Ho voluto raccogliere per mio nipote Mattia due racconti, a lui dedicati (Gilgamesh e Theophano), ed unirli ad una conversazione su Apollonio di Tiana e Gesù di Nazareth, a cui il bambino ha partecipato coi miei alunni. Un giorno, da adulto, potrà farne l’uso che vuole, come fosse una sua privata proprietà.
a. Gilgamesh
Caro Mattia, ti voglio raccontare la favola di Gilgamesh re di Uruk, oggi Warka (Diwaniyah), una città della Bassa Mesopotamia (Iraq) non lontana da Umma, vicino a Nassiryah. E’ un’opera scritta in cuneiforme, prima sumerico, poi accadico, molti molti secoli fa, migliaia di anni prima di Cristo.
Allora, oltre cinquemila anni fa, la città era la più grande del mondo e lì viveva un popolo, i Sumeri, che non conoscevano il peccato, ma solo gli dei del cielo e la terra, dove i regnanti combattevano fra loro e disputavano per costruire il tempio, luogo di incontro tra il mortale e l’immortale,
Il tempio dur.an.ki era la casa della la casta sacerdotale, destinata a fare sacrifici e riti propiziatori per gli altri uomini!
Perché, nonno, mi vuoi raccontare ora, che sto facendo storia romana, Gilgamesh?
Mattia, la vuoi la favola?!
Me la potevi raccontare quando facevo Sumeri, Assiri, Babilonesi?
Mattia, la vuoi sentire o no la favola di Gilgamesh?
Va bene, Nonno ! Raccontala….
Ci sono molte versioni di questa favola, a seconda dei tempi di narrazione, dell’importanza dei dominatori di quella terra (Sumeri, Accadi, Neo sumeri, Assiri, Babilonesi, Persiani, Macedoni); nonno ti racconta quella narrata forse da Beroso, nato a Babilonia, greco, attivo nel III secolo av. C., scrittore di Babilioonikà in tre libri.
Lo scrittore, vivente ad Antiochia, presso Antioco II (261-246 a.C.), faceva l’interprete e il consulente militare, ma era anche un sacerdote caldeo, un astronomo, capace di predire il futuro sulla base delle conoscenza degli astri, delle costellazioni, abile lui stesso ad osservare i fenomeni celesti nel corso dell’allineamento in Capricorno.
La sua opera è giunta a frammenti ed è citata da autori ebraici e cristiani, come esempio di favola/muthos, rispetto alla verità/ aletheia giudaico-cristiana.
La favola di Gilgamesh in Beroso doveva avere un particolare rilievo nel I e II libro di Babilioonikà subito dopo la trattazione della creazione del mondo tanto da dovere essere una testimonianza dell’antichità della religione sumerica, precedente quella di ogni altro popolo, compreso l’egizio e l’ebraico.
Caro Mattia, c’era una volta in una regione posta tra il Tigri e l’Eufrate, quasi alla confluenza tra i due fiumi, una grandissima città, chiamata Uruk.
Viveva Gilgamesh ad Uruk, dove regnava con intelligenza, ma in modo spietato sui propri sudditi, che soffrivano per la sua crudeltà.
Era un essere gigantesco, che aveva una complessione fisica che gli permetteva di essere anfibio, cioè di respirare aria e ma anche di vivere sotto acqua, di rimanere alla luce del giorno ma anche nel più profondo buio.
In relazione a questa doppia natura, Gilgamesh aveva una potenza di molto superiore a quella umana degli altri.
Allora i sudditi pregavano il Dio di inviare in loro soccorso uno pari a Gilgamesch in modo da contrastarlo in qualche modo.
La dea A.ru.ru dàva vita ad un essere, En.ki.du, dai tratti umani incerti, dotato anche lui di una doppia natura, più ferina che ittica, che viveva nelle foreste in mezzo ad animali, di cui era amato e riverito protettore.
Il mostruoso individuo veniva attirato ad Uruk presso una ierodula, una specie di strega e sacerdotessa, che lo trasformava in un vero uomo, comunque gigantesco, tanto da non essere più riconosciuto dagli animali, che si rifugiavano, timorosi, nelle foreste.
Enkidu, seguendo la maga, veniva in città ed incontrava Gilgamesh ed iniziava un combattimento che seminava distruzione, dovunque, data la mole dei due antagonisti, che, comunque, pur lottando, scherzavano fra loro e ridevano e, alla fine, cedevano ad una sincera amicizia, destinata a durare per sempre.
Nonno, i due diventano, amici ed insieme che fanno?
Mattia, i due si allontanano dalla civiltà della città e vanno alla ricerca di imprese gloriose, essendo giganti, di cui non si conosceva neanche se la reale provenienza era terrena o celeste o marina.
Tra le tante imprese, fatte da loro, mi piace narrare quella contro il gigante Hum.ba.ba, nota in ambiente accadico, qualche secolo dopo.
Era Hum.ba. ba un essere potentissimo, incaricato di custodire la foresta dei Cedri.
Gilgamesh ed En.ki.du lo vincevano dopo lungo combattimento e lo sottomettevano al loro volere: i due discutevano sulla sua sorte, incerti sul cosa farne, ora che non era più pericoloso.
Gilgamesh, razionalmente, riteneva che Hum.ba.ba vinto e chiedente di vivere, doveva essere risparmiato; Enkidu, essere primordiale, non pensante, passionale, decideva di ucciderlo, trascinando l’amico, che pure intuiva il valore di morte e di simbolo del cedro, segno di lunghissima vita o di immortalità o di armonia. insita nel gigante sconfitto, elemento naturale.
Hum.ba.ba era a suo modo l’unione di cielo e terra, forza primigenia, simbolo dell’eternità stessa del cedro, il cui Me/destino si compiva, ma non finiva, diventando, al di là della morte, una forza vitale in un processo di permanente risurrezione mediante nuove forme di vita.
Infatti, mentre i due mangiavano, poco dopo, ricompariva Hum.ba.ba per dividere il cibo con loro, per una specie di comunione, in un banchetto simbolico cosmico, come se si volesse indicare un ciclo triplice di rinascita, di trasformazione e di perpetuazione di vita.
Nonno, non capisco tutto quello che vuoi dire, ma comprendo che ogni elemento ha una sua vita ed è partecipe della vita universale.
E che succede, Nonno?
Interveniva, allora, Inanna, divinità del mattino, della luce e della forza nella sua massima espressione di violenza amorosa che, innamorata di Gilgamesh, lo dichiarava eroe, come riconoscimento della sua bellezza e del valore e si contrapponeva a sua sorella Eresh.ki.gal, dea della morte e signora degli inferi.
La dea proclamava il suo amore per l’eroe che invece la rifiutava e si allontanava.
Gilgamesh conosceva le innumerevoli avventure amorose della dea, che agiva crudelmente coi suoi amanti, che finivano tutti tragicamente in un buio senza fine, misterioso.
Inanna, adirata per il rifiuto, pregava il dio An, suo padre, di scatenare il Toro celeste contro i due amici e di punirli.
I due vincevano, dopo un lungo combattimento, il Toro celeste e lo facevano a pezzi e, inorgogliti, sfidavano la dea, contro cui Enkidu scagliava una zampa del toro, ed incalzandola giungeva fino ad un contatto con lei, tanto che improvvisamente, come fulminato, si afflosciava, senza vita, essendo compiuto il suo Me/destino.
Davanti al cadavere dell’amico e alla sua rigidità, Gilgamesh scopriva la morte e, straziato dal dolore, davanti al corpo, muto per la paura, prendeva coscienza della necessità di sfuggire alla sorte mortale e di cercare l’immortalità.
Nonno, solo alla morte di Enkidu, scopre il valore della condizione dell’uomo e il significato dell’immortalità?
Si. Mattia
Enkidu è un altro se stesso e perciò l’eroe capisce la morte, sentendola vicina, parte della sua vita stessa.
E che fa, allora, Nonno?
Gilgamesh sa che Enlil, il dio dell tempeste, il supremo, ha distinto An cielo da Ki terra ed ha voluto un legame tra i due per gli uomini, il tempio, e che ha imposto lo sterminio degli esseri umani, che infastidiscono il suo sonno, col diluvio, ed ha premiato con l’immortalità solo Zi.ud.sud.du, salvato da Enki signore della terra e dell’intelligenza, grazie all’uso di un’arca.
Perciò, Gilgamesh, sa che gli uomini, i semi e gli animali, posti nell’arca, salvatisi dal diluvio, hanno ripopolato la terra e da loro conosce che il patriarca vive isolato dagli altri in una landa misteriosa e desolata ai confini del mondo.
Ed allora Gilgamesh va alla ricerca dell’uomo che ha visto il diluvio e si è salvato -chiamato anche Utnapishtim – in un viaggio interminabile.
L’ eroe compiva così numerose imprese, Mattia, incredibili, rimanendo anche mesi sotto acqua, prima di incontrare Zi.ud.sud.du l’uomo dalla vita di lunghissimi giorni.
Questi abitava in una zona, in cui non c’erano vie, né acque, né alcun accesso e perciò l’eroe rimaneva spesso pensieroso ed incerto se cessare la sua ricerca dell’immortalità, ma faceva sempre prevalere la volontà di finire l’impresa, quando ricordava il corpo immoto di Enkidu.
Un giorno scoprì, sotto i suoi piedi, una voragine e da lì trovò il pertugio che, dilatandosi, per strani viottoli, con molti giri, quasi concentrici, giunse improvvisamente davanti al Vegliardo…
Gilgamesh implorava il vecchio, dalla barba bianca ma aitante come un giovane atleta, che a lui fosse data la possibilità di non morire, affermando che aveva fatto un percorso impossibile e di non aver lasciato tracce del suo passaggio.
Zi.ud.sud.du non diceva niente, ma gli diede una pianta marina; poi con un cenno lo licenziò e gli fece capire con segni che lontano da lui avrebbe dovuto conservarla, per mangiarla al momento opportuno, per avere la giovinezza, quando avvertiva i segni della vecchiaia .
Felice, Gilgamesh affrontava il viaggio di ritorno, ma durante il tortuoso cammino tra i tanti meandri sotterranei, muovendosi a stento, s’imbatteva con un serpente che gli rubava la pianta e la mangiava sotto gli occhi increduli dell’eroe.
E che fece Gilgamesh, nonno ?
Niente.
Vide solo il serpente che cambiava pelle e ne prendeva una nuova, prima di fuggire!
Sconsolato, prese atto che a lui non restava altro che la condizione umana e che presto il suo Me destino si sarebbe compiuto, come per Enkidu.
E tornò ad Uruk e regnò con dolcezza e giustizia sugli altri uomini, suoi sudditi, con cui aveva un comune destino di morte.
Nonno, mi è piaciuta la favola di Gilgamesh! E’ bella e significativa!
Quando le mie cugine, Sara ed Alice, saranno più grandi la racconterò anche a loro, in attesa di poterla narrare, in modo più semplice, a mio fratello Stefano.
Spero tanto che piaccia anche a lui, bambino speciale, che vive nel silenzio, senza sentimento, senza affetto, soggetto, però, al comune umano destino di sofferenza e di morte!
Non è detto, Mattia, che la sorte di Stefano sia più infelice di quella di un altro uomo!
Noi non sappiamo nulla di lui! Non abbiamo alcuna chiave di lettura! Potrebbe essere , a suo modo, un anhr theios, inconsciamente contento di tutto, irrazionalmente felice del suo ricco mutismo, ebetamente beato del suo stato!
Un vecchio-bambino, che vive già di eternità, saggio del suo infinito silere/essere silenzioso !
b. Apollonio di Tiana e Gesù di Nazareth
“Maggiore del
desiderio di bere del vitello, il desiderio della vacca di allattare ” Rabbi Aqivà (Talmud, Pesachim). Maggiore di essere amato, è la voglia di amare; maggiore dell’anelito di ricercare è quello di insegnare - Mastreià -
Nonno, è vero che Gesù non è Galileo, ma è Greco?
Non è vero, Mattia!
Così dicono i miei amici, che hanno seguito www.blitz quotidiano .it e parlano secondo la teoria del documentario Bible Conspiracies di Amazon, che tratta di un certo Apollonio di Tyana, un santo come Gesù, vissuto nella stessa epoca!
Se si esamina il problema della vita di Gesù e di quella di Apollonio, genericamente, si giunge alle più disparate affermazioni e conclusioni perché le opere scritte su entrambi sono in lingua greca e sono considerate retoriche, tipiche, rispettivamente, dei decenni centrali del II secolo e del primo decennio del III secolo.
Se, invece, si fanno rilievi specifici nel contesto stesso e si fa la situazione con punto situazionale, allora, forse, si può dire qualcosa di preciso ma sempre incerto ed insicuro con una, comunque, maggiore possibilità o probabilità di reale comprensione.
Perciò, bisogna operare prima sul periodo di vita e poi su quello di scrittura per potere definire la probabile personalità di personaggi costruiti a tavolino da scrittori, che tendono alla storia come opus rhetoricum maxime.
Nonno, ora che sto seduto accanto a te, con i tuoi discepoli, mi devo attendere discorsi seri, lunghi e noiosi con citazioni latine e greche!.
Era forse meglio che non chiedevo niente!
Comunque, ho chiesto io ed ora devo ascoltare.
Mattia, c’è un’ altra strada: andarsene e stare con le cuginette, in pineta,
e giocare in libertà, senza pensieri.
Nonno, ho chiesto e voglio sentire e cercherò di partecipare, come posso.
Bene, Mattia.
Allora comincio a dire le nostre risultanze storiche.
Gesù è un galileo, giudaico, nato il 7 a. C. e morto nel 36 d.C., mentre Apollonio è un cappadoce, nato a Tyana, di cui è incerta la data di nascita (forse nei primi anni di governo di Tiberio, al momento della sua adozione come filius erede nel 6 d.C ) ed insicura quella della morte sotto Nerva tra il 96/97 d.C.
Ambedue vivono con le leggi dell’impero romano, di cui sono, nel complesso, rispettosi, con diritti differenti a seconda della nascita, della famiglia e della zona, in quanto i sistemi di vita sono diversi in relazione al luogo di nascita, e alla politeia/costituzione della patria , pur vivendo in un unicum politico-sociale amministrativo.
Roma (Senato ed Imperatore) concede ad ogni popolo una sua autonomia, in quanto ogni individuo è libero di vivere secondo i propri costumi, le leggi e la religione, pur obbedendo alle regole generali del Kosmos romano-ellenistico, di cui è parte, secondo Armonia.
Nonno, non è , dunque, una stessa persona, né unica, ma sono due personaggi distinti, che hanno una propria area di riferimento, ed una personale formazione e storia!
Mattia, sono due persone distinte, che hanno due vite proprie e vivono ognuna secondo la propria formazione nel contesto, in cui è posta dalla fortuna: le teorie restano teorie, che esprimono le attuali conoscenze storiche, probabilistiche!.
Bisogna, comunque, distinguere in quanto di uno, galileo- giudaico- siriaco, esiste un bios/vita, mitizzato, scritto secondo Vangeli, che hanno date diverse di scrittura, perché assemblati e codificati in modo da mandare un messaggio unitario in epoca antonina dal didaskaleion alessandrino (161-193) e dell’altro, cappadoce -asiatico, esiste un bios storico, di autore classico, che scrive in epoca severiana (193-235).
Si tratta di due tradizioni, una christiana alessandrina, del periodo antonino, ed una apolloniana siriaca, del periodo severiano!
Si ha, quindi, un problema del come , da chi e quando è narrata la vita realmente vissuta e storicamente accertata dei due protagonisti – oltre alla distanza temporale tra la realtà della quotidianità del vivere di ciascuno dei due nel I secolo- e il momento della scrittura nel II secolo e nel III secolo.
Bisogna, cioè ,Mattia, considerare il tempo vissuto da Gesù (43 anni, non 33!) e quello da Apollonio (una novantina di anni) e quello di scrittura da parte di biografi, compreso l’intervallo temporale di silenzio storico, mentre si crea la leggenda del duplice mito.
Infine bisogna tenere presente che si vive nel I, nel II e III secolo, ancora, in un ambiente (dominante) pagano politeistico, in cui ogni religio– ad eccezione del giudaismo, vinto dai Flavi ed annientato da Adriano- è legittimamente accettata.
Perciò, Mattia, storicamente, di Gesù, si deve dire che non si hanno dati certi, ma sole notizie sporadiche, tutte da accertare, mentre di Apollonio c’è un bios reale, in cui si può leggere la storia di una vita vissuta, certamente paradossale e leggendaria, ma ben umanizzata, in un tessuto sociale, e contestualizzata in precise parti dell’impero o a Roma stessa, in Occidente e in Oriente romano, ma anche fuori dell’Impero romano, con notizie forse mitiche e straordinarie, ma proprie di un uomo che vive a contatto con altri saggi, di diversa formazione, con cui si confronta.
Interviene nel discorso tra nonno e nipote, Marco, che è accanto al professore, come vicario, insieme agli altri tre suoi condiscepoli anziani (Andrea, Marcello e Giovanni): si trovano tutti nello studiolo a cielo aperto, sotto il thermopolio, in una casa di campagna, a Ripatransone.
Di Gesù, dunque, Mattia,- dice Marco- si può sapere quel poco che nonno tuo e gli storici hanno accertato storicamente e quel pensiero giudaico, che non è di un rabbi/ un maestro di vita (fariseo o sadduceo, o esseno), ma di un popolano costruttore qainita, che, divenuto maran/re grazie al re dei re, di Parthia, fa proclami ed editti messianici. (Cfr.Jehoshua o Iesous ? Maroni 2003).
In comune, i due hanno lo Stato Romano, le cui leggi sono valide in ogni parte occidentale ed orientale, settentrionale e meridionale, dall’Oceano Atlantico all’Eufrate e Golfo Persico, dal Mar Baltico all’Africa settentrionale e Arabia, per una choora/ territorio di oltre 3.300.000 km quadrati.
E’ grandissimo l’impero romano!esclama Mattia.
Certo. Quasi come l’Europa Occidentale, commenta Marco, che seguita il suo discorso.
Gesù ed Apollonio cercano la sapienza e ne diventano in modo diverso maestri: Gesù secondo la sapienza salomonica e la tradizione giudaica dogmatica, che traduce la parola in azione; il tyaneo, invece, mediante il sàpere /l’esperienza concreta, non solo greco classico -ellenistico, ma anche universalistico, esprime l’humanitas, come entità spirituale, oltre i limiti della conoscenza, in senso medo- vedico-induistico.
I due hanno in comune la capacità di fare prodigi che, nell’impero bilingue romano, dove vivono entrambi, vengono detti in latino miracula/monstra ed in greco paradocsa/teraseia.
Ora la vita secondo Matteo, Marco, Luca e Giovanni, è opera di uomini chiamati apostoli, evangelisti, non letterati certamente- anche se il primo è esattore delle tasse e il terzo è medico – non professionisti, comunque, della penna, come Flavio Filostrato, un maestro di retorica, neosofista, acclamato a corte.
Lo skopos/scopo immediato con telos/ fine proclamato è per i primi l’evangelizzazione del mondo pagano mediterraneo nel nome del Christos in senso monoteistico, mentre per Filostrato è quello della ricerca conoscitiva da parte di un neopitagorico, che si commisura con i saggi dell’impero romano, con quelli del mondo Parthico e con i brahmani indiani, nell’ambito politeistico.
Di Christos ci sono pochi indizi storici, dell’altro c’è una storia umana, personale di un uomo, che cresce dopo le scelte pitagoriche nella sapienza acquisendo molte esperienze e vivendo in mezzo agli altri in vari contesti, in cui manifesta la sua formazione e le sue capacità in senso profetico taumaturgico e sapienziale, venerato universalmente dai Flavi (Vespasiano e Tito), salvo Domiziano, da Nerva e da Vardane parthico e da Fraote, indù ellenizzato, e da Iarca, il capo dei 18 brahmani, con cui ha in comune il sapere senza vedere.
Del primo ci restano i quattro vangeli- la cui datazione deve essere rifatta e posta tra il 75-96 e il 161 d.C.- il discorso vero di Celso confutato da Origene che insieme a Panteno e a Clemente Alessandrino formano nel Didaskaleion, su una base profetica sapienziale, filoniana e paolina, un corpus cristiano letterario con la figura di un anhr theios /uomo divino, destinato ad essere logos, persona della Trinità, come verbo incarnato morto e risorto per il bene umano; del secondo rimane l’opera di un sofista come Filostrato, che crea il prototipo di perfetto sapiente pitagorico con forme platoniche, espressione di una personificazione su basi storiche di un ideale religioso e morale secondo i canoni della corte di Giulia Domna, che sono quelli dei contemporanei di Origene.
Su Gesù c’è silenzio fino a 30 anni e poche sono le notizie e le relazioni con uomini di sicura storicità, poste solo per poter poi dire che nacque sotto Ottaviano Augusto, per un cui ordine fu censita la sua famiglia nell’ anno 6/7 d,C a Betlemme, e che patì sotto Pilato in epoca Tiberiana e poi il vuoto, colmato dagli scritti cristiani neotestamentari, tutti da datare, comprese le apologie, mentre il popolo giudaico va verso la sua rovina col suo oltranzismo aramaico prima coi flavi (distruzione del Tempio) poi con la dispersione ed annientamento/ Galuth del genos / stirpe con Adriano, che fonda Aelia Capitolina sulle rovine di Gerusalemme, rinominando la zona giudaica come Palestina.
Su Apollonio si crea, con molte operazioni, in epoca antonina – seguite da Flavio Filostrato nel corso della sua ricerca sul personaggio, dopo l’incarico ricevuto – prima un maestro di vita simile a Seneca, poi in fasi diverse un educatore come Epitteto e oratore e predicatore popolare come Dione di Prusa, infine un asceta ed un mistico secondo verisimiglianza, ma sempre con intento agiografico per l’edificazione delle masse, in senso pagano.
Di viaggi di Gesù si parla per indicare alcuni spostamenti nelle tetrarchie erodiane verso Gerusalemme, ed altri ai confini con la Celesiria, con la Siria , con la Decapoli e con la Nabatea, oltre ad una fuga in Egitto sotto un presunto Erode.
Sui viaggi di Apollonio c’è da impazzire (al confronto perfino quelli di Paolo di Tarso sono poco o niente!): un primo itinerario va da Tyana ad Antiochia e a Babilonia , un secondo da Babilonia in Bactriana e in India e precisamente a Taxila presso i sapienti, accolto da Iarca; con un terzo torna in Grecia e da lì a Roma presso Nerone, da dove parte per la Spagna per poi ritornare in Grecia ed andare in Egitto; con un quarto ritorna in Asia Minore dopo un ‘avventura in Etiopia, per stabilirsi in Ionia; con un quinto viene di nuovo in Italia e sta a Roma sotto Domiziano per poi fissare la dimora in una terra della Grecia, dove muore.
La morte di Apollonio, in effetti, è una sparizione a seguito di tante altre sparizioni come quella in tribunale, davanti a Domiziano, quando sta rispondendo ad un’accusa di infanticidio, con riapparizioni in altre località, a Pozzuoli, in Sicilia ad Olimpia.
Incerta la località in cui muore ( Efeso, o Lindo a Rodi, o tempio di Artemide Dictinna a Creta) insicuri il giorno e il mese dell’anno 97 (certo perché Damis è inviato all’imperatore Nerva, che chiede, all’atto dell nomina imperiale, con una lettera, di essere assistito nel comando).
La morte è conforme al detto di Pitagora: nascondi la tua vita, e se non puoi, nascondi almeno la tua morte!
L’opera di Gesù, invece, si può dire che è circoscritta alla provincia di Siria e specificamente alla sotto provincia di Iudaea (Giudea, Samaria, Idumea) e alla tetrarchia di Galilea e Perea, ed è chiara per noi nel periodo di un quinquennio (31-36) e per i vangeli in un periodo di un triennio (30-33), poi diffusa dagli apostoli nel mondo romano mentre quella di Apollonio si esprime, inizialmente ,nella provincia di Cappadocia, poi di Asia e si diffonde nell’impero romano intero, nonostante l’opposizione di Tigellino e Nerone – ed infine, in tutto il mondo conosciuto, dopo la cacciata ad opera di Domiziano.
La sapienza di Gesù resta su un piano giudaico- aramaico e giudaico-greco, quella di Apollonio supera la cultura greca in una volontà di dilatazione culturale in senso magico- caldaico e brahmanico.
Mattia, sei riuscito a seguire e a capire qualcosa, di quanto detto da Marco.? chiede il Nonno.
Scusami, Mattia, dice Marco, io ho sintetizzato anche per i miei amici quanto ho appreso da tuo nonno.
Comunque, dicci, tranquillamente quel che hai capito. Seguo l’esempio del professore che, dopo una diecina di minuti di spiegazione, faceva parlare ognuno di noi, ragazzi, prima di ricominciare la seconda parte della lezione, divisa in quattro momenti significativi.
Mattia con un certo imbarazzo afferma:
VI dico quello che ho capito: state parlando di due, di cui si conoscono solo i fatti narrati poi da altri, che interpretano la loro vita come possono, a seconda delle richieste del tempo, in relazione al loro ruolo.
Bravo ! dice Giovanni, un altro discepolo del nonno, che sta proprio di fronte al bambino. Bravo! dicono anche gli altri.
Giovanni pensa, però, che così dicendo diamo l’idea di due tempi diversi e non facciamo capire che l’impero romano è in grave crisi morale -religiosa, socio- economica e politica alla fine del II secolo e nei primi decenni del III secolo e che, perciò, ha bisogno di elaborare un sistema pagano sincretistico, cioè, una theoria inglobante ogni ideale per una formazione culturale nuova del civis, uniformato nella Constitutio antoniniana di Bassiano Caracalla nel 212.
Noi, aggiunge Giovanni, rivolto a Marco, abbiamo dato a Mattia l’idea di un Gesù mitico e di un Apollonio storico-mitico, come prototipi in contrasto, come succederà nel corso del III e IV secolo a causa della vittoria cristiana e della sua affermazione, parziale, con Costantino e poi, definitiva, con Teodosio (Cfr..L.M.A.Viola, Quinto Aurelio Simmaco, Lo splendore della Romanitas Ed .Victrix 2010).
In effetti, però, all’epoca della scrittura dei due bioi ci sono tra l’altro, scritti di gnostici cristiani, come Valentino e Basilide, di filosofi neoplatonici come Plotino, che formano una cultura -in cui fioriscono le tradizioni pitagoriche e le allegorie misteriche – che valorizza la storia per quanto si allontana dalla realtà volgare quotidiana, in una volontà di illustrare l’idea o il significato della cosa.
All’epoca si fa retorica con il paradosso e con la bugia, mescolata con pitagorismo platonico!
Vorrei, a proposito, sintetizzare quanto sto dicendo con una frase di Numenio di Apamea, filosofo medioplatonico, vissuto ad Alessandria seguace di Filone, riportata da Eusebio in Prep. Evang. , IX,7-8: bisogna mettere insieme Pitagora e Platone e congiungervi i misteri e le credenze dei popoli, specie le dottrine dei brahmani, degli ebrei, dei Magi, degli Egizi.
E’ chiaro che il pensiero del filosofo di Apamea concorda con la volontà di Plotino– a detta di Porfirio (Vita di Plotino,3) – di conoscere l’Oriente e di seguire l’esercito di Gordiano III nella campagna parthica e con le affermazioni di Celso ( Discorso vero)-. tutte le nazioni, le più venerabili, concordano sui dogmi fondamentali…ed hanno tradizioni simili. Presso questi popoli bisogna cercare la fonte della loro saggezza, che si è diffusa in mille rivoli separati… i loro fondatori ed i loro legislatori sono gli interpreti di queste tradizioni e iniziatori di ogni cultura.
Perciò, Filostrato, seguendo questi esempi, mostra Apollonio specie nel viaggio in India, come il ricercatore della verità, sotto una luce mitico-leggendaria, anche se si commisura con altri della stessa formazione o di diversa impostazione, comunque, uomini tesi verso la verità.
Marcello, a comprovare il pensiero di Giovanni, aggiunge che Il viaggio a Taxila è la dimostrazione di tale ricerca da parte di un greco, che segue le orme dell’ellenizzazione, verificatasi con l’esercito di Alessandro Magno nel tredicennio di conquiste orientali, specie nei regni di Bactriana e dell’India, conformemente alla tradizione heraclea e dionisiaca, già espressa da Ctesia di Cnido nella sua opera.
Si tratta, dunque, di un fenomeno severiano, successivo a quello antonino, proprio di una società cosmopolita politeista che non ha un valore religioso unitario ed ha una crisi interiore, dopo fasi scettiche, a seguito di processi razionali sofistici e di indottrinamenti formali scenografici di goetes/ maghi, lucianei, di differente formazione e di diversa provenienza: a corte sotto i Severi ci sono dominae che cercano di creare modelli di vita alternativi in senso religioso.
Amici, dice il professore, fermando il discorso, stiamo facendo una trattazione teorico-filosofica e non credo che mio nipote possa seguirci.
Fermiamoci e sentiamo cosa dice Mattia!.
Allora? Nonno, che stai pensando di noi ? non pensi anche tu, come quel signore , mio amico ascolano, che siano nu vranche de matt/ un branco di matti?
No, nonno, no!. Io penso che voi siete tutti troppo bravi per me e che, però, non è piacevole per un bambino starvi a sentire: la colpa è mia che ho chiesto e mantengo, comunque, la mia parola di ascoltare, con pazienza: io capisco solo che Gesù e Apollonio hanno fatto la storia in modo diverso, da come è stata raccontata e che altri l’hanno scritta successivamente in relazione alla loro personale cultura e che i loro miracoli risultano confusi, anche se operati nello stesso contesto del territorio dell’Impero Romano, sotto cui vivono.
Ho capito qualcosa?! Nonno.
Hai capito nel complesso il nostro discorso generale che intende mostrare che Gesù ( gli scrittori dei Vangeli ) è più mitico di Apollonio (Filostrato) e che operano qualcosa di straordinario, comunque, tipico di uomini esercitati filosoficamente ed anche abilitati da pratiche ascetiche.
I miei alunni vogliono dirti che, insomma, ci sono più favole nei Vangeli che nella Vita di Apollonio e che, comunque, in ambedue non c’è certezza scientifica, ma suggestione magica.
Io preferisco dire: al di là della scientificità dei fatti, c’è un pratica magico-misterica per la suggestione popolare, faticosamente appresa nel corso di molti anni di nevrotici esercizi spirituali!
Questo sarebbe il succo! i miracoli di Gesù e di Apollonio sono tanti e creano un’area magica intorno al taumaturgo, specie se propagati da una generazione ad un’altra.
Gesù, letto dopo oltre un secolo dalla morte, dalla scuola alessandrina, risulta santificato, deificato come Verbo incarnato /logos della Trinità , mentre Apollonio subisce un processo di extheosis/ divinizzazione da un cenacolo, formatosi intorno a Giulia Domna, che è una fedele del tyaneo, di Cristo e di El Gabal e del Sol Invictus e di Mitra.
E’ una donna che Crede in più Dei e crede dio Gesù ed altri?!. Non capisco, nonno, come possa succedere.
Non è una cosa che succede, ma è la realtà dell’epoca, in cui si vive, che è politeista.
Agli inizi del III secolo d.C. esiste questo tipo di religiosità, cioè un sincretismo religioso: da una parte c’è l’esistenza di una crisi religiosa con varietà di credi e da un’altra c’è una richiesta di divinità a seconda dei luoghi: c’è, quindi, la volontà imperiale di unificare la pietas dell’impero.
Perciò, la risurrezione di una fanciulla da parte di Apollonio a Roma, in epoca di Nerone, e la risurrezione della figlia di Giairo, fatta da Gesù, sono miracoli di due goetes/maghi, sacerdoti santoni, che attirano le folle e le lasciano perplesse di fronte al paradosso.
Ascolta, Mattia, il racconto di un miracolo di Apollonio. Te lo racconta Andrea.
Sotto Nerone, Apollonio è accusato e processato da Tigellino, capo dei pretoriani, come perturbatore dell’ordine pubblico, ma si salva mentre Musonio, un filosofo stoico è condannato ai lavori pubblici e sconta la pena lavorando al taglio dell’Istmo di Corinto. Nota bene, Mattia, i personaggi sono tutti storici e il taglio dell’istmo è iniziato per ordine di Nerone e fatto da ergastolani e schiavi. Nella primavera dell’anno 65 d.C., Apollonio se ne va tranquillo per Roma, quando incontra un corteo funebre. Una giovane donna, di famiglia consolare è portata alla pira. Al seguito del feretro sono il fidanzato e la famiglia, oltre ad una massa di cittadini piangenti la sorte della sventurata. Apollonio si avvicina ai portatori e dice di deporre il letto funebre a terra, affermando che farà finire i loro pianti . Tutti pensano che il filosofo, noto in città, voglia fare l’elogio della defunta. Apollonio, invece, si avvicina alla morta, si china su di lei, la tocca e le sussurra dolcemente alcune parole. Subito la fanciulla, come uscita da un profondo sonno, apre gli occhi, sbadiglia ed emette un grido, si alza dal letto e passa attraverso la calca di persone che, prese da entusiasmo e da gioia, seguono la fanciulla fino alla casa paterna. I genitori, grati, dànno una ricompensa di 150.000 dracme al filosofo che prende con la sinistra la borsa con la somma di denaro e con la destra la riconsegna al padre perché sia la dote per la fanciulla. Il filosofo fa ogni cosa in silenzio, mentre la folla esulta ed urla, non sapendo contenere la sua meraviglia e gioia! .
Ascolta, ora, la resurrezione della figlia dodicenne di Giairo, narrato da Matteo, Marco e Luca, in tre momenti storici diversi, con l’intromissione di una emorroissa che guarisce, toccando il lembo della veste di Gesù.
Te la narra, Giovanni.
Venuti servi e familiari dalla casa del capo sinagoga di Cafarnao, dicono che la figlia è morta ed è inutile importunare il Maestro. Gesù, invece, gli dice: non temere, solo abbi fede! Gesù permette solo a Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello, di accompagnarlo. Giunto in casa, vede strepiti e gente che piange e che urla altamente. e dice: perché fate strepito e piangete?! La fanciulla non è morta, ma dorme.! Tutti si fanno beffe di lui. Gesù, coi suoi e con il padre e la madre, entra nella stanza della fanciulla e le prende la mano dicendo in aramaico:Talitha koum/ fanciulla alzati. E la fanciulla si alza e passeggia e, siccome è affamata, le danno cibo. Gesù ordina di non parlare del suo miracolo.
Vedi, Mattia, aggiunge Giovani, Gesù fa pubblicamente altre resurrezioni (quella del figlio della vedova di Naim e quella di Lazzaro, mentre a Cafarnao) mentre ora ordina in privato di non diffondere la notizia.
Noi non comprendiamo il significato di questo silenzio tanto più che anche lui è risuscitato da Dio (dalla Trinità – Dio Padre, Dio Verbo/figlio incarnato, Dio Spirito Santo)!.
Non è qui il caso, Giovanni, di parlare di questo problema troppo complesso, ma ne parleremo tra noi in altra sede.
Dunque, Mattia, dice il nonno, i due fanno resurrezioni ed inoltre, sanno guarire ciechi e storpi, fanno udire sordi e fanno profezie proponendo tante sagge sentenze: le loro storie ci sono giunte dopo lunghi periodi di silenzio. mentre si succedono le generazioni di uomini che narrano aggiungendo particolari alle vicende.
E’ legittimo, quindi, dice Marco, il dubbio sulle pagine scritte dei Vangeli e sul Bios stesso di Apollonio di Tyana?!
Noi ci poniamo il problema dell‘influenza del tempo di oralità popolare sulla realtà della Storia e ci chiediamo se il racconto di una storia antonina equivale a quello di una storia severiana!
Senza addentrarsi nel problema, Marco spiega al bambino, ciò che avviene nel primo decennio del III secolo: la cultura resta politeistica-nonostante i tentativi monoteistici dei filosofi che credono in un solo Theos e che accettano le forme di culto, anche se proclamano il loro neoplatonismo e neopitagorismo – perché i militari, all’epoca, classe dominante, venerano con la massa popolare il Sol Invictus e Mitra.
La vita di Apollonio di Tyana, in otto libri, scritta da Flavio Filostrato, uno scrittore dell’epoca dei Severi -193/235- parla di un uomo buono, capace di fare miracoli, di un filosofo, neoplatonico e neopitagorico, molto ammirato da Vespasiano e da Tito – che hanno con lui una corrispondenza epistolare – cacciato da Domiziano dall’impero romano, divenuto molto famoso, venerato già come un dio agli inizi del III secolo.
L’ autore di una biografia, dopo oltre cento anni della morte del protagonista, idolatrato e già con un proprio culto religioso, è libero nella sua narrazione storica o deve indulgere a qualche cedimento o pressione dei severi interessati all’unità religiosa dopo la riforma militaristica e le innovazioni civili e sociali?
Il professore risponde:
Dopo la politica nuova e le strategie economiche, che conducono alla grave crisi dell’anno 193, il sistema, adottato, retorico antonino (96-193) non cambia, dopo un secolo di bugie (cfr. Frontone e gli antonini, e il II Secolo: Il Trionfo della retorica, del paradosso e della bugia): ne sono una conseguenza la creazione dei muthoi come quello di Gesù Theos e di Apollonio Anhr theios.
La vita di Apollonio di Tyana di Filostrato, commissionata da Giulia Domna, augusta, moglie di Settimio Severo (imperatore dal 193 al 211) è opera che rileva non solo il muthos della osioths/santità pagana, ma anche il variopinto mondo Orientale e la sua differente religiosità rispetto a quella christiana, antiochena, in una ricerca spasmodica di felicità/eudaimonia terrena, che moltiplica i venditori di fumo, in gara per il successo, specie in momenti di anarchia militare.
Dalla lettura di Vita di Apollonio di Tyana (a cura di Del Corno, Adelfi, 1978 ), si rileva che che la figura del thaumaturgo non è inferiore in epoca severiana a quella di Christos o a quella di Orfeo, anche loro venerati dalla stessa corte dalla Sebasth/augusta, che pur ha un altro culto di latria per El Gabal, Dio di Emesa.
Filostrato afferma che ha tratto le notizie in relazione alle testimonianze scritte di Damis, che segue Apollonio nei suoi viaggi, nelle sue sue fughe anche da Roma, perseguitato prima da Nerone e da Domiziano, fino in India.
Damis, un assiro di Ninive, è l ‘apostolos l’inviato di Apollonio, e non è il solo seguace perché sono attestati come discepoli Dione ed Eufrate,anche loro saggi e retori.
La storia di Apollonio di Tyana è quella raccontata dal testimone oculare, Damis, come quella di Cristo dagli apostoloi/inviati e quella di Orfeo dai mystai /invasati di Tracia.
Nonno, lo ferma Mattia, Apollonio arriva davvero in India e si confronta coi saggi indù e buddisti ?
Certo. Secondo il racconto di Damis, Apollonio è considerato da tutti in India ed altrove come il più saggio, come uomo divino, anche precedentemente dai gymnosofisti ?
E chi sono, nonno?
Sono uomini che praticano la povertà estrema e fanno esercizi per una particolare respirazione, che vivono appartati e sono nudi. Essi parlano di una filosofia non theorica ma pratica, disdegnando la vita e preferendo la morte in modo da raggiungere la massima spiritualità tanto da potere conseguire la perfezione, riducendo il movimento per entrare nel Nirvana.
Il nirvana?
Al di là del Karma individuale, negativo o positivo, genetico, il nirvana- termine sanscrito che vale estinzione – significa libertà dal desiderio passionale e dal dolore stesso ed è lo stato finale raggiunto dall’asceta perfetto.
Ora, nonno, stai parlando per i tuoi alunni, adulti!
Certo parlo per loro che sanno che Apollonio, nato in Cappadocia, ha studiato a Tarso in Cilicia, dove sono attivi i gymnosofisti, che da secoli, prima ancora della conquista del regno achemenide da parte di Alessandro Magno, vivono nel territorio romano, ammirati per la loro saggezza e per il loro ascetismo.
Ciò autorizza i critici( l.Storoni Mazzolani,Sul mare della vita Rizzoli,1969; Iulius Evola, Imperialismo pagano, Ed- mediterranee,2004; Mario Meunier, Apollonio di Tiana, a cura di G F. De Turris, Mediterranee, 2011.) a supporre che Apollonio abbia la stessa formazione di base pitagorica di Paolo e degli esseni, tanto da farlo assimilare all’apostolo delle genti e ai monaci di Qumran .
Perciò, si pensa che la vita ascetica di Apollonio sia pitagorica in quanto, secondo Filostrato, il tyaneo osserva un periodo di silenzio di cinque anni, pratica il celibato ed ha un vestiario sacerdotale con abiti in puro lino, bianco, oltre a mantello e bastone.
Inoltre il santone si astiene dalla carne, considerata alimento impuro, e preferisce un mangiare vegetale, come prodotto selvatico o se coltivato dalla terra, anch’essa impura, in certe zone ben determinate.
Questo classifica Apollonio come un tipico esemplare del movimento neopitagorico del primo secolo d. C. che ha anche una concezione medioplatonica e lo avvicina a Musonio Rufo (30-100 d.C.), anche lui un teorico neostoico del perdono e dell’amore come Epitteto, cacciato, pure lui da Domiziano.
Certamente bisogna aggiungere che il neopitagorismo è dominante nel pensiero del Tyaneo, che viene ripreso in epoca teodosiana in senso anticristiano, dalla cerchia di uomini che ruotano intorno a Simmaco e Pretestato, che fa tradurre l’opera di Filostrato in Latino da Virio Nicomaco Flaviano, per riaffermare la classicità pagana contro le forme monoteistiche, sulla scia dell’imperatore Giuliano l’apostata. Cfr. Mario Meunier, Apollonio di Tiana, cit.
E’ quello, direbbe Marco, un momento di rivendicazione pagana che si accentra sulla questione della Nike/vittoria con volontà di ripristino della cultura arcaica romana.
Nonno, io faccio la I media e non riesco più a seguirti, e ti chiedo solo dei dati circa la Vita di Apollonio per poter dire qualcosa ai miei compagni!
Scusami, Mattia, per le digressioni filosofiche circa il pitagorismo di Apollonio, che non è solo forma di una tradizione antica, ma è pratica di vita, secondo la purezza primitiva del grande filosofo di Samo, a seguito anche di una lettura teurgica, proprio del circolo di Porfirio, secondo la lettura di Giamblico.
Ora, Mattia, ti mando un messaggio più semplice, ma, prima, fammi dire per i miei discepoli che la figura di Apollonio sia da rilevare come quella di un perfetto/ teleios, che, essendo sapiente in quanto ha assaporato ogni reale esperienza, è devoto dell’enoteismo solare pitagorico, dottrina diffusa nel I secolo tra i circoli esoterici romani e tra le eterie greco- mediterranee.
Eccomi, Mattia, ora mi rivolgo solo a te, Nonno, e ti volgarizzo il mio pensiero su Apollonio di Tyana. e poi Marcello ti parlerà dell’India favolosa e della vita del tyaneo con i 18 sapienti di Taxila e del loro maestro.
Ascoltami bene: la vita del tyaneo per Filostrato è divisibile in: 1. alla ricerca della saggezza greca, che comprende anche quella caldaica; 2. alla ricerca di quella brahmanica.
Comincio con la prima ricerca e ti dico qualcosa della seconda lasciando la parola, poi, a Marcello.
Ti faccio un riassunto della formazione a Tyana, poi in Cilicia e Panfilia ed infine a Dafne vicino ad Antiochia.
Seguimi attentamente e ricorda che Apollonio vive la sua vita nel primo secolo e che ha la massima risonanza dopo il periodo neroniano, ma che è celebrato come un Dio specificamente nel circolo di Giulia Domna, seconda moglie di Settimio Severo una siriaca, il cui padre Bassiano è gran sacerdote del tempio del Sole ad Emesa, e che quindi, in Siria, la diffusione del suo pensiero per un secolo circa è tale da lasciare orme concrete.
Infatti a Tyana luogo di nascita esisteva, in epoca severiana, un culto del compatriota, di cui si lodava la famiglia, la ricchezza paterna e si ricordava la stirpe del fratello, convertito alla sapienza, dopo un periodo di avidità patrimoniale e di dedizione ai piaceri.
Alla morte del padre, infatti, l’oikos/il patrimonio, pur diviso in due, è goduto solo dal fratello, mentre Apollonio , essendosi votato alla povertà, data la sua parte a parenti e vicini, resta celibe, non mangia carne, non beve alcolici ed è vegetariano.
Volendo essere pitagorico, si allontana dagli altri, si fa crescere lunghi capelli, prende il bastone e il mantello, vivendo nel silenzio, per cinque anni, in Cilicia e in Panfilia ed ha al suo seguito sette discepoli.
Resta in silenzio per cinque anni!?
Si, nonno, secondo il pensiero di Pitagora . Che fa, nonno?
Mattia, tu non conosci il valore del silenzio e nemmeno lo distingui da tacere! Non fa niente: sta solo e fermo, seduto come uno che fa yoga; a mezzogiorno cerca verdure o frutti per mangiare, acqua sorgive per bere ; a sera fa i bisogni corporali.
Posso continuare il discorso? continua, continua|, Nonno
Apollonio, in silenzio, si matura: scopre il mysterion profondo di silère e l’importanza di tacère; impara a fissare l’attenzione, stabilendo priorità; disciplina le sue effettive capacità operative facendo prove e riprove; tempra il suo volere; centuplica il potenziale di contatto con l’invisibile e l’intangibile, sviluppando la respirazione e la memoria in modo prodigioso con operazioni semplici e complesse su numeri al quadrato e al cubo.
Come hai fatto tu, nonno, quando hai costruito in campagna, stando da solo, in silenzio?
Mattia, nonno ha fatto qualcosa di molto diverso, lavorando in natura per altri motivi e con altre finalità., avendo avuto altra formazione, quella giudaico-cristiana, tridentina.
Apollonio, parlando con sé, ore ed ore, giorni, mesi, anni si abitua a parlare col Theos/dio !
Nonno, e poi che fa Apollonio ?
Uscito dal silenzio dopo l’episodio di Aspende in Panfilia dove costringe con gesti sacrali il governatore e ricchi a cacciare il grano dai depositi per sfamare il popolo, infuriato, placato dalla sola presenza del filosofo, lascia definitivamente la zona e si stabilisce ad Antiochia e precisamente a Dafne, un sobborgo della capitale di Siria, famosa per il culto di Apollo dafneo.
Nonno, so qualcosa di Apollo figlio di Zeus e di Latona e fratello di Artemide, celebrato da Omero come dio dell’arco, delle Muse e della sapienza!.
Bene, Mattia. Si tratta proprio di questo Dio
A Dafne, Mattia, c”era il tempio naos della ninfa Dafne, che rifiuta l’amore di Apollo che la vuole possedere , tanto che lei prega Zeus di trasformarla in alloro.
Filostrato scrive che in Antiochia “questa città perversa” – il cui episkopos dovrebbe essere il cristiano Pietro!-c’è un vallone, circondato da rocce, cascate e boschi ,in mezzo al quale sorge il tempio, recintato da un muro di cipressi, che lo racchiude con un cerchio come di bronzo, al cui centro è l’ albero risultato della metamorfosi del corpo di Dafne, venerato dalla popolazione greco-romana.
Qui si stabilisce Apollonio, dedicandosi al mattino alla preghiera e alla meditazione e, durante il giorno, alla formazione dei discepoli e all’insegnamento delle folle di pellegrini.
Secondo Filostrato, il tyaneo allo spuntare del sole si siede per conversare con gli dei e poi parla tra sé delle cose divine.
Filostrato aggiunge: dopo aver parlato in modo breve e semplice, sentenzioso, senza però ambiguità, tanto da avere la luce del diamante e la concisione aspra e sobria degli oracoli, Apollonio dai propri servi personali è massaggiato, è strofinato sugli occhi, chiusi, ed è unto in viso. Poco dopo entra nell’acqua fredda, convinto che i bagni caldi sono la vecchiaia degli uomini e quelli freddi favoriscono il prolungamento della vita.
Nonno, è un vero saggio! E’ davvero un grande !
Davvero, Mattia , è saggio quando replica a chi gli rimprovera di rispondere senza esitazione e senza indagine: ho indagato a lungo prima, in gioventù, ora non è più tempo di indagare ma è tempo di diffondere ciò che ho potuto trovare. Fai, perciò, come me, e potrai parlare!
E dopo che fa, Nonno?
Decide di partire, di fare un viaggio per il mondo, ma non lo segue nessuno dei discepoli, se non i due servi personali, schiavi di famiglia, e va a Ninive.
E’ lontanissima Ninive!
Un esercito a marce forzate da Antiochia ci può arrivare anche in una ventina di gironi. Una comitiva, facendo un iter normale ci impiega oltre un mese.
E che fa a Ninive, in una città, distrutta da secoli ?
A Ninive incontra Damis l’assiro, che è folgorato dalla spiegazione della funzione della statua di Io, una donna con corna nascenti sulla fronte, interpretata da Apollonio come la figlia di Inaco, punita da Hera che, gelosa, ha trasformato la fanciulla, amata da Zeus, in vacca.
Damis è ammirato anche dalla figura di Apollonio, un sapiente dai lunghi capelli che cammina a piedi, che ha un fascino particolare, che porta un sudicio mantello ed ha in mano un bastone tanto da chiedere di essere contemporaneamente discepolo e guida fino a Babilonia, in quanto conosce i percorsi, i villaggi, i fiumi, la lingua aramaica e le altre lingue dei luoghi.
Senti, Mattia come risponde alla sua supplica : tu puoi unirti a noi e farmi da guida!Quanto alle lingue io le conosco tutte senza averle apprese. Non stupirti. Se io comprendo gli uomini quando parlano, so comprendere anche il loro silenzio. Vieni, comunque!.
Da allora, Mattia, Damis lo segue nei suoi numerosi viaggi, facendo i suoi stessi passi, e siccome lo considera un Theos/dio segna ogni più piccolo gesto e sente il dovere di annotare quotidianamente ogni minima azione e di memorizzare non solo le massime e il suo pensiero fondamentale ma anche i propositi e le parole più insignificanti, facendo un diario fino alla morte del maestro, convinto che di un dio bisogna conservare tutto perfino le briciole dei pasti come se fossero ambrosia divina.
Apollonio passa la frontiera a Zeugma tra l’impero romano e la Parthia e deve pagare il pedaggio, cosa che accadeva anche a Gesù quando passava dal regno di Erode Antipa a quello di Filippo o quando entrava in Siria o in Decapoli.
Te lo può dire o Marco o Andrea o Marcello o Giovanni, che sono i miei Damis, i testimoni del mio pensiero.
Essi ti possono dire quanto a lungo tuo nonno abbia trattato il problema delle frontiere nei cinque anni di regno di Gesù ed anche nel biennio 48-49 d.C., in relazione alla lotta che segue la morte di Artabano III tra i suoi tre figli, Artabano, Vardane e Godarze.
Marcello conferma quanto dice il professore ed aggiunge che Apollonio appena entra nel territorio parthico, è seguito da uomini di Vardane
E Perché ? chiede Mattia.
Apollonio nel suo viaggio è seguito da spie dI Vardane,- che ha già sentito parlare della sua santità.
Inoltre il re ordina ad un suo satrapo – che ha conosciuto l’ identità di Apollonio e l’intenzione del viaggio in India col proposito di studiare leggi costumi e sapienza dei dotti – di notificargli dove si trovi il filosofo, di concedergli pane, legumi e datteri ed acqua sapendo che il saggio rifiuta carne di maiale e vino.
Secondo Filostrato, Apollonio, dopo che è stato rifornito dal satrapo, con la comitiva si imbatte in una leonessa di grande mole uccisa da cacciatori, vedendo che nel ventre della leonessa ci sono otto leoncini- cosa rarissima -, profetizza che la permanenza nella zona sarà di I anno e 8 mesi.
E resta nell’impero dei parthi per 20 mesi e fa esperienza della cultura caldaica, astronomica, ed è onorato in ogni modo da Vardane che, pur dovrebbe aver conosciuto Jehoshua, il nostro Gesù, che è fatto re di Giudea da suo padre Artabano III!.
Il rapporto di Apollonio con Vardane è veramente bello e diventa un esempio tra un re, giusto e munifico, e un filosofo, saggio e santo!.
Segui, Mattia!, chiede il Nonno.
Io , tu , e i miei amici stiamo in mezzo al bosco, e parliamo qui sotto il thermopolio, in questo angolo, costruito anni fa da me, in cui periodicamente ci riuniamo a cielo aperto e conversiamo tra noi.
Noi stiamo parlando di un Regno grandissimo, attraversato da Apollonio, che va a piedi e a volte in barca, nel territorio mesopotamico, tra i due grandi fiumi, Tigri ed Eufrate, che allora andavano a confluire sul Mare Persico indipendentemente inondando la pianura meridionale per chilometri.
Ora su Vardane, re di un impero di oltre 2’000.000 di km quadrati, chiamato re dei re in quanto capo di una confederazione di stati – di cui fece parte anche il nostro Gesù per un quinquennio- posso dire tante cose, ma voglio dirti le cose essenziali per mostrarti anche la figura di Apollonio, conosciuta dal re grazie a lettere di un fratello, che l’ha sentito parlare a Dafne.
Vardane vuole tradurre la sua ammirazione in regali, a dimostrazione di una gioia di dare al filosofo non solo accoglienza ed ospitalità, ma anche segni munifici di ringraziamento per la sua sola presenza.
Non ha, però, modo di farlo, secondo la promessa giurata davanti ai grandi dell’impero, di dare 10 doni: un partho deve dire sempre la verità, chiamata arta, secondo la cultura persiana e non può tradirla , altrimenti decade dalla sua funzione regale!
Scusami per l’intromissione, e seguita il tuo racconto, Marcello, che sembra piacere al bambino.
Marcello riprende la narrazione.
Sentendosi sempre declinare ogni suo invito con molta cortesia e franchezza a causa della morigeratezza dei costumi e del pitagorico sistema di vita, Vardane lo porta a Pasargate, una sua capitale, dove è la tomba di Ciro il grande, il fondatore del regno achemenide e gli mostra la grandezza delle mura e le torri di difesa e poi il suo tesoro, dove arrivano i tanti tributi dei popoli soggetti ( talenti d’oro e d’argento, pietre preziose, ebano, perle di varie grandezza, ambra ecc ).
Chiunque, Mattia, di fronte a tanta ricchezza avrebbe accettato un regalino come ricordo da Vardane- che ha risolto parzialmente i contrasti al confine con l’impero romano e con Izate re di Adiabene, un re confederato, un ambiguo filoromano e neanche col fratello Godarze, anche se da poco ha debellato l’altro fratello Artabano IV .
Tutti avrebbero detto si, meno che Apollonio, che afferma : per te sono segno di abbondanza; per me sono paglia. Comunque fai il dovere di monarca ed assicura con questo il benessere e la felicità al tuo popolo!.
Sembra che il re poi lo porti a Behistun, dove è l monumento di Dario I con le iscrizioni trilingue su una montagna impenetrabile.
Nonno. Si tratta di Dario I che fu sconfitto a Maratona e che deportò gli eritreesi, colpevoli di aver aiutato gli ateniesi?
Bravo! Mattia, Si . Proprio quel Dario che rilegò i greci a sud di Babilonia, dove Apollonio incontra i loro discendenti, che hanno conservato la lingua greca e i costumi tanto che il filosofo, sapute delle loro disgrazie ad opera dei briganti, chiede a Vardane che sia eletto un nuovo satrapo, che li difenda dai pericoli.
Apollonio chiede infine licenza al sovrano, desiderando ora visitare l’India.
Il re lo congeda pregandolo di accettare per il lungo viaggio un interprete, un cammelliere con scorte di acqua di verdure e di datteri, almeno per tre giorni.
Dopo un cammino di tre giorni nel territorio vicino alle Porte Caspie, non lontano da Ecatompilo, giunge nel territorio di confine, e poi in terra indiana.
Noi, Mattia, dapprima, aggiunge Marcello, dobbiamo dirti le cose che un greco conosceva circa l’India grazie all’opera di Ctesia di Cnido che è un greco che vive a corte dei sovrani di Persia, in quanto un noto asclepiade, un medico che è al servizio personale di Artaserse II (404-350), e svolge funzione di interprete e plenipotenziario con greci, ateniesi ( Conone) e con spartani (Lisandro).
Le sue due opere, Persika in 3 libri, di cui si hanno epitomi, e Indika in un sol libro, ci mostrano l’India leggendaria come era immaginata e raccontata da Greci, prima della conquista di Alessandro Magno.
Sembra che Filostrato conosca non solo tali libri, ma anche le Memorie di Damis e l’opera di un certo Meragene, citato da Origene in Discorso Vero , VI, 41, e che il sofista abbia fatto molte altre ricerche per documentarsi sull’India.
Si sa, Mattia, inoltre, che Filostrato, è entrato nelle grazie di Giulia Domma, forse dopo il 208, a seguito dei contrasti col prefetto del pretorio Plauziano e del volontario allontanamento dalla corte dell’augusta, quando non è più mater castrorum e, perciò, risulta meno amata dall’esercito. desiderosa, comunque, di riconquistarlo.
Quando Filostrato inizia a scrivere la vita, l’augusta,comunque, è ancora circondata di uomini colti, sia pagani che cristiani e ha cari specie il medico Galeno e lo scrittore del Bios , e con loro instaura un sincretismo religioso pagano, nonostante la sua dedizione verso El Gabal, di cui suo padre Cassiano è sommo sacerdote.
Nonno, Marcello mi vuol dire, dunque, che contemporaneamente, in epoca pagana ci sono più culti e tra questi, anche, quello cristiano?
Scusami, Marcello, precisa il nonno, ti interrompo perché devo spiegare al bambino che il cristianesimo come il giudaismo è religio/ superstizione, licita/permessa, monoteista, come l’Orfismo, il culto solare, quello di Mitra, di Bel, accettato dai romani che venerano ogni tipo di Dio nel Pantheon, il tempio dove si pratica il culto pagano politeista di tutti gli dei, indistintamente.
Mattia, il cristianesimo è una delle tante religioni dell’impero, in cui circolano predicatori, maghi, indovini,ciarlatani, retori in cerca di fortuna, che sono seguiti da folle, in crisi esistenziali, alla ricerca della verità e del benessere fisico e spirituale.
Il culto misterico orfico e solare e quello di Apollonio si sviluppano, accanto a quello di Cristo, nel periodo in cui l‘ apologia cristiana inneggia alla doctrina del Christos inasprendo i rapporti coi pagani che hanno una reazione globalmente antiebraica, che si manifesta nel periodo antonino, dopo la galuth/ dispersione, in greco con Plutarco, Luciano e Celso, in latino con Tacito, Frontone, Apuleio , Plinio il Giovane, come già abbiamo mostrato in molte opere.
E questo avviene in modo specifico sotto la diarchia di Marco Aurelio e Lucio Vero, suo genero, che sono insieme imperatori di Roma, uno che governa l’Occidente ed uno l’Oriente, dovendo combattere da una parte i Quadi e Marcomanni e dall’altra i Parthi.
Nonno, io conosco Marco Aurelio ed ho visto la sua statua sul Campidoglio? E’ lui l’imperatore, di cui stiamo parlando?
Si. Mattia, anche lui è un filosofo e un buon scrittore dell’opera Eis eauton/a se stesso.
Marco Aurelio -che è un imperatore poco pratico e spesso inconcludente, schiavo di una corrotta burocrazia, succube della moglie Faustina- è costretto a rinnovare, nonostante le apologie cristiane come quella di Atenagora, le procedure consolidate da Adriano e da Antonino il Pio, che sono antiebraiche ed anticristiane , che, a causa dell’integralismo religioso, rifiutano la guerra e sono renitenti alla leva, in un momento di grave pericolo per la stabilità dell’impero.
Lo stesso Commodo, il figlio di Marco Aurelio, non infierisce sui responsabili delle esplosioni popolari di Lione del 177, che hanno permesso arresti collettivi e favorito massacri di christianoi non belligeranti e desiderosi di conseguire il marturion e con esso il Paradiso per congiungersi col padre celeste, che dà loro un premio eterno.
Commodo sta sostituendo all’ideale dell’ottimo, cioè dell’ eletto tra le classi superiori, la figura del Signore/ Dominus onnipotente che media tra le folle e la divinità: è lui il theos! Viene, perciò, celebrato come Iuppiter exsuperantissimus o come Hercules romanus riprendendo le procedure dell’ektheosis tipiche di Caligola, di Nerone e quelle di Domiziano.
L’imperatore, costituendo il corpo dei Commodiani, formati da legionari e marinai fedelissimi, arruolati in Gallia, Germania e Britannia, divinizzando la città di Roma, ed amplificando l’assemblea senatoria e lo stesso popolo romano, avrebbe voluto creare una concezione sacra personale ed avere in cambio, come compenso, un lealismo religioso che, all’epoca non era ancora conseguibile, date le caratteristiche proprie della civitas.
Inoltre, si è in una grave crisi finanziaria ed economica come quella dell’ultimo ventennio, ereditata da suo padre, e Commodo nonostante i suoi sforzi di migliorare le condizioni dei rurali non è in grado di mantenere intatti i legami con le truppe provinciali e nemmeno con la classe amministrativa, avendo trascurato per il suo personale intento celebrativo, l’aristocrazia apertamente resistente alla sua politica e al suo regime autoritario.
L’epilogo tragico della sua vita nel 192, è il segno del fallimento della sua amministrazione economica, monetaria e fiscale, e di tutta la sua politica personale divina basata sul dominatus.
La guerra civile del 193 scoppia in ogni parte del mondo romano con la rapida elezione di imperatori a Roma prima con Pertinace, capo dei pretoriani, poi con Didio Giuliano, senatore, mentre le province nominano con elezioni militari Settimio Severo sul Danubio, Pescennio Nigro in Siria e Clodio Albino in Britannia.
La soluzione trovata da Settimio Severo di allearsi col corregionale africano Albino, nominato Cesare inizialmente, risulta vincente contro Didio Giuliano, ucciso quando ancora non ha organizzato nemmeno una resistenza senatoria.
Infatti Settimio Severo entra in Roma nel giugno del 193, scioglie i pretoriani e forma un nuovo corpus con i migliori legionari delle province.
Il nuovo imperatore, presa l’Asia, e distrutta Bisanzio, sconfigge ad Isso Pescennio Nigro, che ha intavolato trattative con il re dei Parthi, lasciando, dovunque, in Oriente, uno stato di anarchia e di confusione per altri due anni, anche in Siria, nel frattempo smembrata, divisa da Osroene e Adiabene.
Infine attacca il suo Cesare, che ha ampliato il suo potere verso la Spagna tarraconense, dopo averla congiunta con la Gallia narbonense.
Avvenuto lo scontro vicino a Lione, divisa la Britannia in due province, punita la città gallica, potenzia il valore delle masse provinciali, che hanno favorito la sua politica e rientra in Roma trionfante, nel 197, dopo aver dichiarato Cesare suo figlio Bassiano.
L’esercito, che ora è predominante sulle classi sociali, richiede denaro ed equipaggiamento adeguato, assistenza tanto che assorbe quasi ogni attività commerciale e riduce l’attenzione imperiale verso l’agricoltura e le ville: vengono danneggiate le attività cittadine e perfino il libero scambio tra i rurali.
Infine la massificazione militare e quella rurale diventano caratteristiche provinciali tanto da impoverire l’Italia e Roma stessa e da impedire ogni riforma in senso senatorio ed aristocratico, mentre viene annullata perfino ogni traccia di romanitas italica.
La stessa costituzione nelle vicinanze di Roma di una legio Parthica, precisamente la II, stanziata come protezione, è segno che la capitale è alla pari di un qualsiasi territorio di frontiera.
Inoltre la confisca dei beni a senatori a seguito delle molte condanne a morte aumenta il capitale del fisco imperiale che diventa cassa militare.
Il rivolgimento politico favorisce un fenomeno di calo della religiosità tradizionale e con una nuova attenzione verso i riti misteriosi orientali, verso le forme paradossali secondo direttrici di ricerca più magiche che razionali.
Ho già rilevato quanto scritto in Frontone e gli antonini e in Il II secolo il trionfo della retorica, del paradosso e della bugia.
Infatti Marcello a questo punto legge:
Roma è la torta privilegiata di un clero orientale impegnato ad organizzare una sede romana ecclesiale, sullo stampo di quella antiochena, e a strutturarsi secondo le regole amministrative ebraiche, seguendo l’esempio degli oniadi ad Alessandria, prototipo della superiorità culturale giudaica in Egitto, specie ora christiana organizzata secondo diagrammata alessandrini verticistici monarchici…
Il susthma christianon catholikon è uno dei tanti che cerca di attirare l’attenzione della corte e delle classi dominanti facendo a gara con il culto di Iside, con quello del Sol Invictus, con quello di Mitra: Roma è una terra da conquistare per una marea di sacerdoti che si servono di retori, copisti, letterati in genere, che si esprimono mediante il paradosso, come tecnica di approccio, specie se ci sono eventi naturali, inondazioni del Tevere, terremoto, incendi, peste – che divampa in città per mesi nel 167.d.C. causando perfino 5000 morti in un solo giorno-..
La II sofistica non è, quindi, solo un fenomeno letterario o culturale, come dicono i critici, ma è un altro modo di conquistare l’Urbe da parte di orientali che, mediante la retorica, operano a livelli popolari, per avere un tenore di vita migliore di quello che avevano in patria, in relazione alla maggiore possibilità di denaro e alla ricchezza dei cittadini della capitale dell’impero: come sofisti seguiti da discepoli, sanno manovrare le masse, attirano gli uditori col logos conferenza, con una valanga di fatti quotidiani, curiosità, indiscrezioni, pettegolezzi. (Cfr Filostrato Vite dei Sofisti, a cura di Maurizio Civiletti, Bompiani 2002).
Si realizza col professionismo della parola non solo il successo della declamazione, ma anche la partecipazione alla vita della provincia, della città di origine, della capitale stessa imperiale, grazie ad un’attività sociale e politica tanto che i retori diventano euergetai benefattori e, a volte, perfino sooteres salvatori dei propri concittadini, risultando mediatori tra il potere centrale e le masse cittadine. Alcuni sono segretari personali dell’imperatore come Avidio Eliodoro per Adriano, Caninio Celere per Adriano ed Antonino il Pio, Alessandro Peloplatone per Marco Aurelio, Adriano di Tiro per Commodo.
I Sofisti, svolgendo la funzione di salvaguardia dell’identità ellenica e di promozione del consenso nei confronti della realtà politica romana (Cfr. Filostrato, cit) risultano i promotori di una cultura universale comune e creano le premesse di una civiltà nuova romano-ellenica, in un abbattimento dei singoli nazionalismi, uniformando l‘oikoumene, in un superamento dell’ideologia delle gene, nella comune coscienza della civitas /politeia romana.
Ora, aggiunge il professore, i cristiani col loro clero fanno la loro parte nella conquista di Roma, seguita Marcello, come sede apostolica, millantata come petrina, e delle metropoli romane come Alessandria, Efeso ed Antiochia, oltre ai piccoli capoluoghi provinciali, in gara coi goetes e coi retori, coi sacerdoti egizi ed ebraici, in una volontà di evangelizzare tutto il Mare nostrum
Ora sotto i severi, dunque, in una situazione precaria di negotium, l’augusta, nonostante la cura amorosa da parte del marito Settimio, si dedica maggiormente alla ricerca religiosa, facendo una propaganda popolare e militare in senso misterico e pagano.
Il libro di Filostrato descrive paesaggi incantevoli, pianure sterminate, animali strani e il mondo meraviglioso orientale. e nel regno di Bactra e in quello indiano, ben conosciuto anche da Porfirio.
Noi che l ‘abbiamo letto, Mattia, aggiunge Marcello, siamo ancora sbalorditi come se fossimo davanti alla Tv a vedere Avatar, pur concordi globalmente nel giudizio critico, dato da soteriologi come Jean Rèville ( La religion de Rome, E. Leroux, Paris,1886), anche se allibiti di fronte alle apparizioni e sparizioni improvvise, ai fenomeni di bilocazione e di lievitazione.
Io e gli altri, pur convinti che il merito dell imprese di Apollonio è più di Filostrato che del protagonista, aggiungiamo che la figura del taumaturgo, del filosofo pitagorico e del santo è resa ancora meglio a contatto con il capo dei Sapienti di Taxila, Iarca.
Le descrizioni sui profumi, sugli odori, sulle erbe, sulle piante aromatiche, come mirra e storace, una resina cara alle tigri, sul boschi, sulle acque e sulle catene montuose dell’Hindu kush, innevate o non, sugli uomini, sulle scimmie conquistano l’animo del lettore, che lentamente entra in una terra fatata e magica tanto da stare sempre col fiato sospeso in attesa di qualcosa di miracoloso e di estremamente grandioso ed affascinante.
Appena la comitiva è entrata nei poderosi contrafforti del Caucaso indico, dopo l’apparizione dell’empusa, uno spettro che manda gridolini striduli, la comitiva si trova di fronte ad un fiume.
Attraversatolo in barca, si giunge al monte Nysa, sacro a Dioniso , circondato da allori, che formano una siepe- barriera tale che delle viti si aggrappano formando grappoli d’uva, che pendono e che miracolosamente sostengono ogni attrezzo per la raccolta e pigiatura (falcetti,ceste torchi e quanto necessita per fare vino).
Celebrati i misteri dionisiaci, la comitiva seguita il cammino per dieci giorni fin a quando non incontra un bambino su un elefante.
Apollonio spiega che non è il bambino che guida ma un dio che dà all’animal , possente per forza, la docilità di fronte ad un piccolo essere che, con un pungolo di legno, sembra dirigerlo.
In effetti l’ animale per natura sa muoversi in cadenza, battere il tempo, e perfino tracciare lettere, danzare al suono del piffero e del flauto. Nell’attraversare i fiumi gli elefanti, in obbedienza alla legge di conservazione, sostengono i piccoli con le proboscidi unite costituendo un cordolo, così da impedire alla corrente impetuosa di portare via gli elefantini.
Giunti alle sponde dell’Indo, il babilonese carovaniere consegna le lettere di Vardane al governatore. che mette a disposizione la sua nave ed altre imbarcazioni per i cammelli, Nel corso del viaggio vedono ippopotami, coccodrilli e giunchi e papiri.
Scendono dalla nave e con una nuova guida si dirigono verso Taxila antica residenza del re Poro, vinto da Alessandro Magno.
Nonno, conosco la storia di questo re gigantesco divenuto amico di Alessandro che gli riconsegna il regno e gli salva la vita.
Sono contento, esclama Marcello, che riprende il discorso.
In questa città, ora capitale di un altro regno, c’è come re Fraote e ci sono abitanti che vestono di lino ed hanno calzature, ritagliate dalla corteccia di piante.
Qui non c’è la magnificenza babilonese né fasto asiatico, ma solo strade tortuose: la comitiva, giunta nella reggia è sorpresa dalla semplicità dell’architettura, dalla severità degli appartamenti, dalla mancanza di decorazioni e dal numero ridotto della servitù.
Una sorpresa è la figura del re e la sua stessa ospitalità.
Filostrato crea un altro modello di re, un filosofo che guida un popolo di filosofi, un sovrano perfetto perché formato dai sapienti, coi quali condivide la vita.
Questi promette di ospitare il tyaneo per soli tre giorni in conformità delle leggi del paese, che vietano un ulteriore soggiorno agli ospiti.
Apollonio, prima di avviarsi a corte, si è recato al tempio del Sole per vedere Aiace, un elefante sui cui combatteva Il re Poro contro Alessandro nella battaglia dell’Idaspe, consacrato al dio con le zanne di avorio, su cui ancora è visibile l’iscrizione del re macedone.
A Fraote, che si alzato di buon mattino per accogliere l’ospite, Apollonio si rivolge, tramite interprete, dicendosi felice di salutare un re, che vale due volte un filosofo, per il rispetto alle istituzioni patrie e per la moderazione.
Il re allora confessa, parlando in greco, sorprendendo tutti, che beve vino solo per la libagione al sole, che va a caccia solo per esercizio fisico e la cacciagione la dà agli accompagnatori, che si nutre di legumi e del cuore della palma e di datteri e di frutti colti dagli alberi, irrigati dall’Indo e coltivati da lui stesso.
Fraote poi chiede ad Apollonio cosa abbia sognato, curioso di sapere se i bevitori di acqua hanno davvero un sonno leggero che non addormenta lo spirito.
Il filosofo risponde che il sonno dà allo spirito di chi beve acqua una serena tranquillità che fortifica l’anima senza la profondità e pesantezza di un languore mortale, perché può prolungare di molto la meditazione nella notte ed ha il privilegio di presagire il futuro nella purezza trasparente dei sogni, che l’alba invia, senza il turbamento delle visioni violente e senza l’agitazione di fumosi spettri..
I due si separano, l’uno si dedica agli affari di stato e l’altro a completare la preghiera al sole, e si danno appuntamento al tribunale per dare un giudizio in un processo.
Il re espone la causa su cui bisogna pronunciarsi: un uomo ha venduto il campo ad un vicino, che vi trova un tesoro, rivendicato dal venditore come proprio.
I due portano ognuno le proprie ragioni che sembrano entrambe valide. Il re invita Apollonio a giudicare al suo posto. Il tyaneo afferma che solo la provvidenza dà agli uomini giusti quanto loro necessita, perciò, invita Fraote ad esaminare la condotta e i costumi dei due, in quanto gli dei hanno giudicato virtuoso l’acquirente e non il venditore.
Infatti, dopo indagine sui due, il re decide di aggiudicare come dono della divinità il campo e il tesoro all’acquirente perché più degno per il tenore di vita.
Infine, passati tre giorni, Apollonio è congedato dal re che dà nuovi cammelli, una guida, che li porta dal capo dei sapienti con una sua lettera.
Il re offre oro, che naturalmente non è accettato da Apollonio: il pitagorico, comunque, accetta solo una pietra che sembra aver particolari virtù benefiche ed abiti attici del tipo di quelli che porta. Dopo giorni di viaggio la comitiva giunge all’Ifasi, un affluente dell’Indo, sulle cui sponde si vedono alberi di balsamo afrodisiaco e e degli onagri, simili a liocorni, con sulla fronte un temibile corno per la difesa o per l’attacco, ed alcuni indiani che preparano coppe di un liquore che. bevuto, ha un potere magico, quello di rimanere nel corso della giornata immuni da veleni e al riparo da malattia e di essere capaci di passare su fuoco, restando illesi.
Oltre a questo, vedono nel fiume pesci pavoni che hanno la cresta blu, la coda dorata e le scaglie di diversi colori.
Nonno, sono racconti meravigliosi incredibili anche per noi ragazzi, abituati a vederli nei fumetti televisivi.
Non ho finito, Mattia. Devo raccontarsi tante altre cose meravigliose.
La comitiva rimane allibita davanti allo spettacolo di una donna nera dalla testa al seno e bianca dal seno ai piedi, consacrata alla Venere indiana.
Attraversato l’Ifasi , entra in un zona montuosa, impervia e dirupata, ma profumata da alberi aromatici (incenso, pepe) popolato da scimmie, venerate dalle popolazioni, che portano loro cibo.
Le scimmie lavorano per gli uomini e raccolgono il pepe durante la notte: infatti gli animali dall’alto dei loro ricoveri nelle ore notturne gettano giù grappoli di pepe dalla pianta come in un gioco, e li accumulano sulle aie in quantità. Il mattino seguente, gli abitanti, le cui proprietà sono divise da corsi di acqua, prendono senza fatica e senza pena il raccolto fatto dalle scimmie e lo immagazzinano.
La comitiva incontra e in montagna e in pianura serpenti mostruosi che, avvolgendo con le loro spire cose e esseri animati, creano nel territorio un pericolo costante, per gli abitanti che inoltre inorridiscono davanti ai draghi delle paludi col dorso nerastro, o a quelli delle colline col dorso dentellato e con i fianchi rosseggianti, o a quelli della montagna dalla creste rosseggianti e dalle squame dorate.
Gli indiani temono i grossi serpenti, mentre arditamente dànno la caccia, a gruppi, ai draghi per estrarre dai crani pietre magiche, che servo loro varia per diventare invisibili o fare acrobazie o spostarsi da un luogo ad un altro.
Infine giungono davanti alla rocca dei brahmani, che si erge su un altopiano roccioso, dirupato e a picco su una dorsale collinare.
La cittadella è eterea, avvolta dalle nubi, sospesa: un altopiano roccioso, alto come l’acropoli di Atene, formava gli strati e la stessa roccia come un muro naturale all’intorno costituendone la recinzione.
Il cammelliere pieno di spavento fa genuflettere il cammello e si prosterna mentre Apollonio invita i suoi a procedere, affermando che gli indiani onorano più i sapienti che i re.
Arriva un ragazzo nero nero, portatore di un’ àncora d’oro, simbolo di salvezza,- anche per i cristiani-che si avvicina ad Apollonio e gli dice che i sapienti lo aspettano
Appena giunto sull’acropoli Apollonio vede il Pozzo della rivelazione, riempito di un vapore fino all’imboccatura che, poi, il sole attira in alto rarefacendolo e disegnando un arcobaleno,
Lì vicino il tyaneo vede un bacino da dove esce senza fumo e senza odore una fiamma detta il Fuoco del perdono al cui contatto ci si purifica anche delle colpe involontarie.
Lì accanto ci sono due giare di pietra nera: una serve a scatenare le piogge in caso di siccità, l’altra a liberare i venti.
La cittadella è considerata l’ombelico dell’India e lì sono onorati tutti gli dei conosciuti, venerati al pari del Fuoco-Sole.
Niente sorprende il saggio Apollonio, che, comunque viene a trovarsi a contatto con uomini della stessa educazione, che onorano il fuoco -sole, cantando, a mezzogiorno, un inno.
I sapienti, come lui, hanno tutti i capelli lunghi, portano, però, un turbante bianco, sono vestiti di lino bianco, che lasciano un braccio scoperto e cadono a pieghe fino ai nudi piedi.
Tutti si alzano al comparire di Apollonio, solo Iarca, il capo, rimane seduto e lo saluta in greco.
Ora, Mattia, qui finisce la mia narrazione e tuo nonno affronta il nucleo del viaggio di Apollonio, l’incontro con Iarca.
Professore, chiede allora Marco, il dialogo tra i due, oltre i riti purificatori e la lievitazione, è veramente l’oggetto della ricerca personale di Apollonio o è solo il riconoscimento ellenico-ellenistico dell’insegnamento di Pitagora dio, in contrasto con quello giudaico e con quello egizio, come doctrina della conoscenza, in quanto riscatto dall’ignoranza umana?
Marco, per me, la conoscenza di sé delfico, congiunta con il parlare con gli dei pitagorico, a seguito del silenzio e del potenziamento della Memoria, consente la separazione dagli uomini e l’acquisizione metafisica di un’arte divina, tipica dell’ermetico iniziato/musths, che, essendo nella Perfezione, in Dio stesso, legge l’altro.
Posso rinviarti alla lettura di Julien Ries, (Storia comparata delle religioni e l’Ermeneutica , 2009) che rileva tra l’altro anche lo stesso simbolo dell’ ancora e del pesce disteso sullo stelo dell’ ancora, inteso come tou kuriakou semeiou tupon – Clemente Alessandrino, Stromateis,6).
Iarca, che legga l’altro e sé, perciò, afferma: noi conosciamo tutto perché prima di ogni altra cosa conosciamo noi stessi e il passato della nostra via!.
Da una parte, quindi, Marco, sembra che il pensiero indiano sia un discorso pitagorico di conoscenza, come superamento dell’ignoranza, ma presuppone un’altra ricerca come congiunzione armoniosa di passato e presente, in cui l’individuo vivente abbraccia e contiene la memoria viva, riconoscendo la propria anima in un’entità vissuta in altra epoca.
Iarca, che accenna alla reincarnazione di Gange, eroe che ha seppellito le sette lame di acciaio, sulla terra, per amore della pace a favore dei suoi concittadini, è come Pitagora, che, greco si riconosce in Euforbo troiano, nemico : ambedue vedono come Dio, divenendo loro stessi divini, essendosi ricongiunti, dopo molte trasmigrazioni, in una perfetta assimilazione anche di contrari, nell’unità del soggetto vivente, virtuoso.
Non so, Marco, rispondere se realmente questa è ricerca personale o ricerca di sé come genos, ci sono studiosi come Domizia Lanzetta (Apollonio di Tiana e il suo straordinario viaggio in India,Roma 2009) che affermano che il viaggio ha una dimensione apparentemente fisica ma ha valore metafisico, medievale, come itinerario della mente in Dio.
Forse, dice Marco, Apollonio ricordando la sua vita precedente da pilota di nave e l’episodio della sua morte con il racconto dei pirati dai quali è ucciso per non tradire il suo armatore e i sui marinai vuole indicare pitagoricamente che memoria storica e coscienza del presente sono i cardini dell’anima /psuché greco-ellenistica e quindi vuole evidenziare che sua formazione pitagorica può, comunque, fondersi col sincretismo religioso platonico esoterico del momento severiano.
Non so! Marco. So solo che questa dottrina è theosophia condannata dai padri della Chiesa che rilevano nel tyaneo le caratteristiche dell’ agente diabolico, i cui miracoli sono opera dell’antagonista di Dio : è la accusa stessa fatta al Christos secondo i Vangeli!
Aggiungo che è facile in epoca teodosiana distruggere il muthos di Apollonio, goes ministro del Pierazoon/tentatore, quasi fosse Ariman in lotta contro Haura Mazda.
Apollonio, come Iarca, onora il Sole che è fuoco e luce per chi vive coscientemente sulla terra senza legami terreni, svincolati perfino dalla gravità del suolo.
L’essere anhr theios significa comunicare con Dio e conoscere il tutto in quanto si possiede paradossalmente il tutto pur non avendo niente.
Infatti è emblematica la scena di uomini che si recano presso una sorgente che forma un bacino naturale,dove spogliatisi, con la testa unta di profumo di ambra, si coprono di sudore come usciti dal bagno di vapore, e poi s’immergono nell’acqua fredda ed infine usciti, lavati, si cingono la fronte con una corona, fanno pochi passi e si dispongono in cerchio cantando un inno: essi battono il suolo con un bastone fatato e si innalzano, mentre sotto di loro il suolo si gonfia come le onde del mare,lentamente verso l’alto, verso il cielo, e restano sospesi nell’aria ad un metro di altezza.
Per Filostrato è capacità divina essere tra cielo e terra – al di là del tanto deriso pensatoio di Socrate, aristofanesco – tipica degli dei prometeici soteres/salvatori ed euergetai /benefattori, in quanto caratteristica di un numen sincretistico, come Serapide.
Andrea chiede, a questo punto, se si può dire che la lettura del Bios di Filostrato anticipi il succo del pensiero di Artur Shopenhaur: voler il meno possibile, conoscere il più possibile.
A me sembra, caro Andrea, che apparentemente si possano vedere rapporti ma in sostanza le due ideologie sono lontanissime e non ci siano concreti punti di comunanza, se non nell’opposizione di meno-più e di Volontà e conoscenza: Apollonio è giunto, come Iarca, alla sublimità conoscitiva, a sapere senza bisogno di vedere!
Nonno, sento freddo!
Il professore allora congeda i suoi amici, li saluta, li ringrazia uno ad uno, poi dice:
E’ ora di andare!.
c. Theophano la Bizantina
Theophàno la bizantina, machomene/combattente, imperatrice del Sacro Romano Impero Germanico in quanto moglie di Ottone II, è riconosciuta come l’artefice della Renovatio Imperii, il sogno di suo figlio Ottone III e di Silvestro II(940-1003).
Al di là del contributo politico di Gelberto d’ Aurillac/ Silvestro II, Teophàno è donna energica, che sa usare le lingue classiche latino-greco, oltre che germanico e franco, e combattere, virilmente, universalmente nota dopo la morte del marito, come Basileus/rex e come Autokrator/Augustus.
La bizantina è convinta di essere la legittima erede di Roma Imperiale – nonostante la presenza araba nel Mediterraneo e quella barbarica tra il sacro impero romano germanico e quello bizantino – e perciò si firma Theophanius, gratia divina, imperator, Augustus.
Si firma così Theophàno nel 990, in un suo atto imperiale, come un maschio, pur vivendo in una società di militari germanici, maschilisti, ignoranti ed analfabeti.
Nonno, io leggo nel libro di storia che il suo nome è Teofane e non so neanche dove devo mettere l’accento?
Mattia, Teophàne è un nome maschile, portato anche da santi cristiani cattolici, mentre Teophàno /Theophània è nome femminile, derivato da una santa antenata, moglie dell’imperatore Leone VI
Mi racconti la sua storia, Nonno, da quando arriva in ItaIia?
Certo.
Theofano, nata a Bisanzio nel 958 da Giovanni Skleros (parente del Basileus regnante, Giovanni Zimisce ) e da Sophia Foca (figlia del predecessore Niceforo II), quattordicenne sbarca in Puglia, dopo un viaggio fortunato, sotto la protezione di S. Niccolò di Mira, le cui spoglie mortali sono state già trasferite a Bari, con una dote regale, per il diciassettenne Ottone II imperatore di Germania, insignito anche del titolo di Signore dei themi di Puglia e Calabria, nel 972.
Cosa porta come dote, nonno? e cosa vuol dire Themi?
Nel passato, ogni donna, a seconda della ricchezza familiare, portava abiti, oggetti preziosi, terre e denaro al proprio marito, che rimanevano patrimonio personale in quanto dote, che, per legge era quanto era necessario per vivere secondo il proprio rango, dato dal padre, dopo il contratto matrimoniale, stipulato. La dote di Theophano è quella di una regina.
Centinaia di carri, scortati da soldati, con cui la basilissa ama addestrarsi militarmente ogni giorno nelle pause del viaggio: oltre al vestiario personale, di seta, Theofano porta ad Ottone carri pieni di madreperle, di pietre preziose, di ebano, di oro,d’argento e di bronzo, che formano una carovana, seguita da militari, dignitari di corte, pedagoghi, maestri di cerimoniale, da dame e damigelle, protetti da ippeis /cavalieri, mentre il popolo fa ala per chilometri, finché il corteo non giunge a Roma.
Il thema, Mattia, è una circoscrizione amministrativa voluta, sembra da Eraclio I (610-641) sia in Oriente che nell’Italia Meridionale e poi fissata definitivamente da Costante II (641-668) in tutto l’Occidente bizantino, compresa l’ Africa.
Theophano, giunta a Roma, dopo 15 di giorni dallo sbarco, si incontra con Ottone II, diciassettenne, arrivato con le sue truppe germaniche.
Posso andare avanti? Mi segui bene?
Si, Nonno.
Dopo l’accoglienza trionfale popolare dei Romani, il papa Giovanni XIII prima celebra il matrimonio poi l’incoronazione imperiale.
L’ avvenimento viene propagandato in Germania e in Oriente perché si pensa così di ricostituire e di rinnovare l’Antico Impero Romano, in modo unitario, senza più la suddivisione in pars occidentalis et pars orientalis, anche se Ottone II e Giovanni Zimisce regnano in modo autonomo nella loro specifica sfera come sovrani fratres/adelphoi/fratelli!
In un clima festoso il popolo romano acclama, partecipando all’evento, nonostante l’ostilità della famiglia dei Crescenzi, allora onnipotente in città, che ha tra l’altro il controllo del Tevere e del Castel S. Angelo, anche se compromessi e condizionati dal favore dell’ elezione a pontefice di un membro della famiglia ad opera dell’imperatore.
Cosa fanno i due sposi ?
I due si separano per qualche settimana, dopo il loro matrimonio.
Mentre la moglie si dirige verso il Nord per raggiungere la Germania, Ottone, desideroso di vedere la dote della donna, vuole sciogliere il voto di fare un pellegrinaggio alla grotta di S. Michele al Gargano, in Monte S. Angelo: un viaggio utile per constatare di persona le condizioni delle popolazioni e conoscere gli amministratori bizantini.
Si riuniscono dopo alcuni giorni, poco prima di Verona, da dove procedono insieme e passano le Alpi, i primi di Settembre.
Theophano, una bizantina, come si trova a corte con i Sassoni?
Inizialmente non si trova bene, finché non si adegua all’ignoranza e al carattere militaresco dei sudditi e alla invadenza della regina Adelaide di Borgogna, sua suocera, madre di suo marito.
Lei è troppo altezzosa poiché ha ricevuto una perfetta educazione e vive secondo il cerimoniale di corte bizantino, mentre in Germania tutto è atto militaresco, cameratesco, informale: lei alterna latino e greco, disdegna il sassone e il franco e di solito è muta di fronte all’imperatore, suo marito, e risulta chiusa e fredda verso tutti.
Eppure già sono nate le prime due figlie, Adelaide e Sophia: La donna sente l’ostilità della corte ed ancora di più si chiude tra i le sue dame e i suoi maestri bizantini.
Ora comunica poco anche col marito, impegnato nella politica interna a limitare il potere del cugino Enrico il litigioso e a combattere su due fronti, uno contro gli Slavi e contro il re di Danimarca Harald I, l’altro contro il re di Francia, che gli contesta il dominio sulla Lorena.
Theophano è esclusa dalla direzione militare, anche se partecipa alle imprese, stando segregata nella sua tenda con le sue dame, coi suoi cortigiani e guardie, per volontà del consilium principis.
Cosa è il consilium principis?
Sono i feudatari maggiori che accompagnano l’imperatore nelle imprese e combattono, cavalcando al suo fianco, in quanto consiglieri nelle strategie militari.
Theophano e suoi consiglieri bizantini non hanno voce nel comando delle azioni di guerra, anche durante la campagna di Italia del 98O-983.
La spedizione inizia quando già Theophano ha avuto la terza figlia ed è incinta di Ottone III: l’imperatore conduce con sé la moglie con l’incarico di trattare coi parenti bizantini e per concordare un’azione comune contro gli arabi di Sicilia, mentre lui in persona ha fatto trattati con i duchi longobardi.
Nonno, è uno grande scontro? e chi vince?
Lo scontro definitivo tra l’imperatore e l’emiro di Sicilia Abu Al Qasim,- dopo un vano colloquio tra l’arabo e Ottone con Theofano interprete – avviene a Stilo (località vicina a Capo Colonna) il 14 luglio del 982.
La cavalleria sassone e quella degli alleati sconfiggono le truppe di Al Qasim, che muore in combattimento, ma i musulmani, pur senza guida, continuano a combattere infliggendo molte perdite al nemico, per cui Ottone è costretto a ritirarsi.
Il sovrano si accontenta di una nominale vittoria, inutile, ai fini politici, non avendo avuto il necessario supporto navale bizantino, lasciando in sospeso la situazione meridionale
Cosa fa, poi, Ottone II?
Fa una marcia verso il Nord, seguendo due percorsi, uno con l’esercito che risale lungo l’Adriatico dalla penisola salentina, che trascura di passare per Roma, allora lacerata da lotte popolari, l’altro con la comitiva della moglie, protetta dal duca di Benevento e di Spoleto, attraversa i territori, ai piedi dell’Appennino, e, superato il Tronto, passa per il Piceno per dirigersi verso Verona, luogo di convegno, dove Ottone indice una dieta.
Cosa significa dieta?
Mattia , dieta indica il dies /giorno stabilito per un’assemblea plenaria imperiale indetta dall’imperatore. Si tratta, perciò, di una riunione dei principi più importanti dell’impero, che procedono all’elezione imperiale o deliberano per questioni amministrative o problemi giuridici, come organo giurisdizionale ed esecutivo.
Nella dieta Ottone II fa acclamare suo figlio, ancora treenne, imperatore dai nobili di Germania e lo fa scortare, insieme alla sua intera famiglia in patria, mentre lui ridiscende verso Roma seguiti dai duchi longobardi e i migliori cavalieri sassoni.
La città eterna è in subbuglio, a seguito delle lotte familiari per il pontificato conteso: l’imperatore si ammala di malaria e muore il 7 dicembre del 983, ed è sepolto a Roma, unico fra tutti gli imperatori , per volontà espressa di Thephano, che, poco dopo elegge Giovanni XIV un filoimperiale, ostile alla famiglia Crescenzi.
Dopo la morte del marito cosa fa Theophano?
Fa l’imperatrice, anche se ora deve mediare abilmente tra le varie correnti contendenti germaniche e deve attirare dalla sua parte la suocera Adelaide per vincere la resistenza di Enrico il litigioso, facendo il compromesso di una condivisione di potere, nella gestione dell’impero.
I suoi sette anni di potere dal 984 al 991 sono celebrati come una fioritura letteraria e come pacificazione generale per la costituzione di un Impero Rinnovato Unitario.
La bizantina per prima cosa regola il potere papale, sottomesso alla sua volontà e al suo arbitrio, coma basilissa capo del rito religioso, sicura che il clero deve dipendere dall’imperatore per qualsiasi nomina ecclesiastica.
Ella adotta il sistema bizantino: come in Oriente il patriarca di Costantinopoli, prima autorità ecclesiastica, è eletto dal Basileus, così nell’Impero Germanico il papa di Roma, seconda autorità nell’Impero romano dal periodo di Teodosio, deve ricevere il titolo dall’imperatore!.
In politica interna, quindi,diffonde una nuova cultura, basata sulla philanthropia /humanitas imperiale che viene propagandata specialmente da Gelberto d’Aurillac e da Bernoaldo di Hildesheim per tutto l’Occidente, diffusa in lingua latina, mentre a corte sono imposte lingua greca e lingua latina.
La corte si ingentilisce per la nuova cultura, che va sorgendo e che si configura come Renovatio Imperii, come una rinascita dell’impero.
In politica estera Theophano predilige l’ eirenh Pax/pace, imposta con le armi al re di Danimarca e ai Bulgari, dopo un trattato di summachia/alleanza militare con Basilio II bulgaroctono /Uccisore di bulgari, con cui, nonostante la parentela, ha rapporti, ambigui, a causa di congiure, fatte contro il Basileus da parte dei suoi famigliari.
Muore di malattia nel 991 ed Adelaide prende la reggenza dell’impero fino al 996, anno in cui Ottone III raggiunge la maggiore età.