonio, messo in relazione alla costruzione della reggia: viveva a Gerusalemme un sacerdote molto noto di nome Simone, figlio di Boetho alessandrino, che aveva un figlia, considerata la più bella del tempo. Siccome i gerosolomitani ne parlavano molto, Erode fu eccitato dalla notizia e volle vederla. Fu colpito dalla eccezionale bellezza della donna, ma non volle abusare del suo potere per soddisfare pienamente il suo piacere e per non essere accusato di violenza e tirannia, desiderò chiedere di sposare la ragazza. Il padre, non essendo alla altezza della sua regalità,non poteva diventare parente del re anche se la sua condizione sacerdotale non era disprezzabile. Allora Erode sposò la figlia, il cui prestigio aumentò perché il re, prima di contrarre il matrimonio, innalzò il padre alla carica sommo sacerdotale, dopo aver deposto Gesù figlio di Fiabi dal sommo sacerdozio (Ibidem, 322).
Con questo matrimonio Erode ricuce lo strappo tra i due sommi sacerdoti, quello gerosolomitano e quello scismatico leontinopolitano, e forse collega i due gazophulakeia, avendo l’appoggio alessandrino, che ha fedeli in tutto il bacino del Mediterraneo,oltre i 500.000 in Alessandria (circa 2.000.000 giudei tutti filoromani perché impegnati e cointeressati nel commercio, avendo colonie in ogni porto dell’impero romano oltre che nel Ponto Eusino nel Mare Eritreo, nel Caspio e nel mare Indico, data la loro attività marittima e considerato il monopolio del sistema bancario orientale ecumenico).
Professore, intorno al 21-20, dopo il matrimonio con Maltace Samaritana, poco prima di quello con Cleopatra gerosolomitana Erode disegna di fare un piano di costruzione immenso, avendo quasi ultimato il porto d Cesarea, di costruire il tempio di Gerusalemme e risistemare l’area e di fare il suo mausoleo in Herodion, avendo distaccato probabilmente i qainiti dalla zona marittima alla regione intermedia tra Gerusalemme ed Herodion, che è a circa sessanta stadi, poco più di 10 km.
Poco prima di questo stesso tempo, Erode, avendo un altro gruppo di qainiti, impegnati a Samaria, si è sposato con Maltace samaritana, che è donna la cui famiglia è dominante in città, anch’essa chiamata Sebaste, per il culto speciale verso Augusto, che ha potere sull’esercito, lì acquartierato.
Il matrimonio con Cleopatra , invece, avviene in Gerusalemme e sembra essere motivato da un stretto vincolo con elementi leviti e medio sacerdozio, che chiedono assicurazioni circa la costruzione dell’area templare.
Erode, nonostante le spiegazioni circa le epigraphai del teatro e i trophaia, mostrati come ridicoli pezzi di legno, deve dichiarare che non è libero nella sua azione, ma deve omaggio ai romani e a Cesare – per la cui salute essi stessi sacrificano a Dio due volte al giorno- a cui deve conformare il proprio sistema di vita in quanto uomo anche lui sottoposto /upotetagmenos! Erode fa l’umile suddito volendo apparire uno di loro che sa capire la condanna delle novità, come segno evidentissimo della rovina di costumi, ma in effetti, secondo Flavio, fa ogni cosa per i propri interessi, avendo l’ambizione di lasciare ai posteri dei monumenti, ancora più a dimostrazione della grandezza propria, come un segno evidentissimo della floridezza socio-economico- finanziaria.
E’, quindi, una finzione opportunistica di un Erode ambizioso che cerca di destreggiarsi tra il rigorismo legalistico e la sua volontà di innovazione!
Marco, già il matrimonio con Cleopatra gerosolomitana è un compromesso: mi sembra che in situazione non possa fare altro!
Erode assicura, allora, che i giudei non devono temere per la realizzazione del suo progetto perché ha pronti tutti i materiali necessari ed ha fatto calcoli precisi prima di toccare una sola pietra del vecchio Tempio (Ant giud., XV. 380.425; Guer giud., V 184-247). Sembra che egli circondi, per avere una superficie pianeggiante, la sommità della collina , con enormi muri di ritenzione ad ovest, a sud e ad est, in modo da innalzare con materiali di riempimento ed arcate di sostegno la superficie al livello prefissato.
Pensa, Marco, che tutta la spianata attuale del Monte del Tempio( Haram Esh -Sharif ) è erodiana ed è rimasta immutata, nonostante i secoli!
Quindi, secondo lei, Erode ha un gruppo di architetti che lo autorizzano a fare, prima, operazioni preventive di riempitura in relazione al piano di maestoso ampliamento dell’area templare?!. Ora una domanda da bambino curioso, professore! Avendo evidenziato il periodo esatto dei tre matrimoni, può anche dirci l’età dei figli maschi delle tre donne?.
Penso di si: il quarto figlio maschio di Erode (dopo Antipatro di Doris e dopo Alessandro ed Aristobulo di Mariamne asmonea) è certamente Erode Filippo di Mariamne, nato nel 24, mentre ritengo che Erode Archelao sia nato nel 23 e suo fratello Erode Antipa nel 20 dalla moglie samaritana, e Giulio Erode Filippo nasce nel 22 dalla gerosolomitana.
Dunque, professore, Erode è ora accettato da tutti o quasi- anche dagli asmonei e dai farisei, come un benefattore. specie dall’élite sacerdotale, dall’esercito, dai qainiti ed operai, dal piccolo e medio sacerdozio, dagli agricoltori, dai commercianti ed è favorito dal sacerdozio alessandrino, oniade, e da tutti i fedeli ellenisti della diaspora giudaica: tutti vedono in Erode il rappresentante del giudaismo e grazie a lui rilevano il nuovo valore dell’ethnos ebraico tra gli altri popoli. Erode nel 20 è alla apice della fortuna, dopo la mediazione per l’accordo tra l’imperatore e il re dei re?!
Certo.
Erode si mantiene sulla cresta dell’onda per oltre un settennio, celebrato in patria (e dagli ellenisti e dagli aramaici ed anche dai non ebrei residenti) e all’estero da un entusiastico amore dei giudei ellenisti e dei gentili, in quanto è rinnovatore dei giochi olimpici panellenici, essendone presidente, per un quinquennio ed apparendo a tutti universalmente come filantropico euergeths.
Leggi Marco come lo scrittore greco -ellenista traduttore del sacerdote aramaico Mattatia ben Iosip ( cioè Giuseppe Flavio) di Guerra Giudaica I. 21,11(422-425 ) esulta per il suo re nella sua fierezza giudaica: dopo aver compiuto questi lavori ad Herodion, fece sfoggio della sua magnificenza anche in moltissime città fuori del regno: Infatti costruì ginnasi a Tripoli, Damasco e Tolemaide; le mura a Biblo, esedre, portici templi e piazze a Berito e a Tiro, teatri a Damasco e Sidone, un acquedotto a Laodicea a Mare, ad Ascalona terme e magnifiche fontane ed inoltre colonnati di mirabile fattura e grandezza, e ad altre fece dono di boschi e giardini.
Erode appare veramente un raffinato ellenista – come Antonio- preoccupato della formazione di giovani, a cui provvede con la costruzione di ginnasi e col potenziamento degli uffici di gimnasiarca annuo, a cui viene data una rendita perpetua, oltre ad autorizzazione per ampliamenti territoriali – cosa fatta a Cos- Cfr. Gimnasiarca, Gumnasion, Ellenizein in wwwangelofilipponi.com !
La munificenza di Erode si era espansa a tutti quelli che facevano richiesta nel periodo della carestia, dando loro grano!
A Rodi dà denaro in prestito per ricostruire la flotta, mentre, a spese proprie, ricostruisce il tempio di Apollo Pizio, distrutto dal fuoco. I Lici, i Sami e gli Ioni, bisognosi, hanno da lui doni/dooreai, come Atene, Sparta, Nicopoli e Pergamo di Misia! Perfino la capitale della Siria, Antiochia, ha da lui grandi benefici: la sua piazza del perimetro di 20 stadi -3552 mt (un rettangolo di 70mt x 50 circa ) – che era fangosa/ borboroodhs – è lastricata di marmo levigato ed adornata con un portico.
Ci lavorano i qainiti che conosciamo come abili a lastricare di marmo le plateiai di Tiberiade e di Giuliade in epoca di Cristo?
Possibile. Forse ad opera di qainiti giudaici antiocheni!
Marco, in Licia, tanti anni fa (35), andando verso Antalya, con la macchina, poco prima di Kemer, mi fermai con la mia famiglia a Faselide e lessi frettolosamente le iscrizioni, che erano su steli in alto, rispetto alla città, allora totalmente sommersa dalle acque dopo due terribili terremoti in epoca Giustinianea, che parlavano di tanti benefattori del VI e V secolo a. C. , della colonizzazione greca ed anche di quella romana, ma non trovai nessun riferimento ad un intervento di Ioulios Heroodhs.
Perché professore anche a Faselide, Erode lascia testimonianza della sua Euerghsia ? Certo Marco. Erode rimette le ethsiai eisphorai/contribuzioni annuali – Ibidem 428- alla popolazione. Io nel 1985 con Mirko, bambino 7/8 anni, nuotavano, soli, – seguiti dalle grida preoccupate di Lya e di Pina, sdraiate su una piccola radura- sopra la città e andavano sotto acqua in cerca di piccoli reperti!
Professore ha forse qualche foto? penso di si: mia moglie conserva tutto!
Erode, Marco, all’epoca è irrefrenabile nel rimettere i debiti cfr. Padre nostro -kai aphes hmin ta opheilhmata hmoon-!
ll Re si contiene, costretto a limitarsi per non destare invidia negli amministratori locali, specie lici, considerati infidi lhistai!. Comunque, la sua generosità è massima in Elide in quanto fa un dono non solo a tutta la Grecia ma al mondo panellenico. Leggiamo Flavio I, 426: Erode vedendo che i giochi olimpici erano in declino per la mancanza di denaro e che veniva meno questo ultimo glorioso avanzo dell’antica Grecia, non solo tenne la Presidenza per il quinquennio, in cui si trovò a passare mentre navigava alla volta di Roma, ma fornì anche i mezzi per organizzarli in futuro sì che non si spegnesse mai il ricordo della sua presidenza.
Si conosce l’anno? Si . Sembra che sia il viaggio per Roma dell’anno 12 a.C.
Dunque, professore, Erode è uomo dinamico e estroso, così ambizioso da voler lasciare una grande orma di sé, specie in Gerusalemme?
Certo Marco. Anche se i Giudei si lamentano e sono piccini e rozzi, il re vuole l’ammirazione e la gratitudine del suo popolo!.
Erode, infatti, si accinge alla sistemazione di tutta l’area templare e al restauro del Tempio, insomma, a fare un monumento degno del popolo e a rendere la Capitale un gioiello, in quanto pupilla e cuore di tutto il giudaismo, aramaico ed ellenistico, segno della munificenza del suo re, capace di competere con gli amici romani.
Gerusalemme è un grande cantiere! La fabbrica del Tempio richiede forse il maggior numero di teknitai/fabri, di artisti della pietra e del legno, di specialisti muratori, data la grandezza del disegno di Erode che per volere di Dio aveva condotto la nazione giudaica ad uno stato di prosperità mai raggiunto finora! La fabbrica con la sistemazione dell’area templare e con la costruzione della fortezza Antonia e con la conduttura delle acque, iniziata nel diciottesimo anno di regno, 21-20 è ritenuta l’impresa più pia e bella del nostro tempo da Flavio- Ant Giud.XV,383 che commenta: -i giudei in maggioranza, non erano disturbati per la inverosimiglianza delle promesse, ma sgomenti al pensiero che lui buttasse giù l’intero edificio e poi non avesse i mezzi sufficienti per realizzare il suo progetto; il pericolo pareva loro veramente grande e l’ampiezza dell’impresa difficile a realizzarsi. – Ibidem 389-.
Insomma professore, gli ebrei come Gesù nella Parabola della torre, non possono credere possibile che un uomo realizzi quanto detto in quanto l’impresa è superiore alle forze umane, essendo necessaria la disponibilità di mezzi, di uomini e di denaro per la costruzione del tempio, lasciata incompleta da Zorobabel e dai loro antenati che soggetti, prima ai persiani,(Ciro e a Dario) e poi ai Macedoni (Lagidi e seleucidi), non ebbero la possibilità di restaurare facendo l’aggiunta di sessanta cubiti -2.67 mt circa- a questo pio primo archetipo, alle sue primitive misure, date da Salomone.
Le assicurazioni di Erode sono ampie, precise, suffragate da prove in quanto Erode è uomo che realizza quanto dice conformemente al suo pensiero ed in questo è anhr theios.
Infatti il re afferma che lui non avrebbe tirato giù il tempio prima di aver pronto tutto il materiale necessario per il compimento dell’impresa. Perciò, mostra di aver mille carri per portare le pietre/khilias eutrepisa amaxas, ai bastanousin tous lithous, di aver scelto 10.000 tra i più valenti operai/ ergatas murious tous empeiroutatous, di aver acquistato abiti sacerdotali per rifornire i sacerdoti, avendone addestrati alcuni a fare i muratori /oikodomoi, altri a fare i carpentieri/tektones.
E solo dopo aver preparato tutto, il re si dice disposto ad iniziare la costruzione.- Ant giud XV,390-
Noi affronteremo non ora questo problema, che sottende un piano già fatto con un’ équipe di specialisti (architetti e capimastri che leggono il disegno, progettato, dell’impresa e che lo realizzano conformemente con apposite squadre di operai che vivono accampati con le famiglie nel grande cantiere, essendo giudei di stirpe da secoli, abilitati nelle costruzioni) Sappi, per ora, Marco, che Erode è non è solo un prudens dux, che di rado subisce sconfitte /ptaismata e mai per colpa sua, ma anche un saggio amministratore/dioikhths.
In questo periodo è veramente un’offesa bollarlo come uomo di menzogna!
E’ abile a guidare il suo popolo tanto difficile, date le due diverse anime, e a frenare la massa di artigiani ed agricoltori ignorante e rozza, ad accontentare in diverso modo i sacerdoti sadducei da una parte filoromani e il sacerdozio basso e levita da un’altra, filoaramaico, come i farisei! Erode costruttore è certamente la massima espressione di un moderato filoellenismo, capace di conciliare per il bene comune la sua megalomania dispotica con l’accortezza di una solidarietà militare, applicata al lavoro operaio, senza perdita di egemonia, dati i tanti passaggi di comando nelle gerarchie di cantiere.
Professore, lo dice lei che di queste cose se ne intende. Lei che conosce l’attività di cantieri, come me e forse più di me, ingegnere, avendo fatto esperienza negli anni sessanta ed è stato muratore – sebbene dica di essere solo una mezza cucchiara– tanto da mettere in opera – e che opera!- 120.000 mattoni! – ci può dire qualcos’ altro circa l’accampamento di banausoi, di teknitai e tektones stanziati a Cesarea e in vari punti di Gerusalemme?
Per parlarti diffusamente di questo, mi occorre scrivere un altro libro in cui ti parlerò di Erode e la fabbrica del Tempio, ma ora devo mostrarti la non facile difesa di Erode nei confronti degli accusatori di essere empio e di aver contaminato gli antichi costumi, nonostante la sua imitazione dei predecessori asmonei e il suo impegno nella pietas, specie dopo il matrimonio con Cleopatra.
Flavio in Ant Giud.XV, 267 scrive: E perciò si allontanava sempre di più dai costumi paterni e corrompeva il sistema antico con le novità straniere, il quale per nessuna ragione doveva essere macchiato e per questo ci capitarono in seguito parecchi mali poiché erano sorte nuove corruzioni estranee alla cultura e alla pietà dei nostri antenati.
Flavio confonde i tempi e rileva genericamente i dati fondendoli insieme e dà, perciò, un giudizio generale in relazione alla visione personale sacerdotale di tutta la domus erodia e del suo significato nella storia/ toledoth giudaica.
Eppure, Erode, nonostante la sua azione filoromana e panellenica, cerca di mantenersi puro, seguendo la musar aramaica, conforme alla tradizione asmonea, oltre tutto allineata secondo le norme tipiche dei gentili – seleucidi e arsacidi, oltre che quelli lagidi e romani– che hanno lasciato segni in Olimpia con la statua di Fidia di Zeus crisoelefantina, ad Efeso con la costruzione dell‘ Artemision, ad Epidauro con l’Asclepeion e con le tante costruzioni di teatri, ninfei, esedre, ippodromi, in ogni città ellenistica.
Anche in Giudea, ci sono costruzioni oltre al Tempio di Salomone e a quello post-babilonese, fatte da muratori ed artigiani, perfino sacerdoti, che operano nell’interno del tempio nel Debir/ Sancta sanctorum. Nel I secolo a.C. , già in epoca asmonea, risultano costruite fortezze come Hircaneion ed Alexandreion, Macheronte, e palazzi come quello asmoneo in Gerusalemme e quello a Gerico dimostrando di essere professionisti in muratura, che operano indistintamente in pietra o in laterizio, oltre che in materiale ligneo ed anche prezioso, che offrono i loro servizi specie a giudei alessandrini e al re dei re di Parthia. I primi se ne servono perché potenti appaltatori di tasse, gestori di trapezai, e nauklheroi filantropici, di fede giudaica seppure scismatici, in quanto oniadi, il secondo perché ascolta benevolmente la ricca e potente comunità ebraico-mesopotamica.
Anche in Occidente c’è una tradizione muraria di mastri che sopravvivono nel Medioevo, in cantieri navali e in città come fabbrica di cattedrali o in corti e castelli, vivendo in logge situate accanto al loro posto di lavoro, da cui derivano poi le logge massoniche.
In epoca romano-ellenistica i cantieri si allestiscono in modo razionale e sono regolati da norme precise ed hanno anche una presidio militare con sorveglianza medica; sono ubicati vicino a fonti o sorgenti e a seconda della tipologia di lavoro hanno nelle vicinanze o cave o fornaci o officine; se si lavora su pietre- di solito marmo o travertino – in zona ci sono latomie cave di pietra in modo da fare estrazioni di blocchi, ad opera di addetti, che, in officine/ lithotomeia, operano come segatori /lithopristeis, spaccatori/lithodomoi o tagliatori/ lithotomoi, latotomoi come scalpellini smileis/lapicidae in lithourgeia/officine; se invece si tratta di cantieri edili occorrono fornaci e terra per la fabbrica di mattoni e tegole di varie dimensioni e spessore /plinthopoiia.
Intorno agli accampamenti-cantieri lithotomeia/plintonpoiia ci sono le tende delle famiglie che seguono e vivono nelle vicinanze, con macellai e con celebranti e con sacerdoti che dànno le pause di lavoro con le rituali preghiere e con le colazioni secondo casherut e celebrano lo shabat, imponendo le regole del riposo festivo, dal tramonto del giorno precedente.
Professore come, allora, c’è l’accusa ad Erode di aver fatto le costruzioni solo per controllare ed opprimere il popolo?
Flavio ne parla, ma fa riferimento al periodo successivo, quello delle tragedie familiari, del bestiale governo del re, vecchio e malato, e ancora di più quello del regno dei suoi figli e poi della dominazione romana, quando il popolo è decisamente antierodiano, filoasmoneo e filo-parthico, nel periodo della cosiddetta predicazione del nostro Gesù, quando si sfruttano le fortificazioni erodiane per la repressione delle staseis: allora sono dimenticati perfino i doganieri e i funzionari erodiani e le riduzioni fiscali del 20 av. C e del 14 av, C., essendo ormai nota la rapacità delle greges di pubblicani romani, affiancati da milites delle fortezze erodiane.
Questa lamentela popolare non è neppure del periodo 10/9 all’epoca dell’inaugurazione di Cesarea nella centonovantaduesima olimpiade, quando Erode, seguendo l’esempio di Augusto celebra le feste quinquennali con competizioni di musica e di giochi con atleti e gladiatori- Ant Giud. XVI,136.140-: all’epoca Ottaviano, come prima Agrippa, ritiene che il re giudaico, in considerazione della sua magnanimità, meriterebbe di essere basileus di Siria e di Egitto (non molto dopo lo elegge re di Arabia, momentaneamente, subito assegnata poi ad Areta, più affidabile per età!).
Professore mi può parlare della costruzione di qualche fortezza o città come paradigma per capire il sistema di lavoro dell’epoca erodiana?
Marco, della costruzione di Masada, come fortezza e del palazzo erodiano mi sembra di avertene parlato in altre occasioni sulla scia di Flavio- Guer giud VII, 8,3- dove ti marcavo le tre terrazze dell’edificio regio, degradanti su una piattaforma rocciosa sul lato occidentale. spettacolari per la bellezza del panorama sul lago Asfaltite, e ti ho parlato a lungo nel Romanzo L’eterno e il Regno di Cesarea Marittima: ora potrebbe esserti utile sentire come Erode ricostruisce dopo il terremoto del 31 a.C. e come faccia interventi di fortificazioni per la popolazione giudaica, poi sfruttate dai romani per la protezione del territorio giudaico e dell’area templare con la fortezza Antonia.
Sentimi bene e comprendi che Erode è uomo che governa, volendo il bene del suo popolo, avendo il controllo totale militare di Gerusalemme vecchia e nuova, compresi 22.000 sacerdoti e il tempio stesso, punto d’incontro di aramaici giudaici e di aramaici transeufrasici e di giudei alessandrini e di giudei cirenaici e giudei ellenistici del bacino del Mediterraneo: il re fa pagare i pedaggi e l’uso delle strade, dei porti, dei ponti, le decime del pescato sul lago Hule , sul bacino del lago di Tiberiade e del mar Morto, avendo fatto spese per la costruzione di Cesarea Marittima, dotata di un porto, avendo costruito Samaria/Sebaste ed invitato ad abitarla una popolazione mista di pagani e di ebrei ellenistici di circa una 16.000 entità, garantita nei riti formali religiosi; ha restaurato le abitazioni della vecchia Gerusalemme ed ha costruito una nuova città, bassa, avendolo fortificata con fortezze e torri ed abbellita con i due palazzi regi e con un teatro ed anfiteatro, dando un volto nuovo, specie dopo la ricostruzione del tempio e la risistemazione di tutta l’area templare, pur conservando la sacralità e santità del luogo, dove alita la presenza divina, preservata da ogni occhi stranieri.
Fa un capolavoro in Gerusalemme, elogiato perfino dall’amico Marco Agrippa invitato per l’inaugurazione, che gà si era dedicato alla costruzione del Pantheon e alla sistemazione di Roma augustea! Non ha però imposto tasse e dazi ulteriori né agli artigiani né agli agricoltori oppressi dalla carestia e da malattie epidemiche per quasi due anni, ma li ha in un certo senso conservati a sue spese e sfamati mediante un servizio affidato a staffette militari, provenienti dai fortilizi regionali da lui stesso costruiti e per impedire gli accaparramenti alimentari e per curare con interventi sanitari, grazie ai medici militari, i malati, come già aveva fatto per la rimozione delle macerie dopo il terremoto.
Erode, avuto da Ottaviano Torre di Stratone, un ancoraggio da secoli utilizzato dai mercanti sidonii, tra la Fenicia e l’Egitto, in una zona tra Ioppe e Dora, secondo Flavio, vi costruisce un imponente porto con un sistema ingegnoso fognario, dopo aver fondata la città nuova ed abbellita di un sistema strade (Cardo maximus), di acquedotto, di un palazzo regale poi sede di governatori romani, di un teatro e di anfiteatro e di un monumentale Tempio di Augusto (cfr.Guerra giud. I,408-415 ed Ant. Giud.XV, 331.341).
Noi qui vogliamo mostrare il valore degli architetti ebraici che fanno una costruzione, nuova come il porto e tengono presente come modello, il Pireo, e quindi che sono uomini che hanno lavorato anche all’estero e non solo in Iudaea, e che hanno visto certamente i porti di Alessandria e di Efeso.
Perciò posso dirti in generale che nelle costruzioni Erode si serve probabilmente di giudei aramaici e di giudei ellenisti, presumibilmente alessandrini, specie a Cesare Marittima dove c’è un popolazione mista anche di gentili, abituati alle immagini statuarie, mentre per le torri gerosolomitane di Ippico, Fasael e Mariamne, sembra che lavorino solo giudei aramaici.
Nel mio parlare, Marco, ho presente le opere J Murphy ed O’comnor, La città santa, Centro editoriale Dehoniano 1980 e di A. Shalit op.cit. e E. Shuerer, Geschichte der Juedischen Volkes im ZeitalterJesu Christi Lipsia 1898-1901 S. Brandon, Gesù e gli zeloti, Rizzoli. Milano 1983.
Dunque per quanto riguarda il porto di Cesarea si sa che da terra, nulla si vede del grande limhn/porto che costituiva la ragione stessa della costruzione di Cesarea.
L’esplorazione subacquea ne ha ricostruito le dimensioni (cfr. Ricostruzione del porto di Cesarea).
Ti faccio notare come Flavio marchi che è mirabile il fatto che non prese sul luogo tutto il materiale adatto per un’opera così grande, ma lo integrò con materiale portato da fuori con grande spesa (Ant giud., XV, 332).
Flavio precisa: Il porto è costruito in una zona dove imperversa il libeccio, un vento che quando soffia anche moderatamente, sospinge sulle scogliere onde così gigantesche che il loro flusso fa ribollire il mare per ampio tratto – Guer. giud. ,I, ibidem-.
Qui il re, piegando la natura al suo volere con opere costose, costruì un porto più grande del Pireo e, nei suoi recessi, apprestò altri profondi ormeggi -ibidem I, 410-.
Erode, sfidando la natura, vuole costruire qualcosa di veramente bello e tale da vincere la violenza del mare e fa un tempio di straordinaria bellezza su una collina, con all’interno una colossale statua di Augusto non inferiore a quella di Zeus in Olimpia e una della dea Roma, eguale a quella di Era di Argo. –ibidem-.
Flavio chiude il discorso: il re diede la città alla regione, il porto ai naviganti e a Cesare l’onore della fondazione (Ant. giud.,ibidem 339).
Lo scrittore precisa: Stabilite le dimensioni del porto fece gettare in mare fino alla profondità di venti braccia orguai / una serie di blocchi, che erano all’incirca lunghi 50 piedi, alti 9 e larghi 10 ed alcuni anche maggiori. Quando fu colmata la parte subacquea, il molo, che così emergeva dal mare, venne portato alla larghezza di duecento piedi, di cui cento furono predisposti per infrangere i flutti e quindi si chiamavano frangiflutti, mentre i restanti costituivano la base di un grosso muro di recinzione. Questo muro era inframezzato da grandissime torri, tra cui quella più alta e maestosa è detta di Druso, figliastro di Augusto. Vi erano numerose banchine per l’approdo di coloro, che arrivavano, e un bastione, prospiciente tutto, in giro, costituiva un’ampia strada per chi sbarcava. L’apertura del porto era a settentrione perché in quel punto il vento più propizio soffia appunto da nord e, all’imboccatura, si alzavano tre statue colossali, su ciascuno dei due lati, poggiate su colonne, delle quali quelle a sinistra di chi entrava nel porto erano sostenute da una torre massiccia, mentre quella a destra da due grossi massi, ritti ed uniti insieme, più alti della torre che stava dirimpetto. (Guer. Giud.I,411-413).
Marco, i blocchi sono così grandi che sembrano impossibili da gettarli in mare alla profondità di metri 35,52: sono parallelepipedi rettangolari alti metri 2,682, lunghi 14,9, larghi 2.98, poiché il piede è di cm 29,8!.
Professore, ma è impossibile, specie la dimensione della lunghezza?
Vero. Anche per Marphy-O’Connor,op.cit.
Infatti l’autore corregge dicendo che in verità i grandi blocchi sono forme lignee, riempite di pietrisco, tenute insieme da malta, fatta di calce mescolata a pozzolana, una cenere vulcanica che si trova nell’Italia centrale.
Dalla pianta del porto rilevo che esso rimane per secoli sotto acqua?
Sembra, Marco, che già in epoca flavia il porto non era accessibile e non ci si poteva accedere e che anche in epoca antonina era ancor sotto acqua e solo ne 502 d.C ebbe un restauro da parte di Anastasio (491-518). E’ probabile che il porto, a causa di terremoti, sprofonda in epoca di Cristo di circa 6 metri.
Grazie della spiegazione, ma ora chiedo perché il porto, circolare, a settentrione, all’apertura, è largo 150 metri circa mentre nell’incavo della banchina, interno, meno di 120 metri? E’ un’anomalia o un sistema tipico dell’epoca? noi oggi facciamo porti più stretti all’imboccatura e più larghi ed ampi nell’interno?
Premetto che non ho competenze tecniche per risponderti, forse, Erode fa seguire l’andamento della costa e blocca la costruzione dei due moli che, pur richiedevano un ulteriore prolungamento, a causa delle spese già sostenute, specie dopo la statua di Druso, eretta dopo il 9 a.C.?!
Professore, un ‘ultima domanda, sulle costruzioni: Si parla sempre della grandezza dei blocchi erodiani anche nelle costruzioni delle torri gerosolomitane. Mi può precisare?
Si.Marco. Mi piace farti notare il sistema avanzato dei parallelepipedi rettangolari di Erode e della loro positura tecnica, come base di costruzione e come collegamento tra due blocchi, specie nelle torri gerosolomitane dette di Ippico, un amico, di Fasael, suo fratello, e di Mariamne, sua moglie asmonea. Sembra che la base, fatta di blocchi, sia cementata sotto ed, a fianco, tra i blocchi, accostati tra loro, mentre la positura di quelli superiori indica una tecnica raffinata forse già della tradizione ebraica asmonea.
Quale?
Ti preciso che la torre di Ippico è alta 15 metri ed è quadrata in quanto il lato è di 12 metri, mentre quella di Fasael è alta 45 metri simile al Faro di Alessandria, ed è rettangolare, con dimensioni di base più grandi di quella quadrata, mentre quella dedicata alla moglie è più graziosa in quanto ha all’interno locali più sontuosi e più decorati ed è sempre rettangolare in quanto torre intermedia, come altezza, tra le altre due. Si conosce bene la grandezza dei blocchi di pietra – che, secondo Flavio sono quelle stesse di Ippico, lunghi 9 piedi, larghi 4, alti 2 rispettivamente cioè metri 2,682, 1,196, 0, 598- oltre alla tecnica di positura. Secondo gli archeologi israeliani, però, le dimensioni di tali blocchi sono inferiori -compresi quelli di Herodion, -una fortezza costruita su una collina a forma a di seno, con torri arrotondate, dotate di una ripida scala di 200 scalini , scavati nella pietra aventi, all’interno, appartamenti regali Ant. giud XV, 325- in quanto risultano in lunghezza metri 2.50, in larghezza e in altezza solo metri 1,25, ma, sono sovrapposti e congiunti perfettamente. Sembra che abbiano una superficie bugnata con un bordo ristretto di qualche centimetro, scalpellinato al fine di porre una staffa di ferro di congiunzione tra blocchi con uno, più largo nella pietra sottostante, che fa da piano di appoggio.
Sembra, Marco, che ci siano incorporati alla staffa chiodi piombati che si fissano nell’interstizio per fare meglio aderire la staffa, martellata tra i due blocchi. La tecnica è già conosciuta in costruzioni ellenistiche, specie alessandrine dell’epoca, ma gli operai di Erode sembrano aver un proprio sistema in quanto vi aggiungono tra blocco e blocco oltre alla staffa una malta di calce e di pozzolana.
Professore come, allora, i giudei possono accusare Erode?
I giudei accusano Erode di uperhphania/arroganza, avendo antipatia/dusnoia contro il re idumeo-nabateo anche se, oltre alle torri gerosolomitane, ha costruito fuori, a Gerico, a Sepphoris galilaica, a Bethramba peraica, ad Ascalona, ad Herodion, dove ha fatto ad imitazione del mausoleo di Augusto, una reggia-sepolcro, dopo la restaurazione delle fortezze asmonee, passate sotto il suo diretto controllo, dopo la morte di Alessandra.
I giudei, a volte, sono prevenuti contro il suo governo, che in sostanza è quello di un re equilibrato e moderato, giustamente notato da Augusto stesso che, dando in dono intere regioni ad Erode implicitamente riconosce la sua positiva amministrazione, in quanto il re, nelle zone di confine, ha stanziato ex militari come guardiani contro i lhsteria di popolazioni tese solo al latrocinio, come quelle di Traconitide e di Batanea, neanche frenate dai governatori romani.
Insomma Augusto conoscendo il sistema agricolo erodiano e vedendolo funzionale, rileva anche l’attività artigianale e il suo proficuo commercio, e, perciò, dà sempre maggiore importanza ad Erode che ha la carica di epitropos olhs Surias, avendogli concesso altre terre, a cominciare da torre di Stratone e zone limitrofe ed avendogli affidato parti della Cisgiordania e le terre della vallata del Giordano e di Gerico- un tempo avute in affitto da Cleopatra- oltre allo sfruttamento del metallo di Cipro, al controllo della Cilicia ed, infine, delle zone ituraiche nefaste per le ville romane dell’Auranitide e dei cives di Damasco.
Erode, quindi, dando lavoro, da una parte, concede in affitto anche territori per l’ estrazione dell’argilla da depurare, utilizzata mescolata con sabbia, prima di metterla in forme di legno su stampi a seconda della grandezza dei mattoni da essiccare e poi da cuocere in fornaci e, da un’altra, assicura loro protezione anche militare alle fabricae in corso, in quanto la comunità di lavoro è sempre numerosa, anche se divisa a seconda delle specializzazioni e delle professioni.
E’ possibile stabilire il numero esatto di lavoratori in ogni cantiere?
No. Marco. Si può dire con approssimazione, ma non si sbaglia di molto se si pensa ad un numero non inferiore a 10.000 per Cesarea, come per il Tempio, dove è variabile il numero degli addetti a seconda delle ubicazioni delle fabbriche ed in relazione ai tempi di lavoro. Abbiamo invece certo il dato degli operai alla fabbrica del Tempio- che nel 66 d C, hanno finito i lavori dopo 86 anni: sono 18.000 (Ant.giud. XX,219) e stanno accampati tra la valle del Cedron e il Getsemani, fuori città e chiedono un altro lavoro al Re Agrippa II, se non vuole sommosse in città.
Tutti questi sono chiamati tectones/ ergetai operai digrossatori di materiali, genericamente, ma si diversificano tra loro in professionisti a seconda della materia, muratori e carpentieri e in operai generici banausoi, a seconda delle opere e del materiale usato- come già abbiamo detto -artigiani semplici, dhmiourgoi, kheirotechnai, ed artigiani specifici oikodomoi, litotomoi, lithourgoi, lithologoi specialisti in mosaico, cottimisti pshphothetai, o abili con lo scalpello smilh, o specializzati in conduzione di acque o in ingegneria idraulica per gli acquedotti udrogoogia o come costruttori di templi o di strade odopoiioi, e perfino di intere città.
Si parla, talora, perfino di livello direttivo e non di manovalanza: sono tutti questi artisti di alto prestigio globalmente technitai,ma sono architektones, mhchanopoioi, oi peri tas mhchanas, quelli che nell’esercito romano sono i fabrum magistri, gli addetti al genio, a cui presiede un praefectus, utili specie in guerra, in assedi polierkiai con le mhkanai, come arieti e catapulte o con la machinae tractoriae ed alte gru a leva per sollevare e deporre blocchi. Sono questi che risultano technitai poietoi, che fanno specifici progetti ed eseguono piani secondo la volontà dei committenti, nel nostro caso di Erode per Samaria o Cesarea o Gerusalemme, o dei figli (Archelao per Archelaide, Erode Antipa per Tiberiade e Filippo per Giuliade).
Professore, lei vuole dire in sostanza, che Erode, volendo avviare l’integrazione del popolo, in prevalenza aramaico di cultura, ancora barbarico, collegato con le genti mesopotamiche della stessa razza e lingua, ferocemente antiromano, e cambiare la loro musar con la paideia ellenistica, non può interrompere la sua opera innovativa e non seguire i lavori stessi dell’imperatore a Roma, dove si rileva una sostanziale riforma politica sociale economica e finanziaria insieme ad una ristrutturazione urbana.
Mi sembra che sia così, Marco. Erode è un o politikos/ vir civilis un vero politico e non è un credente giudeo né uno zelante di fede, ma si mostra fedele per conformarsi ad un popolo ignorante, che segue le prescrizioni mosaiche, ed anche se scettico, ostenta pietas specie nelle manifestazioni pubbliche secondo il modello rituale della dinastia asmonea e nei giorni di festa dello shabat e della Pesah e di quelli delle Sukkot.
Siccome non può rinnegare la nascita ascalonita e la vita passata in Idumea e in Nabatea, ha normalmente un comportamento non certamente da fariseo, specie da privato, e quindi è facilmente accusato di peccato/amarthma, in quanto commette impurità, ma, comunque, non mangia carne di maiale, non entra nelle parti del Tempio, precluse a non sacerdoti, ed ha capito, dopo vari errori, che a Gerusalemme non può fare costruzioni con immagini tanto da fare penitenza e atti di umiltà per convincere l’élite sacerdotale farisaica che i trophaia sono materiale ligneo e da non far circolare nell ‘area gerosolomitana moneta romana- poi entrata all’epoca di Gesù anche in città- e nemmeno quella coniata da lui, senza la sua immagine, perché avrebbe richiamato quella dell’imperatore.
Ogni azione di Erode, quindi, è seguita dallo sguardo indagatore degli esseni e dei farisei puritani, pronti a scomunicarlo con una condanna religiosa, che significa una rivolta/stasis?
E’ così! Marco. Erode, nonostante gli sforzi, talora, lodati e riconosciuti, non conquista mai totalmente il suo popolo che ha un altro credo, un altro theos, neanche con la mediazione alessandrina e con la sua sagacia politica da costruttore e da diallakths e perfino anche da ethnopatoor/ padre della stirpe e protettore advocatus /ethnophulacs! Infatti le feste quinquennali, fatte nel teatro gerosolomitano, gli avevano determinato con l’equivoco delle immagini una congiura, per cui Erode diffidente, ora si circonda di guardie del corpo, specie dopo la morte di Marco Agrippa, irrigidendo il suo regime.
Ad Erode capita di dovere imporre il diritto romano all’interno del suo regno e, nonostante la sua difesa umilistica– tanto difficile per lui, superbo!- da normale suddito, di fronte all’auctoritas romana, fatta umilmente davanti ai suoi notabili farisei, a cui mostra i suoi doveri di civis, che dipende per la politica estera ed anche per quella interna, essendo vincolato dalla lex suprema e dall’imperium di Roma, in quanto suo rappresentante.
Perciò, egli ci tiene a mantenere, nel suo stato, l’ordine, e promulga una legge contro i ladri, conformemente al diritto romano, ma trova subito la reazione indignata dei farisei.
E perché? .
Marco, Erode va contro la tradizione mosaica, applicando la iustitia romana!.
Allora non è solo una questione culturale normale, ma è anche un problema di diritto oltre che di costume?
Certo.
Il suo proclama, fatto probabilmente nel periodo invernale del 18/7 a.C per reprimere i latrocini con scasso in città, in campagna, e specie in Traconitide, è questo: Chi rompe le mura di una casa, sia venduto come schiavo e allontanato dal regno- Ant giud. XVI,1,1-.
I farisei spiegano che l’essere venduto come schiavo ed allontanato dal regno, pesante per trasgressori, colpevoli, viola, però, i costumi della patria.
Marco, la legge mosaica dice che un uomo non può essere venduto come schiavo ad estranei, stranieri, che hanno diversi costumi di vita, in quanto il giudeo, in cattività, non può compiere neppure sotto costrizione, le cose comandate da altri.
Erode, perciò, ha fatto un’offesa alla religione, punendo i colpevoli, che sono tutelati nella loro vita di giudei, praticanti la preghiera giornaliera, le rituali purificazioni, la kasherut, la circoncisione, il riposo festivo e le feste comandate per fare i sacrifici rituali templari.
La torah ammette in caso di vendita- mai fuori del regno e neppure in schiavitù perpetua!- come schiavo, che l’ebreo rimanga tale per sei anni, ma ha diritto al settimo anno ad un gratuito affrancamento.
Di conseguenza i farisei giudicano secondo Flavio che la legge allora emanata è troppo severa, ingiusta ed eccessiva-ibidem- e arrivano a condannare Erode come despoths tirannico, un uomo arrogante che governa non da re/basilikoos ma da tiranno/turannikoos, che non tiene conto degli interessi dei suoi sudditi.
Erode è un politico, funzionario dell’impero romano, che, obbedendo alla lex romana, si aliena il suo popolo -che non ammira certamente che i suoi figli, di stirpe asmonea, stiano a Roma, per gli studi enciclici!- e che sostiene che il proprio re debba far pagare al ladro il quadruplo di ammenda e, una volta accertato che non può pagare in denaro il danno fatto, il trasgressore possa essere venduto solo ad un altro giudeo, che conosce la tradizione patria -Ibidem 3-.
In questa situazione di contestazione Erode decide di far un viaggio a Roma per riprendere i propri figli studenti a Roma, dopo cinque anni dalla loro partenza e sistemazione in casa di amici romani, gentili/goyim.
A detta di Flavio, ad ogni assenza di Erode da casa, al ritorno, il re trova problemi più in famiglia che in patria.
Professore, seguendo i suoi lavori, rilevo che le assenze dalla patria risultano fatali non solo ad Erode ma anche ai figli, specie ad Antipatro e ad Archelao.
Marco, questo viaggio a Roma gli nuoce poco, mentre gli risulta funesto quello, molto più lungo, al seguito di Marco Agrippa.
Erode sia nella prima che nella seconda partenza lascia le redini del regno ai parenti stretti, a Salome e a Ferora, come dioiketai abili a guidare il lavoro degli uparchoi nei vari distretti, dei burocrati e degli scribi di villaggio, che tengono i registri e fanno computi per i tributi avendo registri, poi riscossi da ufficiali regi, sebasteni, probabilmente.
Nella prima i due mantengono il regno secondo le direttive del fratello e lo gestiscono, senza aver problemi né con i familiari delle altri mogli viventi nella reggia né con il popolo e coi farisei. Erode compie il suo viaggio di andata e di ritorno in circa 4 mesi, compreso il periodo di residenza romana e l’accoglienza amichevole di Cesare, che sottende qualche giorno di ospitalità dell’imperatore e degli amici, e le fermate in luoghi cari al re, dove compie le opere di magnanima beneficenza.
Flavio informa-ibidem 6-: Cesare lo accolse amichevolmente e tra l’altro gli consegnò i figli, i cui studi erano finiti e gli concesse di portarseli a casa.
Erode nel 22 a.C aveva lasciato a Roma tre figli e nel 17 riporta a casa Alessandro ed Aristobulo mentre il terzo, innominato, più piccolo, era morto a Roma misteriosamente!.
Al ritorno Erode constata l’amore del popolo, filoasmoneo, verso i suoi due figli. Flavio-ibidem,7- dice: il popolo dimostrò molto interesse per i giovani che attiravano l’attenzione di tutti per la grandezza della loro fortuna e per le loro figure, non indegne di dignità regale.
Lo scrittore rileva subito l’invidia di Salome, sorella del re e di quanti con le loro diabolai calunnie erano stati causa della morte di Mariamne e mostra i loro timori: pensavano che i giovani, appena giunti al potere, avrebbero fatto pagare i crimini commessi contro la loro madre!
Flavio precisa la situazione subito sorta tra Alessandro ed Aristobulo, sdegnosi verso il popolo e verso gli amici di Ferora e di Salome e perfino verso il padre, uccisore della madre: la paura dei colpevoli fece sì che per difesa lanciassero calunnie contro i giovani, spargendo la voce che non parlavano volentieri al popolo a motivo della morte della madre, parendo a loro sacrilego coabitare con l’uccisore della donna, che aveva loro dato illustre origine.-ibidem,9-.
Secondo la consuetudine idumea– da noi mostrata già in Antipatro e le innocenti morti degli asmonei, Ferora e Salome, dopo iniziali menzogne unite ad apparente verità, plausibile, recavano danno ai giovani e distruggevano l’affetto che Erode provava per i figli -ibidem,10-. Essi risultano abili nel non parlare direttamente, ma fanno giungere notizie, tramite voci popolari, al re che gradualmente passa ad un odio crescente, anche se per allora il suo affetto è più forte dei sospetti e delle calunnie.
Salome è venefica con le sottese accuse per il tradimento di Mariamne con Giuseppe, suo marito all’epoca, di cui porta come prova il figlio morto a Roma- e di quello con Soemo-di cui crede figlia una ragazza, ancora vivente a corte -!
I giovani, di cultura ellenistica, educati da didaskaloi, hanno appreso da mathetai un altro senso di dikaiousunh /iustitia, la morale della vendetta privata: essi hanno il dovere di vendicare la madre e di uccidere il padre colpevole, con cui è sacrilegio coabitare e che la loro purificazione/Katharsis, passa per la katastrophh, tragica, punendo anche il popolo e i farisei, correi della mancata difesa dell’innocente madre. Il popolo e i farisei invece, pur mostrando interesse ed affetto per loro, vedono in Alessandro e Aristobulo gli asmonei che rivendicano l’eredità asmonea materna, inviati da Dio ad uccidere il tiranno e a ripristinare con la stasis il malkuth, secondo la volontà divina: il rab/maestro educa il talmid/discepolo a fare la volontà di Dio e insegna la legge- ora non solo nelle sinagoghe, ma anche nelle piazze!- e la virtù, invitando a dare la vita per la propria tradizione.
Dunque, professore c’è scontro tra il soggettivismo della paideia e il comunitarismo legalistico della musar aramaica? Certo Marco!. Si scontrano due culture: quella dei vincitori arroganti e quella degli sconfitti destinati a subire ulteriori dolorose sofferenze! i due giovani, insensibili ai richiami dei rabbi, neanche vogliono comunicare con le scuole rabbiniche, che cercano di far crescere il popolo con la liturgia della parola e della predicazione !- M.Hengel, Giudaismo ed ellenismo,Edizione italiana a cura di Sergio Monaco, Paideia Editrice 2001-.
Che succede, allora ?
I giovani, per un po’ di tempo, restando equivoca la situazione, nonostante i sospetti, le accuse e le calunnie cortigiane, sono onorati, comunque, dal padre.
Erode, infatti, provvede al loro matrimonio, facendo sposare Alessandro con Glafira, figlia di Archelao re di Cappadocia ed Aristobulo con Berenice, figlia di sua sorella Salome.
A questo punto, intorno alla primavera del 16 Erode dovrebbe essersi assentato una seconda volta, e lasciato il potere di nuovo per breve tempo a Ferora e a Salome per incontrare, a Mitilene, Vipsanio Agrippa, suo amico collaudato già dal 33, epoca dell’edilità del romano, già esperto di architettura, rivisto nel 23, quando c’era tensione tra l’imperatore e il marito di Claudia Marcella, figlia di Ottavia, che, raffreddato, innervosito dalle chiacchiere, si era ritirato a Lesbo, qualche mese prima della morte del cognato Claudio Marcello, con cui aveva profondi dissensi a causa della reciproca invidia, essendo ambedue competitori alla successione, data la cattiva salute di Augusto, peggiorata.
Erode aveva mantenuto stretti rapporti con Agrippa, forse per via epistolare, che, richiamato a Roma dalla Siria, lasciata ad un legatus, per sposare Giulia, vedova, veniva considerato dux prezioso da inviare in Gallia Comata contro i Germani e poi contro i Cantabrici, ribellatisi.
Ora Augusto, ristabilitosi in salute, nel 17 di nuovo con un imperium proconsulare maius, lo rimanda a Lesbo come Epitropos Surias col mandato di risistemare tutta la zona asiatica di punire i ribellei del Bosforo Cimmerico per poi da lì, compiuta la missione, penetrare militarmente verso al Pannonia, con gli eserciti, stanziati sul Danubio/Istro, per consolidare la totale conquista dell’Illiricum.
Conquistare l’Illiricum dal Bosforo Cimmerico, dall’attuale Crimea?
Si. questo è il piano di Augusto!
E’ questo un grande disegno di conquista già predisposto e parzialmente attuato da Augusto, che ha in mente la costituzione della Regio X Venetia et Histria con le province di Dalmatia e Pannonia, poi definitivamente conquistate da Tiberio in vari momenti- nuovo genero dell’imperatore subentrato e nell‘imperium e nel letto di Giulia, come marito, alla morte del suocero Agrippa- che divide l’insieme conquistato in Pannonia superior e inferior.
L’illiricum e Pannonia comprendevano molti stati attuali ?
Si. Slovenia ed Austria, Croazia, Montenegro e Serbia, Bosnia Erzegovina, Kosovo, Albania, Macedonia, repubblica Ceca e Slovacca, Ungheria e parte della Romania e della Bulgaria!.
Nota bene!. Si è ancora nella pax augusta!
Erode, dunque, desidera vedere l’amico e parte per incontrarlo – appena sa che è arrivato a Mitilene- con l’intenzione di invitarlo a Gerusalemme per mostrare a lui – ritenuto artefice della sistemazione urbanistica dell’Urbs, compresi la conduttura delle acque e il miglioramento dei servizi idrici e fognari della capitale, famoso già per la costruzione del Pantheon- il suo capolavoro del Tempio, dell’area templare e delle altre sue opere.
Quando, professore?
Penso nella primavera del 16, può aver fatto il viaggio verso la Ionia, dopo i matrimoni dei figli.
Flavio-ibidem 12- scrive: venuto a conoscenza che Marco Agrippa era giunto dall’Italia in Asia, subito si affrettò ad incontrarlo e lo invitò a venire nel suo regno a ricevere il benvenuto, che poteva aspettarsi dal suo ospite e migliore amico.
Erode, dopo molte preghiere, avuto il suo consenso, lo accoglie in Giudea, nella primavera del 15. Conosciamo la notizia da più fonti (Flavio, Filone e Svetonio e Cassio Dione) cfr. M. Reinhold, Marcus Agrippa. A Biography. Ginevra L’erma di Breitshneider 1965 e R. Syme, Aristocrazia augustea, Rizzoli 1993.
All’arrivo di Agrippa, Erode, secondo Flavio -ibidem 13- non omise niente di quanto gli poteva essere gradito, lo accolse nella città di nuova costruzione mentre gli mostrava gli edifici li trattandolo con ogni riguardo e somministrando cibi piacevoli. Questo avveniva sia in Cesarea Marittima che in Sebaste e in altre fortezze. Lo condusse anche a Gerusalemme dove fu accolto dal popolo che gli diede il benvenuto con abbigliamento festivo e con acclamazioni.
Flavio aggiunge che Agrippa sacrificò a Dio una ecatombe e fece festa col popolo, il cui numero non era inferiore a quello delle grandi città.
Sembra che Filone in Legatio ad Gaium– Lettera di Erode Agrippa a Gaio Caligola- parli di un sacrificio, fatto a Pasqua quando la popolazione di Gerusalemme si quadruplicava per la presenza di giudei aramaici transeufrasici e di ebrei ellenistici convenuti non solo per la festa ma anche per la venuta del genero di Augusto, intenzionato a fare un sacrificio!
Per Erode è un successo: un romano così importante, il rettore della pars orientale fa un sacrificio a Jhwh, riconoscendo ufficialmente il valore del culto ebraico! E’ un premio alla sua politica di mediazione e di integrazione! E’ un riconoscimento imperiale dell’opera di Erode davanti ai dunatoi orientali e della conversione all’universalismo romano del giudaismo, pur diviso nelle sue due anime: un altro segno di amicizia tra l’imperatore e il re dei re, dopo l’avvenuta distensione tra i due grandi imperi.
Il sacrificio di Agrippa a Dio, nella Pasqua del 15, risulta il trionfo personale di Erode!
Erode onora l’amico mostrandogli le sue opere e le meraviglie naturali di Gerico e della vallata del Giordano e il sale e bitume Mar Asfaltite col suo sale e bitume e con le cascate di Callirhoe.
Agrippa, comunque, pur avendo desiderio di rimanere ancora, decide, dopo qualche mese di permanenza, di ripartire per ritornare in Ionia, prima dell’approssimarsi della stagione invernale.
Flavio- ibidem 15 -scrive: era tuttavia incalzato dal tempo in quanto pensavo che l’approssimarsi dell’inverno non gli avrebbe reso sicuro il viaggio di ritorno nella Ionia, che era obbligato ad intraprendere.
Agrippa, dunque, parte, dopo aver ricevuto doni dal re e dai suoi amici e dai dinasti orientali, compreso Archelao consuocero di Erode.
Secondo Flavio.-ibidem 16-: Erode passò l’inverno a casa e giunta la primavera si affrettò ad incontrare Agrippa, sapendo che stava per guidare una spedizione nel Bosforo.
Erode lo segue?
Certo. Lo raggiunge a Sinope, dopo un lungo viaggio e si assenta per terza volta dal suo regno, fidandosi del buon governo di Ferora e Salome, senza dare peso al contrasto esistente nella sua famiglia tra il clan idumeo e quello asmoneo!.
Flavio –Ant giud., XVI, 16-65 – parla di tale impresa di Agrippa, ma fa cenni come Svetonio- Augusto-, mentre ne parla diffusamente Cassio Dione- St. Rom., LIV, 29,1.
Nel 14, il mandato primario di Agrippa è quello di mantenere l’ordine imponendo un nuovo re nel Bosforo Cimmerico.
Professore, lei ne ha parlato nel libro Antipatro padre di Erode quando tratta della ricompensa di C. Giulio Cesare a Mitridate Pergameno, figlio naturale di Mitridate il grande, che ha da lui il regno del Bosforo Cimmerico.
Si. Marco. Dicevo anche che alla sua morte, Asandro diventa re e governa fino al 16, sposando la sua sorellastra Dynamis. Alla morte del re, ci sono sedizioni antiromane fomentate da Scribonio, contro la regina: viene inviato Marco Agrippa a risolvere la situazione nel 14 a.C..
Agrippa, quindi, giunto con la flotta da Sinope, spaventa gli insorti ed incorona re Polemone I, re del Ponto, che, sposando Dynamis, amplia il suo regno con l’annessione del regno bosforitano. Il matrimonio tra i due è infelice e sorgono poi rivoluzioni che, capeggiate da Aspurgo, figlio di Asandro, sono riconosciute come legittime da Roma, che lo fa regnare dall’8 a.C. per quasi un quarantennio come re sul Bosforo Cimmerico.
Dopo aver ristabilito l’ordine nella zona compresa tra il Tyras (Dniestr) e Borystenes ( Dniepr) e le penisole di Crimea e Taman, Agrippa passa alla seconda parte del suo mandato, penetrare con l’esercito dalla foce del Dniestr e conquistare la Pannonia ,dove le tribù bosforitane si sono fuse con quelle pannoniche lungo l’Ister/ Danubio specie quelle di Emona e Sciscia.
Un legatus è incaricato della spedizione militare, che deve coordinarsi, per ordine di Augusto, con Marco Vinicio governatore dell’Illiricum, sotto la direzione suprema di Agrippa, che rimane a Sinope, città del Ponto ellenizzata e romanizzata, posta nella penisola di Boztepe, nella costa centro-meridionale del Ponto Eusino, fondata sullo stretto cordolo di congiunzione alla terraferma pontica cfr. Plinio, St. Nat., VI, 5-7,216-.
Erode partecipa alla resa dei ribelli bosforitani e alla elezione di Polemone, dopo che si è incontrato con l’amico non lontano dallo stretto della penisoletta, dove è Sinope.
Seguiamo la versione di Flavio: Navigando tra Rodi e Cos approdò nei pressi di Lesbo, dove pensava di potere trovare Agrippa- ibidem 17-.
Erode, però, non trova a Mitilene il dux, già partito, essendo uomo prudens che teme la navigazione, a lui ignota, dello Chersoneso tracio /stretti dei Dardanelli e del Bosforo e l’entrata nel Ponto Eusino.
Erode, invece, sorpreso dal vento del Nord, che impedì alle sue navi di salpare e dovette attendere parecchi giorni a Chio dove accolse parecchie persone venute a visitarlo e le conquistò con molti doni -ibidem 18-.
Flavio mostra la generosità e la magnificenza di Erode in attesa delle favorevoli condizioni climatiche: quando vide che il portico della città giaceva distrutto, essendo stato abbattuto nella guerra di Mitridate e, a differenza di altre, non era facile erigerlo a causa della sua grande dimensione e bellezza, diede una somma di denaro sufficiente non solo per quello ma, ancora di più per coprire la spesa di tutta la struttura e comandò di non trascurare quel lavoro ma di esigerlo sollecitamente così da restituire alla città la sua antica bellezza.- Ibidem19-.
Erode quando si calmò il vento, secondo Flavio –ibidem 20- navigò verso Mitilene.
Agrippa, essendo partito per Sinope, fa il il viaggio a tappe/stathma, costa costa, si affretta lentamente/ speudei bradeoos, volendo attendere l’amico.
E’ un viaggio lungo quasi un migliaio di km, con triremi da guerra e con navi onerarie?.
Si. Con triremi da guerra e con navi onerarie. E’ una flotta che si sposta dal Mare Egeo al Ponto Eusino!
E’ un lunghissimo viaggio e si va a 5/6 nodi, a seconda della costa, facendo un percorso di una decina di km, facendo alternare i rematori nel lavoro, secondo un normale ritmo. Plinio, Filostrato e Sinesio ritengono che si possa fare un tale iter di mille km, con una decina di giorni.
Si pensa che, perciò, Agrippa, faccia il tragitto dapprima fino fino ad Abydos in Misia, davanti a Sesto, che è all’ estremità dell’Hellespontus, poi, attraversi la Propontide -il Mar di Marmara-in tre giorni ed infine faccia il percorso da Bisanzio a Sinope in sei giorni, dopo aver attraversato le Simplecadi sul Bosforo.
Sono curioso, professore! vorrei sapere qualcosa in più sullo Stretto di Dardanelli, sul Mar di Marmara e sul Bosforo: so che lei ci è stato varie volte!
Ci sono stato ma le mie informazioni sono superficiali, non marinaresche. Comunque, posso dirti che l’Hellespontus/Chersoneso Tracico/Dardanelli è una lunga appendice come le tre dita della Calcidica (Sitonia, Cassandra e Monte Athos) una specie di ditone, che costeggia la Misia, alla cui estremità meridionale c’è Sesto, che ha di fronte, ad un buon chilometro, Abydos (città famose per il mito di Ero e Leandro rispettivamente sacerdotessa di Afrodite e giovane amante, morto per andare ogni notte a trovarla a nuoto! Forza dell’amore!). .L’Hellespontus è una penisola europea che è compresa oggi nella provincia di Cannakkale Bogazi (IIio- Troia dove Erode si ferma al ritorno via terra e fa doni ) che è divisa in due distretti quello di Gallipoli e quello di Accabat. Il Mar di Marmara è un bacino di circa 11. 000 km quadrati, lungo da Gallipoli ad Izmit circa 500 km ed ha molte isole tra cui quelle dei Principi e Marmara. Il Bosforo è, invece, uno stretto canale che mette in comunicazione il Mar Nero/ Ponte Eusino col mar di Marmara/Propontide, a sua volta collegato col Mar Egeo dallo stretto dei Dardanelli. Sul Bosforo ci sono le Simplecadi le isolette di Sundromades e Plagktai, all’entrata dello stretto.
Leggiamo Flavio per meglio capire il viaggio di Erode che ha fretta di raggiungere l’amico: Giunto a Bisanzio seppe che Agrippa si era già inoltrato al di là degli scogli Cianei- Simplecadi- e si affrettò al suo inseguimento a massima velocità per recuperare il tempo perduto, a causa del vento contrario.
Erode finalmente intravvede le navi dell’amico che sono vicine a Sinope!
Flavio- ibidem 21- scrive: lo raggiunse presso Sinope nel Ponto e quando, inaspettatamente, accostò la sua nave, si avvicinò e alla sua apparizione ebbe il benvenuto. Ci furono scambi di caloroso saluto, specie da parte di Agrippa, che rilevava la grandissima prova di amicizia e di affetto perché il re aveva compiuto un così lungo viaggio ed aveva tralasciato per lui qualsiasi ufficio, compresa l’amministrazione del suo stato, avendo ritenuto questo il più importante tra i suoi doveri personali.
Flavio forse riprendendo le Memorie del re, celebra l’opera svolta da Erode in quella spedizione bosforitana. E‘ probabile che altri re delle regioni vicine vadano a riverire il genero di Augusto e tra questi Archelao, re di Cappadocia, portando auxilia!
Erode conosce bene Polemone, amico come lui di Antonio divenuto in seguito nel 27 a.C. re del Ponto e socio dell’impero.
Flavio non mostra la reale funzione svolta da Erode nella spedizione né il contributo della piccola flotta giudaica nell’occasione della chiusura del golfo bosforitano ad opera di Agrippa che blocca i ribelli e li costringe alla resa. Lo storico neanche accenna alla incoronazione di Polemone I re del Ponto e del Bosforo Cimmerico: è tutto preso nella esaltazione del re giudaico che ha grande rilievo in mezzo a tutti gli altri re, tanto da essere considerato davvero terzo uomo dell’impero romano. Flavio-ibidem 22- scrive : lui fu tutto per Agrippa: Collega sunagonisths negli affari di stato e consigliere/ sumboulos in varie occasioni; hedus tais anesesi / sollievo nei momenti di proccupazione; e monos apantoon koinoonos okhleeroon men dià thn eunoian, eedeoon de katà thn timhn/unico partecipe di tutte molestie con la benevolenza e di tutti i piaceri con devoto rispetto dell’amico.
Professore, Flavio mostra il servitium di Erode accanto al megistos Agrippa e nella vita politica e in quella privata quotidiana, comunque, discreto, senza invadenza !?
Certo. Marco. E’ un uomo che sa stare al suo posto, nonostante il naturale protagonismo ed enthousiasmos personale, ingigantito dalla coscienza della sua amicizia con un politikos, destinato alla successione, per natura benevolo khrhstos, benefico e sollecito verso gli altri/megalopsuchos .
E lo dimostra, secondo Flavio, nel viaggio di ritorno, fatto a tappe, via terra, passando attraverso le regioni della Paflagonia, della Cappadocia, della Frigia / megale Phrugia per arrivare ad Efeso! lo scrittore giudaico vuole esaltare il re evidenziando la sua grandezza di animo e la munificenza, pur in compagnia del suo amico, infinitamente a lui superiore, probabilmente citando le Memorie regie in suo possesso: Molti furono i benefici concessi dal re in ogni città, secondo i bisogni di quanti a lui ricorrevano: non si ritirava da nulla per ciò che riguardava denaro ed ospitalità, pagando di tasca sua ogni spesa; intercedeva per alcuni che chiedevano favori ad Agrippa e faceva in modo che non restasse mai inesaudita la richiesta dei postulanti. Già Agrippa lo era per conto suo gentile e generoso nell’andare incontro a chi chiedeva favori personali, non nocivi agli altri, ma il re incitandolo, lo stimolò moltissimo a compiere azioni buone.
Tra le azioni buone Flavio porta l’ esempio della riconciliazione col popolo di Ilio, che si ritiene esente da tributi perché con Enea e Iulo si considera capostipite dei Romani: Lo riconciliò col popolo di Ilio, pagò i debiti ai Chii che avevano coi procuratori di Cesare, li liberò dai loro tributi, assistendo chiunque a lui ricorresse -ibidem 26-.
Sembra un Erode buono, premuroso, generoso e sconfinato nel suo prodigarsi per gli altri, magnanimo in tutto, secondo il suo carattere filantropico, disposto alla euergesia.
E’ davvero Erode così? Marco questa è la sua versione dei fatti narrata da Flavio che segue le sue upomnhmata/memorie!. Si sa che Erode è uomo/vir anche nelle vicende contraddittorie della normalità situazionale e perfino negli eccessi, e sa rivelare il meglio e il peggio di sé, avendo dovuto vivere da re lui privato/idioths, suddito dei romani e stretto collaboratore di Ottaviano ed Agrippa anche loro popolares cives, divenuti megistoi, dominatori divini di un imperium sconfinato, rimanendo sempre un idumeo-nabateo barbarico, mesopotamico, nonostante la cultura ellenica!.
Da qui il monstrum/teras secondo la lettura cristiana, che vede la parte più oscura di una creatura?
Marco, l’uomo è uomo, un sacco di merda, capace di tutto nel bene e nel male ed Erode è esagerato negli estremismi e nel meglio e nel peggio!
Professore, mi fa meditare, oggi ! Grazie. Seguiti, ora, il suo lavoro su Erode.
Erode ed Agrippa non fanno il ritorno su nave, ma via terra e giungono in Ionia, ad Efeso.
Flavio-ibidem 27- informa: una notevole moltitudine di giudei abitanti in quella città si avvalse di questa opportunità per parlare liberamente. andarono da loro e esposero i maltrattamenti che subivano in quanto non era lor concesso di reggersi conformi alle loro leggi e con forza era costretti a comparire nei giorni festivi in tribunale; denunciavano che erano stai spogliati del denaro che avevano messo da parte da inviare a Gerusalemme e che erano obbligati al servizio militare, a servizi civici, sebbene fossero esentati da questi doveri e chiedevano che fosse loro concesso di vivere secondo le proprie leggi.
Marco, tu conosci da tempo il sistema ebraico, tutelato, prima dai Persiani e poi dai Macedoni (Lagidi e seleucidi) ribadito con molti decreti dal diritto romano, vigente in ogni città greca e specie in Alessandria, come politeuma/tipica costituzione ebraica. Te ne ho parlato moltissime volte e l’ho ben descritto con Filone durante la causa sostenuta davanti a Caligola cfr. Caligola il sublime,cit. Perciò non è il caso che io te ne parli diffusamente. trattando del discorso fatto da Nicola di Damasco, patronus ed advocatus, dato da Erode, come difensore della causa, ai giudei ellenisti.
Noi conosciamo la retorica di Nicola– cfr La morte degli innocenti figli di Mariamne e il “regno” di Antipatro – e la sua concezione universalistica dell’impero romano, la sua coscienza di suddito rispetto al dominio dei romani e la sacrosantità dello ius sui popoli sottomessi e della necessitas della conservazione della tipicità della religio giudaica e della salvaguardia del suo politeuma anche ad Efeso, città cosmopolita di oltre 300.000 abitanti, con una popolazione ebraica di quasi un terzo.
Se vuole, può aggiungere qualcosa, faccia come le sembra opportuno, professore!. Credo, comunque, di conoscere la romanitas di Nicola di Damasco.
L’avvocato ha presente tutti i decreti che Flavio ha mostrato nel XIV libro di Antichità giudaiche per comprovare i diritti ebraici tutelati dalla lex romana dal periodo di Giulio Cesare, che ricompensa Antipatro, Hrcano e gli oniadi del loro aiuto durante il bellum alexandrinum.
Ora ad Efeso Nicola conosce gli oltraggiosi maltrattamenti /epeereia, subiti ingiustamente dai giudei: gli è facile dimostrare l’ingiustificato procedere antigiudaico degli efesini greci e degli abitanti della Ionia, che sono in lotta per la supremazia nel porto, nei commerci e nel sistema trapezitario, per invidia. Nicola fa ora upourgia e non storia, elogiando la funzione di ethnopatoor di Erode e la sua posizione di mesiths, di intermediario, di garante della fedeltà all’imperium romano del giudaismo ellenistico (ed anche aramaico!)- e di rutoor/liberatore dalle prove del signore/peirasmoi e dai nemici – e contemporaneamente esaltando la figura del megistos Agrippa, nella sua funzione di giudice, insieme al re, in una assemblea di capi romani e di principi locali!.
E’ questa anche per lui una grande opportunità per la sua stessa carriera forense!
Flavio, infatti, dopo aver evidenziato che un giudeo preferisce la morte alla vita, se gli si vieta i costumi della patria (le solennità, i sacrifici, e feste in onore del proprio Dio) fa rivolgere Nicola contro i greci efesini che li mettono alla prova / peirazontes: ciò che i nostri antagonisti non vorrebbero compiere personalmente tentano di farlo compiere agli altri, quasi che non fosse un’empietà violare le sacre tradizioni degli altri o trascurare i propri sacri doveri per i propri dei e poi aggiunge Vi è mai un popolo, una città, una comunità umana che non ponga il suo maggior bene nel vivere soggetto al vostro comando o a quello dell’impero romano?. Vorrebbe mai qualcuno che i favori, che vengono da voi, siano revocati? Nessuno, neppure un pazzo.
Flavio vuole mostrare col discorso, pur retorico, di Nicola, che i decreti, noti a tutti greci non sono da revocare, sono diritti acquisiti dal popolo giudaico!.
Da quasi quaranta anni i decreti romani sono leggibili nelle piazze di ogni città ellenistica, ben custoditi ed incisi in tavole di Bronzo sul Campidoglio a Roma, perfino, fatti scrivere da Cesare stesso ed anche in Alessandria –Ant giud,XIV,187-188-.
Ce ne sono tanti altri successivi o sbaglio ?
No. Non sbagli. Marco.
Ci sono decreti approvati dal senato per Hircano e la nazione giudaica e per il popolo di Sidone, ibidem190-195; ce ne sono per le città della Fenicia ibidem 196-198, ce ne sono altri indirizzati ad Hircano e ai figli (Ibidem 199-210) relativi la riduzione di un Kor– litri 370- dalla tassa pagata dai giudei, con prescrizioni di pagare tasse ai fenici in favore di Gerusalemme e dei giudei che nel settimo anno non possono lavorare!. Ce ne sono per il popolo pario che deve autorizzare le feste giudaiche!.
Nicola conosce anche i decreti di Antonio, di Dolabella, del console Lucio Lentulo, di Marco Pisone che concedono privilegi ai Giudei di Asia (Ibidem 223-224), ai giudei di Efeso stessa (Ibidem 225-227 -230-32-240) proprio per l’esenzione dal servizio militare, compreso quello di Lucio Antonio.
A dire il vero, Flavio ne cita tanti altri per Laodicea, per Mileto per Pergamo, per Alicarnasso, per Sardi,(ed ancora per Efeso) (ibidem 241-267 )ed aggiunge anche lettere per Hircano (Ibidem 301-313), lettere, per Tiro (ibidem 314-318) e per i suoi abitanti (ibidem 319-322) per Sidone per Antiochia e Arado (ibidem 323).
Nicola, ricordando anche i meriti di Antipatro, celebra Erode che è accanto ad Agrippa, – di cui ricorda la recente visita in Giudea e il suo amore per il popolo giudaico e il suo re- lodato per la sua pietas, avendo fatto un sacrificio al Dio nel Tempio e per averlo onorato con preghiere rituali.
Flavio mostra come Nicola metta in evidenza Agrippa, magistrato in carica con compiti pubblici così grandi, considerato segno e garanzia di amicizia per il popolo giudaico, facente ogni cosa per amore dell’amico Erode. Infine Flavio fa concludere l’ advocatus con queste parole: noi non ti chiediamo nulla di speciale, solo che tu non permetta che gli altri ci privino dei diritti che tu stesso ci hai dato!.
Naturalmente i greci niente possono obiettare e tanto meno difendersi, negando,comunque, di aver commesso errori!
Marco, i poveri greci goyim, accusatori adducono ora solo le scuse ai giudei brava gente capace, però, di spargere nel territorio gravi generici mali, comunque degna di essere onorata e fanno promesse di non disturbarli più!
Flavio infine scrive: Agrippa licenziò l’assemblea dei capi romani, dei re e dei dinasti e si alzò insieme ad Erode che andò da lui, lo abbracciò, grato per la sua buona disposizione verso di lui .Agrippa si mostrò riconoscente a tali parole e rispose in egual modo gettando le braccia ad Erode, che a sua volta di nuovo l’abbracciò.
Erode, perciò, dopo essersi congedato da Agrippa- che partì per Lesbo e da lì andò a Samo- si mise in mare e, incontrati venti favorevoli, approdò a Cesarea non molti giorni dopo.-Ibidem 62-.
Flavio aggiunge: il re partì per Gerusalemme e convocò un’assemblea plenaria, essendo convenuta anche una grande folla venuta dalla regione- Ibidem-
Erode è un re trionfante che racconta il suo viaggio fino al Bosforo Cimmerico, l’amicizia e l’amore di Agrippa, espone la situazione dei giudei di Ionia e di Asia, mostra la soluzione dei loro problemi, grazie al suo intervento, utile tanto da lasciarli sicuri e tranquilli.
E’ professore il massimo successo di Erode, che è fortunato nella sua azione di mesiths, di ethnopatoor e di diallakths?
Certo, Marco questo mi sembra che voglia dire Flavio in Antichità Giudaiche, che, evidenziando in Erode l’exemplum del popolo ebraico stesso filoromano – nascondendo quello aramaico- , celebra la grandezza stessa del giudaismo internazionale cosmopolita, in una esaltazione della politica del grande Re.
Il discorso di Erode al popolo, conquistato dalla sua parola, dall’affabilità ed ancora di più dal gesto del condono di un quarto dei tributi dell’ anno passato, esprime uno stato di buona fortuna e di buon governo da parte di un re, che afferma di non aver tralasciato nulla di vantaggioso per il giudaismo.
Erode, dunque, è prototipo del Giudeo ellenista internazionale romanizzato!
Il popolo stesso gerosolomitano e i capi della regione, allora, augurano ogni bene al re – Ibidem 65-.
Politicamente per Erode è un momento di estrema fortuna che diventa -ironia del destino- di massima sfortuna nella vita privata e nell’ambiente familiare.
Appena Erode ritorna a casa, nella reggia, iniziano i suoi guai familiari: Ferora e Salome accusano Alessandro ed Aristobulo, i suoi due figli asmonei, di sedizione e di parricidio!
Avendomi fatto vedere un altro Erode, devo confessare, mi dispiace!
C’ è empatia?
Un peccato di Erode: i figli studiano a Roma!
Paidomatheis einai douleias dikaias/ siamo educati da bambini ad una schiavitù, giusta –De sobrietate,198-
Per i farisei e per gli scribi l’invio dei figli da parte di Erode a Roma, per studiare, è un peccato grave!.
Un amàrthma mortale?! professore
Si, Marco.
Come imposero di non inviare il giovane Aristobulo, destinato ad essere sommo sacerdote, ad Alessandria, presso Antonio, ora nel 22 a.C. proibiscono – inascoltati!- che i figli di Mariamne, vadano a Roma, per gli studi, ad apprendere le artes liberales.
Secondo i farisei Alessandro, Aristobulo e il figlio minore di Mariamne asmonea non devono allontanarsi dalla patria, da Gerusalemme, dalla loro terra, perché devono seguitare e terminare il corso di formazione giovanile, fatto da un maestro /rab, come ogni altro discepolo /talmid! Essi temono che con la paideia greco-romana i giovani possano contaminare i loro corpi, e, mescolati con i gentili, nelle etairiai, durante i sumposia e le klinai, possano indulgere all’omosessualità o avere rapporti con donne, nonostante la prescrizione di rimanere vergini fino al matrimonio, incontaminati nella loro purezza, senza masturbarsi (cfr. Filone, De Ioseph)!: la loro anima sarebbe sconvolta dalla cultura greca e da quella latina, proprie di goyim, che non conoscono il timore di Dio/JHWH. Perfino l’educazione ellenistica alessandrina, quella methoria in lingua greca, degli oniadi, è per gli esseni un male, nonostante il loro sforzo di mantenersi puri con l’ameicsia, frutto di un adattamento tipico dei didaskaleia. Cfr. Ameicsia e Filone. Infine affidare i propri figli a maestri di lingua latina è avvicinarli al politeismo dei Goyim, alla violenza e al militarismo- il male peggiore per la morale sacerdotale di un giovane giudeo-: Roma è Babilonia per un aramaico, sede del male e l’ aquila, suo simbolo, è Mammona!.
Professore, ho già letto Ameicsia e Filone e so che in 2 Maccabei, 14, 38, si parla di isolazionismo e di separatismo come di un dovere religioso etnico del giudeo all’estero e che Filone (De Joseph, 254) riprendendo questo stesso concetto lo innova. Infatti lei scrive che ogni ebreo della diaspora secondo il filosofo ebreo platonico doveva vivere (anche se imbevuto del pensiero greco, seppure partecipe del processo necessario di ellenizein per una normale vita politica in terra straniera, pur rimanendo legato alle regole della torah e alle pratiche rituali) la stessa vita degli altri, dei pagani, dei goyim. Lei poi aggiunge: Integrarsi richiedeva questo sacrificio, un assimilarsi continuo al pagano, greco ed egizio, di cui si rifuggiva solo quello che la legge espressamente vietava, secondo il giudizio unanime e concorde dei sopherim, di tutti i maestri disseminati nel bacino del Mediterraneo, sancito inizialmente dagli esegeti biblici dei vari didaskaleia alessandrini ed approvati da tutti gli altri: Il problema era dibattuto ogni settimana nelle sinagoghe e poi nei didaskaleia, posti accanto alla proseuche dal periodo di Tolemeo I, in Alessandria, e dopo discussioni e contrasti, si era giunti a condannare l’ellenismo giudaico palestinese sacerdotale gerosolomitano e a trovare un proprio modo di essere giudeo in Egitto, che fosse esemplare in tutto il mondo romano. Ameicsia (amicsia) era il termine equivoco, su cui si era costruita la nuova vita del giudeo in Alessandria, subito dopo la venuta di Onia IV e dopo gli accordi con Cleopatra II e Tolomeo VI (cfr. Ant.Giud. XII,387–388,XIII,62 ; Guerra Giudaica,I,423-432 e cfr.E. BICKERMAN in “ZNW” 32,1935,153 3 ss).
Come vede, professore, ricordo bene.
Marco, sono contento.
Ora, però, cerco di mostrare che Erode non invia i suoi figli ad Alessandria perché ha già maestri alessandrini a corte, che spiegano la teoria dell’ameicsia, partendo dall’etimologia di ameignumi, inteso non come tentativo di non isolarsi né di mancare di koinonia, ma come accettazione di una nuova basileia imperiale e di un nuovo sistema di tzedaqah, cioè di una sovranità assoluta connessa con la divinità e di una giustizia con caritas, che autorizza anche il commercio, in una nuova concezione di genos/stirpe e phratria/famiglia e suggeneia/consanguineità, anche se si mantiene il patto con Dio in quanto ebreo/ vedente il theos, consapevole di essere in mezzo a tanti altri popoli, tutti soggetti ad uno stesso sovrano, a cui si deve proskunesis.
Cosa è Proskunhsis?
Marco, il termine viene da proskuneoo, che vuol dire mi inginocchio prostrandomi davanti ad un essere superiore, portando la mano alla bocca ed inviando baci, in ossequio alla maestà, divina del Signore, come atto di venerazione, nella coscienza di essere suddito di uno, padrone della vita.
E’ un tipico atto di un suddito orientale- ignoto ad un civis occidentale- tipico della cultura achemenide, imposta da Alessandro ai suoi stratiootai, sbigottiti, nel 329 av. C tanto che subì una congiura – quella degli etairoi-che gli alienò pars dell’esercito (lo stesso eghmoon strategikos Parmenione, capo invitto fino ad allora della spedizione antipersiana e suo figlio Filota, capo di una parte della cavalleria, come lui, uccisi proditoriamente), propria degli arsacidi, divenuta consueta coi seleucidi e coi lagidi. A Roma diventa pratica normale con Caligola, a cui Lucio Vitellio, vincitore di Artabano III, fa per primo la proskunhsis, cerimoniale in uso presso Cleopatra ed Antonio, rifiutato, sembra, dal solo Domizio Enobarbo, antenato di Nerone!.
Erode, quindi, non solo desidera per i figli una formazione alessandrina, ma vuole anche quella latina delle artes liberales, unita ad una formazione militaristica?.
Per me, Erode cura di più la formazione di Alessandro, suo primogenito, asmoneo, che, all’epoca della partenza dovrebbe aver già superato l’esame di bar mitzvah/ figlio del comandamento consueto a 13 anni ed un giorno, dopo aver già fatto gli studi enciclici primari (enciclios paideia), corrispondenti al trivio latino. In pratica si sarebbero interrotti gli studi sacerdotali fino a 18 anni sulla giustizia e sull’orientamento alla lettura della sapienza, fine ultimo della cultura aramaica. Da qui la rabbia dei farisei, che erano stati maestri degli Asmonei, per Giulio Erode, il cui modello educativo vincente è quello romano del civis vittorioso, imperante nel mondo!
Mi sembra normale che un padre, civis, voglia che i propri figli siano educati secondo i principi basilari della Romanitas! E’ legittimo che Erode desideri che i figli asmonei, destinati alla successione, specie Alessandro, completino la formazione letteraria, iniziata in Giudea, quella del trivio, fatta da litteratores e da grammatici, a corte – grammatica, retorica e dialettica – con quella scientifica del quadrivio, da fare a Roma -aritmetica geometria, musica e astronomia – per dare loro una educazione retorica, con un rhetor prestigioso? io ricordo bene le lezioni da lei fatte, ora precisate negli articoli di Gumnasiarca e paideia, di Ellenizein e di Diaspora, To gumnasion, e penso che Erode, non potendo iscrivere i figli come neoi, li riporta a casa, senza la dokimasia- giudizio/diploma-, necessaria per l’ efebia e per il servizio militare- da cui l’ebreo per legge è esente. Comunque, non capisco esattamente il motivo sotteso di questa opposizione dei farisei, seguaci degli asmonei e tanto meno l‘amarteema mortale-non veniale– imputato ad Erode?
Bravo! Marco. Hai studiato attentamente il sistema educativo ellenistico di un giudeo ed hai compreso il sistema economico-finanziario giudaico!
Professore, lei è bravo! lei è un grande storico!ed io sono orgoglioso di parlare con lei, che mi permette di seguirla con opportune spiegazioni, orientandomi per una formazione omogenea, aperta, libera, autonoma.
Che dici, Marco? tu, ingegnere, hai fatto la tua strada ed ora mi gratifichi perché mi vuoi bene: la tua stima è superiore ai miei meriti! mi chiami muratore quando i miei zii mi definivano mezza cucchiara e mi affiancavano un muratore di I classe, pure per fare un muretto! ora mi dici storico quando nessuno mi conosce e non ho mai avuto il minimo riconoscimento del mio nascosto cinquantennale lavoro! io so veramente cosa vuol dire essere storico! Sorvoliamo e ridiamoci sopra! Ad 81 anni compiuti vivere è già tanto ed è stupido lamentarsi!.C’è gente che soffre davvero!
Professore, per me è un mistero il non riconoscimento del suo lavoro! Mah, in Italia c’è gente che sa leggere!? io ancora medito sull’articolo un Sistema economico-finanziario: Tzedaqah! Ancora studio Ossequio servile/upourgia e Vangelo di Marco!.Ancora rifletto su Gesù di Angelo Filipponi di Tufano! Comunque, mi dica su questa opposizione sorda farisaica: io, da alunno, ascolto.
Riprendiamo il discorso. Erode, dunque, re socio dell’impero romano, vuole educare i figli come politai /cives di un organismo universale, quale l’impero romano, secondo la paideia romano- ellenistica ed insegnare loro la lingua greca, tipica dell’Oriente e la lingua latina, dell’Occidente!.Un padre integrato nel sistema romano-ellenistico desidera che i suoi figli abbiano una integrazione migliore!
Per un aramaico, invece, l’uso della lingua straniera è profanazione della propria identità tribale-nazionale, espressa nel proprio idioma, che è lingua sacra, non traducibile da nessuno in altra lingua! Marco, la Iudaea, ancora dopo quarantanni di dominio romano, -pur avendo fatto progressi, dopo due generazioni- non ha chiaro il valore di far parte di un impero universale, che, avendo un unico imperator /autokratoor, dopo la vittoria, ha dato nuovi princìpi pacifici e giuridici, comuni a tutti i circa 50.000.000 di sudditi, lasciando a tutte le etnie (galli, germani, britanni, italici, greci, bitini, pontici, siriaci,pamphili, cilici, fenici, egizi, afri) i propri Dei con i loro rituali religiosi, e quindi ha permesso anche ai giudei di conservare intatta la tradizione mosaica, la lingua aramaica e la loro cultura/musar, proteggendoli con speciali decreti, considerata la tipicità della loro threscheia. Nonostante il rispetto dei Romani per il loro ethnos, essendo la stirpe, divisa in giudei aramaici e giudei ellenistici, dato il loro numero elevato, e considerata la loro particolare storia coloniale migratoria, il compito di eghmoon di Erode, basileus, è difficilissimo: regnare nel territorio giudaico su una striminzita maggioranza aramaica filoparthica e su altri giudei già ellenizzati come i sadducei o romanizzati, in quanto laici e pagani, che, insieme ai circa 2.500.000 ellenistici della diaspora, di lingua greca, sono filoromani, è di un sovrano universale, che può essere esemplare anche per Ottaviano Augustus circa la catholicità e il rispetto delle minoranze, le differenze tra i popoli, con la proposta di un sistema giuridico unitario.
Erode basileus, per lei, è, perfino, un modello di buon governo regio per l‘inesperto imperator, che, non conoscendo bene il sistema della Basileia, non sa neppur comandare da re, ed essendo solo un comandante militare con poteri dittatoriali governa teatralmente come princeps, quasi fosse davvero il primus inter pares, dopo aver distrutto, di fatto, il sistema repubblicano, provocando continue agitazioni con congiure! Lei mi ha promesso di trattare diffusamente dell’equivoco del principato in altra sede e del rifiuto degli ordini degli aristocratici e degli equites! Comunque, non è tempo, professore, che mi mostri, mentre tratta della educazione dei figli asmonei a Roma, le reali differenze tra le varie culture, vigenti in Iudaea, in epoca augustea?
Certo, Marco, questo l’ho già fatto quando ho trattato in generale dell’ellenismo, come già hai messo in evidenza!Ti ho mostrato anche che Erode invia in seguito altri figli a Roma, di altre mogli!. Permettimi, però, di ricordare che Erode, essendo il rappresentante di tutti gli ellenisti sparsi in tutte le nazioni del Mediterraneo, partes dell’imperium romano, non può non volere l’ insegnamento della paideia ai suoi figli, destinati alla successione, anche perché ritiene doveroso assecondare la volontà dell’imperatore, desideroso di formare presso di lui i futuri re, funzionari dell’impero romano.
Capisco, professore!. Augusto tiene a Roma i figli dei re come ostaggi, come quelli avuti dal re dei re, assecondando apparentemente il loro desiderio di ellenizzazione, anche per meglio entrare nella logica della Basileia, essendo il termine re da sempre odioso ai romani.
Ti ho già detto che Ottavia, la sorella dell’imperatore, è incaricata di tenere i figli di Antonio, ed anche di re socii, e di educarli con le sue due figlie, in una scuola regia, a corte, con i migliori maestri alessandrini, per natura sublimi ruffiani/kolakes megalophueis – Peri Upsous, XLVI, 3- Ti aggiungo che forse gli asmonei hanno un corso di educazione migliore rispetto a quella data ai figli Mariamne di Boetho, di Maltace e di Cleopatra, in quanto Alessandro afferma che lui, se diventa re, li fa tutti koomogramateis/ scritturali di paese.! Ora, ricopiando la traduzione di De agricoltura di Filone e quella di De congressu, però, ho una nuova possibilità, da una parte, di chiarirti la musar, la funzione dei soferim e il compito di un rab, e da un’altra ho anche l’opportunità di parlare- senza affrontare quello latino- dello specifico sistema oniade di insegnamento, su cui mi soffermo.
Nota bene, Marco, che Filone dice paidomatheis einai douleias dikaias (De Ebrietate, 198; più o meno ribadito in De Plantatione Noe ed altrove) che cioè, noi cives siamo stati educati da ragazzi a scuola di servitù, giusta, proclamando che l’ imperium dei romani è un potere legittimo, riconosciuto legalmente fin dalla tenera età, quando la mente è fasciata da costumi ed abitudini senza aver gustato la fonte/namatos più bella e feconda dell’eloquenza / logoon, cioè la libertà/then eleutherian – Peri upsous, ibidem-.
Filone, quindi, sembra- se è giusta la theoria sulla datazione del Peri upsous in epoca Caligoliana- che per lui l’oratoria sia finita perché non esiste più la democrazia, ottima nutrice degli spiriti grandi/ toon megaloon agathh tithenos, essendosi spenta la libertà. ed essendo sorta brama di ricchezza e di piaceri, che necessariamente portano alla servitù!.
Professore, Filone ha una sua particolare visione dell’ età di un uomo? o ha la stessa visione greca?
Filone in de Opificio, XXXV 103-4 parla dell’età umana in relazione all’ebdomade. Per lui le età dell’uomo si misurano partendo dall’infanzia fino alla vecchiaia così:
– durante i primi sette anni si ha lo spuntare di denti;
– nel secondo settennio sorge il momento della capacità procreativa;
– nel terzo la crescita della barba;
-nel quarto l’aumento della forza fisica;
– nel quinto il tempo delle nozze;
– nel sesto la capacità di comprensione raggiunge il massimo
– nel settimo si verifica il miglioramento con lo sviluppo dell’intelletto e della parola;
– nell’ottavo il perfezionamento dell’uno e dell’altra;
– nel nono subentrano calma e pacatezza in quanto le passioni si sono di molto pacate;
– nel decimo, infine, giunge il termine desiderabile della vita, allorché gli organi del corpo sono ancora in buona condizione; una lunga vecchiaia, invece, li fiacca e li distrugge, l’uno dopo l’altro.
Filone aggiunge che anche Solone (638 a.C-557), il legislatore ateniese, ha scritto, in versi elegiaci, le età dell’uomo:
– il bambino piccolino, cui è spuntata la corona dei denti mentre era ancora infante, li perde, entro i primi sette anni di vita;
-quando il dio ha fatto scorre il secondo settennio di vita, egli manifesta i segni della pubertà incipiente;
– nel terzo settennio mentre le sue membra continuano a crescere, il mento gli si copre di barba e il suo volto perde la floridezza;
– nel quarto settennio ognuno eccelle in forza ed è in questo che gli uomini riconoscono i segni del valore virile;
– nel quinto è tempo che l’uomo pensi alla nozze e cerchi una discendenza di figli per il futuro;
– nel sesto la mente dell’uomo giunge alla formazione piena ed egli non aspira più come prima a realizzare opere impossibili;
– il settimo ed ottavo settennio sono quanto ad intelletto e parola di estrema eccellenza e formano un periodo di 14 anni;
-nel nono l’uomo ha ancora intatta la forza ma si fanno più deboli in lui di fronte a manifestazioni di grande virtù, la parola e il sapere;
– se poi qualcuno, compiuta la vita entro i limiti giusti, giunge al decimo settennio, il destino di morte non lo coglie fuori di tempo.
Marco, Filone, scrittore dl I secolo d.C., ha la stessa concezione dell’arco di vita umana di Solone, fiorito nel VI secolo a.C!
Grazie, per la spiegazione circa l’età secondo Filone. Ora le sarei grato se mi seguita a parlare della concezione agricola giudaica.
Filone, Marco, dopo il suo esame situazionale, inizia la trattazione del giusto Noé, l’unico sopravvissuto al diluvio, con la sua famiglia, mediante l’arca: per Genesi, 9.20.21 Noè iniziò ad essere uomo dedito all’agricoltura, bevve vino e si ubriacò nella sua casa.
La giustizia di Noè diventa esemplare, secondo la legge di Mosè in quanto il giusto è agricoltore, la peculiarità dell’agricoltore è la giustizia!.
Da qui deriva la non giustizia di Erode che, invece, è asteios/cittadino, commerciante e che vuole educare i figli secondo l’etica ellenistica, non agricola, non propria di un georgos!. De agricoltura 4: suo amarthma è inviare, nonostante l’opposizione farisaica, i figli a Roma nel 22 av. C., per dare loro un’ altra cultura, abbandonando quella tradizionale agricola, autorizzando la contaminazione con i goyim!. Il peccato di Erode è gravissimo perché travia l’animo di uomini di stirpe asmonea, possibili sommi sacerdoti di un popolo sacerdotale! Marco, seguimi bene, Filone fa molta attenzione ai termini e fa distinzioni sottili, etimologiche, ma sa bene che la sua è theoria per gli aramaici e che quanto dice in lingua greca non è cosa ritenuta vera, ma solo un tentativo di mediazione oniade: la sua famiglia da oltre sette generazioni/toledoth si è ellenizzata avendo stabilito rapporti coi greci, inventando un faticoso e difficile sistema di ameicsia per sopravvivere in Alessandria, vivendo nel servitium di due padroni: Dio e il re lagide, ed ora Dio e l’imperatore romano. L’aramaico, invece, ha solo due vie, quella della rettitudine, aspra, e quella del vizio, piana, ed ha fatto la scelta, obbligata, della tzedaqah, da seguire con una moltitudine di prescrizioni (613) per essere giusti! Chi vive, sentendosi agricoltore- pastore e cavaliere – e consegue la sapienza, ha come modelli i patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe che sono rispettivamente portatori di un messaggio di uomo che migra ed ha orientamento astronomico, di uomo che ha un naturale vivere virtuoso, di uomo che cerca asceticamente la perfezione con un progressivo maggiore esercizio!.
Nella pratica di vita, come imitazione dei patriarchi, si distinguono la via del giudeo ellenista, specie oniade, e la via dell’aramaico, che, seguendo due percorsi di lettura con due mezzi linguistici diversi, lingua greca e lingua aramaica, giungono a visioni del tutto diverse, in relazione alla interpretazione biblica allegorica o letterale.
Quindi, professore, si torna ad un problema già esistente tra i farisei e i sadducei, allegorici gli uni, letterali gli altri nella interpretazione biblica?
Marco, dal periodo asmoneo le due aireseis si contrastavano, ma ora, con la presenza dei romani e di Erode, si è verificato che sadducei ed oniadi, ambedue eredi del sacerdozio templare, sono filoromani e filoerodiani, mentre i farisei con gli esseni sono antiromani e filoparthici e, quindi, hanno aperto nuovi orizzonti politici.
Comunque, Filone, pur facendo una lettura allegorica, non letterale come quella dei sadducei, ci permette di capire il pensiero di massimo integralismo degli aramaici – che hanno perfino una differente Bibbia ( cfr.I due canoni) rispetto ai giudei oniadi alessandrini, che, ellenizzati, hanno trovato altre soluzioni di vita e un sistema alternativo, che ti sintetizzo con De agricoltura 1-22.
Infatti, dopo aver distinto tra cittadino ed agricoltore, (ed anche tra pastore e guardiano del gregge, tra cavaliere e chi cavalca) Filone mostra la differenza tra agricoltore e lavoratore della terra, salariato, operanti apparentemente allo stesso modo, ma, in realtà, facenti due attività diverse, antitetiche e contrapposte.
Secondo Filone chiunque può impegnarsi nella coltura della terra, anche senza precisa conoscenza/ episthmh, l’agricoltore, invece, vi si impegna con cognizione di causa e non da incompetente – ibidem 4-. Il theologos precisa, poi, che il lavoratore in quanto bracciante, salariato, pensa solo alla ricompensa e non ha interesse a lavorare bene, l’agricoltore, invece, ha mille impegni, essendo disposto ad investire le proprie sostanze, a spendere del suo perché il podere migliori e risulti perfetto agli occhi di esperti: vuole raccogliere i frutti non da altra parte ma dalle sue coltivazioni che rendono molto per tutto l’anno!- ibidem 5-. Filone insiste nel lodare la fatica dell’agricoltore, che fa sostanzialmente due operazioni: una di coltivazione – che comporta la potatura che regola la crescita delle piante, la protezione delle gemme e dei polloni, oltre all’ innesto, evidenziando che l’agricoltore è simile ad un padre di famiglia che mette in stretto ed armonioso rapporto i figli adottivi con quelli di altre famiglie – ed una di estirpazione e distruzione radicale di erbe e piante infestanti, in una volontà di seminare e piantare solo gli alberi fruttiferi.
In questo lavoro, Filone mostra come l’uomo sia padrone della natura in quanto agricoltore/egemoon che bada non a seminare e piantare qualcosa di sterile, ma ciò che è fruttifero e coltivabile, in modo da ottenere annualmente buona resa. E subito lo ribadisce citando Genesi (1,26-29): la natura, infatti, ha proclamato l’uomo archoon delle piante e degli altri viventi di tutto il genere degli esseri mortali.
Attento Marco, ora, a questo passaggio retorico, utile ai fini morali!.
In ciascuno di noi che altro potrebbe essere l’uomo, se non l’intelletto/ o nous- intellectus, che è solito trarre utile frutto da ciò che è stato seminato e piantato?
Filone sottende identificando, da un lato, il tutto per una parte ciascuno di noi – uomo agricoltore e, da un altro, l’uomo signore della natura-nous, facendo un’operazione macroscopica naturale, generale, ed una microscopica individuale, personale.
Interessante! professore, ma lei dice pure che Filone, specie in De congressu dà una lettura specifica degli studi enciclici sulla base del rapporto di Abramo con Sara, la signora e di Abramo con Agar, la schiava egizia, data da Sara per avere figli!. Me lo vuole spiegare meglio ?
Marco, se vuoi capire la logica di Filone, devi attentamente considerare le azioni che risultano buone ed utili/ chreestai, fatte dall’agricoltore, che è disposto ad investire il proprio avere e spendere denaro per rendere migliore la sua terra, desideroso di raccogliere i frutti dal proprio lavoro, annuale nei sei anni operativi.- il settimo è di riposo!-.
Dunque, per Filone- che ha l’eredità della cultura aramaica- lavoro e terra sono basilari come esercizio, come pratica di ascesi ?
Uno dei lavori di un agricoltore è trasformare le piante, anche selvatiche, innestate in fruttifere, facendole sviluppare, potandole, seguire la crescita e curare i germogli secondo la loro natura, a volte interrando alcune ed innestando altre sorvegliando ogni cosa come un padre: sa anche fare opere di pulizia, estirpando erbacce, eliminando quelle che possono recare danno ed usando quelle selvatiche per le palizzate come recinzione-De agricoltura ibidem- Filone, come gli esseni, propone l’agricoltura come arte perfetta, ma fa il commerciante come ogni altro oniade ed è giudeo ellenistico, che solo in vecchiaia si ritira e diventa Terapeuta cioè askeeths Cfr. Esseni, Quod omnis probus e I terapeuti De vita contemplativa. Il rab, invece, come l’esseno, è autarchico, non accetta denaro, né commercia, ma educa solo i discepoli alla virtù della giustizia e non può vivere ambiguamente come Filone (o come Seneca) che una cosa dice ed una cosa fa: conta per lui solo le opere non le parole! i frutti valgono!il giudizio è sul frutto!
Il rab applica la theoria della perfetta agricoltura, sumbolos dell’anima, che deve essere curata e regolata dall’intelletto padre agricoltore dell’uomo, che è insieme di soma e di psuchh con egemonikoon che risulta il microcosmo rispetto a natura e al poihts –pathr, che formano il macrocosmo!
Come l’agricoltore non semina né pianta niente che sia sterile, ma solo piante fruttifere, in modo da avere solo frutti secondo natura, così l’uomo è principe e signore delle piante e degli altri viventi mortali in quanto, avendo l’intelletto, sa trarre frutto utile da ciò che è stato seminato e piantato –ibidem,26.29 –
Professore, dunque, ora si passa alla formazione dell’uomo che fin da bambino impara e razionalmente associa e si forma secondo la cultura ricevuta? la cultura agricola, quindi, non può essere sterile?
No, non è proprio così!. Senti come ragiona Filone nel De congressu e segui come ambiguamente mette in relazione educazione religiosa e educazione umana! Per questo, Marco, io non accetto la lezione filoniana circa la confusione di natura umana e di quella morale e tendo alla distinzione per un orientamento separato, in senso autonomo, lontano dal magistero sacerdotale, che condiziona l’infanzia e la pubertà cfr. Idea di Culture of Iesus!
Filone lo fa tramite la coppia legittima Abramo-Sara e tramite la coppia non legittima, ma utile provvisoriamente, Abramo-Agar! Il teologo, partendo dall’interpretazione di Genesi, 16, 2b-3 diversamente dal Rab – che vuole educare il bimbo fino al tredicesimo anno e farlo bar mitzvah- cerca di dare una formazione completa usando la lettura allegorica, utile al fine morale. Infatti l’intelletto del neepios, – diversamente dall’adulto bisognoso del frumento, che è suo cibo normale- è alimentato dal latte, che è utile all’anima che ha possibilità di crescita con gli studi del ciclo preliminare, suoi primi rudimenti per l’acquisizione sapienziale. Perciò Sara, colei che è sovrana sul marito, essendo virtù- saggezza, sterile, non consente a chi è giovane di unirsi a lei, imponendo un’educazione preventiva e si serve di Agar egizia, che è egkuklios paideia. Questa è soggetta a Sara/ filosofia, che a sua volta è subordinata a Dio /Sapienza.
Qual è l’esatto versetto biblico? vorrei capire almeno letteralmente!
Questo: Sara moglie di Abramo non gli aveva dato figli. Ella aveva però, una schiava egiziana, di nome Agar. E Sara disse ad Abramo: va’ dalla mia giovane schiava per avere figli da lei!.
Letteralmente Sara, sentendosi sterile, concede al marito la schiava per aver figli, tramite lei. E’così?!
Certo. Ora segui la spiegazione del teologo che giustifica Mosè che autorizza un doppio coniugium, quello di Giacobbe con Lia e con Rachele, che danno al marito le rispettive schiave (Zilfa e Bila/Balla) con lo stesso intento di Sara, in una rivalità femminile tra le due sorelle, mogli legittime. Filone spiega: Il vizio è per sua natura invidioso, pungente, maligno, la virtù, all’opposto, è mite, affabile, benevola, pronta ad aiutare di per se stessa, tramite altri, chi ha una disposizione naturale volta al bene. Precisa : quando non siamo in grado di avere figli dalla saggezza essa ci dà come sposa la propria ancella che è…l’educazione enciclica egkuklios paideia, la quale svolge in un certo senso il ruolo di intermediario e di pronuba. Conclude: perciò, Sara prese Agar e la diede in sposa al proprio marito: per Mosè è giusto che Sara, la moglie, dia Agar l’egizia ad Abramo, marito, che giuridicamente resta marito!. Filone pone se stesso come paradigma, e prima di accennare alla luce del candelabro e al numero sette dei bracci, afferma: Sara, la virtù che è sovrana della mia anima, ha procreato ma non ha procreato per me perché io nella mia condizione giovanile non ero ancora in grado di accogliere i frutti della sua procreazione – la saggezza, la rettitudine di agire e il senso della pietà- per il gran numero di figli bastardi che mi avevano partorito le false opinioni, la preoccupazione di allevare questi, le cure assidue e le incessanti angosce per loro, mi hanno costretto a trascurare i figli legittimi ed autenticamente liberi di nascita. E’ bello supplicare, dunque, che la virtù non solo prolifichi – essa infatti procrea generosamente senza le nostre preghiere – ma che prolifichi anche per noi per assicurare a noi una felicità che ci renda partecipi dei suoi semi e dei suoi frutti. Di solito lei procrea solo per Dio, consacrando con gratitudine le primizie dei beni ricevuti a colui che, come dice Mosè,” ha dischiuso il suo grembo”-Gen.29,31– sempre vergine!.
A me è difficile capire questo complesso discorso sulla procreazione di Sara sterile e di Sara che ha figli tramite Agar, ma sono sbigottito davanti al ventre che si dischiude e che resta ” sempre vergine”!
Anche a me, Marco resta complicato e misterioso!Comunque, Filone spiega che gli studi preliminari sono espressione di Agar la schiava egizia.
Quindi, professore, la signora Sara, sterile, concedendo la schiava, autorizzando il connubio Abramo-Agar rende fruttifero e buono il rapporto marito-concubina, giustificato dal fatto che la schiava egizia, avendo latte, educa il bambino col ciclo degli studi preliminari, filosofici, utili ai fini teologici sapienziali? .
Marco, per te, quindi, Filone direbbe in greco una frase che in latino suona così: Philosophia ancilla theologiae?!
Non è così? professore. Filone non vuole dire questo?
Si. Certo. ma è una lettura christiana!
Filone, infatti, parlando dell’ Egitto simbolo del corpo e dell’origine del nome Agar ritiene che, in quanto memoria delle cose buone – in un rifiuto di quelle cattive-unita alla scienza dialettica, formi l’insieme filosofico, fondamentale per il progresso morale ed intellettuale cfr. De agricoltura, XXX.
Così, poi, spiega: le principali caratteristiche di educazione media sono indicate da due simboli, la stirpe di origine ed il nome.…Chi si dedica agli studi dell’educazione enciclica ed è amico del sapere più vario deve, di necessità, essere assoggettato al corpo terroso ed egiziano perché ha bisogno degli occhi per vedere, delle orecchie per ascoltare ed udire e degli altri sensi per cogliere ognuno degli oggetti sensibili. Per sua natura la cosa da giudicare non può essere afferrata disgiuntamente da uno strumento che la giudichi. Così il sensibile sono gli organi del senso a giudicarlo, in quanto senza loro non è possibile raggiungere un’ esatta nozione dei fenomeni del mondo sensibile da parte dell’ indagine filosofica.
Professore, per Filone, dunque, tramite i sensi – terra egizia- esiste giudizio filosofico su un piano generale, generalizzato?
Marco, mi sembra che Filone si corregga, poi, e spiegando Agar/ come soggiorno in terra straniera, dica: l‘educazione media occupa la posizione di un pareco/paroikos. Infatti solo la scienza, la saggezza ed ogni virtù sono indigene autoctone e veramente cittadine a pieno diritto, mentre le altre forme di educazione che sono sul piano competitivo, vengono a trovarsi al secondo, terzo ed ultimo posto, stanno su una via di mezzo tra stranieri e cittadini, perché non appartengono nettamente a nessuna delle due categorie, ma, d’altra parte, per certe affinità, rientrano in ambedue.
Filone è più sicuro in De congressu quaerendae eruditionis gratia cioè Connubio con gli studi preliminari / Peri tou eis propaideumata sunodou, V- e, perciò, precisa: lo straniero che soggiorna in un posto è alla pari con i cittadini che vi abitano, ma sono stranieri perché non vi hanno residenza stabile e definitiva.
A me sembra, professore, che Filone sia un po’ confuso e metta insieme pensiero platonico e speculazione stoica con la metafora di corpo ricettacolo dell’ anima!ma, in effetti chi è il pareco?
Paroikos, Marco, equivale sostanzialmente all’attico metoikos in quanto para /accanto e meta/con indicano lo straniero csenos giudaico, non greco, che abita accanto o insieme con, soggiornando a periodi lunghi o brevi, in città elleniche, riconosciuti come tali dalla giurisdizione romana come politai concittadini e condomini, rispetto agli stranieri di passaggio, in quanto essi hanno dimora o periodica o fissa, paganti il metoikion, la tassa di soggiorno, godenti dei diritti civili, ma non di quelli politici, partecipi perfino delle leitourgiai.
Cosa sono? ti rispiego quanto ti ho già detto. Forse lo hai dimenticato!
Le liturgie sono pubblici servizi a cui sono soggetti i politai con diritti politici, ritenuti ricchi, che, comunque, possono chiedere anche la compartecipazione dei meteci/pareci. Ad Alessandria i ricchi greci e i giudei di lingua greca, concittadini, che svolgono funzioni politiche, di norma, sono chiamati a fare liturgie che possono essere straordinarie come armare triremi da guerra o da carico – trihrarchia– ed ordinarie in quanto enkukloi cioè annuali, come gumnasarchia, korhgia, euoplia, arrhphoria ed altre. I giudei alessandrini, oniadi, essendo la stirpe dominante, offrono il maggior numero di liturgie cfr. In Flaccum Una strage di Giudei in epoca Caligoliana,Ebook 2011.
Filone, comunque, qui parla del methorios– cfr Methorios www.angelofilipponi.com – senza il contenuto giuridico di metoikos o paroikos, ma come elemento, che cambia valuta stando al confine tra due stati, un uomo che vive in territorio straniero al confine tra impero romano ed impero parthico, che conosce aramaico e greco ed ha un banco come cambiavalute, capace di svolgere la funzione di cambio a prezzo convenuto dalle due parti.
E’ questo un compito di un giudeo ellenizzato e romanizzato, integrato nel sistema imperiale, come il grande trapezita, padrone di banche, datore di lavoro, che è l’alabarca di Egitto, oniade!.
E’ uomo, insomma, mediatore, interprete ed agente finanziario!.
Tutto mi quadra, ora, professore!
Non comprendo, però, la trasposizione simbolica dell’educazione enciclica, definita intermedia tra cittadini e stranieri? mi può dire esattamente in che senso Filone parli?
Marco, qui, Filone usa il termine methorios da me tante volte spiegato, al posto di mesos, ma ora gli dà un significato aggiunto più ampio e complesso per indicare una via mediana tra due estremi, quello della perfezione e quello della imperfezione. Filone intende la perfezione/teleioosis come saggezza e virtù a piena cittadinanza /politeia completa, mentre considera la seconda come ignoranza ed assenza di virtù, ponendo al centro tra i due estremi l’educazione enciclica, che è Agar svolgente un suo ruolo mediano, indispensabile come amante del sapere Abramo/Abrahamo ed amica fedele di Sara, sua padrona, in quanto generatrice di figli illegittimi, pur rimanendo equidistante e dall’uno e dall’altra.
Dunque, professore, io avrei capito questo: l’educazione. enciclica /Agar è subordinata a Sara/ virtù ed Abramo deve, se vuole conseguire il rapporto con la moglie, prima passare attraverso la conoscenza della schiava egizia/corpo!
E così ! Marco. Devi, comunque, tenere presente che Sapienza ed Educazione convivono in relazione al rapporto intercorrente tra moglie legittima e concubina, rimanendo il marito sempre marito e la moglie sempre padrona.
Quindi, per Filone il didaskalos avrà, comunque, frutti dalle piante, tali da far progredire nella via della virtù chi fa azioni nobili.
Ora, dunque, nel 22, al momento della partenza per Roma i farisei ostili ad una educazione methoria, oniade ed ancora di più alla doctrina romana, minacciano staseis/ sedizioni che non avvengono perché Erode si è mostrato filantropico nel periodo della carestia del 25 a.C. ed ha fatto matrimoni, che lo hanno congiunto con famiglie sacerdotali.
Erode, ora popolare, sostenuto anche dall’esercito samaritano, incurante delle loro prediche, porta i figli a Roma e li sistema inizialmente presso Asinio Pollione, suo amico e commilitone già nel periodo cesariano.
Asinio Pollione, l’amico di Virgilio, a cui il poeta nel 40 dedica l’ecloga IV, quella in cui prega le muse sicule che elevino il canto per celebrare l’arrivo di un puer e la nuova età dell’oro ?
Si. Si tratta di Marco Asinio Pollione (78 a.c- 5/6 ) , teatino, legatus amico di Antonio che, con Ventidio Basso, dopo la guerra di Modena, favorisce con le sue truppe fedeli al dux Lepido, il II triumvirato, tra lo stesso Lepido, Antonio e il giovane Ottaviano, figlio adottivo di Cesare, il 26 novembre del 43 a.C.
Pollione passa da seguace di Cesare e di Lepido all’amicizia con Antonio e, finita la guerra di Perugia, divenuto console, è plenipotenziario che favorisce l’accordo di Brindisi.
Da quel momento Pollione sembra diventare estraneo alla politica, impegnarsi nella attività forense, secondo un’ oratoria diversa da quella ciceroniana, e in quella tragica, inclinando per il partito antoniano, fino alla battaglia di Azio, per poi fare atto di sottomissione al vincitore, come Erode. Forse il suo cenacolo letterario, aperto anche ai poetae novi, non è conforme al principato augusteo e perciò la sua opera tragica si interrompe come quella oratoria, mentre quella storica condannata, non ci è stata tramandata. Comunque, i suoi 17 libri di Storia Romana sono ricordati da Appiano, Svetonio e Plutarco, ed anche da Orazio (Carmina,II,1).
Non si sa, professare, quando Pollione esattamente si distacca dal negotium ?
Personalmente ritengo che Pollione, essendo legato a G.Cornelio Gallo, per non condividerne la sorte tragica, si ritira dalla politica nel 26 av.C. dopo la morte per suicidio dell’amico ex governatore dell’Egitto, -esautorato e processato per aver coniato moneta, per aver represso gli insorti, inseguendoli fino alla I cataratta del Nilo, fatto un trattato col re degli etiopi (come risulta dalla iscrizione trilingue di File – che riporto- in greco, latino e geroglifico, anno 29.av. C). Quindi, secondo me, Pollione si ritira quando comincia a vedere l’applicazione del principato su di un legatus, di rango equestre, non senatorio, che all’epoca, poteva fare le azioni, proprie di un magistrato autonomo, incriminate successivamente, come se avesse superato i limiti del suo mandato militare: a Cornelio Gallo nocque il riconoscimento della sebasteia da parte del senato – contestato dagli equites- ad Ottaviano divi Caesaris Filius! All’epoca Pollione era un magistrato, non legatus, che neanche poteva sapere della futura attuazione del principato e tanto meno del segreto pensiero di Augusto di fare dell’Egitto un feudo personale, precluso ad indagini senatorie, destinato a essere gestito tramite liberti addetti al fisco imperiale, gelosi della loro autonomia rispetto ai funzionari dell’erario senatoriale!. Cornelio Gallo subito dopo la vittoria sui lagidi è praefectus Alexandreae et Aegypti, provincia dell’imperium romano! Sembra che nel tempio di Iside a File, i sacerdoti facciano un cartiglio da faraone a G. Cornelio Gallo, che, in effetti aveva preso Alessandria entrando da Porta Luna cfr. Alessandra suocera di Erode www.angelofilipponi.com
Un cartiglio per Gallo?
Si. Marco. Questo forse determina il richiamo a Roma di Cornelio Gallo nel dicembre del 27 e poi la condanna all’esilio e alla confisca dei beni e al successivo suicidio nel 26.
Anche Virgilio, suo amico, allora deve cambiare la conclusione in onore delle imprese di Gallo, del IV libro, con la favola di Orfeo ed Euridice: Virgilio è poeta aulico, che segue gli haud molia iussa /i comandi non molli di Mecenate, il factotum dell’imperatore! E i sacerdoti a File eliminano il cartiglio di Gallo sostituendolo con quello di Augusto/Sebastos che già è celebrato a Tell el Amarna con l’ureo in testa segno di Ra, datore di luce, portatore di ankh simbolo di vita.
Ankh è quella specie di croce col fiocco che normalmente è tenuta da qualche Dio egizio?
Si.Marco. Dopo il processo di Gallo la provincia egizia ha una speciale politeia/ costituzione in quanto è eletto G.Elio Gallo governatore, legatus con mandato augusteo di intraprendere una spedizione arabica con l’intento di favorire il commercio con l’India, desiderando occupare i porti dell’ Arabia Felix!. ci sono in epoca giulio- claudia altri cartigli imperiali faraonici per Augusto a Kalasbsha, (Egitto meridionale) ma anche se ne conoscono parecchi in epoca flavia, specie antonina ( con Adriano) o severiana ( con Caracalla) fino ad Aureliano e a Diocleziano!
Gli imperatori romani, deificandosi, si santificano con i cartigli egiziani che esprimono simbolicamente il valore imperiale universale secondo la concezione di Ra, onnipotente datore di luce e vita a tutti gli esseri viventi!
Grazie per la spiegazione. Mi tolga una curiosità mia, personale: e’ vero che lei è stato a File e che ha fatto il bagno alla I cataratta? me l’hanno detto i miei compagni, Andrea e Marcello che dicono che File è stata ricostruita, non lontana dalla I cataratta.
Si. Marco. Mi ci sono anche ammalato perché le rapide del Nilo mi schizzarono gocce in bocca, che non riuscii a ricacciare. A sera ebbi dolori addominali che durarono due giorni!
Ha un brutto ricordo?
No, nonostante tutto, sono ritornato, dopo, in Egitto altre tre volte!
In conclusione, professore all’arrivo dei figli di Erode, l’opera storica di Pollione non circolava e i rapporti con Augusto non erano certamente cattivi, visto che Orazio lo frequenta. Comunque, poi, i figli di Erode, forse, dopo l’incidente del figlio minore, morto misteriosamente, si trasferivano a corte ed erano sotto la cura di Ottavia.
La morte del figlio minore, scomparso in circostanze strane rinnova a Gerusalemme chiacchiere mai taciute circa la sua nascita e riacutizza l’avversione dei farisei che parlano di una punizione di Dio per la colpa del re, non obbediente alla prescrizioni del Deuteronomio -20,20-: ogni albero che non dia frutto commestibile lo taglierai e ne farai una palizzata contro la città che ti ha fatto guerra!.
Erode, ora, dopo la punizione divina, è sradicato, come Caino, ed è nel morso della paura, macerato dal dolore, essendo staccato dall’armonia del creato: per i farisei ed esseni il re non è giudeo che fa progressi in sapienza pur essendo maturo, anziano, perché è abbandonato da Dio: il re, maledetto, non sa essere nel giusto mezzo, non essendo neanche un buon cambiavalute che sa togliere dal corso legale della virtù coloro che sono come monete false perché inclini alla ribellione e non sa considerare propri familiari quelli veramente autentici anziani, scelti come i settanta di Israel per saggezza (De sobrietate,31 ). Erode. pur avendo abbondanza di beni esteriori, non ha trovato il bene più maturo di un’anima più matura, il bene certamente più degno di stima perfetto! ibidem 13
Erode è maledetto e solo anche in famiglia, anzi ancora di più in famiglia! E’ sfortunatissimo, ora ! tanto più sfortunato per quanto tempo è stato abbandonato da Dio.
Su questa linea di maledizione i giudei ellenisti, alessandrini ed oniadi, nel periodo di Caligola, condannano con Filone il Neos Sebastos, come bambino incosciente e puerile, meditante una rivoluzione /neoteroopoiia, perché accoglie nell’anima colpe meritevoli di biasimo, in quanto stolto nel comportamento ed ignorante, avendo deviato molte volte dai retti principi di vita, essendo ancora immaturo!- ibidem 11-.
E’ una theoria che tende a contrastare Caligola Theos e perciò condanna anche l’ attività razionale, inutile come le artes minores la pittura, la statuaria, la medicina teorica di Asclepiade,– diversa da quella pratica che guarisce il malato- come la retorica giuridica, venale ed avida di denaro, non mirante alla ricerca di ciò che è giusto, ma alla suggestione dell’uditorio, attivata per via di inganno ed inoltre come quegli aspetti della dialettica e della geometria non utili alla formazione dell’individuo, ma tali da aguzzare l’ingegno, impedito di affrontare ogni problema e a servirsi di divisioni ed operazioni, nelle distinzione di caratteri propri ed impropri.
Eppure, professore, secondo Filone, sono anche loro figlie di Agar?
Certo Marco, ma Agar, secondo la lezione biblica di Mosè è maltrattata giustamente da Sara padrona che, vedendo la serva orgogliosa della maternità, impone al marito di cacciarla col figlio Ismael!
Come Filone può spiegare questo? non è mostruoso abbandonare nel deserto madre e figlio?
Filone è un theologos raffinato, un esegeta allegorico-simbolico, capace di leggere tutto come i patres della Chiesa! Filone ammette come giusto il maltrattamento di Sara, come giusta punizione inflitta a chi mostra superbia, essendo mutati i contesti, dopo la nascita del figlio legittimo Isacco. Filone giustifica la servitù stessa al principato augusto perché Ckrhstos/buono, utile, fruttifero!
Filone considera il primo allontanamento solo un momentaneo e e passeggero rifiuto della serva, che seguita poi a convivere con la coppia Abramo-Sara, rispettivamente simboli dell’uomo dedito all’astronomia e della donna -virtù, genitori di Isacco la sapienza che si genera da sé e perfezione morale!
Per lui, la definitiva cacciata, invece, dopo la mutazione di nome di Abramo in sapienza divina (Abrahamo) e di Sara in virtù generica(Sarah) cfr De mutatione nominum ,65 risulta la fine della funzione degli studi che decadono a livello di retorica sofistica, essendo Ismaele sofistica e Isacco sapienza.
Hai capito Marco? non sono stato chiaro?
Professore, capisco in relazione alla mia educazione cristiana! Comunque, per me, Filone è una fonte per il teologo cristiano che sa rovesciare tutto, cambiando nome, facendo esegesi, raggirando il problema, non insegnando, e, grazie alla retorica facendo risplendere solo l’idea di giustizia aramaica, con la sottesa superiorità dell’uomo sugli altri esseri viventi, in un servizio alla maestà di Dio, seguendo giochi numerici – 1, 3, 4, 7 ,10 , e multipli di tre – giostrando specificamente sul valore dell’ebdomade -in quanto somma di 3 e 4, – base della proporzione armonica, in musica, in grammatica e in astronomia ( sette cerchi, sette pianeti ) come rapporto tra struttura sensibile e struttura fisica umana- su quello della decade, in una lettura kosmia, in cui il logos è identificato col libro mosaico della creazione, in una scelta etica, che equivale ad un chiudersi iniziale in sé ed in un aprirsi a Dio come esercizio di una vita progressiva virtuosa di creatura, che rinuncia al sensibile, da una parte, e che tende ad innalzarsi al creatore, dall’altra.
Marco, sono sorpreso da tante parole! non sei tu!sembra che tu abbia compreso l’anima farisaica aramaica, che vive tra due estremi! mi appari persona confusa: l’errore è mio che ho messo troppa carne a cuocere e che do per scontato troppe cose su Filone! Pur chiedendo scusa devo aggiungere che Tra il bambino in tenera età e l’uomo perfetto intercorre esattamente lo stesso rapporto che sussiste tra i sofista e il sapiente, fra il ciclo preliminare degli studi e le scienze attinenti all’ambito delle virtù
Professore, io ho detto quel che ho detto e non la seguo bene! mi sono perso passaggi logici di un sistema allegorico per me quasi assurdo! comunque, Filone mi sembra aggiungere alla eredità aramaica contraddittoria – che mette in opposizione bene e male- anche linee proprie di una cultura pitagorica! La vita per Dio, con Dio e in Dio mi sembra un raggiro/panourgia in cui neos e presbus sono letti secondo la Sacra parola che rivela solo a chi sa leggere che Dio è inizio e fine.
Marco, tu ben sai che io studio Filone, ma ho un ‘altra lettura di storia e di natura! Noi stiamo per concludere su un amarthma di Erode, disobbediente ai precetti e alla tradizione dei farisei in quanto philellnhn e filoromano, legato alla cultura giudaico-ellenistica asmonea ed oniade, che vuole essere tramite tra cultura romano-italica occidentale e cultura orientale, ma anche tra imperium romano e imperium parthico, convinta di essere utile e buona ad educare l’ecumene e verso Oriente e verso Occidente, sicura della sua missione methoria internazionale anche ai confini del mondo conosciuto in senso commerciale e finanziario. Filone vuole indicare una figura unica di monarca theos che è pastore del gregge, che non può essere bambino, abbagliato ancora dalle forme – dal luccichio del sensibile- ma uomo, la cui prudenza di anziano- degno di onore e di venerazione-lo rende non soggetto alle pulsioni naturali ma lo fa perfetto come razionalità, divino perché maestoso come Zeus olimpico, unico Ra /sole datore di vita!. l’imperator romano è simbolo congiunto per Filone di tradizione ellenistica ed egizia, con sottesa l’eredità mesopotamica ed aramaica. Il peccato di Erode, per noi, diventa emblema di un contrasto ancora vivo tra due estremi tra cultura ellenistica e cultura aramaica!
L’integralismo aramaico perdurerà anche dopo la morte di Erode, dopo la crocifissione del Meshiah, dopo la fine del Tempio e terminerà con la distruzione di Gerusalemme cancellata dalla cartina geografica e dalla Storia, rinominata Aelia Capitolina e con la Galuth/dispersione definitiva del popolo giudaico.
Filone è il genio – mai riconosciuto nella sua effettiva grandezza- che anticipa il Peri upsous il sublime e il cristianesimo!
Filone, che commenta la Bibbia è lui stesso Bibbia!
Professore, ed Erode peccatore?
Erode è un presbus che cresce con l’errore e lo tesaurizza. Peccato gli ultimi nove anni!
Senza quella macchia sarebbe stato davvero un cittadino, un civis del mondo romano, illuminato cosmopolita, un vir passato dall’infanzia alla eruditio, dalla rozzezza adolescenziale alla matura sapienza, un basileus socius, capace di vivere per un ventennio come terzo uomo dell’ impero romano!.
E’ una novità! Un altro Erode, una specie di Apollo salvifico dai mali, un rutoor/ un liberatore dai cattivi e dalle prove/peirasmoi!
Veramente un’altra storia!